Guida in stato di ebbrezza: la durata della sospensione della patente di guida coincide con quella dei lavori di pubblica utilità

Laddove la pena per il reato di guida in stato di ebbrezza sia sostituita con i lavori di pubblica utilità, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida deve essere applicata fino all’esito dello svolgimento dei lavori.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50581/19, depositata il 16 dicembre, decidendo sul ricorso proposto da un imputato condannato per il reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c e comma 2- sexies , c.d.s., con pena sostituita con lavoro di pubblica utilità e applicazione della sospensione della patente di guida per due anni. Il ricorrente lamenta, per quanto d’interesse, violazione di legge in relazione alla mancata sospensione della sanzione amministrativa accessoria nelle more dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità. Sospensione della patente. La doglianza trova accoglimento da parte della Suprema Corte che sottolinea come, essendo stata la pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità, l’efficacia della sanzione amministrativa accessoria avrebbe dovuto essere sospesa. L’immediata esecutività della misura infatti rischierebbe, in caso di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, di rendere verosimilmente vani gli effetti della successiva revoca della sanzione amministrativa accessoria . Il Collegio ricorda poi che la quantificazione della misura della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, nei casi di cui all’art. 222 c.d.s., deve essere basata non sui criteri di cui all’art. 133 c.p.p., ma in base ai parametri di cui all’art. 218, comma 2, c.d.s. sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento . La giurisprudenza ritiene comunque sufficiente la motivazione implicita in caso di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente in sede di patteggiamento come nel caso di specie , sempre che questa si attesti non oltre la media edittale e che non constino specifici elementi di meritevolezza a favore dell’imputato. La pronuncia impugnata ha invece quantificato la misura per una durata pari al massimo edittale, in assenza di specifiche ragioni sul punto. In conclusione, la Corte annulla con rinvio la sentenza limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria applicata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 novembre – 16 dicembre 2019, n. 50581 Presidente Bricchetti – Relatore Cappello Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata ha applicato - sull’accordo delle parti - a G.R. una pena per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c e comma 2 sexies, sostituita con il lavoro di pubblica utilità, disponendo la sospensione della patente per due anni. 2. G.R. ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando quattro motivi. Con il primo, la difesa ha dedotto vizio della motivazione, rilevando una incertezza sul soggetto nei confronti del quale è stata emessa la sentenza, avuto riguardo alla circostanza che la stessa è stata resa nei confronti di G.M. , laddove nella motivazione si indica il diverso nominativo G.R. , corrispondente a quello indicato nella richiesta di emissione del decreto penale di condanna. Si è pertanto invocata la correzione dell’errore materiale, per il caso in cui se ne ravvisino i presupposti, non essendo più tale soluzione utilmente percorribile davanti al giudice del merito. Con il secondo, la difesa ha dedotto violazione di legge in relazione alla mancata sospensione della sanzione amministrativa accessoria nelle more dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità, rilevando che l’immediata esecutività di essa contrasterebbe con l’art. 186 C.d.S., comma 9 bis che, per il caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, prevede il ripristino della sanzione amministrativa accessoria. Con il terzo, ha dedotto violazione di legge in relazione alla durata della sanzione amministrativa accessoria, avuto riguardo alla mancata considerazione del provvedimento di sospensione della patente di guida da parte del Prefetto per la durata di un anno. Sotto altro profilo, la difesa ha rilevato che il giudice non avrebbe tenuto conto dei criteri di cui all’art. 218 C.d.S., comma 2, assumendone la non ricorrenza nel caso all’esame. Con il quarto, infine, ha dedotto vizio della motivazione, sempre in relazione alla misura della sanzione amministrativa accessoria, rilevando la contraddittorietà di quella individuata anni due con quanto dallo stesso giudice affermato in riferimento alla entità della pena quantificata in mesi due e giorni venti di arresto e Euro duemila di ammenda, in considerazione dell’incensuratezza, della giovane età e del comportamento collaborativo e, comunque, l’assenza di ogni giustificazione in ordine al discostamento della misura ritenuta rispetto al minimo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è ammissibile, pur avendo a oggetto una sentenza di applicazione pena. La novella di cui alla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, in vigore dal 03/08/2017, nell’introdurre l’art. 448 c.p.p., comma 2 bis, ha limitato la proponibilità dell’impugnazione della sentenza di applicazione della pena ai motivi concernenti l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e la illegalità della pena o della misura di sicurezza. Tuttavia, nella specie, la violazione dedotta riguarda una statuizione che si pone al di fuori dell’accordo ratificato dal giudice, cosicché le relative statuizioni potranno formare oggetto di ricorso per cassazione secondo la disciplina generale di cui all’art. 606 c.p.p., comma 2, cfr., sul punto, sez. 4 n. 29179 del 23/05/2018, Stratta, Rv. 273091 . Tale principio è vieppiù valido, all’indomani della decisione assunta dal Supremo collegio di questa Corte di legittimità, con riferimento alle ipotesi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena, riguardante le sanzioni amministrative accessorie cfr. informazione provvisoria n. 20 del 26/09/2019, Melzani , in base alla quale deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione che abbia ad oggetto dette statuizioni. 2. Il ricorso va accolto solo in parte. 2.1. Il primo motivo è, infatti, infondato. La sentenza di applicazione della pena riguarda G.R. , come espressamente indicato nel dispositivo e nella stessa motivazione, ad onta del fatto che la parte relativa alla intestazione riporti effettivamente un’errata indicazione del nome proprio M. . Ciò non dà luogo ad alcuna incertezza in ordine alla individuazione del soggetto nei cui confronti è stata applicata una pena, su sua concorde richiesta. Anche con riferimento all’accertamento della responsabilità penale, infatti, si è già chiarito che l’incertezza sull’identificazione anagrafica dell’imputato è irrilevante quando sia certa l’identità fisica della persona nei cui confronti sia iniziata e proseguita l’azione penale, potendosi in seguito pur sempre provvedere alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite a norma dell’art. 130 c.p.p. cfr. sez. 5 n. 32641 del 16/04/2018, Ben Salah, Rv. 273713 sez. 1 n. 48349 del 15/11/2012, Ambrosoni, Rv. 254079 . 2.2. Il secondo motivo è invece fondato. Nel caso di specie, infatti, la pena applicata è stata sostituita con il lavoro di pubblica utilità. Pertanto, l’efficacia della sanzione amministrativa accessoria individuata deve ritenersi sospesa, poiché l’immediata esecutività di essa rischierebbe, in caso di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, di rendere verosimilmente vani gli effetti della successiva revoca della sanzione amministrativa accessoria sulla necessità della sospensione della sanzione accessoria, in caso di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, cfr. sez. 4 n. 48330 del 27/09/2017, Rv. 271040 n. 12262 del 08/02/2018, P.G. in proc. Ferrarini, Rv. 272531 n. 56962 del 23/10/2018, Loffredo Ettore, Rv. 275191 . 2.3. Anche il terzo e quarto motivo sono fondati, pur nei termini che si vanno a esporre. Il giudice ha individuato una durata della sanzione amministrativa accessoria pari al massimo edittale previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c . Nel far ciò, si è limitato a richiamare le caratteristiche del fatto confluito negli atti d’indagine, dopo avere, tuttavia, ritenuto congrua una pena concordata nei termini di cui al dispositivo, avuto riguardo all’incensuratezza dell’imputato e al suo comportamento collaborativo. 2.3.1. La quantificazione della misura della sanzione amministrativa accessoria non può considerarsi razionalmente giustificata. Questa stessa sezione ha già chiarito che, nei casi di applicazione da parte del giudice della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, previsti dall’art. 222 C.d.S., la determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all‘art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi parametri di cui all’art. 218 C.d.S., comma 2, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento cfr. sez. 4 n. 55130 del 09/11/2017, Fiorini, Rv. 271661 . 2.3.2. In ogni caso, sul punto, il collegio intende ribadire il principio, più volte affermato cfr., da ultimo, in motivazione, sez. 4, n. 18942 del 27/03/2018, Bruna Rina Giacomo , secondo cui il giudice, che applichi con la sentenza di patteggiamento la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, non deve fornire una motivazione sul punto allorché la misura si attesti non oltre la media edittale e non constino specifici elementi di meritevolezza in favore dell’imputato cfr. sez. 4, n. 21574 del 29/01/2014, Armanetti ed altro, Rv. 259211 . In tali casi, infatti, è stata ritenuta sufficiente la motivazione implicita cfr. sez. 4, n. 21194 del 27/03/2012, Tiburzi, Rv. 252738, in cui si è ritenuta corretta la sospensione di due anni corredata in parte motiva dal semplice richiamo alla congruità della sanzione conseguita ad un fatto oggettivamente grave, quale l’omicidio colposo di un pedone sez. 4, n. 35670 del 26/06/2007, Petiti, Rv. 237470 sez. 4, n. 8439 del 24/4/1996, P4’ Salbi, Rv. 206297 . 2.3.3. Nel caso in esame, la durata della sanzione è stata quantificata in misura pari al massimo edittale, senza che siano state esplicitate le ragioni di tale decisione, neppure implicitamente recuperabili dal ragionamento complessivo svolto dal giudice in ordine alla entità del fatto contestato, risolvendosi il richiamo alle caratteristiche del fatto confluito negli atti di indagine in una motivazione apparente offerta mediante l’utilizzo di una formula di stile. 3. Pertanto, la sentenza deve essere annullata con rinvio, limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria applicata. Il giudice del rinvio dovrà altresì attenersi al principio di diritto formulato con riferimento alla necessità della sospensione della sanzione amministrativa applicata sino all’esito dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità. 4. In questa sede può invece procedersi alla correzione dell’errore materiale contenuto nella intestazione della sentenza con riferimento al nome proprio dell’imputato, sì che laddove si legge M. si legga invece R. . P.Q.M. Annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria relativa alla patente di guida e alla mancata sospensione della stessa fino alla valutazione dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità e rigetta il ricorso nel resto. Dispone procedersi alla correzione dell’errore materiale contenuto nell’intestazione della sentenza con riferimento al prenome dell’imputato, sì che laddove si legge M. si legga invece R. . Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.