Bar rumoroso sopra l’appartamento: lamentele legittime ma nessun reato

Cade l’ipotesi di condanna nei confronti del titolare del locale, che peraltro ha provveduto all’insonorizzazione della pavimentazione. Decisiva per i Giudici la constatazione che il problema è stato segnalato da una sola persona, quella che vive nell’abitazione posta sotto l’esercizio commerciale.

Caffetteria sotto processo nessuna questione di gusto, sia chiaro, poiché il problema è rappresentato dai rumori poco graditi dalla persona che vive nell’appartamento collocato proprio sotto il locale. A lamentarsi però è esclusivamente quella persona, e ciò non basta per ritenere colpevole il titolare dell’esercizio commerciale Cassazione, sentenza n. 50772/19, sez. III Penale, depositata il 16 dicembre . Disturbo. La battaglia giudiziaria vede prevalere, almeno inizialmente, il privato cittadino, con annessa condanna per il piccolo imprenditore, ritenuto colpevole di disturbo della quiete pubblica . Plausibili, secondo i Giudici del Tribunale, le lamentele del privato cittadino, che si era visto disturbare riposo ed occupazioni dal rumore provocato dalla caffetteria . Decisiva la constatazione che i rumori avevano superato la normale tollerabilità . Questo dato, però, osservano i giudici della Cassazione, non è sufficiente per parlare di disturbo della quiete pubblica . Piuttosto sarebbe stato necessario indagare la diffusività dei rumori e il potenziale danno arrecato a una serie indeterminata di soggetti . Insufficiente, invece, la protesta della singola persona, che aveva riferito di essere stato disturbato dai rumori provenienti dal bar sovrastante la sua abitazione . Certo, osservano i Giudici, erano intervenuti i tecnici della ‘Agenzia regionale per la protezione ambientale’, e allo stesso tempo il proprietario del locale aveva effettuato lavori di insonorizzazione del pavimento per porre rimedio alla situazione di disagio creatasi, ma il fatto che il disturbo sia stato segnalato da una sola persona rende impossibile parlare di disturbo della quiete pubblica , che invece presuppone l’accertamento della capacità delle emissioni sonore di danneggiare potenzialmente una collettività indistinta di persone .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 giugno – 16 dicembre 2019, n. 50772 Presidente Aceto - Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 12.7.2018 il Tribunale di Ascoli Piceno ha condannato Vi. Fi. alle pene di legge per il reato di cui agli art. 81 cpv e 659 cod. pen., perché, in qualità di titolare di una caffetteria, aveva disturbato le occupazioni ed il riposo di Do. Su. con il rumore provocato dalla sua attività. 2. Con il primo motivo di ricorso l'imputato deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, in relazione al reato ascrittogli, non i relativi presupposti. Con il secondo lamenta la violazione di norme processuali, per vizio di travisamento della prova. Con il terzo eccepisce il vizio di motivazione in relazione all'omessa valutazione della memoria ex art. 121 cod. proc. pen. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. Ed invero, il reato previsto dall'art. 659 cod. pen. presuppone l'accertamento della capacità delle emissioni sonore di danneggiare potenzialmente una collettività indistinta di persone si vedano tra le più recenti, Cass., Sez. 3, n. 45262 del 12/07/2018, G., Rv. 273948 e n. 8351 del 24/06/2014, dep. 2015, Calvarese, Rv. 262510, nelle quali si spiega che, in ragione della natura di reato di pericolo presunto, non è necessaria la prova dell'effettivo disturbo di più persone essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato . L'interesse tutelato dalla norma è la pubblica tranquillità, sotto il profilo della pubblica quiete, la quale implica di per sé l'assenza di cause di disturbo per la generalità dei consociati. Siccome l'evento disturbante deve avere la potenzialità di essere sentito da un numero indeterminato di persone, la contravvenzione in esame non sussiste allorché i rumori arrechino disturbo solo a determinati soggetti. Si vedano in tal senso, Cass., Sez. 1, n. 5578 del 06/11/1995, dep. 1996, Giuntini, Rv. 204796, che ha escluso l'illecito penale, sussistendo invece quello civile nell'ambito dei rapporti di vicinato, nel caso di rumori prodotti in un edificio condominiale ove il disturbo sia arrecato ad un circoscritto numero di inquilini di appartamenti viciniori a quello di provenienza dei rumori, non essendo ravvisabile alcuna lesione o messa in pericolo del bene giuridico della pubblica tranquillità n. 1406 del 12/12/1997, dep. 1998, Costantini, Rv. 209694-01, che ha escluso il reato nel caso di rumori arrecanti disturbo ai soli occupanti di un appartamento, all'interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio in cui è inserita detta abitazione ovvero nelle zone circostanti, poiché, in tale ipotesi non si produce il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di persone definite n. 1394 del 09/12/1999, dep. 2000, Bedogni, Rv. 215327-01, che ha escluso il reato per l'abbaiare del cane che recava noia solo ai vicini di casa n. 40393 del 08/10/2004, Squizzato, Rv 230643, secondo cui il giudice ha il compito di accertare se lo strepito dell'animale abbia caratteristiche tali per il suo modo di manifestarsi intensità, frequenza, di giorno, di notte , o per le modalità dei luoghi cane tenuto all'aperto, presenza di abitazioni , o per altri elementi risultanti dalle indagini espletate da costituire un potenziale disturbo per la quiete pubblica, costituita nella specie dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, a nulla rilevando la circostanza che lo strepito sia cessato, potendo tale fatto influire soltanto sulla data di consumazione del reato, ove lo si consideri eventualmente permanente. Nella specie il Giudice ha accertato il disturbo esclusivamente nei confronti del denunciante, il quale aveva riferito di essere stato disturbato dai rumori del bar sovrastante la sua abitazione, tanto che era intervenuto il personale dell'Arpam di Ascoli Piceno, mentre il proprietario del bar aveva effettuato lavori di insonorizzazione del pavimento nel 2014 per ovviare alla lamentata situazione. Il Giudice si è limitato a considerare in diritto che i rumori avevano superato la normale tollerabilità, senza preoccuparsi di indagare la diffusività degli stessi ed il potenziale danno ad una serie indeterminata di soggetti. Ritiene il Collegio che la motivazione sia inidonea a fondare la responsabilità penale per il reato ascritto perché manca l'elemento oggettivo della fattispecie criminosa. Pertanto, alla stregua delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.