Il patteggiamento e la condanna al pagamento delle spese legali delle parti civili

Deve ritenersi ricorribile per cassazione la sentenza nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, sia per quanto attiene alla legalità della somma liquidata, sia con riguardo all’esistenza di una corretta motivazione sul punto, anche laddove sulla relativa richiesta nulla sia stato eccepito dinanzi al giudice del patteggiamento.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 47860/19 depositata il 25 novembre. Il caso. Il GIP condannava l’imputato alla reclusione e alla multa per il reato di appropriazione indebita, nonché al pagamento delle spese legali in favore di ciascuna delle parti civili. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione lamentando il conteggio delle spese legali eseguito ai medi anziché ai minimi tariffari da parte del Giudice, che ha erroneamente applicato il d.m. n. 55/2014, riconoscendo e liquidando alle parti civili un compenso ricomprendente tutte le fasi di un ordinario procedimento penale avanti il Tribunale. Rifusione delle spese di parte civile. Posto che il processo è terminato con una sentenza di applicazione della pena su richiesta, la parte civile non ha partecipato né alla fase istruttoria o dibattimentale, né alla fase decisionale, pertanto, secondo la Cassazione non possono essere riconosciute somme per tali fasi e, dunque, il ricorso deve dirsi fondato e meritevole di accoglimento. A tal proposito, la Corte ritiene di dover sostenere la ricorribilità per cassazione della sentenza nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, sia per quanto attiene alla legalità della somma liquidata, sia riguardo all’esistenza di una corretta motivazione sul punto, anche quando sulla relativa richiesta nulla sia stato eccepito dinanzi al giudice del patteggiamento . Per contro, precisa il collegio, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile se affetta da genericità, ove non siano state allegate le ragioni concernenti la manifesta e oggettiva illegalità del quantum liquidato a proprio carico o sia stata omessa l’indicazione della specifica violazione delle voci tabellari ipoteticamente liquidate in forma eccedente i limiti tariffari. Nel caso di specie, stabilita la sussistenza del vizio lamentato dal ricorrente, la Cassazione annulla la sentenza senza rinvio limitatamente alla liquidazione delle spese delle parti civili.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 – 25 novembre 2019, n. 47860 Presidente Gallo – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 21 maggio 2019, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rovereto applicava a R.F. , imputato dei reati di cui all’art. 646 c.p., la pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 400,00 di multa, pena sospesa, condannando R. al pagamento delle spese in favore di ciascuna delle parti civili, M.S. e La Motoauto di M.E. & amp C. s.r.l., liquidate per ciascuna parte civile in Euro 3.420,00 per compenso, Euro 27,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, C.P.A. ed I.V.A 1.1 Avverso la sentenza ricorre per Cassazione il difensore di R. , osservando che, premesso che le parti offese si erano costituite parti civili prima che venisse aperto il dibattimento, in presenza di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. si esclude il riconoscimento alle parti civili delle spese sostenute sino all’apertura del dibattimento lamenta inoltre che le le spese avrebbero dovuto essere conteggiate ai minimi di tariffa e non certo ai medi, e che il giudice aveva erroneamente applicato il D.M. n. 55 del 2014, riconoscendo e liquidando alle parti civili un compenso ricomprendente tutte le fasi di un ordinario procedimento penale avanti il Tribunale. 1.2 Il difensore eccepisce che il giudice non aveva in alcun modo motivato il perché del riconoscimento e conseguente liquidazione delle spese legali alle parti civili, nè aveva motivato sul riconoscimento di attenersi ai medi e non ai minimi di tariffa e sull’avere liquidato anche due fasi, quella istruttoria e quella decisionale, cui le parti civili non avevano partecipato. 1.3 Il Procuratore generale depositava note scritte nelle quali chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata in quanto il giudice non aveva motivato sull’entità della liquidazione delle spese legali alle parti civili. Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 2.1 Il primo motivo di ricorso è infondato, posto che, in fattispecie identica a quella del presente giudizio, questa Corte ha affermato che in tema di patteggiamento, il giudice deve condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali a favore della parte civile quando la costituzione della parte civile è avvenuta prima dell’accordo per l’applicazione della pena. Fattispecie in cui la Corte ha confermato la condanna al pagamento delle spese in favore della parte civile poiché, malgrado le istanze di applicazione pena erano state presentate in una prima udienza poi rinviata preliminarmente, non si poteva però ritenere che il giudizio era ormai ristretto alla sola decisione dell’accoglibilità della richiesta di patteggiamento Sez. 5, Sentenza n. 48342 del 28/06/2018, G, Rv. 274141 quando, infatti, la persona offesa è già a conoscenza della richiesta di applicazione di pena, non ha più ragioni giuridiche per costituirsi parte civile, ma quando la richiesta non sia ancora stata formalizzata come nel caso in esame, in cui all’udienza del 16 aprile 2019, in seguito alla costituzione delle parti civili il difensore dell’imputato si è limitato a chiedere un rinvio senza esplicitare in alcun modo la volontà di presentare richiesta di applicazione della pena, volontà esplicitata solo alla successiva udienza , e quindi il giudizio non appare ancora ristretto alla sola decisione sulla accoglibilità dell’applicazione della pena, la costituzione di parte civile deve ritenersi consentita. 1.2 Relativamente al secondo motivo di ricorso, questa Corte è costante nel sostenere la ricorribilità per cassazione della sentenza nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, sia per quanto attiene alla legalità della somma liquidata sia riguardo all’esistenza di una corretta motivazione sul punto, anche quando sulla relativa richiesta nulla sia stato eccepito dinanzi al giudice del patteggiamento Sez. U, sent. n. 40288 del 14/07/2011, Tizzi e altro, Rv. 250680 l’impugnazione deve, tuttavia, ritenersi inammissibile se affetta da genericità, ove non alleghi le ragioni concernenti la manifesta e oggettiva illegalità del quantum liquidato a proprio carico Sez. 5, sent. n. 5053 del 27/11/2015, Cilia e altro, Rv. 266053 o comunque ometta di indicare la specifica violazione di voci tabellari ipoteticamente liquidate in forma eccedente i limiti tariffari Sez. 6, sent. n. 50260 del 25/11/2015, T, Rv. 265658 . Nel caso in esame, il ricorrente eccepisce, tra l’altro, che il giudice si è discostato dai minimi tariffari, riconoscendo due voci per attività non svolte quella istruttoria e quella di decisione le tabelle allegate al D.M. n. 55 del 2014 prevedono, quali valori medi, Euro 450,00 per la fase di studio, Euro 540,00 per la fase introduttiva, Euro 1.080,00 per la fase istruttoria ed Euro 1.350,00 per la fase decisionale, per un totale di Euro 3.420,00, che è la somma liquidata dal giudice per le indagini preliminari, il quale, evidentemente, ha applicato le somme indicate nelle suddette voci. Ciò premesso, si deve considerare che l’art. 12, comma 3, precisa cosa debba intendersi per fase istruttoria o dibattimentale e fase decisoria c per fase istruttoria o dibattimentale le richieste, gli scritti, le partecipazioni o assistenze relative ad atti ed attività istruttorie procedimentali o processuali anche preliminari, rese anche in udienze pubbliche o in camera di consiglio, che sono funzionali alla ricerca di mezzi di prova, alla formazione della prova, comprese liste, citazioni e le relative notificazioni, l’esame dei consulenti, testimoni, indagati o imputati di reato connesso o collegato d per fase decisionale le difese orali o scritte, le repliche, l’assistenza alla discussione delle altre parti processuali sia in camera di consiglio che in udienza pubblica . Ora, è evidente che in un processo che si conclude con una sentenza di applicazione della pena su richiesta, la parte civile non partecipa nè alla fase istruttoria o dibattimentale che non esiste, visto che non vi sono nè richieste di prove, nè un dibattimento vero e proprio, in quanto il processo si esaurisce nella richiesta e nella pronuncia della sentenza da parte del giudice , nè alla fase decisionale in quanto resta estranea all’accordo tra imputato e Pubblico ministero, non potendo interloquire sullo stesso , per cui non possono essere riconosciute somme per tali fasi. Non può invece essere accolto il motivo di ricorso sulla mancanza di motivazione relativamente all’applicazione dei valori medi di tariffa e non dei valori minimi, posto che il D.M. n. 55 del 2014, art. 12, comma 1 prevede espressamente che Il giudice tiene conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono, di regola, essere aumentati fino all’80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento , per cui nessun obbligo di motivazione sussiste quando come nel caso in esame il giudice abbia applicato i valori medi. Infatti, il sindacato della Corte di legittimità in ordine al quantum della liquidazione dei compensi spettanti al difensore, stante il margine di discrezionalità che informa la materia, può essere utilmente esperito solo ove vi sia un errore di calcolo o una violazione dei limiti minimi e massimi tariffari che devono essere oggetto di specifica deduzione da parte del ricorrente. 3. Il ricorso deve essere pertanto accolto, con annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione delle spese sostenute dalla parte civile. Stabilita dunque, alla stregua delle notazioni che precedono, la sussistenza del suddetto vizio, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla statuizione sulle spese della parte civile senza rinvio ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l , potendo questa Corte procedere direttamente alla liquidazione delle spese delle due fasi che devono essere riconosciute Euro450,00 per la fase di studio ed Euro 540,00 per la fase introduttiva . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese delle parti civili, che ridetermina in Euro 990,00 per ciascuna, oltre Euro 27,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% c.p.A. ed I.V.A