L’interesse dell’indagato ad impugnare il provvedimento che annulla l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale

Qualora l’indagato contesti con ricorso la motivazione con la quale il Tribunale del riesame, annullando l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale, abbia ravvisato la sussistenza dei gravi indizi di reità in ordine alla fattispecie di reato oggetto d’imputazione provvisoria, ma abbia comunque escluso una qualsiasi esigenza cautelare, deve considerarsi insussistente il suo interesse ad impugnare, in quanto il provvedimento non può considerarsi in alcun modo pregiudizievole per la sua posizione processuale.

Lo ha affermato la Cassazione con sentenza n. 45918/19 depositata il 12 novembre. Il caso. All’esito del giudizio cautelare di rinvio, il Tribunale annullava l’ordinanza applicativa dell’originaria misura coercitiva degli arresti domiciliari e disponeva la revoca della misura interdittiva nei confronti dell’imputato per il delitto di bancarotta fraudolenta. Il Tribunale poneva a fondamento di tale decisione l’insussistenza di elementi indiziari gravi a carico dello stesso in relazione al capo di imputazione sull’esistenza o meno di un accordo illecito con l’amministratore della FSE s.r.l Avverso tale provvedimento, l’imputato ricorre nuovamente in Cassazione chiedendone l’annullamento. Interesse ad impugnare. Secondo la Suprema Corte il ricorso non merita accoglimento poiché incurante della nozione di interesse ad impugnare propria del sistema processuale penale, in quanto non è ravvisabile, nella deduzione difensiva, alcun interesse concreto ed attuale dell’imputato a conseguire una pronuncia di annullamento del provvedimento contestato. A tal proposito, all’esito di un excursus sui principi affermati nel tempo sia dalla giurisprudenza di legittimità che dalla quella costituzionale, la Cassazione afferma il nuovo principio di diritto secondo cui non sussiste per l’indagato l’interesse ad impugnare il provvedimento del Tribunale del riesame che abbia annullato l’ordinanza applicativa di una misura cautelare personale quando il ricorso contesti la motivazione con la quale si è ravvisata la sussistenza dei gravi indizi di reità in ordine alla fattispecie di reato oggetto d’imputazione provvisoria, ma si è esclusa la possibilità di ravvisare una qualsiasi esigenza cautelare, poiché il provvedimento non pregiudica sotto alcun profilo processualmente rilevante la posizione del proponente .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 ottobre – 12 novembre 2019, n. 45918 Presidente Casa – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di Bari con ordinanza in data 26 febbraio 2018 confermava l’ordinanza del G.i.p. del medesimo Tribunale, che aveva applicato a B.C. la misura cautelare degli arresti domiciliari, in quanto gravemente indiziato della commissione, nella qualità di amministratore unico e legale rappresentante della società Filben s.r.l., del delitto di bancarotta fraudolenta per avere in concorso con F.L. , amministratore di Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.r.l. FSE , società ammessa a concordato preventivo in data 16 gennaio 2017, dissipato e/o distratto somme di denaro di quest’ultima società capi M e N . 1.1 Con sentenza n. 57476 dell’11 ottobre 2018 la quinta sezione penale della Corte di cassazione annullava con rinvio l’ordinanza del Tribunale, rilevando la manifesta illogicità ed assertività delle argomentazioni con le quali era stata individuata la gravità indiziaria in ordine alle condotte di bancarotta ed all’accordo illecito che in tesi accusatoria sarebbe stato stretto tra il B. ed il F. , ed era stata ravvisato il pericolo di recidivazione. 1.2 Nelle more dell’assunzione della decisione nel giudizio di rinvio, il Tribunale di Bari nell’ambito del giudizio principale relativo agli addebiti oggetto di contestazione, con ordinanza in data 12 ottobre 2018, sostituiva la misura degli arresti domiciliari con quella interdittiva di cui all’art. 290 c.p. per la durata di un anno. 1.3 All’esito del giudizio cautelare di rinvio, il Tribunale con ordinanza in data 22 maggio 2019 annullava l’ordinanza applicativa dell’originaria misura coercitiva e disponeva la revoca della misura interdittiva. A fondamento della decisione rilevava che gli elementi indiziari acquisiti a carico del B. , seppur esistenti, non erano qualificati da gravità ed erano inidonei a giustificare la sottoposizione a misure cautelari in relazione al delitto di cui al capo M , essendo in dubbio l’effettiva esistenza di un accordo illecito raggiunto col F. , nonostante il compimento di operazioni commerciali incoerenti con le esigenze dell’impresa, ascrivibili piuttosto alle scelte gestionali del F. ed i rapporti affaristici intrattenuti dal ricorrente e dai suoi prossimi congiunti con lo stesso F. . Quanto al delitto di cui al capo N , il Tribunale osservava che la Suprema Corte nella sua pronuncia rescindente aveva omesso di considerare due circostanze decisive, ossia che gli accordi di fornitura raggiunti con Pesa SA si erano estesi anche ai servizi di manutenzione, affidati da FSE s.r.l. a Servizi Ferroviari del Sud s.r.l. su indicazione rivolta alla fornitrice polacca da parte di A.N. , responsabile tecnico di FSE s.r.l., in tempi sospetti e con un aggravio di oneri per FSE s.r.l. prima ancora che Pesa SA avesse affidato alla società del B. il servizio manutentivo. Pur nella ravvisata sussistenza di gravi indizi di reità in ordine al delitto di cui al capo N , il Tribunale escludeva di poter ravvisare il pericolo attuale di recidivazione. 2. Avverso tale ultimo provvedimento ha proposto nuovamente ricorso l’imputato per il tramite del difensore, avv.to Viglione, il quale ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi a violazione di legge in relazione all’art. 627 c.p.p. per avere l’ordinanza impugnata omesso di uniformarsi alle indicazioni della sentenza di annullamento con rinvio in riferimento alla valutazione dei gravi indizi di reità relativi al delitto di cui al capo N ed avere in particolare valorizzato lo scambio epistolare intercorso fra il ricorrente ed altri soggetti rilevanti ai fini d’indagine. Trattasi di materiale documentale che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, non è nuovo, ma che è stato già apprezzato dalla Corte di cassazione, che l’ha ritenuto privo di valore indiziante per la legittimita attività svolta dal ricorrente, quale dominus di Varsa Sp.Z.o.o., società polacca che aveva stipulato un contratto di agenzia con Pesa SA, fornitrice dei treni dalla stessa prodotti, sicché l’interesse mostrato anche alla prestazione dei servizi di manutenzione era riconducibile al rapporto di agenzia stesso ed è privo di connotati illeciti. b Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 c.p.p. per avere l’ordinanza ritenuto sussistente il previo accordo criminoso tra il B. ed il F. . La circostanza della sottoscrizione in data 2 gennaio 2009 della scrittura privata fra Servizi Ferroviari per il Sud s.r.l. ed F.S.E. s.r.l., finalizzata alla realizzazione dei piani di manutenzione ordinaria, di pochi giorni precedente la sottoscrizione dell’accordo PESA SA-Servizi Ferroviari per il Sud s.r.l. del 12 gennaio 2009 di affidamento da parte della prima alla seconda dei servizi di manutenzione dei treni prodotti e commercializzati, è stata già apprezzata dalla Suprema Corte nella sentenza rescindente quale dato ininfluente e privo di carattere illecito. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché non sostenuto da un qualsiasi interesse, concreto ed attuale, a conseguire una pronuncia di annullamento del provvedimento contestato. 1. Giova premettere che al momento della proposizione dell’impugnazione all’odierno esame il ricorrente non era più sottoposto a nessuna misura coercitiva, poiché l’ordinanza originaria applicativa degli arresti domiciliari, confermata dal Tribunale del riesame, il cui provvedimento è stato annullato dalla Corte di cassazione con la già citata sentenza n. 57476/2018, è stata oggetto di una successiva pronuncia di annullamento ad parte del collegio del riesame in sede di rinvio per insussistenza del quadro indiziario quanto al reato di cui al capo M e per difetto di esigenze cautelari, nonostante la ravvisata acquisizione di un compendio indiziario grave circa la effettiva sussistenza del reato di cui al capo N . 1.1 Tale determinazione è oggetto dell’iniziativa di contestazione dell’indagato sul presupposto che l’accertamento ai fini cautelari della configurabilità del delitto di bancarotta per dissipazione e/o distruzione si pone in difformità dal vincolante principio di diritto formulato nella sentenza rescindente del giudice di legittimità, sicché solo attraverso un ulteriore intervento decisorio della Suprema Corte può riscontrarsi la violazione dell’obbligo di incondizionata uniformazione al giudicato interno già formatosi. Il ricorrente ha però omesso di specificare l’utilità della pronuncia sollecitata al fine di potersene avvalere per ottenere l’indennizzo per l’ingiusta detenzione sofferta ai sensi dell’art. 314 c.p.p., che è stata allegata nel corso della discussione all’udienza camerale, ma non oggetto di specifica manifestazione d’intenti da parte della persona del ricorrente. Si richiama al riguardo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, secondo il quale in tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiate nelle more revocata o divenuta inefficace, perché possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, dep. 2011, Testini, rv. 249002 . 2. Ritiene il Collegio che la deduzione difensiva non meriti accoglimento perché incurante della nozione di interesse ad impugnare e dei rapporti tra il procedimento penale principale e quello cautelare. 2.1 In primo luogo, nel sistema processuale penale la nozione di interesse ad impugnare, richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione dell’impugnazione e requisito soggettivo del relativo diritto, è basata, non sulla soccombenza, propria del rito civile, che postula un conflitto di contrapposti interessi il cui riconoscimento deve avvenire nell’ambito di un processo contenzioso. Il processo penale se ne differenzia perché persegue lo scopo dell’accertamento della verità in relazione alla norma che si assume violata e del ripristino del diritto oggettivo. L’interesse che muove l’iniziativa assunta nel processo penale si basa sulla prospettiva utilitaristica, ossia sulla finalità coltivata dal soggetto legittimato di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale e di conseguire un risultato conveniente, rappresentato da decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, Marinaj, rv. 251693 . La sua individuazione, riferita al sistema delle impugnazioni penali, richiede la comparazione tra dati processuali precisi, costituiti, non dalla domanda della parte e dalla decisione adottata, ma dal provvedimento impugnato e dalla pronuncia che il giudice di grado superiore potrebbe emanare qualora accogliesse la richiesta impugnatoria. L’interesse deve poi presentarsi in termini concreti ed attuali, sussistere al momento della proposizione dell’impugnazione e permanere sino a quello della sua decisione perché questa possa esplicare un’effettiva incidenza di vantaggio sulla situazione giuridica devoluta alla verifica del giudice Sez. U, n. 10272 del 27/09/1995, Serafino, rv. 202269 Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, P.M. in proc. Timpani, rv. 203093 Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, Vitale, rv. 206169 Sez. U, n. 7 del 25/06/1997, Chiappetta, rv. 208165 . I medesimi principi hanno ricevuto coerente applicazione anche nel contesto dei provvedimenti limitativi della libertà personale con funzione cautelare per la valenza generale del requisito dell’interesse, qualificante qualsiasi iniziativa processuale anche in riferimento al settore della cautela personale si è affermato che il rapporto d’impugnazione perde significato ed utilità pratica, quindi ne è inibita la proposizione e la coltivazione, quando la pretesa del proponente abbia già trovato attuazione e la finalità perseguita sia superata dal contenuto decisorio del provvedimento impugnato. In linea di principio, nella lezione interpretativa di questa Corte si è affermato, e qui si ribadisce, che l’interesse ad impugnare va individuato in relazione alla manifestazione concreta della potestà decisoria condensata nel dispositivo del provvedimento giudiziale, non già alla sua motivazione, perché solo dalla determinazione definitoria del procedimento discendono effetti primari e diretti per la sfera giuridica della parte e soltanto in riferimento ad essa è concepibile una diversa statuizione costitutiva di un effetto pratico più vantaggioso per l’impugnante rispetto a quello già conseguito nel grado precedente. La sollecitazione ad adottare una differente linea argomentativa a fondamento della stessa decisione potrebbe operare soltanto sul piano della giustificazione senza condurre ad alcuna modifica degli effetti della provvedimento Cass. sez. 6, n. 17686 del 07/04/2016, Conte, rv. 267172 sez. 6, n. 20116 del 16/04/2013, PG in proc. Ceriani, rv. 255672 sez. 5, n. 10366 del 08/10/2014, Pc in proc. Pascali, rv. 262581 sez. 5, n. 27917 del 06/05/2009, Merlo, rv. 244207 . 2.2 Il ricorrente, non soltanto non confuta i principi sopra enunciati, ma concentra il contenuto di contestazione dei suoi motivi sulla violazione da parte del giudice di rinvio del vincolo imposto dall’art. 627 c.p.p. e sui denunciati vizi della motivazione nell’apprezzamento della valenza indiziaria degli elementi acquisiti nel corso delle indagini, di cui pretende la rimozione al fine di evitare pregiudizi, che si rivelano soltanto ipotetici e per nulla necessitati. 2.2.1 Deve ricordarsi che nessun effetto vincolante e limitativo della libertà di assunzione delle decisioni rilevanti può essere prodotto sul processo principale dall’ordinanza assunta in sede di riesame di revoca del provvedimento applicativo della misura cautelare personale, perché di siffatto condizionamento nel sistema processuale non si rinviene conferma normativa. Al contrario, i due procedimenti perseguono finalità proprie e si pongono su un piano di sostanziale autonomia, che non riceve smentita dal fatto che il Tribunale di Bari, nel ricostruire la fattispecie di cui al capo N , possa avere o meno travalicato dai limiti cognitivi propri della funzione che era chiamato a svolgere per condurre un accertamento, non probabilistico ed allo stato delle acquisizioni, ma pienamente delibativo della responsabilità dell’indagato, poiché l’efficacia della decisione si mantiene nell’ambito dell’incidente cautelare ed assume valenza di esclusiva natura interinale, non intacca la libertà personale dell’interessato e non può esplicare valore pregiudicante sulle future statuizioni da assumere nel giudizio principale. 2.2.2 In tal senso si ricorda che con la pronuncia della Corte costituzionale n. 121 del 2009, che ha dichiarato illegittimo l’art. 405 c.p.p., comma 1-bis, per l’imposta adozione del provvedimento di archiviazione del procedimento quale esito necessitato dell’esclusione in sede cautelare del requisito della gravità indiziaria, è stata condotta un’utile rassegna delle caratteristiche peculiari del procedimento cautelare, estesa agli elementi differenziali che lo distinguono da quello principale. Si tratta di riflessioni interpretative di particolare autorevolezza e persuasività, che offrono validi argomenti per la soluzione del tema in esame. La Consulta ha evidenziato la diversità tra le regole di giudizio che presiedono alla cognizione cautelare e quelle che legittimano l’esercizio dell’azione penale la prima è fondata sulla valutazione sommaria dei gravi indizi di colpevolezza , ossia su un giudizio prognostico di elevata probabilità di colpevolezza, condotto in via statica sulla base degli elementi acquisiti dal pubblico ministero e su quelli eventuali addotti dalla difesa il secondo su una considerazione di utilità del passaggio alla fase processuale, che si avvale in senso dinamico dei dati di conoscenza acquisiti dalle indagini e di quelli prevedibilmente conseguibili nel giudizio quale sede istituzionalmente preordinata alla formazione della prova nel contraddittorio delle parti. A tale profilo di divergenza corrisponde autonomia dei valori in gioco, - da un lato limitazioni alla libertà personale imposte in via provvisoria per esigenze di cautela, dall’altro introduzione della fase processuale del giudizio di merito -, nonché eterogeneità della gravità indiziaria rispetto al criterio decisorio cui fare ricorso per affermare la sostenibilità dell’accusa in giudizio, che non si traduce in una prognosi di colpevolezza o di innocenza, ma esprime soltanto la necessità del dibattimento . Pertanto, il decreto che dispone il giudizio non resta condizionato dalla già compiuta valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e, viceversa, la sua emissione non impedisce che in sede di riesame o di appello cautelare possa riconsiderarsi la piattaforma indiziaria Corte Cost. sentenza n. 71 del 1996 . Nè il provvedimento cautelare esplica per disposizione di legge un effetto vincolante sulle decisioni che l’accusa deve assumere al fine dell’esercizio dell’azione penale, che restano condizionate dalla considerazione dell’esito delle indagini e della sua conducenza e capacità dimostrativa. Risponde al vero che il rapporto di reciproca autonomia tra decisione cautelare, resa nel procedimento incidentale e quella assunta nel giudizio principale non può configurarsi in termini di assoluta indifferenza ed incomunicabilità, poiché il primo opera in senso strumentale rispetto alla attuazione delle finalità proprie del secondo. Se dunque una qualche interferenza è ravvisabile, tanto si verifica quando intervenga sentenza, anche non irrevocabile, di condanna per il fatto di reato emessa nel processo principale, che esonera il giudice cautelare dalla ulteriore verifica sulla gravità indiziaria, poiché, ove intervenga una decisione che contenga in sé una valutazione del merito di tale incisività da assorbire l’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza , in tale situazione potrà dirsi ragionevolmente precluso il riesame di tale punto da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in sede di impugnative avverso i provvedimenti de libertate Corte Cost., 15 marzo 1996, n. 71 . Da tale considerazione, dall’implemento disposto dal legislatore delle attività esperibili all’udienza preliminare e dalla modifica dell’art. 425 c.p.p. coll’allargamento dei presupposti di accesso al giudizio abbreviato, già la giurisprudenza di legittimità era pervenuta alla conclusione che la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza assume ben altra consistenza qualitativa e quantitativa rispetto alla regula iuris propria del rinvio a giudizio Cass. Sez. U., n. 39915 del 30/10/2002, Vottari, rv. 222602 . Ed in conseguenza la Consulta, riscontrata la palese contraddizione logico-sistematica con le previsioni dell’art. 425 c.p.p. e art. 125 disp. att. c.p.p. della regola introdotta dall’art. 405 c.p.p., comma 1-bis, l’ha dichiarata incostituzionale perché tale da privare di valore pratico e di significato autonomo l’accertamento dibattimentale sulla notizia di reato come delineato dal codice di rito del 1988. Sotto diverso profilo, ha segnalato la mancata coincidenza di elementi valutabili per la decisione cautelare rispetto a quelli orientativi della decisione di rinvio a giudizio nel primo caso il pubblico ministero si avvale di un potere selettivo riguardo ai dati probatori da sottoporre al giudice della cautela, con l’unica eccezione dell’obbligo di trasmettere anche quelli a favore dell’indagato ai sensi dell’art. 291 c.p.p., comma 1, mentre le determinazioni riguardanti l’esercizio dell’azione penale richiedono la conoscenza di tutto il materiale investigativo e, secondo l’eliminata previsione dell’art. 405 c.p.p., esse avrebbero dovuto essere pregiudicate dalla decisione assunta in sede cautelare dalla Corte di cassazione, ancorché fondata su una base conoscitiva più ristretta. 2.3 Le illuminanti osservazioni della Corte costituzionale convincono della diversità strutturale e dell’autonomia delle decisioni assunte in sede cautelare ed ai fini del rinvio a giudizio. In senso contrario, per fondare l’interesse ad una pronuncia che escluda il presupposto della gravità indiziaria, non è sufficiente invocare con un apprezzabile sforzo interpretativo di tipo sistematico, non riferibile però al caso di specie, la disposizione di cui all’art. 455 c.p.p., comma 1-bis, che impone il rigetto della richiesta di giudizio immediato se l’ordinanza applicativa della custodia cautelare sia stata revocata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, evenienza utile anche per escludere l’evidenza della prova quale condizione di ammissibilità dell’introduzione del rito immediato. Il ricorrente non è stato sottoposto a custodia cautelare per i fatti oggetto d’imputazione provvisoria e nemmeno alla misura meno afflittiva di tipo domiciliare, mentre allo stato pare procedersi a suo carico nelle ordinarie forme dibattimentali. 2.4 Un interesse concreto ed attuale in capo al ricorrente deve negarsi anche in riferimento al possibile utilizzo della decisione cautelare al fine di attivare il giudizio per l’accertamento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, che egli non ha mai sofferto nè è stato dedotto il possibile valore pregiudicante di siffatta pronuncia rispetto ad altri procedimenti, già attivati o concretamente attivabili, di natura civile o amministrativa. Non risulta la deduzione della sua sottoposizione ad un procedimento disciplinare, nè il coinvolgimento in un giudizio civile risarcitorio in modo tale che l’accertamento cautelare sotto il profilo indiziario possa fornire materiale per una decisione a lui sfavorevole. Pertanto, non può nemmeno invocare l’interesse ad evitare conseguenze negative di ordine extra-penale l’ordinamento giuridico le ammette soltanto in riferimento alla efficacia del giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione nel giudizio di danno ai sensi degli artt. 651 e 652 c.p.p., del giudicato di assoluzione nel giudizio disciplinare ex art. 653 c.p.p. e del giudicato delle sentenze di condanna e di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi a norma dell’art. 654 c.p.p., tutte evenienze non dedotte e non dimostrate nel caso specifico. 2.5 Sotto diverso profilo, deve escludersi che dall’apprezzamento dei dati probatori e dall’eventuale giudizio sulla loro utilizzabilità, compiuto in sede cautelare, possa derivare un condizionamento dagli esiti sfavorevoli per l’indagato sulle valutazioni da assumere nel giudizio principale. Nelle pronunce di questa Corte Cass. sez. 1, n. 10699 del 05/02/2013, Ferraro e altro, rv. 255334 sez. 5, n. 16285 del 16/3/2010, Baldissin rv 247265 sez. 1, n. 40301 del 14/06/2012, Alma ed altri, rv. 253842 sez. 6, n. 14653 del 08/02/2007, Firenze e altri, rv. 236870 , occupatesi del tema degli effetti vincolanti per i giudici di merito, nella valutazione del materiale probatorio di una precedente decisione di legittimità, intervenuta nel procedimento incidentale relativo a misura coercitiva in ordine a questioni di utilizzabilità di un mezzo di prova, nella specie di operazioni intercettative, è prevalente l’orientamento che nega la sussistenza di un vincolo o di una preclusione. Si afferma, infatti, che il giudice del dibattimento è dotato del potere-dovere di un’autonoma ed indipendente valutazione della prova, anche sotto il profilo della legittimità delle procedure acquisitive e si indicano a giustificazione di tale assunto la disposizione dettata dall’art. 627 c.p.p., comma 3, che riguarda soltanto il giudice di rinvio e non le altre autorità giudiziarie che, seppur nell’ambito dello stesso processo, siano chiamate a trattare distinte fasi o gradi dello stesso e l’autonomia tra giudizio cautelare e giudizio principale, dipendente dalla sostanziale differente efficacia dimostrativa dei risultati probatori richiesti per la formulazione delle rispettive decisioni. Aderendo a tale impostazione generale e preso atto che nel caso specifico non si pongono questioni di inutilizzabilità delle prove, quanto piuttosto di considerazione della loro capacità rappresentativa in relazione alla contestata affidabilità delle fonti dichiarative, che sarà eventualmente rimessa al libero ed autonomo vaglio del giudice del dibattimento, deve concludersi che il B. non presenta alcun interesse ad impugnare la decisione del Tribunale che non esplica alcun effetto pregiudizievole sulla sua posizione processuale. In definitiva deve formularsi il seguente principio di diritto Non sussiste per l’indagato l’interesse ad impugnare il provvedimento del Tribunale del riesame che abbia annullato l’ordinanza applicativa di una misura cautelare personale quando il ricorso contesti la motivazione con la quale si è ravvisata la sussistenza dei gravi indizi di reità in ordine alla fattispecie di reato oggetto d’imputazione provvisoria, ma si è esclusa la possibilità di ravvisare una qualsiasi esigenza cautelare, poiché il provvedimento non pregiudica sotto alcun profilo processualmente rilevante la posizione del proponente . Ne discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 3.000,00 alla Cassa delle Ammende.