Il ne bis in idem opera anche in assenza di giudicato formale

Il principio del divieto di un secondo giudizio, si applica, avuto riguardo all’identità del fatto naturalisticamente individuato, anche in assenza di giudicato formale e pur se, nel secondo giudizio, il fatto sia stato diversamente qualificato con un’imputazione di reato che costituisca progressione criminosa del primo.

Sul tema la sentenza della Corte di Cassazione n. 45858/19, depositata il 12 novembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Messina dichiarava la nullità ex art. 604 c.p.p. della pronuncia di prime cure impugnata dall’imputato che era stato condannato per la ricettazione di due assegni circolari. La decisione, con cui veniva disposta la trasmissione degli atti al primo giudice, era fondata sulla diversità tra fatto accertato in diverso procedimento e quello contestato in giudizio. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p. in quanto i due procedimenti avevano in realtà ad oggetto il medesimo fatto seppur diversamente qualificato. Ne bis in idem. Premettendo l’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la pronuncia d’appello ai sensi dell’art. 604 c.p.p. configurandosi l’interesse del ricorrente a chiederne la nullità e quindi evitare la trasmissione degli atti al primo giudice con sottoposizione a giudizio, la Corte ritiene fondato il ricorso. In tema di pluralità di procedimento nei confronti del medesimo soggetto e per il medesimo fatto, la giurisprudenza ha affermato che ai fini della preclusione del ne bis in idem l’identità del fatto sussiste laddove vi sia una corrispondenza storico-naturalistica della configurazione del reato considerato in tutti i suoi elementi costitutivi. Successivamente, la nozione di medesimo fatto” è stata estesa anche alle ipotesi di reato diversamente qualificato. Inoltre non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente anche se in fase o grado diversi nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del PM . In tal caso, il procedimento duplicato deve essere archiviato o, se l’azione sia stata esercitata, dovrà esserne rilevata la causa di improcedibilità. Tornando al caso di specie, la Corte d’Appello ha errato nel dichiarare la nullità per fatto diverso. La soluzione corretta era la dichiarazione di improcedibilità ex art. 649 c.p.p., declaratoria che trova fondamento nella sussistenza di due distinti procedimenti in relazione alla medesima condotta, posto che l’altro procedimento assorbe il reato oggetto del presente procedimento in quanto meno grave. Non sussiste infatti concorso di reati tra ricettazione e riciclaggio, contestato nell’altro giudizio, costituendo tale fattispecie una figura di progressione criminosa del reato di cui all’art. 648 c.p Per questi motivi, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara non doversi procedere nei confronti del ricorrente per ostacolo di precedente giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 ottobre – 12 novembre 2019, n. 45858 Presidente Gallo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza in data 29 maggio 2018 la corte di appello di Messina dichiarava la nullità ex art. 604 c.p.p. della pronuncia 10 febbraio 2017 del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto che aveva condannato S.P.G. alle pene di legge in quanto ritenuto responsabile dell’ipotesi di ricettazione di due assegni circolari. Riteneva la corte di appello la diversità tra fatto accertato in diverso procedimento e quello contestato nel presente giudizio e disponeva la trasmissione degli atti al giudice di primo grado. 1.2 Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione lo S. , tramite il proprio difensore di fiducia avv.to Salvatore Silvestro, deducendo, con un unico motivo, violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b , c ed e , posto che nei distinti procedimenti, di cui la corte di appello messinese aveva dato atto, si contestava sempre il medesimo fatto pur diversamente qualificato, così che doveva farsi applicazione della disciplina dettata dall’art. 649 c.p.p. anche nell’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 200 del 2016 secondo cui il divieto di secondo giudizio non richiede un accertamento definitivo. Considerato in diritto 2.1 Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto. Preliminarmente, in tema di interesse dell’imputato ad impugnare la sentenza di nullità pronunciata in sede di appello ex art. 604 c.p.p., occorre fare applicazione del principio secondo cui è ammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza con la quale il giudice d’appello abbia dichiarato la nullità di quella di primo grado e ordinato la trasmissione degli atti al P.M., sempre che sussista un concreto interesse della parte ad impugnare Sez. 6, n. 40966 del 01/10/2015, Rv. 265608 e poiché nel caso in esame il ricorrente chiede la declaratoria di nullità e quindi l’eliminazione della sentenza che disponendo la trasmissione degli atti al primo giudice ne determina una nuova sottoposizione a giudizio, certamente sussiste in concreto un preciso interesse. Difatti, la pronuncia con la quale il giudice di appello dichiarata la diversità del fatto emerso rispetto a quello accertato nel corso del procedimento trasmetta gli atti al p.m. od al giudice per la ripresa del procedimento, costituendo il presupposto di un nuovo giudizio e di una possibile condanna per l’imputato, radica l’interesse di questi alla sua eliminazione in quanto direttamente costituendo un pregiudizio nei suoi confronti. 2.2 Quanto alla doglianza proposta in tema di pluralità di procedimenti nei confronti del medesimo soggetto per lo stesso fatto storico, le Sezioni Unite di questa corte hanno innanzi tutto affermato che ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem , l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005 Rv. 231799 . Successivi interventi giurisprudenziali hanno allargato la nozione di medesimo fatto anche alle ipotesi di reato diversamente qualificato si è così statuito che per medesimo fatto, ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 c.p.p., deve intendersi identità degli elementi costitutivi del reato,, con riferimento alla condotta, all’evento e al nesso causale, nonché alle circostanze di tempo e di luogo, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente più disposizioni di legge Sez. 2, n. 18376 del 21/03/2013, Rv. 255837 . Inoltre, la stessa pronuncia delle Sezioni Unite in precedenza citata, sganciando il principio della preclusione processuale al secondo giudizio dal giudicato formale, ha pure affermato che non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente anche se in fase o grado diversi nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005 cit. . Tale affermazione risulta confermata anche da numerose pronunce successive secondo le quali in caso di contestuale pendenza presso lo stesso ufficio o presso uffici diversi della stessa sede giudiziaria , di più procedimenti penali per uno stesso fatto e nei confronti della stessa persona, una volta esercitata l’azione penale nell’ambito di uno di tali procedimenti, deve considerarsi indebita la reiterazione dell’esercizio del potere di promuovere l’azione, assumendo, in assenza di un’espressa disposizione normativa, diretto rilievo il principio di consumazione del potere medesimo, correlato a quello di preclusione , del quale costituisce espressione il divieto di bis in idem dopo la formazione del giudicato ne consegue che, nell’ambito del secondo procedimento, va chiesta e disposta l’archiviazione ovvero, nel caso in cui l’azione penale sia già stata esercitata, ne va dichiarata l’improcedibilità con sentenza Sez. 4, n. 25640 del 21/05/2008, Rv. 240783 . L’applicazione dei suddetti principi al caso in esame comporta affermare che la corte di appello di Messina non poteva dichiarare la nullità per fatto diverso e trasmettere gli atti al giudice di primo grado pur avendo dato atto della sussistenza di altro procedimento per lo stesso fatto storico, e cioè la ricezione e successiva negoziazione dei medesimi assegni circolari, pur se diversamente qualificato nei distinti procedimenti viceversa, la corte di appello, rilevato che il presente procedimento porta il numero di R.G.N. R. 2904/12 ed è quindi successivo quello separato, pur a carico dello stesso imputato, citato in entrambe le sentenze di merito con il R.G.N. R. 6953/08 ed, accertato altresì, che il procedimento separato ha ad oggetto contestazioni di riciclaggio dei medesimi assegni che assorbono la condotta di semplice ricettazione contestata nel presente procedimento, doveva dichiarare l’improcedibilità ex art. 649 c.p.p Declaratoria che trova fondamento sia nella sussistenza di due distinti procedimenti in relazione alla medesima condotta sia nella accertata sussistenza di altro procedimento per lo stesso fatto diversamente qualificato che assorbe il reato oggetto del presente procedimento perché meno grave. Difatti non può affermarsi sussistere concorso di reati tra ricettazione, giudicata nel presente procedimento, e riciclaggio contestato nell’altro giudizio, costituendo quest’ultimo una figura di progressione criminosa del reato di cui all’art. 648 c.p., che in esso è assorbito, punendosi con il delitto di cui all’art. 648 bis c.p., più gravemente proprio la condotta di chi dopo avere ricevuto denaro od oggetti di provenienza illecita, compie operazioni dirette a sostituire, trasformare, occultare il profitto del precedente reato presupposto. Così che nell’ipotesi in cui vi sia ricezione prima ed utilizzazione poi di assegni di provenienza furtiva non può contestarsi in diversi procedimenti sia la ricettazione che il riciclaggio, assorbendo quest’ultima condotta anche quella di cui all’art. 648 c.p L’applicazione del principio del divieto di secondo giudizio comporta pertanto affermare che avuto riguardo all’identità del fatto naturalisticamente individuato il divieto va applicato anche in assenza di giudicato formale pur se nel secondo giudizio il fatto sia diversamente contestato con una imputazione di reato che costituisca progressione criminosa del primo. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio dovendosi pronunciare sentenza di non doversi procedere per ostacolo di precedente giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara non doversi procedere nei confronti di S.P.G. per ostacolo di precedente giudizio.