Estinto per condotta riparatoria il reato di tentata estorsione in danno alla sorella non convivente

Essendo il reato di tentata estorsione commesso, mediante minaccia, in danno alla sorella non convivente procedibile a querela, può trovare applicazione la causa di estinzione della condotta riparatoria.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44863/19, depositata il 5 novembre. La vicenda. Il GIP del Tribunale di Verbania, ad esito del giudizio abbreviato, dichiarava non doversi procedere nei confronti di un imputato per il delitto di tentata estorsione in danno alla sorella, considerando estinto il reato per condotta riparatoria ex art. 162- ter c.p Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge in quanto l’applicata causa di estinzione del reato presuppone che si tratti di fattispecie procedibili a querela soggetta a remissione, mentre l’estorsione è procedibile d’ufficio, anche se nella forma tentata. Procedibilità. L’art. 649, comma 2, c.p. prevede che i delitti contro il patrimonio commessi in danno del fratello o della sorella non convivente con l’autore del reato sono procedibili a querela della persona offesa. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, tale condizione di procedibilità così come la causa di non punibilità prevista dal comma 1 della medesima norma in caso di convivenza si applica anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628 Rapina , 629 Estorsione e 630 c.p. Sequestro di persona a scopo di estorsione . Tali reati sono invece procedibili d’ufficio, sia nella forma consumata che tentata, laddove siano commessi con violenza alle persone. Tirando le somme, il reato di tentata estorsione mediante minaccia commesso in danno alla sorella non convivente è procedibile a querela, condizione che legittima l’applicazione dell’art. 162- ter c.p La decisione del GIP si rivela dunque immune dalle censure prospettate nel ricorso che viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 ottobre – 5 novembre 2019, n. 44863 Presidente Gallo – Relatore D’Agostini Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza dell’11/12/2018 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania, ad esito del giudizio abbreviato, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.R. , imputato di tentata estorsione in danno della sorella R.L. , per essere il reato estinto per condotta riparatoria art. 162 ter c.p. . 2. Ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Torino, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione della legge penale, in quanto la causa di estinzione del reato prevista dall’art. 162 ter c.p. presuppone che si tratti di casi di procedibilità a querela soggetta a remissione il delitto di estorsione, anche nella forma tentata, è procedibile d’ufficio. 3. Il ricorso è manifestamente infondato. 4. L’art. 649 c.p., comma 2, prevede che i delitti contro il patrimonio commessi anche in danno della sorella non convivente con l’autore del reato in caso di convivenza verrebbe meno la punibilità, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo sono procedibili a querela della persona offesa. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, la causa di non punibilità e la condizione di non procedibilità di cui ai commi primo e secondo dell’art. 649 c.p. si applicano anche alle ipotesi tentate dei delitti di cui agli artt. 628, 629 e 630 c.p., mentre l’agente è punibile ed i suddetti reati, nella forma consumata e tentata, sono procedibili di ufficio nel caso in cui la condotta sia commessa con violenza alle persone Sez. 2, n. 53631 del 17/11/2016, Giglio, Rv. 268712 Sez. 2, n. 32354 del 10/05/2013, Gallano, Rv. 255982 Sez. 2, n. 24643 del 21/03/2012, Errini, Rv. 252832 Sez. 2, n. 18273 del 19/01/2011, Frigerio, Rv. 250083 Sez. 2, n. 28686 del 09/07/2010, Carollo, Rv. 248031 . Considerato che il reato tentato costituisce una ipotesi autonoma di reato, la dizione letterale delitti preveduti dagli artt. 628, 629, e 630 , non menzionando espressamente anche il tentativo, non può essere interpretata estensivamente, vertendosi in una materia in cui non può praticarsi un esercizio ermeneutico in malam partem. 5. Il reato di tentata estorsione mediante minaccia, commesso in danno della sorella non convivente, era dunque procedibile a querela. Pertanto, la decisione del G.i.p., che ha recepito le comuni conclusioni delle difese dell’imputato e della parte civile, è immune dalla violazione denunciata dal ricorrente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.