Il ricorso per cassazione non può essere sottoscritto dalla parte, neppure se si tratta di un avvocato cassazionista

Nel processo penale non è consentito all’imputato che rivesta la qualità di avvocato di esercitare l’autodifesa. Tale preclusione opera nel senso dell’incompatibilità dell’imputato-avvocato a proporre impugnazione, lasciando altresì esclusa, nel giudizio di cassazione, laddove il ricorrente sia un avvocato cassazionista, la possibilità di svolgere attività difensiva d’udienza.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 44618/19 depositata il 31 ottobre. Il caso. Nell’ambito del giudizio avente ad oggetto le condotte accertate a carico dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 348 c.p., per aver esercitato abusivamente la professione di avvocato, la Corte di Cassazione esamina il ricorso da egli proposto dichiarandolo inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato. Sottoscrizione del ricorso per cassazione. Come si evince dall’atto di impugnazione, il ricorso, pur tempestivamente proposto, è stato sottoscritto personalmente dall’imputato ma, come rileva la Suprema Corte, le Sezioni Unite hanno precisato che il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione . Nel caso di specie, il fatto che lo stesso imputato fosse diventato avvocato cassazionista, non vale a costituire una deroga a tale principio, infatti, anche le più recenti decisioni si sono espresse nel ritenere inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato che sia anche avvocato cassazionista. La giurisprudenza. Pertanto, la Cassazione ritiene opportuno ribadire il principio secondo cui nel processo penale non è consentito all’imputato, che rivesta la qualità di avvocato, di esercitare l’autodifesa, difettando un’espressa previsione di legge che la legittimi, con la precisazione che la preclusione dell’autodifesa-esclusiva nel processo penale opera nel senso della incompatibilità dell’imputato-avvocato a proporre impugnativa e nel giudizio in cassazione lascia altresì esclusa, ove il ricorrente è un avvocato cassazionista, lo svolgimento alle attività difensive d’udienza .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 – 31 ottobre 2019, n. 44618 Presidente Capozzi – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. B.G. impugna la sentenza del 31 maggio 2018, resa all’esito di dibattimento, con la quale la Corte di appello di L’Aquila ha confermato quella del Tribunale di Teramo del 20 giugno 2014 che aveva dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per essere i reati ascrittigli estinti per intervenuta prescrizione. 2. B.G. era imputato del reato di cui all’art. 348 c.p., con condotte accertate il 21 aprile 1997 e 24 giugno 1998, per avere esercitato abusivamente la professione di avvocato. In particolare, aveva redatto, con atto di opposizione di terzo, l’impugnazione della sentenza del Pretore di Teramo che aveva dichiarato cessato la materia del contendere in una procedura attivata da S.F. avverso decreto ingiuntivo emesso dall’INPS per omesso versamento di contributi assicurativi e somme aggiuntive. 3. La Corte di appello ha confermato la declaratoria di prescrizione del reato stante la pregiudizialità della prescrizione, la mancata rinuncia alla stessa da parte dell’imputato e la prevalenza della causa estintiva sulle dedotte questioni di nullità ha escluso che fosse evidente, sulla base degli atti processuali acquisiti, la limitazione del petitum negli atti di opposizione sottoscritti dal B. - pacificamente privo dello jus postulandi all’epoca dei fatti - alla sola posizione, in proprio, del B. stesso, per la somma di lire 250.000 e che fosse irrilevante la produzione del contratto di procacciamento di clientela stipulato dal ricorrente con l’avvocato Eugenio Galassi in presenza di conclamate attività dirette e suscettibili di integrare di per se la condotta illecita ha escluso, infine, che le condotte contestate al B. fossero ricomprese in quelle per le quali il B. aveva riportato sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, per fatti accertati il 26 gennaio 1999. Trattasi, infatti, di atti diversi, in ragione della tipologia di atti abusivamente redatti, da quelli oggetto della sentenza n. 704/2004 del Tribunale di Teramo. 4. Il ricorrente impugna la sentenza deducendo i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p Motivo n. 1 nullità della sentenza impugnata non avendo la Corte distrettuale esaminato il motivo di appello con il quale era stata denunciata la nullità della sentenza di primo grado, pronunciata mentre pendeva procedimento di ricusazione del magistrato e in costanza di efficacia dell’ordinanza con la quale la Corte di appello aveva disposto la sospensione di ogni attività dibattimentale. La sentenza di primo grado non era semplicemente inficiata di nullità, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., ma era affetta dal radicale vizio di carenza del potere giudicante del Tribunale di Teramo per effetto del combinato disposto dell’art. 37 c.p.p., comma 2, e art. 41 c.p.p., comma 2 Motivo n. 2 l’affermazione della prevalenza della declaratoria di prescrizione sulla nullità processuale contrasta con la regola affermata dalla sentenza n. 85 del 2008 della Corte Costituzionale potendo derivare da sentenza di proscioglimento pregiudizio morale persino superiore a quello di sentenza di condanna Motivo n. 3 inapplicabilità della statuizione recata dalla giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte distrettuale - sentenza n. 595 del 2012 - poiché le nullità denunciate dal ricorrente non erano costituite dalla nullità endoprocessuale ma investivano l’esercizio dell’azione penale, quindi, la esistenza stessa della richiesta di rinvio a giudizio e comportavano la inesistenza del rapporto processuale. L’imputato, fin dal primo grado, aveva dedotto la nullità dell’avviso conclusione indagini perché mai notificato al difensore di fiducia nonché del decreto di citazione diretta a giudizio, per la medesima ragione Motivo n. 4 la giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata è eccentrica rispetto alla decisione assunta perché non è pertinente alla decisione di primo grado, viziata per le ragioni esposte al punto che precede, ma applicabile solo al giudizio di legittimità Motivo n. 5 incorre in plurimi errori in diritto, oggetto di articolata denuncia al punto 6 e ss. del ricorso, la motivazione autonoma della Corte di L’Aquila, sulle ragioni che ostavano al proscioglimento di merito. La norma incriminatrice di cui all’art. 348 c.p. è inapplicabile alla fattispecie, come quella in esame, nel quale la domanda giudiziale sia stata formulata direttamente dal titolare della posizione di diritto le conclusioni della Corte non sono congruenti con il contenuto dei ricorsi acquisiti che avevano ad oggetto la formulazione di domanda per l’importo che, ai sensi dell’art. 417 c.p.c., consentiva la sottoscrizione ad opera della parte e tanto ciò è vero che il Pretore di Teramo aveva dato corso alla notifica a cura della cancelleria. Questa circostanza andava valutata anche ai fini della sussistenza del dolo, incrinato da tale assunto. La Corte di merito aveva erroneamente valutato la deposizione del teste, avvocato Eugenio Galassi che aveva dichiarato di avere redatto gli atti di opposizione facendoli poi sottoscrivere al B. , ovverosia il cliente, consentendolo l’importo del credito azionato, domanda dalla quale era derivata la conseguente liquidazione dei compensi in favore dell’avvocato Galassi, in conformità alle norme sul patrocinio a spese dello Stato. Erronea era stata la valutazione della precedente sentenza di assoluzione piena che non era limitata al compimento di specifici atti ma era comprensiva di una generica attività per atti presentati dal 3 febbraio 1998 al 7 gennaio 1999. 5. Rileva il Collegio che all’odierna udienza si è pervenuti in seguito a rinvio, disposto all’udienza del 24 maggio 2019, per nullità dell’avviso di fissazione perché non notificato ad uno dei difensori di fiducia di B.G. , l’avvocato Ugo Marinelli, già difensore nel giudizio di merito. Considerato in diritto 1. Deve, preliminarmente, dichiararsi irricevibile la memoria depositata in data 2 ottobre 2019 dall’avvocato Rita Monaco perché intempestiva. Invero, il termine di quindici giorni per il deposito delle memorie difensive, previsto dall’art. 611 c.p.p., relativamente al procedimento in camera di consiglio, è applicabile anche ai procedimenti in udienza pubblica e la sua inosservanza esime la Corte di Cassazione dall’obbligo di prendere in esame le stesse Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Cutrì e altro, Rv. 259618 . 2. Il ricorso di B.G. è inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato. 3. Dall’atto di impugnazione in originale, spillato agli atti trasmessi della Corte di Appello di l’Aquila, risulta che il ricorso, tempestivamente proposto, è sottoscritto personalmente dall’imputato, B.G. . L’art. 613 c.p.p., è stato modificato, con riguardo alla possibilità che l’atto di ricorso potesse essere sottoscritto personalmente dall’imputato per effetto della L. n. 103 del 2017, applicabile ai ricorsi proposti successivamente alla data di entrata in vigore 3 agosto 2017 . Le Sezioni Unite di questa Corte Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010 hanno precisato che il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione le modalità di proposizione del ricorso, infatti, attenendo al concreto esercizio del diritto di impugnazione, spettante alla parte personalmente, vanno tenute distinte dal concreto esercizio del potere di impugnazione per il quale si richiede la necessaria rappresentanza tecnica del difensore. 4.Risulta, peraltro, che B.G. , dal 23 giugno 2017, è divenuto avvocato cassazionista ma tale qualità professionale, ad avviso del Collegio, non comporta una deroga al principio enunciato dalle Sezioni Unite, conclusione, questa, in linea con le risalenti decisioni assunte da questa Corte in fattispecie che riguardava la sottoscrizione del ricorso per cassazione dalla persona offesa dal reato che rivesta la qualità di avvocato cassazionista Sez. 6, n. 25790 del 30/01/2008, P.O. in proc. Poddighe, Rv. 241238 . Anche più recenti decisioni si sono espresse nel senso di ritenere inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato che sia anche avvocato cassazionista Sez. 6, n. 46021 del 19/09/2018, Antonucci Fausto, Rv. 274281 Sez. 6, n. 10893 del 16/10/2018, dep. 2019, n. m. , per la incompatibilità in materia penale dell’autodifesa da parte dell’imputato. Decisiva la ragione che, nel caso di imputato-avvocato non si accompagna alla specifica preparazione tecnica, di cui pure il soggetto è portatore, il necessario distacco per garantire effettività della difesa e contrasto all’accusa alla luce della rilevanza costituzionale riconosciuta all’attività di difesa dei diritti quale componente non rinunciabile dello Stato di diritto art. 24 Cost. . 5.Nella più risalente delle decisioni ora indicate è enunciato un principio di carattere generale, richiamato e precisato anche nelle sentenze successive, poiché, vi si afferma che la facoltà di stare in giudizio personalmente e senza il ministero del difensore da parte di chi abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore presso il giudice adito, non può essere ammessa al di fuori dell’ambito del processo civile per il quale rileva la disposizione dell’art. 86 c.p.c., disposizione questa della quale non è consentita un’applicazione analogica nel processo penale, stante la diversa natura degli interessi che in quest’ultimo processo vengono in rilievo. 6. È, dunque, la natura degli interessi in gioco nel processo penale ovverosia la libertà personale e la mancata previsione nell’ordinamento penale interno di una norma di carattere generale che stabilisca la difesa tecnica personale della parte nel processo penale e nei procedimenti incidentali che ad esso accedono, che impedisce la possibilità di declinare il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, nella forma dell’autodifesa tecnica e, quindi, la necessità di affiancare alla difesa personale della parte, la difesa tecnica di un terzo. 7. Limpide, in relazione al complesso di attività processuali cui sono ammesse le parti private e loro difensori al fine di far valere i propri diritti e le proprie ragioni quanto all’accertamento della fondatezza delle pretesa punitiva dello Stato, le nozioni e la portata della difesa personale o autodifesa e quella di difesa tecnica illustrate nella recente Sez. 6, n. 46021, cit. che ha esaminato anche i referenti costituzionali e le previsioni internazionali che regolano la materia. Alla difesa personale, o autodifesa, è correlata - si osserva - la partecipazione dell’imputato nel processo attraverso l’esercizio dei poteri processuali necessari ad influire sul convincimento del giudice, sia ove questi siano riservati esclusivamente al primo sia ove risultino condivisi nel loro esercizio con il difensore per le distinte previsioni contenute nell’art. 99 c.p.p., comma 1, prima e seconda parte, e nell’art. 111 Cost., comma 3. Alla difesa tecnica, contemplata dall’art. 24 Cost., comma 2, si accompagna la diversa prospettiva del corretto svolgimento del processo e del funzionamento della giustizia, destinata a cogliere della prima la valenza di strumento di garanzia del contraddittorio da realizzarsi nella parità dialettica tra accusa e difesa. La finalità di garantire all’imputato il corretto svolgimento del processo per un interesse pubblico destinato, come tale, a superare l’interesse del singolo, rinviene espressione nel consolidato indirizzo del giudice delle leggi tra le altre Corte Cost. sent., n. 59 del 1959 Id., n. 188 del 1980 Id., n. 125 del 1979 che qualifica la difesa tecnica quale imprescindibile garanzia del regolare esercizio del potere giurisdizionale. All’indicato principio si accompagna quello, fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte così Sez. 1, n. 7786 del 29/01/2008, Stara, Rv. 239237 , per il quale non vi è contrasto tra il sistema della difesa quale imprescindibile garanzia del regolare esercizio del potere giurisdizionale.giudiziaria penale adottato dall’ordinamento italiano e la Convenzione e.d.u. art. 6, art. § 3, lett. c nella puntualizzazione che quest’ultimo, là dove stabilisce che ogni imputato ha diritto di difendersi da sé medesimo o mediante l’assistenza di un difensore, non ponga all’imputato l’alternativa di scegliere tra autodifesa o difesa tecnica, volendo piuttosto assicurare al primo un sistema minimo di garanzie diretto a salvaguardare il diritto all’autodifesa in quegli ordinamenti degli Stati aderenti in cui potrebbe non esservi il diritto alla difesa tecnica. È così che il sistema penale dell’ordinamento italiano, in cui si assiste ad un concorso dell’attività difensiva dell’imputato con quella del professionista, difensore tecnico, non urta con il principio convenzionale non traducendosi in una compressione o esclusione della difesa personale, ma nella integrazione di essa con l’attività defensionale tecnica, in tal modo assicurando all’imputato una più incisiva tutela delle sue posizioni, nell’osservanza del principio di effettività sancito dalla Convenzione. Nell’indicata premessa, il diritto all’autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia Sez. 1, n. 7786 del 29/01/2008, cit. , ferma l’evidenza che la Corte Edu, non precisando le condizioni di esercizio del diritto difesa, ha lasciato agli Stati contraenti, come dalla stessa chiarito, la scelta di mezzi idonei a consentire al loro sistema giudiziario di garantire siffatto diritto, integrativo dei requisiti di un equo processo sentenza del 27 aprile 2006 - Ricorso n. 30961/03 - Sannino c/Italia . 7. Deve, dunque essere ribadito il principio secondo cui nel processo penale non è consentito all’imputato, che rivesta la qualità di avvocato, di esercitare l’autodifesa, difettando un’espressa previsione di legge che la legittimi con la precisazione che la preclusione dell’autodifesa-esclusiva nel processo penale opera nel senso della incompatibilità dell’imputato-avvocato a proporre impugnativa e nel giudizio in cassazione lascia altresì esclusa, ove il ricorrente è un avvocato cassazionista, lo svolgimento alle attività difensive d’udienza. 8.Non possiede efficacia, nel senso di estendere la previsione recata dall’art. 86 c.p.c., la disposizione recata dalla L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, comma 1, Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense là dove si stabilisce che L’avvocato può esercitare l’incarico professionale anche a proprio favore . Di quest’ultima norma deve essere data invero una lettura coordinata con le prescrizioni specifiche di ogni ramo dell’ordinamento e le correlate previsioni procedurali Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072 in tal modo riconoscendosi alla prima un carattere meramente ricognitivo di fonti aliunde contenute e che, come anticipato, non sono positivamente previste in materia penale. 9. Il carattere assorbente e decisivo di quanto rilevato, che va ad incidere negativamente sulla valida instaurazione del rapporto di impugnazione, esime la Corte da ogni altra considerazione. 10.Consegue alla declaratoria di inammissibilità, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, a norma dell’art. 616 c.p.p., al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.