L'autentica della sottoscrizione della persona offesa spetta soltanto al difensore nominato

La querela sottoscritta dalla persona offesa e, in calce, dal difensore che ne ha curato il deposito in Procura è valida, in ragione del fatto che quest'ultimo ha autenticato la sottoscrizione della prima. Di contro, non è valida la querela con sottoscrizione autenticata da un avvocato che non risulta nominato quale difensore della persona offesa.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, con la ordinanza n. 44577/19, depositata il giorno 31 ottobre. Una querela invalida. La sentenza che oggi commentiamo affronta un argomento di grande rilevanza pratica ma, allo stesso tempo, denso di richiami ad importanti principi del nostro ordinamento processuale. Il punto nodale è costituito dal potere di autentica della sottoscrizione della persona offesa ai fini della proposizione della querela tramite incaricato”. L'occasione è data da un processo per truffa, nel corso del quale veniva sollevata la questione della validità della querela proposta dalla persona offesa, giacchè questa era stata depositata da un avvocato che aveva autenticato la sottoscrizione del querelante, ma che non era stato mai nominato suo difensore. Anzi, nella vicenda processuale veniva incaricato della difesa un altro legale. Chi può autenticare la sottoscrizione della persona offesa senza rischiare di sentirsi dire che la querela è stata invalidamente presentata? Un po' di confusione. Come spesso succede, il quesito non è stato pacificamente risolto dalla giurisprudenza un primo filone di pensiero, supportato da una nutrita serie di decisioni di legittimità fino al 2003, sosteneva la tesa della natura formale della investitura difensiva che la parte offesa doveva compiere per poter legittimare l'avvocato ad autenticarne la sottoscrizione. No, quindi, a desunzioni per facta concludentia dell'avvenuto conferimento del mandato difensivo. Altro orientamento, invece, sosteneva l'esatto contrario, e faceva leva sulla possibilità di ravvisare negli atti i segni anche di una nomina tacita per poter considerare validamente autenticata la sottoscrizione del querelante. Anzi, proprio l'autentica – secondo alcune decisioni – era espressione della scelta di avvalersi del difensore che vi aveva proceduto. Le Sezioni Unite Scafi” del 2006 una pietra miliare. La querelle è stata composta – non troppo efficacemente, dato che la decisione d'appello su cui si è pronunciata la Suprema Corte con la sentenza in commento se ne è discostata – dall'intervento delle Sezioni Unite. Nel lontano 2006, infatti, si è ritenuto di porre alcuni punti fermi. Il primo la presentazione di querela mediante incaricato o spedita per posta raccomandata richiede che la sottoscrizione del querelante sia autenticata, anche dal difensore, così come consentono le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Punto secondo la nomina del difensore deve avvenire con una dichiarazione” dell'offeso dal reato che, per sua stessa natura, non può essere tacita ma deve invece assumere connotati espliciti, benchè non necessariamente sacramentali ne discende che non è possibile ricavare la prova dell'avvenuto incarico mediante il ricorso a presunzioni. Insomma, basta che il querelante abbia espressamente manifestato la volontà di incaricare della propria difesa un determinato avvocato per legittimarne l'autentica della sottoscrizione. Punto terzo l'autentica della sottoscrizione deve essere cronologicamente o, per meglio dire, graficamente successiva alla dichiarazione di nomina, poiché il potere di accertare l'identità del sottoscrittore è consequenziale all'avvenuto conferimento del mandato difensivo. Una soluzione aderente al testo normativo. L'interpretazione della Suprema Corte e il richiamo alle Sezioni Unite del 2006 non fanno una piega l'argomentazione è lineare, i principi di diritto richiamati sono rigorosamente messi in fila tanto da rendere assai agevole la ricostruzione del percorso logico seguito per trarre le conclusioni processuali. Soltanto un passaggio si sarebbe potuto sviluppare ulteriormente ci si riferisce al conferimento dell'incarico difensivo ad un determinato avvocato – che autentica la sottoscrizione, rendendo così validamente proposta la querela – e alla delega al deposito della stessa, che ben potrebbe essere conferita ad altro soggetto. In questo caso non vi sono dubbi sulla regolarità della genesi della condizione di procedibilità, atteso che il conferimento dell'incarico difensivo e la consequenziale autentica della sottoscrizione costituiscono una coppia di atti giuridici ben distinta dal terzo segmento dichiarativo, rappresentato dalla delega al deposito”.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 luglio – 31 ottobre 2019, n. 44577 Presidente Cervadoro – Relatore Alma Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 13 luglio 2018 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza in data 14 settembre 2017 del Tribunale di Messina, per la parte che in questa sede interessa, ha concesso a B.Z. il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto l’affermazione di penale responsabilità della stessa e di B.C. in relazione al reato di concorso in truffa così riqualificata l’originaria contestazione di insolvenza fraudolenta e la condanna degli stessi a pene ritenute di giustizia oltre che alla rifusione dei danni da liquidarsi in separata sede alla costituita parte civile M.A. in proprio e quale legale rappresentante pro tempore della M. Carburanti e Lubrificanti . In sintesi, si contesta agli imputati di avere, in concorso tra loro e con B.B. deceduto , quali rappresentanti delle società Demoter S.p.a. , Palermo 2001 S.c.a.r.l. , Cattolica S.c.a.r.l. , Niceto S.c.a.r.l. e C.M.I. S.r.l. di avere contratto obbligazioni con la M. Carburanti relative a forniture di carburante alle predette imprese per l’importo di circa 520 mila Euro, consegnando in pagamento una serie di assegni tratti su Credito Siciliano e Banca Nuova rimasti non pagati per difetto di provvista o per il ritiro delle firme autorizzate presso gli istituti di credito. I fatti sono contestati come commessi sino al settembre del 2011. 2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza e con atto unico il difensore degli imputati, deducendo 2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , c ed e , in relazione agli artt. 96, 101, 122, 336, 333 e 337 c.p.p. in combinato disposto con l’art. 2703 c.c. per omessa declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per difetto di valida querela. Rileva, al riguardo, la difesa dei ricorrenti che la querela non fu presentata direttamente dal querelante ma da un soggetto l’avv. Sammartano da lui delegato benché non nominato, nè previamente, nè successivamente, difensore di fiducia e benché non fosse desumibile aliunde una nomina tacita del predetto quale difensore di fiducia della persona offesa, atteso che nell’atto stesso non era conferita alcuna procura speciale alla redazione od al deposito della stessa e che, successivamente, fu nominato un difensore di fiducia diverso da quello che ebbe a depositare l’atto di querela. A ciò si aggiunge che non essendo il soggetto che ebbe materialmente a presentare la querela stato nominato difensore della persona offesa e neppure domiciliatario della stessa, lo stesso non avrebbe avuto neppure la possibilità di autenticare la sottoscrizione del querelante. Per tali ragioni, anche alla luce dei principi giurisprudenziali richiamati nel ricorso, chiede la difesa dei ricorrenti che questa Corte voglia dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di valida querela. 2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b , c ed e , in relazione agli artt. 110 e 640 c.p. e artt. 192 e 125 c.p.p. e art. 546 c.p.p., lett. e . Rileva la difesa dei ricorrenti che la decisione impugnata sarebbe caratterizzata dall’affermazione di mere petizioni di principio e da valutazioni apodittiche in assenza di un concreto supporto probatorio. Non sarebbe, infatti, stata fornita risposta alle petizioni difensive con le quali si erano evidenziate l’impossibilità di ritenere sussistente la condotta in contestazione e, comunque, l’impossibilità di sussumerla nell’ipotesi di reato configurata, difettando la prova di un accordo fraudolento perseguito dagli imputati, atteso che il mancato incasso dei titoli di credito - seppure formalmente imputabile alla modifica del soggetto legittimato alla relativa emissione, ovvero al mancato rinvenimento di provvista sui conti in parola nulla permette di ritenere che a monte fosse stato deliberato e deciso tale modus operandi e non già che lo stesso sia stato conseguenza delle successive vicende societarie che hanno interessato la Domoter e, con essa, le società alla medesima riconducibili. Anche le affermazioni del Tribunale circa il fatto che il raggiro sarebbe individuabile nel dissimulare il reale destinatario degli ingenti quantitativi di gasolio e che il giudizio di responsabilità è da individuarsi nell’ aver impedito l’incasso degli assegni posdatati mediante il ritiro delle forme originariamente autorizzate secondo la difesa dei ricorrenti, non appaiono corrette e non sono fondate su di un adeguato supporto probatorio che necessitava di ulteriore approfondimento, al punto che furono specificamente contestate nell’atto di appello senza però che la Corte distrettuale via abbia, poi, dato adeguata risposta accertando quale soggetto abbia revocato la firma di traenza tenuto conto del ruolo e dei poteri dei singoli così come emergenti dall’informativa della Guardia di Finanza in data 19 febbraio 2013 e tenendo in considerazione anche i titoli non oggetto di incasso. Secondo la difesa dei ricorrenti, i fatti in esame avrebbero dovuto essere ricondotti nell’alveo di un inadempimento di mera natura civilistica difettando gli artifizi e raggiri al momento della conclusione dei negozi giuridici e, comunque, essendo necessario che dette artifici e raggiri siano stati tali da indurre essi stessi alla conclusione del contratto. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso relativo alla sostenuta improcedibilità dell’azione penale per difetto di valida querela è fondato. Occorre doverosamente prendere le mosse dalle formalità dell’atto di querela a firma di M.A. depositato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Messina in data 4 gennaio 2012. Il predetto atto contiene la dichiarazione di denuncia-querela da parte di M.A. , quale legale rappresentante della ditta M. Carburanti e l’elezione di domicilio presso lo studio dell’avv. Ernesto Fiorillo. In calce al documento vi è, poi, la delega all’avv. Fulvio Sammartano affinché depositi la su estesa querela e l’autentica della sottoscrizione del M. da parte dello stesso avv. Fulvio Sammartano. La sentenza di primo grado è completamente silente sul punto della validità della querela, mentre la Corte di appello, nel rispondere al relativo motivo di doglianza formulato dalla difesa degli imputati, ha sostanzialmente richiamato il contenuto di una pronuncia asseritamente in termini di questa Corte di legittimità aggiungendo che l’avv. Fulvio Sammartano che ha autenticato la firma del querelante era stato espressamente delegato a depositare la querela in Procura, con ciò essendogli stato conferito specifico mandato allo svolgimento di una concreta attività difensiva nel giudizio. Rileva l’odierno Collegio, sulla preliminare constatazione che il reato di truffa per il quale è intervenuta la condanna degli odierni ricorrenti è da ritenersi perseguibile a querela di parte non essendo stata - nè formalmente, nè in fatto contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 7, che la decisione adottata dalla Corte di appello non è corretta. Va dato atto che in materia, in presenza di una difformità di orientamenti giurisprudenziali, vi è stato un intervento delle Sezioni Unite di questa Corte Sentenza n. 26549 del 11/07/2006, Scafi, Rv. 233974 . Infatti, alcune sentenze avevano stabilito che in tema di querela, affinché si configuri il potere eccezionale di autenticazione previsto in generale dall’art. 39 disp. att. c.p.p., e in specie, dall’art. 337 c.p.p., comma 1, è indispensabile la premessa della qualifica di difensore di una parte individuata tale qualità peraltro non può discendere se non da una investitura, collegata ad adeguata manifestazione di volontà rivestita degli apparenti requisiti formali, onde in nessun caso è configurabile una prova presuntiva dell’incarico desunta da determinati comportamenti Sez. 4, n. 49131 del 03/10/ 2003, Mignogna, Rv. 227444 Sez. 5, n. 12288 del 28/09/1998, Chiambretti, Rv. 211517 Sez. 5, n. 7520 del 21/05/1997, De Paolis, Rv. 208245, De Paolis, Rv. 208245 . In altre sentenze si era, invece, sostenuto che è valida la presentazione di una querela autenticata da un avvocato, seppure questi non risulti in precedenza, ovvero nel contesto dell’atto, nominato difensore di fiducia, a condizione che sia possibile individuare una nomina tacita dello stesso da parte della persona offesa. Per il vero, all’interno di questo indirizzo giurisprudenziale si distinguevano distinti orientamenti a secondo il primo di essi, la nomina tacita può essere desunta dalla semplice autenticazione della firma della persona lesa e dall’attività contestuale alla sottoscrizione dell’atto di querela Sez. 5, n. 4419 del 09/03/1997, dep. 1999 Rv. 213124 Sez. 5, n. 3719 del 23/U2/1993, Mancini, Rv. 193686 Sez. 4, n. 21005 del 23/04/2001, Isaia, Rv. 219213 Sez. 5, n. 13159 del 14/11/2000, Feroleto, Rv. 219190 in tale orientamento si inserisce anche la sentenza richiamata dalla Corte di appello Messina nella sentenza qui impugnata e pronunciata in epoca successiva alle Sezioni Unite Scafi , secondo la quale È valida la querela sottoscritta dalla persona offesa e, in calce, dal difensore che la ha depositata in Procura, considerato che in virtù dell’art. 337 c.p.p., comma 1, la querela presentata da un incaricato deve essere munita dell’autenticazione della sottoscrizione da soggetto a ciò legittimato e, quindi, ai sensi dell’art. 39 disp. att. c.p.p., anche dal difensore, nominato formalmente ovvero tacitamente Nella specie la Corte ha affermato che la nomina tacita è desumibile anche dalla presentazione dell’atto all’autorità competente ad opera del legale e che l’autentica del difensore, autorizzato dall’art. 39 predetto, può ritenersi assolta dal difensore mandatario e depositante, che abbia apposto la sua firma sull’atto di querela di seguito a quella del titolare del diritto Sez. 6, n. 13813 del 26/03/2015, Recce, Rv. 262966 Sez. 5, n. 39049 del 09/10/2007, Delmonte, Rv. 238192 . b secondo altre decisioni, invece, la nomina tacita poteva essere desunta anche da comportamenti successivi alla presentazione della querela, tra i quali va ricompresa l’attività difensiva della parte svolta nel successivo giudizio Sez. 5, n. 10917 del 22/10/1997, Feltri, Rv. 208995 Sez. 5, n. 8742 del 21/04/1999, Sgarbi, Rv. 214648 . Ritiene l’odierno Collegio di aderire alla tesi delle Sezioni Unite Scafi delle quali appare doveroso riportare i principali passaggi partendo dall’analisi delle norme giuridiche che regolamentano le formalità della querela. La prima disposizione di legge da prendere in esame è quella prevista dall’art. 337 c.p.p., comma 1, il quale stabilisce che la dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’art. 333, comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato . Da tale norma si desume che la querela può anche essere recapitata ovvero che può essere spedita , a condizione però che l’atto rechi la sottoscrizione autentica del querelante tale espressione è stata, peraltro, sempre intesa dalla giurisprudenza di legittimità come quella di sottoscrizione autenticata e tale interpretazione è stata confermata dalla Corte costituzionale, la quale ha espressamente affermato che il recapito della querela mediante una persona incaricata o la spedizione per posta della stessa, in piego raccomandato, rappresentano una novità del codice di rito penale in vigore dal 1989. L’avere il legislatore previsto per tali forme di recapito la garanzia della reale volontà del querelante, sotto forma di sottoscrizione autenticata - come interpretata dalla Corte di cassazione - non costituisce lesione del diritto di agire in giudizio ai sensi dell’art. 24, comma 1, nè, a fortiori, del principio di obbligatorietà dell’azione penale, contenuto nell’art. 112 Cost. Corte costituzionale, sentenza n. 287 del 1995 . Posto, dunque, che la querela può essere recapitata o spedita solo se la firma del querelante è stata autenticata, viene in rilievo l’art. 39 disp. att. c.p.p., il quale stabilisce che fermo quanto previsto da speciali disposizioni, l’autenticazione della sottoscrizione di atti per i quali il codice prevede tale formalità può essere effettuata, oltre che dal funzionario di cancelleria, dal notaio, dal difensore, dal sindaco, da un funzionario delegato dal sindaco, dal segretario comunale, dal giudice di pace, dal presidente del consiglio dell’ordine forense o da un consigliere da lui delegato . Dunque, la firma del querelante può essere autenticata anche dal suo difensore così che - ai fini della soluzione della questione in esame - è necessario accertare anzitutto quando un avvocato acquista nel processo penale la qualifica di difensore della persona offesa. È, peraltro, il codice di rito a regolare espressamente tale ipotesi stabilendo, all’art. 101, che la persona offesa dal reato, per l’esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti, può nominare un difensore nelle forme previste dall’art. 96 comma 2 e quest’ultima disposizione di legge, a sua volta, stabilisce che la nomina è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata . Ebbene, il primo indirizzo giurisprudenziale su riferito ritiene che la norma da ultimo citata debba essere interpretata in senso strettamente letterale e partendo da tale premessa, giunge - come si è cennato - alla conclusione che la nomina ha carattere formale e può essere solo espressa e che in nessun caso è configurabile una prova presuntiva dell’incarico difensivo, desunta da comportamenti che le parti possono avere in concreto tenuto. Mentre il secondo indirizzo come detto si rifà a quelle decisioni di questa Corte secondo cui è possibile - con riferimento a tutte le parti private del processo - una nomina tacita del difensore, ben potendo l’atto di nomina essere desunto per fatta concludentia Sez. 1, n. 12980 del 13/02/2004, Castellana, Rv. 228563 Sez. 4, n. 7962 del 27/04/1999, Tuliozzi, Rv. 214594 e afferma che, in siffatte ipotesi, l’autenticazione della firma del querelante è validamente compiuta dal legale scelto dalla parte, pur se non è intervenuta una dichiarazione di nomina conforme ai requisiti prescritti dai citati artt. 101 e 96 c.p.p Tale ultimo filone è stato ribadito in tempi più recenti anche da Sez. 3, n. 47133 del 24/04/2018, Orfeo, Rv. 274323 che ha stabilito che in tema di formalità per la nomina del difensore, l’art. 96 c.p.p. non costituisce una norma inderogabile, ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, pertanto, di una interpretazione ampia ed elastica in bonam parteni , con la conseguenza che i comportamenti concludenti idonei a documentare la riferibilità della nomina all’imputato costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di un rapporto fiduciario tra lo stesso imputato e l’avvocato che ha svolto di fatto le funzioni di difensore ma è stato subito avversato da Sez.1, n. 18244 del 02/04/2019, Constantin, Rv. 275470 che ha, invece, stabilito che la nomina del difensore di fiducia è atto formale che non ammette equipollenti, per la validità del quale è necessaria l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 96 c.p.p., commi 2 e 3 . Tornando alle Sezioni Unite Scafi , le stesse hanno però osservato che l’art. 96 c.p.p., comma 2, stabilisce che la nomina del difensore di fiducia è fatta con dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata . Dunque una dichiarazione della parte costituisce - per espresso disposto legislativo - il requisito fondamentale per la validità della nomina del difensore e tale dichiarazione potrà anche essere orale se resa innanzi all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, che ne cureranno la verbalizzazione ma deve, per ovvi motivi, essere effettuata per iscritto nelle ipotesi in cui l’atto di nomina sia consegnato o spedito all’autorità che procede. Trattasi pur sempre di una dichiarazione che non necessita di formule sacramentali come quelle richieste dall’art. 83 c.p.c. per la procura alle liti e ciò in quanto la disciplina prevista dall’art. 96 c.p.p. si distingue da quella del codice di procedura civile per una maggiore duttilità, conseguente alle differenze tra i due tipi di processo è quindi sufficiente - ai fini della validità della nomina del difensore del querelante - che quest’ultimo abbia chiaramente manifestato, con una sua dichiarazione, la volontà di essere assistito da un determinato avvocato e sarà compito del giudice stabilire, di volta in volta, se le espressioni utilizzate dalla persona offesa nell’atto di querela sono sufficienti a dimostrare la sua volontà di nominare quale difensore di fiducia il legale che ha effettuato l’autenticazione della sua sottoscrizione ovviamente, di tale suo convincimento il giudice dovrà fornire adeguata motivazione, esente da vizi logici. Le Sezioni Unite Scafi hanno però anche evidenziato che la nomina del difensore non può essere desunta dalla sola circostanza che il legale abbia autenticato la firma del querelante tale semplice atto è, infatti, ambiguo e quindi di per sé inidoneo a dimostrare che la persona offesa intendeva nominare quale suo difensore di fiducia proprio l’avvocato che lo ha compiuto. Occorre, dunque, che la parte lesa abbia reso nella querela altre dichiarazioni, dalle quali potere ricavare la sua volontà di essere assistita dal legale che ha autenticato la firma nè queste dichiarazioni possono essere sostituite dai così detti fatti concludenti posteriori alla presentazione della querela stessa, quali ad esempio la circostanza che l’avvocato abbia effettivamente assunto il ruolo di difensore nel corso del successivo giudizio. E infatti, se al momento dell’autenticazione della firma del querelante mancava la dichiarazione di nomina del difensore, la querela recapitata da un incaricato o spedita per posta è invalida e la successiva attività materiale compiuta dalle parti non può in alcun caso avere un effetto di sanatoria o di ratifica di quell’atto, nè dell’attività di certificazione posta in essere da chi era carente del relativo potere. Quando invece nella querela sono contenute altre dichiarazioni della persona offesa, dalle quali può ragionevolmente desumersi che quest’ultima intendeva nominare quale difensore il legale che ha effettuato l’autenticazione della firma, allora - per le ragioni prima esposte - tale autenticazione è perfettamente valida e conseguentemente anche la querela è idonea a dispiegare tutti i suoi effetti. Le Sezioni Unite Scafi hanno, poi, rinvenuto nel caso che era stato sottoposto alla loro attenzione un ulteriore elemento dal quale desumere la nomina del difensore attraverso la elezione di domicilio nello studio dello stesso ed hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto In tema di presentazione dell’atto di querela, è valida l’autenticazione della firma del querelante effettuata dal difensore anche quando questi non sia stato nominato formalmente, sempre che la volontà di nomina possa essere ricavata da altre dichiarazioni rese dalla parte nell’atto di querela, quale l’elezione di domicilio presso il difensore che ha autenticato la sottoscrizione. Tale principio è stato successivamente ribadito anche da questa Sezione della Suprema Corte cfr. Sez. 2, n. 9187 del 02/02/2017, Corneli, Rv. 269436 . Orbene, poiché, come detto l’atto di querela non contiene alcuna espressa dichiarazione di nomina dell’avv. Fulvio Sammartano che ebbe ad autenticare la sottoscrizione del querelante ed a depositare il relativo atto , nè risulta che lo stesso avvocato abbia difeso il querelante in una fase successiva del procedimento, la querela non risulta formulata e presentata nel rispetto delle condizioni di legge il che determina l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per difetto di condizione di procedibilità dell’azione penale. 2. Quanto rilevato al punto che precede rende superfluo l’esame delle ulteriori questioni prospettate nel ricorso egli imputati. 3. La rilevata situazione di improcedibilità dell’azione penale impone la l’eliminazione delle statuizioni civili contenute nelle sentenze di merito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione non poteva essere iniziata per mancanza di querela. Elimina le statuizioni civili.