Reati ostativi e permessi premio: la Consulta scalfisce la presunzione assoluta di pericolosità sociale

Si è tenuta ieri, 23 ottobre, la camera di consiglio della Corte Costituzionale in cui sono state esaminate le questioni sollevate dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia sulla legittimità dell’art. 4-bis, comma 1, ord. pen. nella parte in cui impedisce che per i reati in esso elencati siano concessi permessi premio ai condannati che non collaborano con la giustizia.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4- bis , comma 1, ord. pen. nella parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo . Lo si legge nel comunicato diffuso dall’Ufficio stampa della Corte a seguito della camera di consiglio tenutasi ieri ed in attesa del deposito della sentenza. La Consulta ha così sottratto la concessione del solo permesso premio alla generale applicazione del meccanismo ostativo” secondo cui i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborano con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti . Conseguentemente la presunzione di pericolosità sociale” del detenuto non collaborante perde il carattere di assolutezza e diventa relativa, potendo essere superata dal magistrato di sorveglianza con una valutazione caso per caso basata sulle relazioni fornite dal carcere e sulle informazioni e sui pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.