La Suprema Corte ribadisce la differenza tra persona offesa e persona danneggiata dal reato

La persona offesa dal reato non si identifica con quella danneggiata dal reato, poiché la prima costituisce un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre la seconda è portatrice di interessi connessi alle conseguenze privatistiche del reato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 43131/19, depositata il 21 ottobre. Il fatto. L’imputata ricorre per chiedere l’annullamento del decreto con cui il GIP del Tribunale ha disposto l’archiviazione del procedimento penale iscritto a carico di ignoti per una serie di reati. Con il ricorso eccepisce violazione di legge per il mancato rispetto del proprio diritto al contraddittorio orale, attraverso la mancata fissazione dell’udienza camerale dopo l’opposizione alla richiesta avanzata dal PM e contestando il mancato riconoscimento della sua qualità di persona offesa dal reato. Persona offesa vs danneggiato dal reato. Con riferimento, in particolar modo, a questo ultimo punto la Suprema Corte ricorda che la persona offesa dal reato deve essere individuata nel soggetto titolare dell’interesse protetto in maniera diretta dalla norma penale, la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l’essenza del reato. Dunque, la persona offesa dal reato non si identifica con quella danneggiata dal reato, poiché la prima è un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre la seconda è portatrice di interessi connessi alle conseguenze privatistiche del reato. A ciò consegue che colui che subisce un pregiudizio dall’edificazione abusiva non è la persona offesa dal reato, ma solo quella danneggiata, poiché in tal caso l’unica persona offesa dal reato è la pubblica amministrazione titolare degli interessi relativi alla tutela del territorio che sono protetti dalla norma penale. Appare, quindi, corretta la decisione del GIP di dichiarare inammissibile l’opposizione proposta dalla ricorrente avverso la richiesta di archiviazione avanzata dal PM, visto che manca la qualità di persona offesa in capo alla medesima. E il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 settembre – 21 ottobre 2019, n. 43131 Presidente Liberati – Relatore Noviello Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. C.E. ricorre per l’annullamento del decreto con cui, in data 19.12.2018, il G.i.p. del Tribunale di Pisa ha disposto l’archiviazione del procedimento penale iscritto a carico di ignoti per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181. 2. Con unico motivo, eccepisce il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c e art. 178 c.p.p. rilevando il mancato rispetto del proprio diritto al contraddittorio orale, attraverso la mancata fissazione dell’udienza camerale conseguente alla proposta opposizione alla richiesta avanzata dal PM, pur in presenza della indicazione delle indagini ulteriori da svolgere e contestando il mancato riconoscimento, in favore dell’istante, della qualità di persona offesa dal reato. 3. Il ricorso è manifestamente infondato. 3. 1. Va precisato che la persona offesa dal reato deve essere individuata nel soggetto titolare dell’interesse direttamente protetto dalla norma penale, la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l’essenza dell’illecito Sez. 6, n. 21090 del 24/02/2004, Soddu, Rv. 228810 , cosicché la persona offesa dal reato non si identifica con quella danneggiata dal reato, in quanto la prima costituisce un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre il danneggiato è portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell’illecito penale Sez. 5, n. 4116 del 28/01/1983, Bortolotti, Rv. 158854 . 3.2. Consegue che il soggetto privato che assume di avere subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiata, in quanto in tal caso parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione che sia titolare degli interessi attinenti alla tutelaterritorio protetti dalla norma incriminatrice Sez. 3, n. 6229 del 14/01/2009, P.O. in proc. Celentano ed altri, Rv. 242532 Sez. 3, n. 36352 del 23/04/2015, n. m. Sez. 3, n. 19996 del 14/12/2016, dep. 2017, Menna ed altri, n. m. . 3.3. Concordemente con quanto rilevato dal Sostituto Procuratore Generale, è quindi corretta la decisione del g.i.p. di dichiarare inammissibile l’opposizione proposta dalla ricorrente contro la richiesta di archiviazione avanzata dal PM, in ragione dell’assenza della qualità di persona offesa in capo alla medesima. Consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso de plano dal giudice per le indagini preliminari, perché persona offesa in questi casi è esclusivamente la pubblica amministrazione, titolare dell’interesse protetto. Le predette considerazioni risultano assorbenti rispetto alla ulteriore censure secondo cui il g.i.p. avrebbe ritenuto erroneamente che la ricorrente non aveva indicato ulteriori indagini da svolgersi in ordine ai reati ipotizzati. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente cfr. Corte Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186 , l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00 ciascuno. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.