Sull’onere di specificità dei motivi di appello

La Corte di Cassazione enuncia un nuovo principio di diritto secondo il quale in mancanza di specificità dei motivi di appello non può formarsi alcun valido rapporto di impugnazione, precludendo, di conseguenza, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. come la prescrizione del reato .

Questo il contenuto della sentenza della Suprema Corte n. 42942/19, depositata il 18 ottobre. Il fatto. La Corte d’Appello di Palermo dichiarava inammissibile il gravame proposto dall’imputato contro la sentenza del Tribunale che lo aveva condannato per diversi reati, tra cui quello di aver eseguito dei lavori su beni paesaggistici senza l’apposita autorizzazione. Avverso tale provvedimento, lo stesso propone ricorso per cassazione, lamentando la mancata dichiarazione dell’estinzione del reato contestatogli a causa della prescrizione, essendo già trascorsi 5 anni al momento della pronuncia della decisione impugnata. Poteri del giudice dell’appello. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi che ne stanno alla base, evidenziando che l’appello come il ricorso per cassazione risulta inammissibile per difetto di specificità dei motivi qualora non siano espressamente enunciati e argomentati i rilievi critici alle ragioni di fatto o di diritto che sono poste alla base della decisione impugnata, essendo tale onere a carico dell’impugnante direttamente proporzionale alla specificità con cui le stesse ragioni sono state esposte nella pronuncia oggetto di impugnazione. A tal proposito, gli Ermellini osservano come l’inammissibilità dell’impugnazione riguardi il principio dispositivo delle parti, che si estrinseca nella loro facoltà di iniziare un procedimento di impugnazione circoscrivendolo ai punti della decisione da sottoporre a controllo dell’organo giurisdizionale superiore, derivandone il fatto che l’effetto devolutivo coincide con la proposizione di una valida impugnazione che faccia riferimento ai motivi di ricorso articolati dalle parti e a quelli che se ne affiancano per legge in quanto rilevabili d’ufficio . Va poi precisato che, mentre il ricorso per cassazione costituisce un mezzo di gravame a critica vincolata, quello per l’appello è a critica libera”, non avendo il legislatore tipizzato le diverse categorie di motivi di censura che possono essere formulati, attribuendo al giudice competente la cognizione del procedimento solo sui punti del provvedimento a cui fanno riferimento i motivi di ricorso. Da ciò consegue che la piena cognitio caratterizzante i poteri del giudice di secondo grado rileva solo se e nei limiti in cui egli sia stato legittimamente investito di quei poteri, il che può avvenire solo dopo un’impugnazione che rispetti le previsioni di cui all’art. 581 c.p.p Ciò chiarito, dal punto di vista sistematico la necessaria specificità dei motivi di appello si fonda sul fatto che essi siano funzionali all’attivazione di uno strumento di controllo su punti specifici della decisione impugnata, per questo deve esplicarsi in una critica puntuale di quest’ultima. In definitiva, le esigenze di specificità dei motivi in appello non sono attenuate, e solo seguendo i principi di cui sopra il giudice competente potrà essere efficacemente investito dei poteri decisori ex art. 597, comma 2, lett. b c.p.p., e sarà legittimato a verificare le risultanze processuali e a riconsiderare punti della pronuncia di primo grado che non sono state oggetto di specifica critica. Ora, nel caso di specie l’appello era stato dichiarato inammissibile poiché l’atto di gravame si limitava a richiedere un nuovo giudizio sugli stessi punti già analizzati dal Tribunale, senza altre specificazioni, escludendo conseguentemente la valutazione della prescrizione maturata comunque dopo la sentenza impugnata . Alla luce del ragionamento esposto, dunque, la Corte dichiara inammissibile il ricorso ed enuncia il seguente principio di diritto L’inammissibilità dell’appello dovuta alla mancanza di specificità dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 maggio – 18 ottobre 2019, n. 42942 Presidente Rosi – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Palermo con ordinanza del 21 settembre 2016 ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da A.G. avverso la sentenza del Tribunale di Termini Imerese del 23 febbraio 2015 che lo aveva condannato alla pena di mesi 6 di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda relativamente ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. C, artt. 64, 71, 65, 72, 83 e 95, D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e art. 734 c.p. unificati dalla continuazione. 2. A.G. ha proposto ricorso per cassazione, tramite difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge e vizio della motivazione artt. 581 e 546 c.p.p. e L. n. 103 del 2017 . La Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare comunque la prescrizione dei reati in quanto al momento della pronuncia dell’ordinanza impugnata erano già decorsi i termini massimi di anni 5 per l’estinzione dei reati per prescrizione. L’art. 581 c.p.p. regola i requisiti formali dell’impugnazione prevedendo a pena di inammissibilità la specificità dell’atto di impugnazione. L’onere della specificità dei motivi è direttamente proporzionato alla specificità della motivazione della sentenza impugnata se la sentenza non argomenta anche l’atto di impugnazione non può a sua volta argomentare specificamente. 2. 2. Prescrizione del reato come previsto dalla Sezioni Unite n. 12602 del 2016. I fatti sono tutti accertati il 20 maggio 2010 a Cefalù. L’ordinanza di inammissibilità è stata emessa il 21 settembre 2016 e, quindi, le contravvenzioni erano prescritte. Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata. 3. La Procura Generale della Suprema Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Ciro Angelillis, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione. Considerato in diritto 4. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità. L’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 -dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201 vedi anche Sez. 2, n. 53482 del 15/11/2017 - dep. 24/11/2017, Barbato, Rv. 27137301 e Sez. 3, n. 38683 del 26/04/2017 - dep. 03/08/2017, Criscuolo, Rv. 27079901 . Nel caso in giudizio la Corte di appello ha rilevato l’inammissibilità dell’appello in quanto, come adeguatamente motivato, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, l’atto di appello non enunciava rilievi critici alla decisione impugnata. La sentenza di condanna, infatti, aveva ritenuto come dalle prove documentali, dalla informativa della P.G., dalle foto e dalle deposizioni dei testi C. geometra responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Cefalù e A. geometra della Sovraintendenza fosse provata la realizzazione delle opere abusive di cui all’imputazione un manufatto in muratura con pianta di 1,90 x 5 metri con copertura in legno con coppi siciliani e una struttura prefabbricata in legno di dimensioni di 3 x 2 metri . In sostanza il ricorrente con l’appello ha chiesto un nuovo giudizio, senza specificamente contestare le argomentazioni della decisione impugnata sul piano logico e nei contenuti, prospettando un vizio della motivazione senza indicare dove e perché. 4. 1. L’inammissibilità dell’impugnazione riguarda il principio dispositivo delle parti, nel senso che è nella facoltà delle parti dare ingresso, attraverso un atto conforme ai requisiti di legge richiesti, al procedimento di impugnazione e delimitare i punti del provvedimento da sottoporre al controllo dell’organo giurisdizionale del grado successivo. Ne consegue che il momento di operatività dell’effetto devolutivo ope legis non può che coincidere con la proposizione di una valida impugnazione, che investa l’organo giudicante della cognizione della res iudicanda, con riferimento sia ai motivi di doglianza articolati dalle parti sia a quelli che, inerendo a questioni rilevabili d’ufficio, si affiancano per legge ai primi. Esistono all’interno dell’ordinamento fondamentali esigenze di funzionalità e di efficienza del processo, che devono garantire - nel rispetto delle regole normativamente previste e in tempi ragionevoli - l’effettivo esercizio della giurisdizione e che non possono soccombere di fronte ad un uso non corretto, spesso strumentale e pretestuoso, dell’impugnazione Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep.2016, Ricci, Rv. 266818 . 4. 2. L’appello costituisce un’impugnazione a critica libera , non essendo tipizzate dal legislatore le categorie dei motivi di censura che possono essere formulati, ed attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti art. 597 c.p.p., comma 1 . Invece, il ricorso per cassazione costituisce un mezzo di impugnazione a critica vincolata essendo inammissibile se proposto per motivi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., commi 1 e 3 , che, di regola, attribuisce alla Corte di Cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti art. 609 c.p.p., comma 1 . Dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c , art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 597 c.p.p., comma 1, emerge che non può essere ritenuto sufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, che i motivi si riferiscano semplicemente a punti della decisione . Infatti l’espressione si riferiscono , contenuta nella disposizione, deve essere riempita di contenuto proprio sulla base dell’art. 581, comma 1, lett. c con la conseguenza che essa non può che significare indicano specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta . In altri termini, le due norme richiamate delineano una prima fase, necessaria, di delibazione dell’ammissibilità, che ha per oggetto tutte le verifiche richieste dall’art. 591, comma 1, compresa quella sulla specificità estrinseca dei motivi una seconda fase, successiva ed eventuale, di valutazione del merito. Dunque, alla circostanza che la valutazione del merito nel giudizio di appello sia riferita ai punti e non ai motivi e che all’esito di tale valutazione il giudice di appello possa giungere anche a ricostruzioni di fatto o di diritto diverse da quelle prospettate dall’appellante non consegue che il giudice d’appello possa accedere alla valutazione del merito a fronte di motivi che non rispettino il requisito della specificità. In altri termini, la piena cognitio che caratterizza i poteri del giudice d’appello - privo di vincoli rispetto sia al contenuto dei motivi di ricorso, sia alle argomentazioni svolte dal primo giudice - viene in rilievo solo se e nei limiti in cui questo sia stato legittimamente investito di quei poteri ciò che può avvenire solo a seguito di un’impugnazione che risulti rispettosa anche delle previsioni di cui all’art. 581 c.p.p., funzionali alla tutela di esigenze sistematiche che assumono rilievo costituzionale. A tale conclusione non si può opporre il principio del favor impugnationis - richiamato nel ricorso introduttivo del presente giudizio - perché tale principio non può che operare nell’ambito dei rigorosi limiti rappresentati dalla natura intrinseca del mezzo di impugnazione, che è delineata non solo dall’art. 597, comma 1, ma anche dall’art. 581, comma 1, lett. c . In altri termini, la necessità di valutare con minore rigore la specificità dei motivi di appello, rispetto a quelli di ricorso per cassazione, non può comportare la sostanziale elisione di tale requisito, con la sua riduzione alla sola specificità intrinseca. E non si tratta, come pure affermato in giurisprudenza, di una indebita utilizzazione dell’art. 581, comma 1, lett. c , quale strumento di fatto per una generalizzata deflazione dei carichi di lavoro , perché la valorizzazione del requisito della specificità estrinseca dei motivi di appello consente, invece, una selezione razionale delle impugnazioni, escludendo la trattazione nel merito per quelle che non contengono sufficienti riferimenti ai punti della decisione , che delimitano la cognizione del giudice d’appello. Sul piano sistematico, la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella considerazione che essi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, del tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, diretti ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata. E in un processo accusatorio, basato sulla centralità del dibattimento di primo grado e sull’esigenza di un diretto apprezzamento della prova da parte del giudice nel momento della sua formazione, il giudizio di appello non può e non deve essere inteso come un giudizio a tutto campo con la conseguenza che le proposizioni argomentative sottoposte a censura devono essere, in relazione al punto richiesto, enucleate dalla decisione impugnata. L’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto. Le esigenze di specificità dei motivi non sono, dunque, attenuate in appello, pur essendo l’oggetto del giudizio esteso alla rivalutazione del fatto. Poiché l’appello è un’impugnazione devolutiva, tale rivalutazione può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottoposto al giudice d’appello con i motivi d’impugnazione, che servono sia a circoscrivere l’ambito dei poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudicano il corretto utilizzo delle risorse giudiziarie, e la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111 Cost., comma 2. Nè può essere invocata la necessità di presidiare il diritto di difesa in considerazione del fatto che il giudizio d’appello configurerebbe l’ultima possibilità di rivalutazione del merito della vicenda processuale, poiché il giudizio di appello non è configurato come pura e semplice revisifo prioris instantiae mentre, nel sistema delineato dagli artt. 581 e 591 c.p.p., art. 597 c.p.p., comma 1, si ravvisa l’esigenza di delimitare e circoscrivere i poteri del giudice di appello, in modo da rendere effettivo il diritto di difesa nel processo, inteso come sequenza logico-cronologica coordinata di atti, rispondente al valore costituzionale della ragionevole durata Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella . Ed è per questo che i motivi, per indirizzare realmente la decisione di riforma, devono contenere, seppure nelle linee essenziali, ragioni idonee a confutare e sovvertire, sul piano strutturale e logico, le valutazioni del primo giudice. Solo attribuendo tali connotazioni al requisito di specificità dei motivi di appello, in definitiva, il giudice dell’impugnazione può dirsi efficacemente investito dei poteri decisori di cui all’art. 597 c.p.p., comma 2, lett. b , nonché legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, senza essere vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello vedi Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 -dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201 . 4. 3. Nel nostro caso, in applicazione corretta di questi principi emergenti dalla citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la Corte di appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in quanto l’atto di impugnazione si limitava a richiedere un nuovo giudizio sugli stessi punti già ampiamente analizzati dal Tribunale, e senza nessuna critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata. 5. Il termine massimo di prescrizione, ex artt. 157 e 161 c.p. di anni 5, come anche ritenuto nel ricorso in cassazione dallo stesso ricorrente scade sicuramente in data successiva a quella della decisione del Tribunale del 23 febbraio 2015 - data dell’accertamento dei reati, non contestata, al 20 maggio 2010 . L’inammissibilità del ricorso in appello e di quello per cassazione, esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata per l’appello vedi Sez. 3, n. 52145 del 2018 - data udienza 4 maggio 2018, deposito del 20 novembre 2018 - Troncia, non massimata Sez. 3, n. 43431 del 17/06/2014 - dep. 17/10/2014, Fonti, Rv. 26097601, e Sez. 3, n. 2448 del 18/01/2000 - dep. 28/02/2000, Levatino, Rv. 21541901 . Per il ricorso per cassazione L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266 . Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto L’inammissibilità dell’appello dovuta alla mancanza di specificità dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con l’appello, ma prima della sentenza di appello . Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.