La patente conseguita in maniera illecita può costituire oggetto di sequestro preventivo

La nozione di cosa pertinente al reato – osserva la Corte – deve intendersi in senso ampio, tanto da ricomprendervi tutte le cose che anche indirettamente risultino legate alla fattispecie delittuosa. Non v’è dubbio, allora, che in tale concetto debbano rientrare anche gli atti amministrativi che siano frutto di un’attività illecita, in quanto proiezione del reato nel mondo giuridico e, come tali, passibili di sequestro preventivo.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 42944/2019, depositata il 18 ottobre u.s., si pronuncia in tema di sequestro preventivo, con particolare rilievo al profilo della pertinenzialità tra la res ed il reato. La quaestio. Il Tribunale di Bari rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di un soggetto avverso il decreto di sequestro preventivo della patente di guida conseguita dal medesimo in relazione alla contestazione di cui agli articolo 110 c.p. e articolo 1 e 2 della legge numero 475/1925. Nella specie, veniva rimproverato all’indagato - coinvolto nell’alveo di un procedimento penale di notevole dimensione soggettiva avente ad oggetto una consorteria criminale dedita a siffatta attività - di aver indossato, durante l’esame per l’abilitazione alla guida, una microcamera nascosta, mediante cui venivano trasmesse le immagini relative alla schermata d’esame ad uno dei co-indagati che, a sua volta, attraverso auricolare suggeriva le risposte ai test proposti all’esaminando. Avverso il provvedimento di conferma del sequestro preventivo propone ricorso per Cassazione l’indagato, lamentando una serie di violazioni di legge, con particolare riferimento all’assenza del vincolo di pertinenzialità tra il documento di guida che, al più, avrebbe dovuto annullare o revocare l’autorità prefettizia e il reato astrattamente sussunto nell’ottica del fumus commissi delicti e del periculum in mora . Il ricorso è inammissibile. I Giudici di Legittimità della Terza Sezione, in via del tutto preliminare, dichiarano l’inammissibilità del ricorso sulla scorta della ritenuta non corrispondenza dei motivi proposti ai parametri stringenti dettati dall’articolo 325 c.p.p. Tuttavia, nella sentenza in commento, il Collegio di legittimità ha colto l’occasione per chiarire pur non disconoscendo la pronuncia della Quarta Sezione numero 36369/2014 che ha riconosciuto l’illegittimità del sequestro preventivo della patente di guida disposto nei riguardi di un soggetto indagato per, trattandosi di documento non pertinente al reato in questione omicidio colposo che, in virtù della particolare peculiarità del caso, il documento sequestrato è strettamente connesso da un vincolo pertinenziale rispetto al reato commesso, giacché è proprio attraverso la condotta illecita contestata all’indagato che questi ha ottenuto la patente di guida che, pertanto, costituisce prodotto del reato e dunque cosa pertinente allo stesso. La nozione di cosa pertinente al reato – osserva la Corte – deve intendersi in senso ampio, tanto da ricomprendervi tutte le cose che anche indirettamente risultino legate alla fattispecie delittuosa. Non v’è dubbio, allora, che in tale concetto debbano rientrare anche gli atti amministrativi che siano frutto di un’attività illecita, in quanto proiezione del reato nel mondo giuridico e, come tali, passibili di sequestro preventivo. Alla stregua di tale percorso argomentativo, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende, oltre che delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 giugno – 18 ottobre 2019, n. 42944 Presidente Sarno – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 15 ottobre 2018 il Tribunale di Bari ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di C.D. avverso il decreto di sequestro preventivo della patente di guida dallo stesso conseguita, emesso in data 25 luglio 2018 dal giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale. 2. Oggetto di provvisoria incolpazione è il delitto di cui all’art. 110 c.p., L. n. 475 del 1925, artt. 1 e 2, per avere l’indagato, durante l’esame per l’abilitazione alla guida, indossato una microcamera nascosta, attraverso la quale venivano trasmesse le immagini relative alla schermata del programma adoperato per sostenere l’esame, e un auricolare, mediante il quale venivano a lui suggerite le risposte vero-falso dal coindagato L.V. , che era in contestuale collegamento audio in cabina di regia. Si legge nel provvedimento impugnato che i fatti in questione si inseriscono nell’ambito di un articolato sistema delittuoso, relativo ad un’organizzazione criminale stabilmente dedita a procacciare dietro compenso patenti di guida e carte di qualificazione conducenti, fornendo all’esaminando apparecchiature elettroniche audio-video in grado di trasmettere in tempo reale le immagini della schermata a monitor della propria scheda di esame alla centrale operativa, da cui gli appartenenti al sodalizio suggerivano la sequenza delle risposte esatte. 3. Avverso la suddetta ordinanza l’indagato, con atto sottoscritto dal proprio difensore, propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi. 3.1. Con il primo si deducono violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione all’art. 321 c.p.p Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui, a fronte di uno specifico motivo di doglianza concernente l’illegittimità del sequestro preventivo della patente di guida, ha confermato il provvedimento cautelare sul rilievo che nella specie il documento è strettamente collegato da un vincolo pertinenziale al reato commesso, costituendone l’effetto materiale, dovendone necessariamente conseguire il sequestro al fine di evitare il pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato, costituito nella specie dal pericolo per l’incolumità degli utenti della strada e da quello della partecipazione dell’indagato a concorsi o ad assunzioni. Tale sequestro - sostiene inoltre il Tribunale - sebbene non incida sull’efficacia e sulla validità dell’autorizzazione amministrativa alla guida, determina la privazione materiale del documento, incidendo indirettamente sulla possibilità di condurre veicoli. Tali argomentazioni - osserva il ricorrente - contrastano con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui nella nozione di cose pertinenti al reato suscettibili di sequestro preventivo non rientra il documento patente di guida, non essendo tale documento collegato da alcuna diretta ed effettiva pertinenzialità con lo scopo cautelare tipico del sequestro preventivo, cioè quello di evitare che la libera disponibilità della cosa possa agevolare la commissione di altri reati. Il giudice del riesame avrebbe inoltre trascurato la circostanza che ciò che abilita alla guida è l’autorizzazione amministrativa rilasciata dall’autorità competente previa verifica dei requisiti richiesti, per cui, in assenza di un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, l’indagato, qualora dovesse porsi alla guida di un autoveicolo, sarebbe soggetto alle sole sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 180 C.d.S Non è dato comprendere, inoltre, in quali termini il sequestro preventivo della patente di guida impedisca all’indagato la partecipazione a concorsi o ad assunzioni. Ne deriva pertanto l’illegittimità del sequestro, avvalorata dalla L. n. 475 del 1925, art. 5, comma 2, secondo cui la sentenza di condanna o quella che dichiara che il fatto sussiste ordina la cancellazione del provvedimento che ne sia derivato. Tale disposizione deve essere interpretata nel senso che nessun provvedimento precedente all’emissione della sentenza di condanna e finalizzato ad incidere sull’esistenza stessa della res possa essere emesso dal giudice penale. 3.2. Con il secondo motivo si lamentano nuovamente violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione all’art. 321 c.p.p., nonché con riferimento all’art. 125 c.p.p Il difensore evidenzia che in sede di riesame era stata sollevata un’eccezione concernente il difetto nel provvedimento cautelare di un’autonoma valutazione circa le esigenze cautelari e gli indizi da parte del GIP, il quale avrebbe motivato richiamando in larga parte la richiesta del pubblico ministero. Sul punto il Tribunale del Riesame avrebbe reso una motivazione apparente per avere omesso di precisare in quali parti dell’ordinanza cautelare potesse rinvenirsi l’autonoma valutazione prescritta dall’art. 292 c.p.p. a pena di nullità. Si osserva in proposito che anche successivamente alla riforma attuata tramite la L. n. 47 del 2015 la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il tribunale del riesame, in caso di difetto di una tale autonoma valutazione, deve annullare il provvedimento impositivo. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Preliminarmente va ribadito che il sindacato di questa Corte sulla motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in tema di sequestro è circoscritto al vizio di violazione di legge ex art. 325 c.p.p., comma 1, nel quale rientrano anche quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o apparente o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice esulano, invece, dal novero dei vizi deducibili l’illogicità manifesta e la contraddittorietà del costrutto argomentativo Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710 Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Faiella, Rv. 269296 Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Zaharia, Rv. 269119 Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129 . Va poi rammentato che sono estranei all’incidente cautelare reale, come ad ogni giudizio dinanzi a questa Corte, profili che investano il merito ovvero invochino una lettura alternativa e composizione critica del materiale vagliato dal Tribunale Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè, Rv. 249651 . 2. Nel caso in esame non ricorre alcuno dei vizi radicali della motivazione denunziabili con ricorso per cassazione, poiché il Tribunale del riesame ha spiegato con argomenti logici e congruenti le ragioni per cui ritenere che il sequestro sia stato operato in presenza dei presupposti necessari per l’adozione della misura, ovvero il fumus commissi delicti e il periculum in mora. Invero, quanto a tali presupposti il Tribunale ha ampiamente motivato, osservando in primo luogo che gli elementi raccolti nel corso delle indagini consentono di ricondurre la condotta posta in essere dall’odierno ricorrente nella fattispecie di cui alla L. n. 475 del 1925, artt. 1 e 2, dal momento che è risultato che il C. , nel corso dell’esame per l’abilitazione alla guida, indossava un’apparecchiatura di microcamera nascosta, attraverso cui venivano trasmesse le immagini del programma di esame in uso presso la Motorizzazione civile di Bari, e di un auricolare, tramite cui venivano a lui suggerite le risposte corrette da uno dei correi, L.V. , in contestuale collegamento audio. Il giudice del riesame, pertanto, ha dato ben conto dell’accertamento compiuto in ordine all’astratta sussumibilità del fatto contestato nell’ipotesi di reato sopra menzionata, sufficiente in tema di sequestro preventivo Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, Armeli, Rv. 27306901 Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 258279 . 3. Congrua e logica risulta pure la motivazione del Tribunale sul periculum in mora. Sul punto il giudice del riesame non ignora la pronunzia della Quarta Sezione di questa Corte, n. 36369 del 2014 citata nell’atto di ricorso al fine di confutare la tesi sostenuta nel provvedimento impugnato , la quale ha riconosciuto l’illegittimità del sequestro preventivo della patente di guida disposto nei confronti di soggetto indagato per omicidio colposo, trattandosi di documento non pertinente al reato in questione, nè collegato da alcun diretto ed effettivo nesso di pertinenza con lo scopo cautelare tipico del sequestro di cui all’art. 321 c.p.p., ovvero quello di evitare che la libera disponibilità della cosa possa agevolare la commissione di altri reati, atteso che il sequestro della patente di guida non priverebbe l’indagato della facoltà di guidare, in quanto solo l’autorità amministrativa può sospendere, in via cautelare, l’efficacia della abilitazione alla guida, materialmente incorporata nel documento della patente. Sez. 4, n. 36369 del 2014, P.M. in proc. Picone, Rv. 262718 . Pur tuttavia, il Tribunale ha correttamente sottolineato la diversità e peculiarità del caso di specie, in quanto il documento sequestrato patente di guida è strettamente connesso da un vincolo pertinenziale con il reato commesso, giacché è proprio attraverso la condotta illecita ascritta al C. che questi ha ottenuto la patente, che costituisce, quindi, prodotto del reato e cosa pertinente al reato. Questa Corte ha ripetutamente evidenziato l’ampiezza della nozione di cosa pertinente al reato, idonea a comprendere tutte le cose anche indirettamente legate alla fattispecie criminosa Sez. 3, n. 31415 del 15/01/2016, Ganzer e altri, Rv. 26751301 Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Denaro e altro, Rv. 25985001 . Intesa in questo senso molto ampio, non v’è dubbio che rientrino in tale nozione anche gli atti amministrativi che siano il frutto di un’attività delittuosa, in quanto proiezione del reato nel mondo giuridico, e come tali - nel concorso delle altre condizioni richieste dall’art. 321 c.p.p. - passibili di sequestro preventivo. Coerentemente con questa impostazione, questa Corte ha per esempio ritenuto passibile di sequestro il permesso di soggiorno ottenuto sulla base di una falsa attestazione Sez. 5, n. 27242 del 05/04/2013, P.M. in proc. Teixeira De Aguiar, Rv. 25564801 . Così pure si è ritenuto che ai fini del periculum in mora che legittima l’adozione del sequestro preventivo di documento concernente polizza fideiussoria bancaria escutibile a prima richiesta, a garanzia del regolare pagamento dei ratei del prezzo di cessione di partecipazione societaria, assume rilievo solo l’aggravamento delle conseguenze della condotta penalmente illecita - per la quale sussistano indizi di commissione - ove la cosa pertinente al reato sia lasciata nella libera disponibilità del soggetto indagato Sez. 5, n. 11247 del 07/02/2008, P.O. in proc. Arletti, Rv. 23947101 . 4. L’ordinanza impugnata fa corretta applicazione dei suesposti principi laddove, premettendo che l’abilitazione alla guida discende dall’autorizzazione amministrativa e che il documento attesta esclusivamente il conseguimento di tale abilitazione, ha logicamente sostenuto che nel caso di specie il reato contestato ha inciso sulla formazione della predetta autorizzazione amministrativa, rendendo illegittimo l’ottenimento della relativa abilitazione e, dunque, sottoponibile a sequestro il documento che materialmente incorpora la stessa. Non sussiste, conseguentemente, la dedotta violazione della L. n. 475 del 1925, art. 5, comma 2, ai sensi del quale la sentenza di condanna o quella che dichiara che il fatto sussiste, ordina la cancellazione del provvedimento che ne sia derivato. Tale previsione, invero, dispone la cancellazione del provvedimento che sia derivato dalla commissione dell’illecito quale effetto obbligatorio della condanna al fine di tutelare l’interesse alla genuinità di un elaborato che deve essere esaminato da una commissione incaricata della valutazione, assicurando che l’aspirante ad un titolo sia realmente in possesso dei requisiti richiesti per conseguirlo e che il giudizio dell’autorità che procede alla relativa valutazione non sia fuorviata dall’accreditare come proprio il lavoro altrui Sez. 3, n. 18826 del 2011, D’Auria, in motivazione . In pratica, la disposizione in questione prevede una statuizione obbligatoria che il giudice deve emettere a tutela della pubblica fede quando sia accertata l’attribuzione di lavori altrui, ciò evidentemente non condizionando di disporre previamente il sequestro preventivo al ricorrere dei relativi presupposti. Pertanto il giudice del riesame, con motivazione coerente e priva di vizi logici, ha ritenuto che il sequestro, pur non incidendo sulla validità e sull’efficacia dell’autorizzazione amministrativa, in ogni caso determina la privazione materiale del documento e, quindi, influisce indirettamente sulla possibilità di guidare veicoli, dovendo ritenersi perciò salvaguardato lo scopo cautelare tipico del sequestro di cui all’art. 321 c.p.p., cioè quello di evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato, in quanto, peraltro, l’illecito conseguimento della patente di guida può costituire titolo per lo svolgimento di ulteriori esami finalizzati ad ottenere abilitazioni alla guida per mezzi di categoria superiore, nonché rappresentare un rilevante pericolo per l’incolumità degli utenti della strada. 5. Manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso. Va ricordato in proposito che, in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari reali, la prescrizione della necessaria autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, contenuta nell’art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c , come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, è osservata anche quando il giudice ripercorra gli elementi oggettivi emersi nel corso delle indagini e segnalati dalla richiesta del pubblico ministero, purché dia conto del proprio esame critico dei predetti elementi e delle ragioni per cui egli lì ritenga idonei a supportare l’applicazione della misura. ex multis, Sez. 3, n. 35296 del 14/04/2016, P.M. in proc. Elezi, Rv. 26811301 Sez. 2, n. 5497 del 29/01/2016, Pellegrino, Rv. 266336 . È dunque consentito al giudice riportare nella propria ordinanza le acquisizioni e le considerazioni svolte dagli investigatori e dal pubblico ministero, anche mediante il rinvio per relationem al provvedimento di richiesta, purché, per ciascuna contestazione e posizione, svolga un effettivo vaglio degli elementi di fatto ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell’affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari nel caso concreto Sez. 6, n. 30744 del 20/06/2018, P.M. in proc. Vizzì, Rv. 273658 Sez. 3, n. 840 del 17/12/2015, Tinnirello, Rv. 265645 . In proposito la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’obbligo di un’autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, sebbene sia stato formalmente introdotto dalla L. n. 47 del 2015, in realtà non riveste carattere innovativo, essendo essa espressione del principio generale per cui l’esercizio di un autonomo potere comporta il dovere di esplicitare le ragioni che giustificano la decisione Sez. 6, n. 47233 del 29/10/2015, Moffa Andrea, Rv. 265337 . Tali principi, enunciati con riferimento alle misure cautelari personali trovano applicazione anche nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, in cui le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla L. 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell’art. 309 c.p.p., sono applicabili - in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma 7, dello stesso codice - in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa Sez. U., n. 18954 del 31 marzo 2016, Capasso, Rv. 266789 . Nella specie, l’ordinanza impugnata si è attenuta ai richiamati principi, in quanto ha dato atto della circostanza che il giudice che ha disposto la misura, pur richiamando preliminarmente gli elementi indiziari desumibili dal materiale investigativo, ha poi tratto autonome conclusioni in ordine alla prognosi di colpevolezza in merito al reato contestato. Conseguentemente va esclusa la sussistenza del dedotto vizio di motivazione apparente, giacché il Tribunale del riesame ha argomentato che il provvedimento del giudice per le indagini preliminari ha autonomamente esaminato il significato indiziario desumibile dagli elementi a sostegno della richiesta applicativa della misura, esplicitando il ragionamento logico giuridico per l’affermazione dell’esistenza dei presupposti legittimanti il sequestro preventivo. 6. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., si impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà- al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.