Adeguata la motivazione che risulta dall’integrazione tra ordinanza cautelare e provvedimento confermativo

In tema di misure cautelari, l’ordinanza del Tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale atto, di talché l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un atto possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 42576 depositata il 17 ottobre 2019. Le censure del ricorrente erronea applicazione di legge relativa al decreto di convalida del sequestro. La sentenza in commento si pronuncia sulla fondatezza di un ricorso avverso l’ordinanza del tribunale del riesame confermativa di un decreto di convalida di sequestro probatorio, avente ad oggetto la mailbox in uso all’imputato. Secondo il ricorrente, varie sono le censure e le criticità che affliggono tanto l’ordinanza cautelare quanto il decreto di convalida del sequestro probatorio. In primo luogo, si rileva erronea applicazione di legge da parte del Tribunale nell’aver ritenuto legittimo il decreto di convalida adottato dal P.M. e relativo al sequestro di PG della mailbox nello specifico, a seguito del decreto di sequestro delle cose pertinenti al reato disposto dall’organo requirente, la polizia giudiziaria dava atto dell’ulteriore ordine orale del P.M. di acquisire anche il contenuto della casella di posta elettronica dell’imputato. A fronte di ciò, la difesa eccepiva la nullità del successivo decreto di convalida, configurandosi una sorta di auto-convalida” di un sequestro già disposto dallo stesso PM che, invero, non richiedeva alcuna convalida. Segue travisamento del fatto e carenza motivazionale dell’ordinanza cautelare. Aggiuntivamente, si rileva come, anche volendo qualificare il sequestro della casella come attività della polizia giudiziaria, il tribunale della libertà avrebbe travisato il fatto posto alla base dell’operatività del sequestro. Infine, il ricorrente eccepisce l’illegittimità del decreto di convalida per mancanza dei presupposti e carenza di motivazione, censurando altresì la mancata argomentazione sul punto da parte del tribunale del riesame. Le argomentazioni della Suprema Corte sulla legittimità della convalida del decreto di sequestro. Il ricorso risulta infondato in relazione a tutti i motivi di impugnazione. Preliminarmente, i giudici di legittimità osservano come dinanzi ad un sequestro della mailbox non contemplato nell’originario provvedimento di sequestro, e quindi effettuato di iniziativa della polizia giudiziaria, deve ritenersi necessaria e corretta l’adozione del decreto di convalida da parte del PM. Difatti, l’esecuzione ad opera della PG di un decreto con cui il Pubblico Ministero abbia ordinato il sequestro delle cose pertinenti al reato, senza alcuna specificazione, comporta la necessità che questi provveda alla convalida del sequestro, posto che tale attività richiede un controllo dell’autorità giudiziaria, pena l’inefficacia del vincolo probatorio e il sorgere dell’obbligo di restituzione delle cose sequestrate. Segue il travisamento del fatto e la motivazione integrativa” tra ordinanza cautelare e provvedimento confermativo a seguito di riesame. Quanto all’ulteriore censura relativa al travisamento del fatto, si tratta di critiche inammissibili tanto con riguardo al ricorso in materia di misure cautelari reali quanto in relazione al ricorso per cassazione in generale. In ordine al primo aspetto, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro è ammesso solo per violazione di legge, comprendendo tale nozione sia gli errores in iudicando” sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo quasi del tutto mancante. Quanto al secondo profilo, anche a seguito della modifica dei motivi di impugnazione nel ricorso per cassazione, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. Infine, con riguardo all’ultima censura relativa al decreto di convalida, definito illegittimo dal ricorrente per assenza dei presupposti e carenza di motivazione, si rileva la manifesta infondatezza in quanto oggetto del giudizio è il provvedimento confermativo del tribunale del riesame e non già il decreto di convalida del PM. Inoltre, in relazione all’assenza di motivazione sul punto da parte del tribunale del riesame, si ricorda la validità generale del principio - valevole anche per le ordinanze cautelari - per cui in relazione ai requisiti della motivazione la sussistenza di un valido percorso giustificativo va valutata avuto riguardo al provvedimento complessivamente considerato, potendo risultare anche da altri punti del provvedimento ai quali sia stato fatto richiamo. Ulteriormente, in tema di misure cautelari, l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro. Nel caso di specie il tribunale, attraverso il richiamo alle disposizioni contenute nel decreto di convalida, ha risposto, succintamente ma adeguatamente, alle censure mosse dal ricorrente, non sussistendo pertanto alcuna carenza di motivazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 maggio – 17 ottobre 2019, n. 42576 Presidente Izzo – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 11 ottobre 2018 il Tribunale di Bari, sezione del riesame, adito ai sensi dell’art. 324 avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio della polizia giudiziaria, avente ad oggetto la mailbox in uso a N.P. , emesso dal Pm del tribunale di Bari in data 9 luglio 2018, confermava l’anzidetto decreto. 2. Avverso la pronuncia del giudice della cautela propone ricorso per cassazione P.G. mediante il proprio difensore, che solleva due motivi di impugnazione, di cui il secondo articolato a sua volta in più profili differenti. 3. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b per erronea applicazione dell’art. 253 c.p.p. e art. 324 c.p.p., comma 3, per avere il tribunale, a fronte della eccepita, dalla difesa, inutilizzabilità di una memoria depositata dal Pm nel corso dell’udienza camerale ed inammissibilità della allegata annotazione di pg, ritenuto infondata tale deduzione, così violando l’art. 127 c.p.p., comma 2 - che sancisce il termine, non rispettato, di 5 giorni per il deposito di memorie - e art. 324 c.p.p., comma 3 ai sensi del quale gli atti a supporto del provvedimento oggetto di riesame devo essere trasmessi entro il giorno successivo all’avviso di trasmissione degli stessi. Inoltre, sul punto il tribunale avrebbe omesso ogni motivazione. 4. Con il secondo motivo deduce i vizi ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e per erronea applicazione dell’art. 253 c.p.p. e ss., oltre che per mancanza di motivazione. Preliminarmente il ricorrente ha riportato taluni passaggi motivazionali con cui il tribunale, in ordine al decreto - di convalida di sequestro adottato dal P.M. il 9.7.2018 impugnato e relativo al sequestro di pg della mailbox in uso a N.P. , ha ritenuto legittimo tale atto siccome necessario per l’eventualità che la predetta mailbox contenesse documentazione estranea ai documenti oggetto di un precedente decreto di perquisizione e sequestro e siccome effettuato in conformità della legge processuale, senza che peraltro si fosse proceduto al sequestro di un intero archivio elettronico. Il ricorrente ha dichiarato di ritenere non corrette tali argomentazioni, osservando come il 6 luglio del 2018 la polizia giudiziaria procedente dava atto dell’ordine orale del PM di acquisire anche il contenuto della casella di posta elettronica del legale rappresentante della società N. perché ritenuto utile ai fini delle indagini ed a fronte di ciò la difesa aveva eccepito la nullità e/o inefficacia del successivo decreto di convalida trattandosi di attività non consentita ciò in ragione della intervenuta configurazione, invero, di una auto convalida di un sequestro disposto dallo stesso PM e motivata in maniera differente da quanto indicato nel verbale di sequestro convalidato. In altri termini, il decreto di convalida del PM sarebbe inefficace perché il decreto di sequestro convalidato, siccome del PM, non richiedeva convalida. Conseguentemente, l’unico decreto di sequestro residuante sarebbe corredato della sola motivazione indicata nel verbale dalla guardia di Finanza del 6.7.2018, ossia la mancata consegna dei documenti richiesti , con correlata assenza di motivazione e configurazione di uno strumento normativamente non consentito per esplorare una casella di posta elettronica, con violazione di principi costituzionali e di norme processuali. Ha quindi aggiunto che anche a voler qualificare il sequestro della casella di posta come attività di polizia giudiziaria, il tribunale avrebbe formulato a sostegno della propria decisione una motivazione errata e carente, non comprendendosi a cosa si faccia riferimento nel precisare la limitazione del sequestro ai soli messaggi dell’archivio di posta elettronica rispetto all’intero archivio elettronico che non sarebbe stato invece interessato, ed inoltre avrebbe travisato il fatto, atteso che non vi sarebbe mai stato un rifiuto di consegnare documenti prima del disposto sequestro e convalida come riportato dal tribunale nè vi sarebbe stata estrazione solo di dati di interesse, perché sarebbe stata sequestrata l’intera casella email. Inoltre, il decreto di convalida di sequestro sarebbe illegittimo per assenza dei presupposti - non essendo il N. indagato, non costituendo la corrispondenza sequestrata corpo del reato nè essendo pertinente al reato per essere ignoti i relativi contenuti, dovendosi altrimenti dilatare inammissibilmente l’ambito di estensione delle res sequestrabili - e per carenza di motivazione siccome consistente in una generica parafrasi dell’art. 253 c.p.p., oltre che diversa da quella indicata nel verbale redatto dalla polizia giudiziaria. Sul punto nulla avrebbe osservato il tribunale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto al primo motivo, la censura relativa al mancato rispetto del termine di cui all’art. 127 c.p.p., comma 2, norma per la quale non è espressamente prevista una specifica sanzione processuale, è inammissibile poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c . Quanto alla censura inerente la produzione di una annotazione di pg in violazione dell’art. 324 c.p.p., comma 3, è anche essa inammissibile atteso l’inconferente richiamo procedimentale, in quanto, come sostanzialmente riconosciuto dallo stesso ricorrente, non si tratta di atti sulla base dei quali venne assunto il decreto di convalida impugnato in sede di riesame. Va ricordato altresì, dovendosi riconoscere la piena legittimità della acquisizione ammessa dal tribunale, che alla stregua del disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 9, espressamente richiamato dall’art. 324 c.p.p., comma 7, il tribunale decide anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza . Proprio nel rispetto di tale previsione legislativa, questa Corte ha costantemente affermato che in tema di misure cautelari reali, le parti possono presentare nel procedimento di riesame nuovi elementi direttamente all’udienza camerale mediante la produzione di documenti o altri elementi rappresentativi del fatto oggetto della decisione Sez. 4, n. 33659 del 19/05/2010 Rv. 248344 - 01 Calò . L’adeguatezza giuridica della acquisizione censurata supera ogni altra censura motivazionale, sub specie di carenza di motivazione, peraltro proposta in maniera generica a fronte comunque di un’articolata motivazione giustificativa. 4. Riguardo al secondo motivo di impugnazione, esso è infondato in ordine alla censura incentrata sulla inconfigrabilità di una ritenuta auto convalida del decreto di sequestro del PM a fronte di un sequestro della mailbox del N. non contemplato nell’originario provvedimento di perquisizione e sequestro del 5.7.2018, e quindi effettuato di iniziativa dalla polizia giudiziaria, deve ritenersi necessaria e corretta, come reputato dal tribunale del riesame, l’adozione del decreto di convalida del predetto sequestro da parte del PM. Invero, posto il principio per cui l’obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possono considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale, deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare. cfr. Sez. 6 - n. 56733 del 12/09/2018 Rv. 274781 - 01 Macis , costituisce comprensibile corollario quello per cui l’esecuzione ad opera della polizia giudiziaria di un decreto con cui il Pubblico Ministero abbia ordinato la perquisizione e il sequestro delle cose pertinenti al reato, senza alcun’altra specificazione, comporta la necessità che il P.M. provveda alla convalida del sequestro, ai sensi dell’art. 355 c.p.p., in quanto la predetta indeterminatezza rimette alla discrezionalità degli operanti l’individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e cioè della qualifica dei beni come corpo del reato o cose ad esso pertinenti , la quale richiede un controllo dell’autorità giudiziaria, pena l’inefficacia del vincolo probatorio e il sorgere dell’obbligo di restituzione delle cose sequestrate Sez. 2, Sentenza n. 5494 del 28/01/2016 Rv. 266306 - 01 Bisogno Sez. 3, n. 9858 del 21/01/2016 Rv. 266465 - 01 Yun . In tale contesto giuridico si riconduce il caso in esame, laddove pur a fronte, come sostenuto dalla difesa, di un ordine orale di sequestro del PM, il successivo vincolo imposto sulla mailbox, stante l’inevitabile carenza motivazionale, deve ritenersi effettuato dalla PG, con conseguente corretto ed inevitabile decreto di convalida del PM e, come rilevato dal tribunale, con motivazione tutt’altro che insussistente. Quanto alla ulteriore censura di non condivisibilità della motivazione e di travisamento del fatto in ordine allo svolgimento dell’antefatto rispetto al momento del sequestro, si tratta di critiche inammissibili, non rientrando nel perimetro, rispettivamente, del ricorso in materia di misure cautelari reali e del ricorso per cassazione in generale. Quanto al primo aspetto infatti, riguardante al più critiche, estremamente vaghe e generiche, di illogicità o contraddittorietà, occorre ricordare come il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 Rv. 269656 - 01 Napoli in ordine a secondo profilo, si evidenzia come anche a seguito della modifica apportata all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , dalla L. n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018 Ud. dep. 02/05/2018 Rv. 273217 - 01 Ferri . Con riguardo all’ultima censura relativa al decreto di convalida, definito illegittimo dal ricorrente per assenza dei presupposti e carenza di motivazione, si rileva la manifesta infondatezza in quanto oggetto del presente giudizio è il provvedimento del tribunale del riesame, che non può essere trascurato per censurare direttamente e nuovamente il decreto di convalida del PM. Sopravvive quindi solo l’affermazione critica secondo cui il tribunale non avrebbe fornito sul punto alcuna motivazione. Censura da una parte inammissibile, attesa l’estrema genericità conseguente alla omessa analisi dei profili argomentativi dell’ordinanza da cui desumere una tale affermazione dall’altra superata dalla complessiva lettura dell’atto impugnato. Si premette in proposito il principio, valevole anche per le ordinanze cautelari, per cui in relazione ai requisiti della motivazione in genere, la sentenza costituisce un tutto coerente ed organico, con la conseguenza che, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di un valido percorso giustificativo, ogni punto non può essere autonomamente considerato, dovendo essere posto in relazione agli altri, con la conseguenza che la ragione di una determinata statuizione può anche risultare da altri punti della sentenza ai quali sia stato fatto richiamo, sia pure implicito v. Sez. 4, n. 4491 del 17/10/2012 dep. 2013 , Pg in proc. Spezzacatena e altri, Rv. 255096, conf. Sez. 5, n. 8411 del 21/5/1992, Chirico ed altri, Rv. 191487 . Inoltre, con validità per il generale tema delle misure cautelari, l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903 Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685 . Alla luce dei predetti principi, va osservato che nel caso di specie il tribunale, attraverso il richiamo alle disposizioni relative al sequestro di dati informatici quali cose pertinenti al reato e alla circostanza del riferimento, nel decreto di convalida, ad un ambito ristretto del più ampio archivio telematico della società del N. , quale la casella di posta elettronica del medesimo sul rilievo della ritenuta utilità, secondo il PM, ai fini delle indagini , ha invero risposto alle censure del ricorrente ha nella sostanza evidenziato come il sequestro abbia fatto riferimento a cose pertinenti al reato, riguardanti vertici societari, in rapporto alla fattispecie di reato espressamente indicata nel decreto medesimo. Tanto più ove si osservi che si è premurato anche di rilevare la perfetta adeguatezza e strumentalità, rispetto alla esigenza di reperire solo dati ricollegabili al reato per cui si procede, della scelta di procedere al sequestro della sola casella di posta, con affidamento ad un consulente del compito di estrare i dati di interesse così alfine evidenziando, succintamente ma adeguatamente, la sussistenza e congruità della motivazione del PM - peraltro già di per sé adeguata nell’illustrazione dei presupposti del sequestro nel contesto investigativo in corso e quindi tutt’altro che di stile -, anche in ragione della genericità delle doglianze proposte, come risulta dalla avvenuta deduzione di un’istanza di riesame richiamante semplicemente l’ inesistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento in oggetto , allo stesso modo ribadita in udienza cfr. verbale di udienza , senza proposizione, per quanto risulta agli atti del collegio, di nuovi e più espliciti motivi, nonostante esplicita riserva. 5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.