Sulla natura della sanzione della sospensione della patente di guida

La Corte di Cassazione fornisce chiarimenti sulla natura della sanzione della sospensione della patente di guida, specificando le autorità pubbliche ad essa preposte ed il regime di prescrizione applicabile.

Questo l’oggetto della sentenza della Suprema Corte n. 42716/19, depositata il 17 ottobre. La vicenda. Il Tribunale di Roma, nelle vesti di Giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta dell’attuale ricorrente vertente sull’estinzione per prescrizione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, inflitta nei suoi confronti con sentenza di condanna dello stesso Tribunale nel febbraio 2012 ed applicata dal Prefetto mediante successiva ordinanza in dicembre 2018 . Contro tale decisione, il ricorrente si rivolge alla Corte di Cassazione, deducendo l’errore del Giudice consistito nell’avere svincolato” la sanzione accessoria dal reato sotto il profilo della prescrizione, ritenendo che non potesse valere per tale sanzione amministrativa un termine di prescrizione diverso da quello previsto per il reato cui essa accedeva, che nel caso di specie si tratta della contravvenzione di cui all’art. 186, commi 2 e 7, c.d.s Sanzione accessoria e termine di prescrizione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, poiché ripropone le stesse questioni già poste al Giudice dell’esecuzione. Detto ciò, gli Ermellini osservano che, in base alla normativa oggetto del d. lgs. n. 285/1992, il potere di porre in essere la sospensione o la revoca della patente quando la violazione dei precetti sulla circolazione stradale costituisca un reato è attribuito provvisoriamente al Prefetto ex art. 223 , che lo esercita entro i 15 giorni successivi alla notizia di avvenuto ritiro disposto in via cautelare e immediata da chi ha accertato la violazione. Qualora, invece, la violazione causi danni a persone più o meno gravi ovvero si configuri un illecito penale di tipo contravvenzionale, il giudice chiamato ad accertarlo in sede penale disporrà anche la sospensione della patente oppure, nei casi previsti, la revoca. Ciò posto, la diversità delle autorità pubbliche a cui è demandata la sospensione della patente di guida non muta la natura giuridica della stessa, che resta di tipo amministrativo ed accessorio rispetto alla pena criminale. Gli Ermellini, infatti, richiamano alcune affermazioni della Consulta in base alle quali la sanzione amministrativa di cui all’art. 222 c.d.s. non costituisce né una pena accessoria, né una misura di sicurezza, né, propriamente, un effetto penale della sentenza di condanna e, dunque, non presuppone logicamente o normativamente la declaratoria di responsabilità penale, attraverso una sentenza di condanna in senso proprio, bastando invece l’accertamento del mero fatto lesivo dell’interesse pubblico . Da ciò consegue che la natura amministrativa ed accessoria della sanzione della sospensione della patente rispetto a quella penale, non solo fa sì che essa non resti soggetta all’effetto estintivo dato dal decorso del tempo nell’inattività degli organi preposti alla sua esecuzione, ma non può nemmeno essere ad essa riferito il regime di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 209 c.d.s Sempre la Consulta, infatti, afferma che il trattamento sanzionatorio non si esprime nella sola sospensione della patente. Anzi questa, caratterizzata dall’essere accessoria all’accertamento di un reato, si combina con il trattamento penale e si cumula con questo nel determinare il complesso delle sanzioni da irrogare in ciascun caso di violazione della legge . Ora, nel caso di specie è stata esclusa correttamente la maturazione della prescrizione della sanzione accessoria lamentata dal ricorrente, in quanto la sentenza del Tribunale di Roma emessa nel 2012 è divenuta irrevocabile solo con la pronuncia della Corte di Cassazione avvenuta nel 2018 , dunque solo da questo momento è iniziato a decorrere il termine di prescrizione di 5 anni la cui durata è identica a quella del reato contestato , che al momento della sospensione applicata dal Prefetto non era però ancora maturata. Non avendo il ricorso tenuto conto di ciò, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 settembre – 17 ottobre 2019, n. 42716 Presidente Rocchi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza in data 13 febbraio 2019 il Tribunale di Roma, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta, avanzata da R.L. , di estinzione per prescrizione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, irrogata nei suoi confronti con la sentenza di condanna del Tribunale di Roma del 22 febbraio 2012 ed applicata dal Prefetto di Roma con ordinanza del 12 dicembre 2018, rilevando la sottoposizione della predetta sanzione al medesimo termine di prescrizione, stabilito per il reato in relazione al quale è stata disposta. 2. Ricorre per cassazione il R. a mezzo del difensore, il quale si duole di inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 186 C.d.S., commi 2 e 7, artt. 157 e 161 c.p. e art. 676 c.p.p Secondo la difesa, il provvedimento impugnato è affetto da un gravissimo vizio per avere il giudice dell’esecuzione richiamato la giurisprudenza di legittimità, che ritiene non sia lecito svincolare la sanzione accessoria dal reato neppure sotto il profilo della prescrizione e riferisce il termine di prescrizione quinquennale al solo provvedimento di sospensione della patente di guida, emesso dal Prefetto, in conseguenza della sanzione pecuniaria principale, inflitta per violazione delle disposizioni del Codice della strada non integranti reato. Il Tribunale ha però travisato il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte di cassazione nella sentenza n. 2618 del 17 ottobre 2018, ove si è statuito che Nella specie, invece, il fatto che aveva comportato l’applicazione della sospensione della patente è stato accertato dal giudice penale sicché non poteva valere per tale sanzione amministrativa un termine prescrizionale diverso da quello previsto per il reato cui essa accedeva . Ma in quel caso era stata contestata una fattispede di reato delittuosa, la quale ha impedito l’applicazione alla sanzione anuninistrativa accessoria della sospensione della patente di guida del termine di prescrizione piu breve di anni 4, ovvero 5, se presenti atti interruttivi, previsto per i reati contravvenzionali. Nel caso di specie, invece, come emerge dalla sentenza di patteggiamento del 22 febbraio 2012, il reato dal cui accertamento consegua l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria prevede un termine di prescrizione di anni 4, oppure di anni 5 se presenti atti interruttivi, trattandosi della contravvenzione prevista dall’art. 186 C.d.S., commi 2 e 7, unica ipotesi di reato che contempla l’applicazione della sospensione della patente di guida. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dott. Paolo Canevelli, ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati. 1.L’impugnazione all’odierno esame ripropone la questione di diritto, già posta al giudice dell’esecuzione, riguardante l’esistenza nell’ordinamento giuridico di un termine per porre in esecuzione le sanzioni amministrative accessorie, cui il soggetto sia stato condannato con pronuncia giudiziale irrevocabile, denunciando l’erronea interpretazione ed applicazione della disciplina normativa di riferimento, inficiante il provvedimento gravato, che ha respinto l’incidente sollevato e disatteso la prospettazione difensiva della già maturata estinzione della sospensione della patente di guida, inflitta al R. . 1.1 Il giudice dell’esecuzione, dopo avere escluso l’applicabilità al caso del regime prescrizionale stabilito dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 209 e L. n. 689 del 1981, art. 28, ha affermato testualmente il fatto che ha comportato l’applicazione della sospensione della patente è stato accertato dal giudice penale sicché non può valere per tale sanzione amministrativa un termine prescrizionale diverso da quello previsto per il reato cui essa accede. 1.2 Ad avviso del Collegio entrambe le affermazioni meritano condivisione, mentre la conclusione raggiunta è contestata con rilievi che prescindono dalla considerazione della fattispecie concreta. 1.2.1 È opportuno ricordare che nella disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 285 del 1992 il potere di disporre la sospensione o la revoca della patente di guida quando la violazione dei precetti sulla circolazione stradale costituisca reato è attribuito, in via provvisoria, al prefetto ex art. 223, il quale lo esercita entro quindici giorni successivi alla notizia dell’avvenuto ritiro disposto in via immediata e cautelare dagli accertatori della violazione. Se l’infrazione, invece, sia causa di danni alla persona, o di lesioni personali o di omicidio colposi, oppure sia configurata quale illecito penale di tipo contravvenzionale, il giudice che l’accerta nell’ambito del processo penale, oltre a comminare la pena detentiva o pecuniaria prevista per il reato, deve disporre la sospensione della patente di guida, e, nei casi previsti, anche la sua revoca secondo la previsione dell’art. 222. Nella riflessione esegetica, condotta dalla giurisprudenza di legittimità e da quella costituzionale, si è precisato che la diversità di autorità pubblica, demandata all’applicazione della sospensione o della revoca della patente di guida, non ne muta la natura giuridica, che è e resta di tipo amministrativo ed accessorio rispetto alla pena criminale. In altri termini, si tratta di misura di tipo interdittivo, temporanea o perpetua, che si affianca alla sanzione penale, ma conserva immutata la sua essenza di strumento afflittivo, destinato ad assolvere funzione riparatoria dell’interesse pubblico violato, o inibitoria dell’attività e del comportamento forieri della lesione del bene protetto e che resta nettamente distinto dalle pene accessorie, conseguenti all’accertamento del reato quale effetto penale della condanna ai sensi dell’art. 20 c.p. Sez. U., n. 8488 del 27/05/1998, Bosio, rv. 210981 sez. 4, n. 3209 del 21/02/1997, Ceccherini, rv. 207874 sez. 4, n. 50060 del 04/10/2017, Mucci, rv. 271326 sez. 4, n. 57202 del 21/09/2017, Albesano, rv. 271688 Corte Cost., ordinanza n. 25 del 1999 sentenza n. 373 del 1996 ordinanza n. 89 del 1997 ordinanza n. 184 del 1997 . Per la Consulta la sanzione amministrativa di cui all’art. 222 C.d.S. non costituisce nè una pena accessoria, nè una misura di sicurezza, nè, propriamente, un effetto penale della sentenza di condanna v. sentenza n. 373 del 1996 ordinanze n. 89 del 1997 n. 184 del 1997 n. 190 del 1997 n. 422 del 1997 n. 235 del 1998 n. 313 del 1998 , e dunque non presuppone logicamente o normativamente la declaratoria di responsabilità penale, attraverso una sentenza di condanna in senso proprio, bastando invece l’accertamento del mero fatto lesivo dell’interesse pubblico ordinanza n. 25 del 1999 . La natura amministrativa riceve poi conferma nella previsione dell’art. 224, a norma del quale è riservata all’autorità amministrativa, ossia al Prefetto, l’esecuzione della misura applicata dal giudice e la stessa è suscettibile di essere irrogata anche con la sentenza di patteggiamento, posto che l’art. 445 inibisce soltanto l’applicazione delle pene accessorie. 1.2.2 La considerazione della natura della sospensione della patente di guida quale sanzione amministrativa accessoria a quella penale consente di escludere, sia che la stessa, diversamente da quanto opera per le pene accessorie penali, resti soggetta all’effetto estintivo determinato dal decorso del tempo nell’inattività degli organi preposti alla sua esecuzione, sia che le sia riferibile il regime di prescrizione quinquennale, stabilito dall’art. 209 C.d.S Tale norme rinvia alla disposizione di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28, per la quale il diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal medesimo codice deve esercitarsi entro cinque anni, decorrenti dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Siffatta disciplina, per la diversità degli istituti, non può essere riferita a misura di tipo diverso in base ad un’operazione di interpretazione estensiva o analogica. 1.2.3 Piuttosto, in base alle illuminanti osservazioni della Consulta, per la quale il trattamento sanzionatorio non si esprime nella sola sospensione della patente. Anzi questa, caratterizzata dall’essere accessoria all’accertamento di un reato, si combina con il trattamento penale e si cumula con questo nel determinare il complesso delle sanzioni da irrogare in ciascun caso di violazione della legge ordinanza n. 25 del 1999 la relazione tra elemento principale e quello accessorio ha indotto ad escludere che il giudice penale possa applicare anche il secondo senza limiti di tempo ed a ravvisare la correlazione tra le due sanzioni anche sotto il profilo del regime di prescrizione. Sulla scorta di tali rilievi, la Corte di cassazione sez. 4, n. 2618 del 17/10/2018, dep. 2019, Magnoler, rv. 275089 ha recentemente affermato che quando il fatto che ha comportato l’applicazione della sospensione della patente sia stato accertato dal giudice penale non poteva valere per tale sanzione amministrativa un termine prescrizionale diverso da quello previsto per il reato cui essa accedeva . Va aggiunto che, se a norma dell’art. 222 C.d.S. l’irrogazione della sospensione è obbligatoria per il giudice, che può soltanto graduarne in via discrezionale la durata, e se la stessa discende dalla pronuncia giudiziale all’esito del processo, il momento della decorrenza iniziale del predetto termine non può che coincidere con il passaggio in giudicato della sentenza che disponga la misura, così come per la pena principale è stabilito dall’art. 172 c.p., comma 4. 1.3 La considerazione del caso specifico alla luce dei superiori principi induce a ritenere che correttamente sia stata esclusa la maturata prescrizione della sanzione accessoria lamentata dal R. invero, la sentenza di applicazione della pena a richiesta delle parti, emessa dal Tribunale di Roma in data 22 febbraio 2012, è divenuta irrevocabile soltanto in data 24 ottobre 2018 con la sentenza della Corte di cassazione, sezione quarta penale, n. 52386 del 2018, che ha dichiarato inammissibile il ricorso. Pertanto, soltanto da questo momento è iniziato a decorrere il termine di prescrizione della durata identica a quello cui è soggetto il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7, termine che, seppur pari a cinque anni, alla data del 12 dicembre 2018, in cui la sospensione è stata applicata dal Prefetto di Roma, non era ancora maturato. Di tali emergenze il ricorso non opera nessuna confutazione, preferendo ignorarle, nonostante la loro dirimente rilevanza. Ne discende la declaratoria d’inammissibilità del ricorso e la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, tenuto conto dei profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche al versamento di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che stimasi equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.