La legittimazione a proporre querela spetta al condominio e non al singolo condomino

Non è valida la querela proposta dal singolo condomino per un reato che sia commesso a danno di parti comuni dell’edificio condominiale. Infatti, il condominio è uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini e dunque è il solo legittimato a proporre querela, salvo specifico incarico conferito dall'assemblea condominiale.

Così la sentenza della Suprema Corte n. 41978/19, depositata il 9 ottobre. Difetto di legittimazione a proporre querela. Il Tribunale di Cuneo dichiarava non doversi a procedere verso l’imputato per il reato di cui all’art. 388 c.p. per insussistenza del fatto e in relazione all’art. 633 c.p. per difetto di querela in capo al condomino che aveva proposto l’azione. Ricorrendo, il difensore di fiducia del condomino lamenta che il Tribunale ha erroneamente rilevato il difetto di legittimazione di questi a presentare querela in relazione all’art. 633 c.p., sebbene si fosse verificata l’invasione degli spazi condominiali con tavoli e sedie, rispetto ai quali il ricorrente vantava quale condomino una posizione giuridicamente rilevante. Condominio quale strumento di gestione collegiale. La Cassazione ritiene inammissibile il ricorso per l’assorbente difetto di legittimazione del ricorrente a proporre querela in relazione ai reati ex art. 388, comma 2, e 633 c.p., poiché entrambi procedibili a querela di parte. I Giudici, infatti, riprendono il consolidato principio Cass. n. 6197/2010 e n. 2347/2015 secondo cui la querela proposta dal singolo condomino per un reato che sia commesso in danno di parti comuni dell’edificio non è valida. Infatti, il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini e l’espressione della volontà di presentare querela passa attraverso detto strumento di gestione collegiale. Ne consegue che la presentazione di una valida querela, da parte di un condominio, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale . Quanto chiarito deve essere esteso anche rispetto al delitto ex art. 388, comma 2, c.p., egualmente procedibile a querela della persona offesa, e rispetto la quale il ricorrente ha difetto di legittimazione. Per tali ragioni il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 luglio – 11 ottobre 2019, n. 41978 Presidente Petruzzellis – Relatore Bassi Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Cuneo ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di F.A. in relazione al reato di cui all’art. 388 c.p., perché il fatto non sussiste, ed in relazione al reato di cui all’art. 633 c.p., per difetto di querela. 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, G.P. chiede l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p. 2.1. inosservanza della legge penale e processuale, per avere il Tribunale illegittimamente prosciolto F. nel merito prima dell’apertura del dibattimento, con sentenza predibattimentale ex art. 129 c.p.p. 2.2. inosservanza della legge penale e processuale, per avere il Tribunale erroneamente rilevato il difetto di legittimazione del G. a presentare querela in relazione all’art. 633 c.p., sebbene si trattasse dell’invasione con tavolini e sedie da parte dell’esercizio commerciale del V. di spazi condominiali, rispetto ai quali il ricorrente vantava - quale condomino una posizione giuridicamente rilevante 2.3. vizio di motivazione in ordine alla rilevata mancata documentazione della titolarità di un diritto reale rispetto al condominio, essendo G. comodatario a titolo gratuito di un alloggio del condominio, regolarmente registrato. 3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per l’assorbente difetto di legittimazione del G. a proporre querela in relazione ai reati di cui all’art. 388 c.p., comma 2, e art. 633 c.p., in quanto entrambi procedibili a querela di parte. 4. Ed invero, secondo un principio di diritto ormai acquisito, non è valida la querela proposta dal singolo condomino per un reato che sia commesso in danno di parti comuni dell’edificio, in quanto il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini e l’espressione della volontà di presentare querela passa attraverso detto strumento di gestione collegiale. Ne consegue che la presentazione di una valida querela, da parte di un condominio, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale Sez. 5, n. 6197 del 26/11/2010 - dep. 2011, Arcari, Rv. 249259 Sez. 6, n. 2347 del 18/12/2015 - dep. 2016, P.C. in proc. Vecchio, Rv. 266325 . 5. Le medesime considerazioni devono essere replicate quanto al delitto di cui all’art. 388 c.p., comma 2, al pari procedibile a querela della persona offesa e rispetto al quale fa pertanto difetto la legittimazione a proporre querela in capo al G. , per le medesime ragioni testè delineate. 6. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.