Reato di occultamento dei documenti contabili e accesso al patteggiamento

Nel caso di reati di cui agli artt. 4, 5, 10- bis , 10- ter e 10- quater , d.lgs. n. 74/2000, il completo pagamento delle somme dovute e dei relativi accessori integra un’ipotesi di non punibilità e non il presupposto per accedere legittimamente al patteggiamento.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40487/19, depositata l’8 ottobre. Accesso al patteggiamento. Il Tribunale di Bergamo applicava all’imputato la pena concordata di 1 anno e 4 mesi di reclusione per il reato di occultamento/distruzione di documenti contabili. Avverso la decisione ha interposto ricorso in Cassazione il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello, lamentando l’illegalità della pena applicata poiché il Tribunale aveva accolto la richiesta di patteggiamento sulla pena, in mancanza delle condizioni previste dalla legge per l’accesso al rito speciale art. 13- bis , d.lgs. n. 74/2000 , dato che non vi era stato l’integrale pagamento del debito tributario. Presupposti. La Cassazione osserva che, in tema di reati tributari ex d.lgs. n. 74/2000, la regola dell’art. 13-bis subisce delle eccezioni dettate dal suo stesso secondo comma. Infatti, per i reati di cui agli artt. 4, 5, 10- bis , 10- ter e 10- quater d.lgs. n. 74/2000 , il versamento integrale delle imposte e degli accessori dovuti integra un’ipotesi di non punibilità e non il presupposto per accedere legittimamente al patteggiamento. Infatti, in tali casi l’accesso al rito speciale ex art. 444 c.p.p. non è condizionato dall’avvenuto tempestivo pagamento delle somme dovute a titolo di imposta ed accessori dall’imputato all’Erario, potendo ad esso accedersi anche a prescindere da tale adempimento si veda anche Cass. pen., n. 10800/19 . In questi casi, come in quello in esame, si tratta di un reato di mera condotta e dunque l’integrazione della fattispecie penalmente rilevante potrebbe prescindere dall’esistenza di un debito tributario in capo all’agente. Dunque, se la condizione di accesso al patteggiamento fosse il suddetto pagamento delle somme, chi ha commesso tali reati si troverebbe nell’impossibilità materiale di soddisfare la condizione ex art. 13- bis , comma 2, d.lgs. n. 74/2000 e da questo gli deriverebbe una disparità di trattamento. Dunque, non può esserci automatismo normativo e pertanto chi voglia far valere la subordinazione del patteggiamento alla condizione di ammissibilità deve dimostrare che sussiste a carico dell’imputato un debito tributario non onorato invece, chi chiede l’accesso al rito speciale deve provare di aver soddisfatto le condizioni richieste. Nel caso in esame, all’imputato è stato contestato il reato di cui all’art. 10 d.lgs n. 74/2000 che non presuppone l’esistenza di un profitto per l’agente o un danno in termini di minore entrata finanziaria per l’Erario. In tale caso dunque sarebbe stato onere del ricorrente Procuratore generale fornire elementi in ordine all’esistenza in capo al pervenuto di qualche debito tributari che egli avrebbe dovuto adempiere per accedere legittimamente al rito speciale. Non essendo stato fornito alcun elemento in tal senso, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 aprile – 8 ottobre 2019, n. 41133 Presidente Izzo – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. il Tribunale di Bergamo ha applicato a Z.C. , imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, la pena concordata di anni 1 e mesi 4 di reclusione. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia lamentando, quale unico motivo di impugnazione, la illegalità della pena applicata, essendo stata accolta dal Tribunale la richiesta di patteggiamento sulla pena in assenza dei presupposti previsti dalla legge. In particolare il ricorrente ha osservato che non risulta essere stata rispettata la condizione per accedere al rito speciale stabilita dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, cioè l’integrale pagamento del debito tributario. Con riferimento alla ammissibilità della impugnazione il ricorrente ha sostenuto che, premessa la possibilità di impugnare le sentenze pronunziate ai sensi dell’art. 444 c.p.p., secondo la previsione di cui all’art. 448 c.p.p., comma 2-bis, fra l’altro, in caso di illegalità della pena, siffatta condizione sarebbe rispettata nel caso che interessa in quanto, essendo stata ridotta in assenza di una valida giustificazione di un terzo la pena di cui lo Z. sarebbe stato meritevole, considerato che la riduzione per il rito non doveva essere operata, la pena in concreto a lui applicata è illegale. Considerato in diritto Il ricorso del Procuratore generale di Brescia è inammissibile. Osserva, infatti, la Corte che, in tema di reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, la possibilità per l’imputato di accedere al rito speciale comportante la applicazione concordata della pena è subordinata, di regola, alla ricorrenza di una duplice condizione sancita dall’art. 13-bis del medesimo decreto legislativo, disposizione, si badi, introdotta ed entrata in vigore solo a seguito della parziale riforma dei reati tributari disposta con il D.Lgs. n. 158 del 2015 si tratta sia dell’integrale pagamento della somma dovuta a titolo di imposta, comprensiva di interessi e sanzioni, anche per come determinati a seguito delle procedure conciliative o per adesione previste dalla normativa di settore, sia del ravvedimento operoso. Lasciando in disparte questo secondo requisito, si rileva che tale regola, tuttavia, subisce delle non trascurabili eccezioni, dettate dallo stesso art. 13-bis, comma 2, cit. infatti siffatta disposizione prevede espressamente la salvezza, rispetto alla predetta regola generale, delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, commi 1 e 2, disposizione, quest’ultima, che prevede, nel caso dell’integrale versamento di imposte ed accessori dovuti, per come risultanti anche all’esito delle previste procedure conciliative et similia, anteriormente alla apertura del dibattimento penale in primo grado, una speciale ipotesi di non punibilità dei reati previsti dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, limitatamente in questo caso alla ipotesi di cui al comma 1, del D.Lgs. n. 74 del 2000, mentre per ciò che attiene ai reati previsti dagli artt. 4 e 5 del citato provvedimento legislativo l’analoga ipotesi di non punibilità riguarda il caso in cui i debiti tributari, comprese sanzioni ed interessi, siano stati integralmente estinti - a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo - sempre che tali operazioni siano intervenute prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. Deve pertanto ritenersi - peraltro in linea con la giurisprudenza di questa Corte iniziatasi a formare al riguardo - che per i reati suddetti, laddove non si voglia ritenere che il legislatore sia incorso in una insanabile contraddizione logica nella formulazione della norma, l’estinzione dei debiti tributari mediante il loro integrale pagamento in un momento anteriore alle scadenze sopra evidenziate non costituisca una condizione necessaria per accedere al rito speciale ex art. 444 c.p.p., atteso che per tali reati l’eventuale operare di tale circostanza di fatto, lungi dal consentire l’applicazione concordata della pena, avrebbe l’effetto di una causa di non punibilità la quale renderebbe del tutto ingiustificata non solo la applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., ma anche la irrogazione, in esito ad altro tipo di procedimento penale di qualsivoglia sanzione penale per le condotte riguardanti la violazione delle disposizioni sopra ricordate. Deve, pertanto, ritenersi che, con riferimento ai reati de quibus, e cioè la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 4, 5, 10-bis e 10-ter e art. 10-quater, comma 1, l’accesso al rito speciale ex art. 444 c.p.p., non sia condizionato dall’avvenuto tempestivo pagamento delle somme dovute a titolo di imposta ed accessori dall’imputato all’Erario, potendo accendersi ad esso anche a prescindere da tale adempimento cfr. sul punto Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 marzo 2019, n. 10800, nonché le sentenze ivi ulteriormente richiamate . Condizionamento quello richiamato dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis che, in linea di principio, vale, pertanto, solamente per gli altri reati previsti dal ricordato D.Lgs. n. 74 del 2000. Ma, si rileva, anche in relazione ad essi è, tuttavia, necessario fare una precisazione, posto che, affinché la disposizione di cui all’art. 13-bis c.p.p. possa avere una sua razionale applicazione, è necessario che la commissione del reato contestato abbia - o fra gli elementi strutturali della sua fattispecie ovvero in funzione della sua peculiare fenomenologia si immagini il caso in cui, per effetto della condotta, sia stata, comunque irrogata una sanzione tributaria - determinato l’insorgere di un’obbligazione tributaria non adempiuta del soggetto ad essa tenuto. Infatti laddove si tratti, come è peraltro il caso ora in esame, di reati di mera condotta, l’integrazione della fattispecie penalmente rilevante potrebbe prescindere dalla esistenza di un debito tributario gravante sull’agente, il quale, pertanto, in una tale evenienza, si troverebbe, non potendo preventivamente soddisfare la condizione di ammissibilità della richiesta di patteggiamento prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 2, nella materiale impossibilità di essere ammesso al rito speciale, con la paradossale disparità di trattamento derivante dal fatto che egli, la cui condotta non ha comportato l’inadempimento di alcuna obbligazione tributaria, sarebbe sottoposto ad una disciplina normativa deteriore rispetto a quella riservata al soggetto che abbia adempiuto comunque in ritardo alla obbligazione nei confronti dell’Erario su di lui gravante. Deve, pertanto, ritenersi che in una situazione quale è quella da ultimo descritta, la subordinazione dell’accesso al patteggiamento all’adempimento delle obbligazioni tributarie gravanti sull’agente non possa operare in termini di automatismo normativo, dovendo preventivamente essere fornita la prova, da parte di chi abbia interesse a far valere la subordinazione del patteggiamento alla più volte citata condizione di ammissibilità o, quanto meno, essere stata contestata una tale circostanza di fatto in sede di libello accusatorio òche sussista a carico dell’imputato un debito tributario non onorato, competendo, in tal caso, al soggetto che richieda l’accesso al rito speciale la dimostrazione dell’avvenuta soddisfazione della condizione prevista dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, cioè il tempestivo pagamento del debito in questione. Ciò posto si rileva che, essendo stato contestato allo Z. il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, il quale non presuppone l’esistenza di un profitto per l’agente ovvero di un danno in termini di minore entrata finanziaria per l’Erario, sarebbe stato onere del ricorrente Procuratore generale, onde rivestire della necessaria specificità il ricorso da lui presentato, fornire elementi in ordine alla esistenza in capo al prevenuto di un qualche debito tributario, connesso alla condotta a lui contestata, che egli avrebbe dovuto tempestivamente adempiere onde accedere legittimamente al rito speciale da lui richiesto. Poiché il ricorrente non ha fornito alcun elemento in tal senso, ritenendo sic et simpliciter non correttamente applicata la disposizione normativa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis da parte del Tribunale che aveva ammesso lo Z. al rito alternativo, il ricorso da quello proposto, stante la sua genericità su di un punto determinate ai fini del decidere, deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.