Obesità, cardiopatia, diabete: il complicato quadro clinico non legittima i domiciliari

Respinta la richiesta avanzata dal detenuto, che deve rimanere in carcere per scontare ancora sei anni. Per i giudici le precarie condizioni di salute dell’uomo sono adeguatamente curabili anche nella struttura penitenziaria e non determinano una condizione detentiva contraria al senso di umanità.

Obeso e affetto da cardiopatia, ipertensione e diabete. Complesso e delicato il quadro clinico dell’uomo rinchiuso in carcere esso però non è sufficiente per concedergli la detenzione domiciliare Cassazione, sentenza n. 40839/19, sez. I Penale, depositata il 4 ottobre . Patologie. Inutile il ricorso proposto in Cassazione e finalizzato a mettere in discussione l’ordinanza con cui il Tribunale di sorveglianza ha negato al detenuto l’ipotesi della detenzione domiciliare . L’ordinanza ha preso atto delle diverse patologie di cui è affetto l’uomo obesità, ipertensione arteriosa, sindrome da apnee notturne, diabete , delle sue condizioni generali e dell’ambiente detentivo ma ha ritenuto evidente la compatibilità delle condizioni di salute del detenuto col regime carcerario . In particolare è stato affermato che ci si trova di fronte a patologie di natura cronica che sono state curate con visite specialistiche esterne e con un continuo monitoraggio in istituto, dove è stata garantita una corretta dieta alimentare ed assicurata la disponibilità di un dispositivo per la ventilazione notturna . Per chiudere il cerchio, infine, è stata anche sottolineata l’elevata pericolosità sociale dell’uomo che deve scontare ancora sei anni di carcere. Questo quadro è stato condiviso in toto anche dai giudici della Cassazione, che hanno ribadito il no” all’ipotesi della concessione degli arresti domiciliari. Dignità. Il legale del detenuto ha provato a spiegare che non ci si può limitare a valutare la compatibilità delle condizioni di salute e connesse necessità di cure con l’ambiente carcerario senza verificare la conformità della detenzione al senso di umanità , proprio considerando complessivamente le patologie che affliggono il detenuto. A fronte di tali obiezioni, però, i Giudici del ‘Palazzaccio’ hanno ribattuto osservando la fondatezza del ragionamento compiuto dal Tribunale di sorveglianza, ragionamento con cui si è certificato che le condizioni di salute dell’uomo, pur serie, sono adeguatamente curabili anche nella struttura penitenziaria e non determinano una condizione detentiva contraria al senso di umanità . A sostegno di questa valutazione anche l’accertamento con cui si è appurato che il detenuto si presentava in condizioni generali discrete, era autosufficiente nella cura dell’igiene personale, era autonomo nella breve deambulazione ed aveva a disposizione una carrozzina per gli spostamenti e, infine, gli era assicurata una adeguata dieta alimentare . Tutti elementi, questi, che, secondo i giudici, testimoniano la qualità della condizione detentiva in cui la ineliminabile componente di sofferenza non risulta determinare compromissione del senso di dignità della persona del detenuto .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 giugno – 4 ottobre 2019, n. 40839 Presidente Mazzei – Relatore Bianchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 6.11.2018 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha respinto la istanza presentata da Ve. Fr. e avente ad oggetto la concessione del differimento pena ovvero della detenzione domiciliare. L'ordinanza, dato atto delle diverse patologie di cui era affetto il detenuto ipertensione arteriosa, sindrome da apnee notturne, diabete , delle sue condizioni generali e dell'ambiente detentivo in cui era inserito, ha ritenuto la compatibilità delle condizioni di salute del detenuto con il regime carcerario. In particolare, ha rilevato che trattasi di patologie di natura cronica che erano state curate con visite specialistiche esterne e con un continuo monitoraggio in istituto, dove era stata garantita una corretta dieta alimentare ed assicurata la disponibilità di un dispositivo per la ventilazione notturna. E' stata ritenuta, inoltre, la sussistenza di elevata pericolosità sociale del Ve 2. Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di Ve. Fr., chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Con l'unico motivo di ricorso vengono denunciati la violazione degli artt. 147 cod. pen. e 47-ter, comma I-ter, ord. pen. e difetto di motivazione. In ordine al primo profilo, si evidenzia che il Tribunale di sorveglianza si era soffermato sulla valutazione della compatibilità delle condizioni di salute, con le connesse necessità di cura, con l'ambiente carcerano, senza verificare l'ulteriore elemento, oggetto del giudizio richiesto al giudice adito con richiesta di differimento dell'esecuzione della pena, concernente la conformità o meno della detenzione al senso di umanità. Quanto alla adeguatezza motivazionale dell'ordinanza, il motivo rileva che il Tribunale aveva esaminato le diverse patologie, di cui è affetto il Ve., in maniera parcellizzata, senza considerare il complessivo quadro patologico. Anche con riferimento a ciascuna patologia e alle necessità di cura, l'ordinanza aveva compiuto una valutazione non adeguata. Il primo giudice aveva anche omesso di confrontarsi con le diverse valutazioni cui erano giunti sia il Tribunale di Catanzaro che la Corte di appello di Bologna, che, con riferimento alla custodia cautelare, avevano ritenuto la incompatibilità delle condizioni di salute del Ve. rispetto al regime carcerario. Infine, l'ordinanza impugnata non aveva considerato i contributi tecnici offerti dalla perizia redatta dal prof. Si. e dalla consulenza del prof. Pu 3. Il difensore di Ve. Fr. ha depositato memoria difensiva. Viene segnalata la violazione dell'art. 147 cod. pen. operata dal provvedimento impugnato nella parte in cui ha omesso di verificare la qualità della detenzione sofferta dal ricorrente in ragione delle sue condizioni di salute, verifica imposta alla stregua dell'orientamento secondo il quale va compiuto uno specifico accertamento, non solo in relazione alla possibilità di prestare anche in ambiente carcerario le cure mediche necessarie ma anche in ordine alla conformità delle condizioni di detenzione, in concreto sofferte dal detenuto malato, al senso di umanità. Il primo giudice, inoltre, non aveva preso in esame i rilievi critici offerti dalla difesa. 4. Il Procuratore generale ha depositato la requisitoria tardivamente. Considerato in diritto Il ricorso, in ragione dei rilievi di seguito specificati, va dichiarato inammissibile. 1. Si deve precisare che il ricorrente, nato nell'anno 1972, è in espiazione di un residuo pena di anni 6, mesi 4 e giorni 6 di reclusione e dunque il procedimento riguarda l'applicazione della misura della detenzione domiciliare ai sensi del comma I-ter dell'art. 47-ter ord. pen. La norma citata consente, senza limiti di pena, l'applicazione della misura della detenzione domiciliare nei casi in cui sarebbe possibile il differimento dell'esecuzione della pena. Nel caso in esame viene in rilievo il rinvio dell'esecuzione per motivi di salute . condizioni di grave infermità fisica , previsto dall'art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen. La norma citata, al comma quarto, prevede espressamente che il differimento . non può essere adottato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti . Il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta del condannato, osservando, da una parte, che le condizioni di salute del Ve., pur serie, erano adeguatamente curabili anche nella struttura penitenziaria e non determinavano una condizione detentiva contraria al senso di umanità e, dall'altra, che il Ve., in ragione dei precedenti, anche risalenti a epoca prossima, e delle informative delle Questure di Bologna e di Vibo Valentia, era nell'attualità soggetto socialmente pericoloso. 2. Il ricorso, pur articolato con unico motivo, censura la ordinanza impugnata sia per violazione dell'art. 147 cod. pen. sia in ordine al profilo motivazionale, con riferimento al giudizio concernente la gravità delle condizioni di salute del ricorrente e la compatibilità con il regime carcerario. 2.1. La censura di violazione di legge concerne l'interpretazione dell'art. 147 cod. pen., che è la norma che definisce i requisiti di concedibilità della detenzione domiciliare richiesta. In particolare, si sostiene che il Tribunale di sorveglianza non avrebbe esteso la sua valutazione anche alla verifica del livello qualitativo della condizione detentiva sofferta dal Ve. in ragione delle sue condizioni di salute, dovendo essere disposto il differimento dell'esecuzione della pena ovvero l'applicazione della detenzione domiciliare, non solo, nel caso in cui la detenzione in carcere sia ostativa alla assicurazione al detenuto malato delle cure e delle terapie necessarie, ma anche nel caso in cui la detenzione in istituto divenga, per effetto delle condizioni di salute, contraria al senso di umanità. Ora, il motivo, in parte qua, valorizza orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo il quale ricorrono le condizioni richieste dall'art. 147 cod. pen. non soltanto se le condizioni di salute del condannato non possono essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche nel caso in cui lo stato di detenzione carceraria comporta una sofferenza ed un'afflizione di tale intensità da eccedere il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena e da rendere incompatibile la prosecuzione della carcerazione nel rispetto della dignità umana, Sez. 1, 13/11/2018, A., Rv. 276158 Sez. 1, 17/10/2018, CINA', Rv. 274879 . Il motivo è manifestamente infondato. L'ordinanza impugnata, infatti, ha specificamente considerato l'ulteriore parametro costituito dal livello qualitativo della condizione del detenuto malato, giungendo ad un accertamento - nel senso che non risultava violato lo standard minimo, imposto dalla Costituzione, della non contrarietà rispetto al senso di umanità e della finalità rieducativa - oggetto di specifica motivazione. Il primo giudice ha dato conto che l'accertamento peritale aveva verificato che il Ve., pur ristretto dal dicembre 2015, si presentava in condizioni generali discrete, era autosufficiente nella cura della igiene personale, era autonomo nella breve deambulazione ed aveva a disposizione una carrozzina per gli spostamenti, gli era assicurata una adeguata dieta alimentare. Tutti elementi che danno conto della qualità della condizione detentiva, nella quale la ineliminabile componente di sofferenza non risulta determinare compromissione del senso di dignità della persona del detenuto. 2.2. Quanto alla censura relativa alla motivazione della decisione impugnata, si deve rilevare che il ricorso non ha proposto alcuna censura in ordine al positivo accertamento della attuale pericolosità sociale del detenuto, requisito negativo richiesto dall'art. 147 cod. pen. 2.3. Con riferimento alla motivazione relativa alle condizioni di salute del Ve. e della compatibilità delle stesse con il regime carcerario, ulteriore requisito normativo, il motivo di ricorso risulta generico, con contenuto di merito e manifestamente infondato. Le censure riguardano, da una parte, l'analisi, inadeguata e con approccio parcellizzato, delle condizioni di salute del ricorrente e, dall'altra, il mancato confronto critico con gli apporti tecnici di diverso contenuto e con le diverse conclusioni cui sono pervenuti il Tribunale di Catanzaro e la Corte di appello di Bologna in procedimenti cautelari. 2.3.1. Si deve innanzitutto rilevare che il Tribunale di sorveglianza ha fondato l'accertamento su una perizia perito dott. Ba. disposta nel corso del procedimento e che, quindi, ha consentito al primo giudice di disporre di un apporto tecnico aggiornato al momento della decisione. Inoltre, il Tribunale ha potuto disporre di relazioni mediche provenienti dalla struttura sanitaria interna, dall'ospedale civile s. Orsola e dal servizio medico legale della locale azienda sanitaria, e tutte successive al maggio 2018. Il ricorso denuncia il mancato confronto con i contributi del prof. Si. e del prof. Pu., come la mancata considerazione delle diverse conclusioni cui erano giunte diverse autorità giudiziarie. Il motivo, articolato genericamente, è comunque manifestamente infondato. L'ordinanza ha dato atto che nei confronti del Ve. erano pendenti, avanti le autorità giudiziarie di Catanzaro e Bologna, altri procedimenti penali, che, in sede cautelare, avevano applicato la misura degli arresti domiciliari viene espressamente annotato che il perito aveva tenuto conto di quanto osservato dal dott. Ri., perito del Tribunale di Catanzaro, e dal prof. Si., perito della Corte di appello di Bologna, nei rispettivi elaborati risalenti, peraltro, al maggio 2018. Per quanto riguarda poi il contributo tecnico del prof. Pu., si tratta di consulente medico legale incaricato dalla difesa del ricorrente nel presente procedimento, autore di controdeduzioni alla perizia . allegata al ricorso. Sul punto, la censura è articolata genericamente in quanto non viene specificato in relazione a quali accertamenti l'ordinanza avrebbe omesso di considerare le osservazioni del consulente della difesa. Il motivo, in parte qua, è comunque manifestamente infondato, in quanto il Tribunale di sorveglianza ha considerato sia i contributi tecnici che le valutazioni compiute in altri procedimenti ed ha quindi fondato il proprio giudizio su un ulteriore contributo peritale e su accertamenti medici successivi, elementi tutti rispetto ai quali il ricorso non evidenzia alcun profilo critico. 2.3.2. L'ulteriore censura motivazionale è manifestamente infondata e si risolve nella prospettazione di argomenti di merito. In ordine all'accertamento delle condizioni di salute del Ve. e alla verifica di compatibilità con il regime carcerario, il Tribunale, fondandosi sull'accertamento peritale, ha dato conto di una verifica analitica, con riferimento a ciascuna delle diverse patologie di cui è affetto il ricorrente, ed ha considerato anche il complessivo quadro patologico, sia con riferimento alle reciproche interazioni in particolare, tra cardiopatia e ipertensione e tra diabete ed obesità , che alle cure necessarie e alla compatibilità con il carcere. La deduzione della difesa - nel senso che non sarebbe stato considerato il quadro complessivo - è articolata genericamente, con un mero richiamo ad un passaggio della consulenza di parte, senza esplicitare in quali termini, e con quali conseguenze sulla congruità logica della motivazione, l'ordinanza avrebbe omesso di compiere una valutazione complessiva. Il motivo, inoltre, propone censura anche con riferimento alla specifica valutazione compiuta dal Tribunale in relazione a ciascuna patologia. In particolare, il Tribunale, nel valutare la compatibilità del regime carcerario con le singole patologie, avrebbe reso motivazione, sotto diversi profili, inadeguata. A riguardo la cardiopatia, la difesa osserva che il Tribunale non avrebbe considerato il rischio di eventi di scompenso cardiaco, limitandosi a rilevare che, sinora, non si erano verificati quanto all'ipertensione, l'accertamento non avrebbe dato risposte alle questioni della effettiva assunzione della terapia farmacologica in ambiente carcerario e della tempestività degli interventi in caso di rialzo pressorio con riferimento alla sindrome di apnee notturne, l'ordinanza non avrebbe verificato l'effettivo e corretto utilizzo da parte del detenuto della strumentazione sanitaria fornita quanto al diabete, infine, il Tribunale non avrebbe effettivamente verificato la corretta somministrazione della dieta ipocalorica, rispetto alla quale il detenuto avrebbe evidenziato carenze. Il motivo, sul punto, si risolve nella prospettazione di argomenti di merito. In sede di legittimità, è consentito il controllo sulla motivazione in fatto solo con riferimento ai parametri della effettività, coerenza e congruenza logica, e sulla base di una verifica interna al medesimo testo della motivazione ovvero, tramite la denuncia del vizio di travisamento di prova, rispetto a dati probatori direttamente incompatibili con l'accertamento del giudice. Resta momento specifico del giudizio di merito, non consentito in quello di legittimità, la ricostruzione dei dati fattuali rilevanti. Il motivo in esame si risolve nella prospettazione di una diversa lettura dei dati medici e diagnostici acquisiti, senza alcuna critica alla struttura della giustificazione articolata dal provvedimento impugnato. Si deve poi evidenziare che ogni accertamento del Tribunale si fonda sulla perizia e sulla documentazione medica, recente e di diversa provenienza, acquisita al procedimento. 3. Va dunque dichiarata la inammissibilità del ricorso, cui consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000 , anche la condanna al versamento di una somma a favore della cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in Euro 3.000, 00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.