Attività di raccolta di scommesse in rete svolta senza licenza e responsabilità penale

La Cassazione ha chiarito che la licenza è il normale titolo abilitativo necessario ad escludere la responsabilità penale per svolgimento abusivo dell’attività di accettazione e raccolta di scommesse, mentre l’adesione, fatta dall’operatore senza la licenza, alla speciale procedura di regolarizzazione ex art. 1, comma 643, l. n. 190/2014 ha soltanto un riflesso sanante sul reato di cui all’art. 4, comma 4-bis, l. n. 401/1989.

Così con la sentenza n. 39968/19, depositata il 30 settembre. Mancanza della licenza. Il Tribunale di Livorno rigettava l’istanza di riesame proposta da un indagato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip per il reato di cui all’art. 4, comma 4- bis , l. n. 401/1989 in relazione allo svolgimento di attività finalizzata all’accettazione e raccolta di scommesse senza la licenza prevista dall’art. 88 r.d. n. 773/1931 e senza concessione ministeriale. L’indagato, infatti, aveva stipulato un contratto di prestazioni di servizi con una società estera e si era impegnato a richiedere la licenza per poter svolgere l’attività ma nel concreto si era mobilitato a tal fine. Avverso la decisione, l’indagato propone ricorso in Cassazione lamentando che il Tribunale non abbia considerato che egli svolgeva attività di Internet point ed elaborazione dati, mentre l’attività svolta ai sensi del contratto con la società straniera prevedeva che il consumatore si registrasse tramite la rete internet e dunque era il consumatore ad essere titolare del gioco utilizzato allo sportello virtuale. Quando è esclusa la responsabilità penale. La Cassazione in proposito chiarisce che la licenza è il normale titolo abilitativo necessario ad escludere la responsabilità penale mentre la sola adesione fatta dall’operatore, senza la licenzia di pubblica sicurezza e di concessione, alla speciale procedura di regolarizzazione ex art. 1, comma 643, l n. 190/2014 è suscettibile di comportare riflessi sanati sul reato di cui all’art. 4, comma 4- bis , l. n. 401/1989. Contrariamente, non ha nessuna influenza sull’illecito penale la sottoposizione dell’operatore al differente regime previsto dal comma 644 del medesimo art. 1, poiché tale norma, oltre a stabilire ulteriori obblighi e divieti specificatamente sanzionati in via amministrativa, fa espressamente salva la norma penale verso coloro che non aderiscono al sistema di legalizzazione. Chiarito questo, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 aprile – 30 settembre 2019, n. 39968 Presidente Aceto – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 18 ottobre 2018, il Tribunale di Livorno ha rigettato l’istanza di riesame proposta dall’indagato avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal Gip dello stesso Tribunale, per il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 4, comma 4-bis, in relazione allo svolgimento di attività finalizzata all’accettazione e raccolta di scommesse senza la licenza di cui al R.D. n. 773 del 1931, art. 88 e senza concessione ministeriale. In particolare, si è accertato che l’indagato, pur avendo stipulato un contratto di prestazione di servizi con la società estera Softbet24 Sport Book, in ragione del quale si era impegnato a richiedere licenze necessarie per lo svolgimento dell’attività, non aveva mai presentato richiesta per la licenza di cui al richiamato art. 88. 2. - Avverso l’ordinanza il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deduce la violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 644, perché non si sarebbe considerato che l’attività dell’indagato era quella di Internet point e di elaborazione dati, mentre l’attività svolta ai sensi del contratto di prestazione servizi sottoscritto con il bookmaker straniero prevedeva la registrazione del consumatore attraverso la rete Internet al sito omissis consumatore che sarebbe titolare di un conto gioco da lui utilizzato presso lo sportello virtuale. Non si sarebbe considerato che il richiamato comma 644 prescrive che venga inviata comunicazione affinché l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Questura di riferimento possano verificare i requisiti soggettivi del richiedente il rilascio dell’autorizzazione ex art. 88. Si contesta, poi, il regime di proroga delle concessioni in essere, per contrasto con il diritto comunitario. 2.2. - In secondo luogo, si deduce la carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata, per la mancata considerazione del contratto di prestazione di servizi stipulato con il bookmaker straniero e si ribadisce quanto già affermato circa la violazione del diritto comunitario da parte del regime concessorio italiano. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è inammissibile. 3.1. - Il primo motivo di doglianza - con cui si lamenta la mancata considerazione del fatto che la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 644, consentirebbe all’indagato di svolgere la sua attività - è manifestamente infondato. Il ricorrente non contesta di non avere mai presentato richiesta per la licenza di cui al R.D. n. 773 del 1931, art. 88, pur avendo stipulato un contratto di prestazione di servizi con la società estera Softbet24 Sport Book, in ragione del quale si era impegnato a richiedere licenze necessarie per lo svolgimento dell’attività. E deve ribadirsi che la licenza è il normale titolo abilitativo necessario ad escludere la responsabilità penale, mentre solo l’adesione, da parte dell’operatore privo di licenza di pubblica sicurezza e di concessione, alla speciale procedura di regolarizzazione prevista dalla L. 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 643, è suscettibile di comportare riflessi sananti sul reato di cui alla L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 4, comma 4-bis nessuna influenza ha, invece, sull’illecito penale la sottoposizione dell’operatore al differente regime previsto dal successivo comma 644 del citato art. 1, in quanto tale disposizione, oltre a stabilire ulteriori obblighi e divieti specificamente sanzionati in via amministrativa, fa espressamente salva la norma penale nei confronti di coloro che non aderiscano al sistema di legalizzazione introdotto dal comma precedente ex multis, Sez. 3, n. 18498 del 25/01/2017, Rv. 269694 - 01 . 3.2. - Il secondo motivo di doglianza è inammissibile. Anche a prescindere dall’assoluta genericità della formulazione della doglianza, del tutto priva di puntuali riferimenti a circostanze di fatto dalle quali possa emergere il trattamento in concreto ricevuto dal bookmaker straniero, deve rilevarsi che la mancata richiesta della licenza da parte del soggetto che esercitava l’attività di raccolta delle scommesse rende irrilevante qualunque questione relativa ad eventuali discriminazioni che il bookmaker straniero al quale egli è legato da un contratto di servizi possa avere subito in conseguenza della disciplina concessoria nazionale. Tali discriminazioni - la cui puntuale dimostrazione incombe evidentemente sull’indagato - potrebbero rilevare, infatti, solo qualora la mancanza di concessione in capo a tale soggetto straniero fosse la causa del diniego della licenza al centro raccolta scommesse italiano ma così non è - come visto - nel caso di specie, in cui la licenza non è stata neanche richiesta. 4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.