Ebbrezza alla guida: il punto della Cassazione nel caso in cui il veicolo sia intestato ad una società

In tema di guida in stato di ebbrezza, per la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, la nozione di appartenenza” della vettura a persona estranea al reato non deve essere intesa come proprietà o intestazione nei registri pubblici, ma come effettivo dominio sulla cosa.

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 38579/19, depositata il 18 settembre. Il caso. L’imputato era stato condannato alla pena di giustizia per essere ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c , c.d.s avverso tale decisione ricorre per la cassazione sostenendo che illegittimamente è stato applicato il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida sulla base del fatto che la vettura era di proprietà di una s.a.s. e dunque di un soggetto giuridico distinto dalle persone fisiche dei soci. La durata della sospensione della patente di guida. Secondo principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in tema di guida in stato di ebbrezza, per la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, la nozione di appartenenza” della vettura a persona estranea al reato non deve essere intesa come proprietà o intestazione nei registri pubblici, ma come effettivo dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purché non occasionali . Pertanto, per ritenere che il veicolo non appartenga a persona estranea al reato ma all’imputato e possa disporsi la sua confisca anziché il raddoppio della durata della sospensione della patente, è necessario che risulti che l’imputato medesimo aveva il possesso o la detenzione della cosa in via non occasionale. Nel caso in esame, anche se l’imputato era socio della società proprietaria del veicolo, non può negarsi che essa costituisse un soggetto non coincidente con l’imputato e a cui non poteva attribuirsi alcun ruolo nella commissione del reato. E correttamente i giudici di merito non hanno proceduto alla confisca del veicolo, facendo ciò anche a tutela degli altri soci della società ed ha applicato il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida. Per tali ragioni il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 luglio – 18 settembre 2019, n. 38579 Presidente Piccialli – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. P.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c . 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché illegittimamente nel caso in esame è stato applicato il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, sulla base dell’affermazione che l’auto era di proprietà della Consulenza s.a.s. di P. e C. , soggetto giuridico distinto dalle persone fisiche dei soci. Non è dato, infatti, ravvisare una netta separazione tra società e soci proprietari, potendosi equiparare la figura del socio di una società di persone a quella del proprietario. I soci, infatti, assumendo ciascuno la veste di legale rappresentante, non perdono il carattere di proprietari pro quota o in solido del bene facente parte del patrimonio sociale, tant’è che il ricorrente, come si evince dalla visura camerale acquisita agli atti, è socio di una società di persone con il padre A. e, di fatto, usava l’autovettura anche di notte o nel fine settimana. La sanzione amministrativa accessoria deve viceversa essere raddoppiata solo ed esclusivamente laddove non vi sia alcun collegamento, neanche indiretto, del proprietario del veicolo con il conducente di quest’ultimo. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Va preliminarmente rilevato che non può essere dichiarata la prescrizione del reato di cui all’art. 186 C.d.S., in quanto, allorché con l’impugnazione vengano devolute alla cognizione del giudice ad quem esclusivamente questioni relative all’applicazione di sanzioni amministrative accessorie, i profili penali della regiudicanda sono intangibili, in quanto coperti dal giudicato, ed è pertanto irrilevante l’eventuale prescrizione del reato, maturata nel frattempo Cass., Sez. 4, n. 4146 del 18-9-2000, Rv. 217379-01 . Ne deriva che, nel giudizio di cassazione, ove, come nel caso in esame, nel ricorso si faccia questione esclusivamente della durata della sospensione della patente di guida, è da ritenersi interamente formato il giudicato sulla responsabilità e sulla pena ed è quindi da escludere la rilevanza della prescrizione Cass., Sez. 4, n. 6725 del 223-1999, Rv. 213815-0 Cass., Sez. 4, n. 40894 del 8-10-2009, Rv. 245525-01 . 2. Ciò premesso, occorre osservare come la doglianza formulata dal ricorrente sia infondata. Costituisce, infatti, ius receptum, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, ai fini della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c , la nozione di appartenenza del veicolo a persona estranea al reato non va intesa come proprietà o intestazione nei pubblici registri ma come effettivo e concreto dominio sulla cosa, che può assumere la forma del possesso o della detenzione, purché non occasionali Cass., Sez. 4, n. 3311 del 02/12/2016, Rv. 268882 01 Sez. 4, n. 36425 del 29/03/2013, Rv. 256762-01 Cass., n. 20610 del 2010, Rv. 247326 - 01 . Perché possa ritenersi che il veicolo non appartenga a persona estranea al reato ma all’imputato e possa quindi disporsi la confisca del mezzo anziché il raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, è dunque necessario che risulti che l’imputato aveva il possesso o la detenzione del veicolo, in via non occasionale. Nel caso di specie, dalla motivazione della sentenza impugnata risulta che la prova di ciò non è stata raggiunta. Il giudice a quo ha infatti rilevato che l’auto era di proprietà della s.a.s. Consulenza di P. A E C e che la circostanza che l’imputato facesse uso dell’auto fuori dall’ordinario orario di lavoro non è sufficiente a indurre a ritenere fittizia l’intestazione della proprietà dell’autoveicolo in capo alla società, in assenza di ulteriori dati significativi in tal senso. Trattasi di apprezzamento di merito, sorretto da un apparato argomentativo non connotato da manifesta illogicità e quindi insindacabile in questa sede. Non può dunque ritenersi sussistente il presupposto costituito dall’effettivo e concreto dominio sulla cosa, tale da integrare il requisito dell’appartenenza, nell’ottica delineata dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c . A ciò può aggiungersi che la nozione di persona estranea al reato implica che si tratti di un soggetto distinto dall’imputato e che non abbia esplicato alcun ruolo nella vicenda inerente alla commissione dell’illecito. Nel caso in esame, pur essendo il P. socio della società proprietaria del veicolo, non può negarsi che quest’ultima costituisse, indipendentemente dalla titolarità di una autonoma soggettività giuridica, un soggetto non coincidente con l’imputato e al quale non poteva attribuirsi alcun ruolo nella commissione del reato. Correttamente pertanto il giudice a quo non ha proceduto alla confisca del veicolo, anche a tutela degli altri soci che sarebbero stati ingiustificatamente danneggiati dalla relativa statuizione, e ha applicato il raddoppio della durata della sanzione amministrativa accessoria. 3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.