Colpisce un allievo con un cavo elettrico e un altro lo prende a calci: maestro condannato

L’insegnante è stato inchiodato dai racconti forniti dalle due vittime e dai loro compagni di classe. I fatti si sono verificati in una scuola media, e sono stati catalogati come abuso dei mezzi di correzione” da parte del docente.

Percosse – utilizzando un cavo elettrico – e calci nel sedere in classe. Il racconto fatto dagli studenti – di una scuola media – inchiodano l’insegnante, condannato definitivamente per abuso dei mezzi di correzione” Cassazione, sentenza n. 38238/19, sez. VI Penale, depositata il 16 settembre . Violenze. Scenario della brutta vicenda è una scuola media nella zona di Potenza. Lì alcuni ragazzi sono costretti a subire le violenze di un loro insegnante. In particolare, il racconto di due vittime e dei loro compagni fa emergere, in particolare, che l’uomo percuoteva ripetutamente un ragazzo con un cavo elettrico, cagionandogli una lesione guaribile in cinque giorni e colpiva un altro ragazzo con un calcio al fondoschiena, causandogli dolore, crisi di ansia e dolore gastrico, guariti in tre giorni . Inevitabile il processo a carico del maestro e inevitabile la sua condanna, resa ora definitiva dalla Cassazione. Non vi sono dubbi l’uomo si è reso colpevole del reato di abuso dei mezzi di correzione ai danni di alcuni suoi studenti. Sufficiente il quadro tracciato dalle vittime e dai loro compagni che hanno assistito a quegli episodi violenti. Irrilevante, invece, il richiamo difensivo allo stato di salute dell’uomo, e in particolare a una sua presunta incapacità fisica alla commissione delle condotte delittuose . Su questo fronte i giudici ribattono che si tratta di supplementi istruttori del tutto irrilevanti ai fini di una diversa ricostruzione degli eventi, stante la distanza temporale dai fatti accaduti, e dunque non necessari ai fini della decisione .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 giugno – 16 settembre 2019, n. 38238 Presidente Petruzzellis – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Potenza ha confermato la sentenza del 25 luglio 2017, con la quale il Tribunale di Potenza ha condannato Fa. Ez. Gi. Eu. alla pena di legge per il reato di cui agli artt. 81 e 571 cod. pen., perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, nella qualità di insegnante presso una scuola media, abusava dei mezzi di correzione in danno di alunni affidati alla sua istruzione, in particolare, percuoteva ripetutamente Sc. Ch. con un cavo elettrico, cagionandogli una lesione guaribile in cinque giorni, e colpiva Sc. Se. con un calcio al fondoschiena, causandogli dolore, crisi di ansia e dolore gastrico, guariti in tre giorni. 1.1. A sostegno della decisione, la Corte d'appello, nel condividere le argomentazioni del primo Giudice, ha rilevato come la responsabilità dell'imputato risulta provata alla luce delle dichiarazioni delle persone offese, precise, coerenti e reciprocamente riscontrate nonché corroborate dalle certificazioni mediche e da quanto narrato da diversi testimoni, anche presenti al momento dell'accaduto, risultando, pertanto, irrilevanti le marginali discrasie emerse, giustificate dalla concitazione del momento e dalla diversa sensibilità e capacità di percezione dei fatti dei testi escussi. 2. Con atto a firma del difensore di fiducia, Ez. Gi. Eu. Fa. ricorre avverso il provvedimento e ne chiede l'annullamento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Violazione e falsa applicazione di legge penale, con riferimento agli artt. 157, 571, 161 e 192 cod. pen. nonché all'art. 531 cod. proc. pen., per avere la Corte d'appello erroneamente omesso di dichiarare la prescrizione maturata nel lasso di tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo e il deposito della motivazione. 2.2. Violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 507 cod. proc. pen., per avere la Corte d'appello omesso di acquisire la documentazione medico-legale circa le patologie dell'imputato, sollecitata dalla difesa e respinta dal Collegio di merito con una motivazione di mero stile circa la non assoluta necessità . Sotto diverso aspetto, la difesa denuncia il travisamento del tenore della richiesta di acquisizione della certificazione concernente le lesioni subite da Ch. Sc Considerato in diritto 1. il ricorso è inammissibile per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 2. Quanto al primo motivo, giova premettere che, secondo l'orientamento consolidato della Suprema Corte, ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna che rende la decisione non più modificabile in relazione alla pretesa punitiva, e non quello successivo di deposito della motivazione, che contiene soltanto l'esposizione dei motivi in fatto e in diritto sui quali la decisione è fondata ex plurimis, Sez. 1, n. 20432 del 27/01/2015 ud., dep. 18/05/2015, rv. 263365 v. anche Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011 ud., dep. 10/05/2011, rv. 250328 . 2.1. Sulla scorta del principio di diritto testé rammentato, risulta evidente l'erroneità del ragionamento svolto dal ricorrente là dove ha eccepito la violazione di legge per omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione dando, nel contempo, conto del fatto che essa è maturata successivamente alla lettura del dispositivo, nelle more del deposito della sentenza, dunque in un momento del tutto irrilevante ai fini della causa estintiva. 3. Si applesa destituito di fondamento anche il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole dell'omessa attivazione dei poteri istruttori officiosi sollecitata dalla difesa. 3.1. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte regolatrice, la mancata assunzione di una prova decisiva - quale motivo di impugnazione per cassazione - può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione Sez. 5, n. 4672 del 24/11/2016 - dep. 31/01/2017, Fiaschetti e altro, Rv. 269270 . Di recente, si è poi precisato che le nuove prove, rispetto a quelle inizialmente richieste dalle parti, sono soggette ad una più penetrante e approfondita valutazione della loro pertinenza e rilevanza che è correlata alla più ampia conoscenza dei fatti di causa già acquisita da parte del giudice, pertanto l'omesso esercizio del potere-dovere ai sensi dell'art. 507 cod. proc. pen. può essere sindacato in sede di legittimità, ma in limiti più ristretti rispetto al potere di ammissione delle prove a richiesta di parte, richiedendosi una manifesta assoluta necessità della trascurata assunzione probatoria, emergente dal testo della sentenza impugnata Sez. 4, n. 8083 del 08/11/2018 - dep. 25/02/2019, Cr.o, Rv. 275149 . 3.2. Alle predette coordinate ermeneutiche si è perfettamente attenuto il Collegio di merito nel rigettare l'eccezione di nullità della sentenza appellata per violazione dell'art. 507 cod. proc. pen. Per un verso, la Corte territoriale ha argomentato - con una motivazione puntuale ed immune da vizi logici - le ragioni della ritenuta correttezza della decisione del primo Giudice di non acquisire la documentazione medica richiesta dall'imputato e di non compiere i sollecitati approfondimenti tecnici circa lo stato di salute del ricorrente tesi a dimostrare la sua incapacità fisica alla commissione delle condotte delittuose , evidenziando come si trattasse di supplementi istruttori del tutto irrilevanti ai fini di una diversa ricostruzione degli eventi, stante la distanza temporale dagli accaduti, e dunque non necessari ai fini della decisione v. pag. 5 della sentenza impugnata . 3.3. Per altro verso, non v'è materia per il denunciato travisamento della richiesta difensiva concernente l'acquisizione della certificazione relativa alle lesioni subite da Ch. Sc. , là dove i Giudici della cognizione hanno rilevato, da un lato, come le certificazioni mediche relative a Cr. e Se. Sc. siano state regolarmente esibite nel giudizio di primo grado e legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento dall'altro lato, come la certificazione del 5 marzo 2010 sia sufficientemente dimostrativa delle lesioni subite da Cr. Sc., risultando pertanto non necessaria ai fini del decidere v. pag. 5 della sentenza impugnata . 3.4. Conclusivamente, i decidenti di merito risultano avere fatto buon governo delle regole che disciplinano l'acquisizione officiosa della prova al processo, argomentando in modo esaustivo e scevro da irragionevolezza, le ragioni della stimata inutilità dei supplementi istruttori richiesti dalla difesa, la cui assoluta necessità ai fini del decidere non emerge - d'altronde - né dal testo della sentenza impugnata, né dal tenore del ricorso. 4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.