Il “diritto” del curatore fallimentare ad impugnare il decreto di sequestro preventivo

Ai sensi dell’art. 31 l.fall. il curatore ha l’amministrazione e la disponibilità del patrimonio fallimentare, pertanto, nel caso di sequestro preventivo successivo alla dichiarazione di fallimento, sussiste in capo a questi un concreto interesse ad impugnare il provvedimento di sequestro.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 37638/19, depositata l’11 settembre. Il caso. Il Tribunale del riesame dichiarava inammissibile la richiesta di riesame proposta dal curatore fallimentare di una s.r.l. avente ad oggetto il decreto di sequestro preventivo di un immobile della società finalizzato a confisca per equivalente al valore di un’ingente somma di denaro ritenuta il profitto derivante dal reato di cui all’art. 316 c.p. compiuto dal legale rappresentante e dall’illecito dell’ente. Il Tribunale negava la legittimazione ad agire al curatore fallimentare, il quale ricorre appunto in Cassazione. La legittimazione ad agire in giudizio del curatore fallimentare. Partendo dalle Sezioni Unite della Cassazione Uniland”, in cui si è statuito che la confisca obbligatoria trova il limite di applicabilità nell’appartenenza del bene sequestrato ad un soggetto estraneo al reato, si è negata l curatore fallimentare la legittimazione a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca dei beni della società fallita. Infatti il curatore sarebbe un soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non titolare di diritti sui beni sottoposti a sequestro e neanche rappresentante dei creditori sarebbe un soggetto che svolge funzione pubblica e affianca il giudice delegato per il perseguimento degli interessi da tutelare. Venendo al caso in esame, la tesi sopra richiamata sembra essere stata enormemente superata anche dall’odierna giurisprudenza, in virtù della quale se può sostenersi che il fallimento non acquisisca la disponibilità dei beni sottoposti a sequestro preventivo finalizzato a confisca, diverso è il caso del sequestro preventivo di beni già sottoposti a procedura fallimentare. È infatti dall’art. 31 l.fall. che deriva l’attribuzione al curatore fallimentare dell’amministrazione e della disponibilità del patrimonio fallimentare. In tal senso, se il curatore è colui che amministra e dispone dei beni ne discende la sussistenza di un concreto interesse ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo successivo alla dichiarazione di fallimento. Tale potere fonda quindi sul curatore il diritto ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo. L’ordinanza impugnata, per tali motivi, deve essere annullata con rinvio al Tribunale del riesame per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 11 settembre 2019, n. 37638 Presidente Di Stefano – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto Il Tribunale del riesame di Sassari ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame, proposta dal curatore fallimentare della società omissis s.r.l. avente ad oggetto il decreto di sequestro preventivo, disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p. – D.Lgs. n. 8 giugno 2001, n. 231, art. 53, di un immobile della stessa società finalizzato alla confisca equivalente al valore della somma di Euro 184.571,09, ritenuta, quest’ultima, il profitto derivante del reato di cui all’art. 316 ter c.p., compiuto dal legale rappresentante della società tale B.M. e dall’illecito dell’ente. Il Tribunale, facendo riferimento alla sentenza delle Sezioni unite n. 11170 del 25/09/2014, Uniland, ha negato la legittimazione ad agire del curatore anche nella fattispecie in esame in cui il sequestro è stato disposto dopo la dichiarazione di fallimento della società. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il curatore della società fallita articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge in ordine alla L.Fall., artt. 42 e 51 in relazione all’art. 322 ter c.p., art. 324 c.p.p. e art. 24 Cost., quanto al ritenuto difetto di legittimazione del curatore. Si assume che i principi affermati dalla Sez. U. Uniland , sarebbero stati superati da successive pronunce di legittimità e di merito che avrebbero distinto fra il profilo formale della titolarità dei beni fallimentari e quello della disponibilità effettiva degli stessi nel caso di specie, in cui lo spossessamento conseguente al fallimento è precedente al sequestro, la legittimazione ad impugnare dovrebbe essere riconosciuta al curatore, cui dovrebbe essere riconosciuta la disponibilità materiale dei beni ai sensi della L. Fall. art. 42 e art. 322 ter c.p Il curatore, si sostiene, sarebbe un soggetto terzo, che esercita una funzione pubblica nell’ambito dell’ufficio fallimentare e, dunque, avrebbe legittimazione anche ai sensi della L. Fall., art. 51. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il tema è quello della legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare un provvedimento di sequestro preventivo disposto dopo la dichiarazione di fallimento della società. In particolare, le Sezioni Unite della Corte di cassazione nella vicenda Uniland in parte diversa dalla presente, perché riguardante un sequestro disposto prima della dichiarazione di fallimento relativa ad un complesso procedimento penale nel cui ambito era stato disposto il sequestro finalizzato alla confisca D.Lgs. n. 231 del 2001, ex art. 19, hanno statuito che la confisca obbligatoria trova l’unico limite di applicabilità nella appartenenza del bene sequestrato ad una persona estranea al reato, ma non anche nella sussistenza di un diritto di credito che potrebbe essere soddisfatto mediante il bene in sequestro . Il creditore che non abbia ancora ottenuto l’assegnazione del bene a conclusione della procedura concorsuale non può assolutamente essere considerato ‘terzo titolare di un diritto acquisito in buona fedè perché prima di tale momento egli vanta una semplice pretesa, ma non certo la titolarità di un diritto reale su un bene. E perciò, legittimamente su quei beni potranno insistere il sequestro penale prima e la confisca poi . Da tale presupposto si è negata al curatore fallimentare la legittimazione a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca dei beni della società fallita. Il curatore sarebbe un soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non titolare di diritti di proprietà sui beni in sequestro, nè rappresentante” dei creditori, a loro volta non titolari di alcun diritto sui beni prima della assegnazione degli stessi e della conclusione della procedura concorsuale il curatore sarebbe un organo che svolge una funzione pubblica ed affianca il tribunale ed il giudice delegato per il perseguimento degli interessi dinanzi indicati così testualmente le Sezioni unite della Corte meramente recettiva del principio indicato dalle Sezioni unite è la successiva Sez. 3, n. 23388 del 1/03/2016, Ivone, Rv. 267346 . 3. La questione attiene al se D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 53, nella parte in cui rimanda agli articoli del codice di procedura penale sui mezzi di impugnazione proponibili avverso il sequestro e, quindi, ai soggetti legittimati, precluda al curatore fallimentare, nel caso di sequestro preventivo disposto successivamente alla dichiarazione di fallimento, di impugnare il provvedimento cautelare reale. L’art. 322 c.p.p., richiamato espressamente dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 53, individua i soggetti legittimati a proporre richiesta di riesame facendo riferimento alla persona alla quale le cose sono state sottratte ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione la questione attiene, dunque, alla individuazione del soggetto al quale le cose sono sottratte al momento della imposizione del vincolo reale successivamente alla dichiarazione di fallimento. A tal fine assume rilievo la disponibilità del bene, nel senso che il soggetto a cui le cose sono sottratte e che, quindi, ha la legittimazione e proporre richiesta di riesame del sequestro, è il soggetto che del bene sequestrato ha la disponibilità. In tal senso sono condivisibili le considerazioni espresse dalla Corte di Cassazione secondo cui se chi ha la disponibilità può avere sullo stesso bene anche un diritto reale nei casi in cui non si sia aperta alcuna discrasia tra forma e fatto - il diritto comunque non è il presupposto automatico della disponibilità, che in sede penale costituisce proprio lo strumento per contrastare la titolarità di diritti vuoti su beni che in realtà sono esclusivamente a disposizione di soggetti diversi da chi ne è il proprietario o comunque è il titolare di un diritto su di essi. La disponibilità nel settore delle cautele reali penali esige quindi l’effettività, ovvero un reale potere di fatto sul bene che ne è l’oggetto cfr., tra gli altri Sez. 3, n. 4097 del 9/01/2016, che definisce disponibili, ai fini del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, anche i beni su cui l’imputato esercita, anche tramite terzi, un potere informale diretto ed oggettivo Sez. 3, n. 25771 del 20/01/2017, Akmedova, Rv. 270798 e Sez. 3, n. 36530 del 12/05/2015 in cui si precisa come possa essere disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su beni formalmente intestati a persona estranea al reato qualora il PM dimostri che è l’indagato ad averne la effettiva disponibilità Sez. II, n. 32647 del 17/04/2015, Catgiu, Rv. 264524, che valorizza la necessità di una disponibilità effettiva di beni formalmente appartenenti a terzi estranei al reato quale presupposto del sequestro preventivo così, lucidamente, Sez. 3, n. 42469 del 12/07/2016, Amista, Rv. 268015 . Ne deriva, quanto alla individuazione della persona a cui le cose sono state sottratte , che se la dichiarazione del fallimento precedente al sequestro può, forse, non essere sufficiente a conferire al fallimento stesso la disponibilità dei beni del fallito, i quali, nel caso in cui ne sia stato anteriormente disposto il sequestro, non sono già più, logicamente, disponibili da parte dell’indagato neppure ai fini degli interessi fallimentari a diverse conclusioni deve giungersi nel caso in cui il provvedimento cautelare sia temporalmente successivo alla detta dichiarazione. Se, infatti, può astrattamente sostenersi che il fallimento non acquisisca la disponibilità dei beni già sottoposti a sequestro preventivo penale finalizzato a confisca, onde non può a tale potere fattuale aggrapparsi il curatore ferma restando la connessa ma distinta questione se, anche in tali casi, il curatore abbia legittimazione a proporre riesame in quanto soggetto a cui le cose sarebbero restituite , diversa è la situazione del sequestro preventivo di beni già sottoposti a procedura fallimentare. La natura e la latitudine del diritto gestorio del curatore derivano direttamente dalla legge fallimentare e, in particolare, dall’art. 31 di questa, che attribuisce al curatore l’amministrazione del patrimonio fallimentare, nel contempo onerandolo del compimento di tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori , nonché nella disposizione di carattere generale di cui all’art. 42, a norma della quale, a seguito della sentenza che dichiara il fallimento, il curatore ha l’amministrazione e la disponibilità dei beni del fallito esistenti alla data della dichiarazione di fallimento. In tale prospettiva, se il curatore è il soggetto che amministra ed ha la disponibilità dei beni, ne discende, nel caso di sequestro preventivo successivo alla dichiarazione di fallimento, la sussistenza di un concreto interesse di questi ad impugnare un provvedimento di sequestro penale il curatore ha sui beni fallimentare un potere di fatto corrispondente ad una relazione sostanziale e tale potere è strettamente correlato alla natura ed alle funzioni, di derivazione pubblicistica, riconosciute al curatore medesimo. Tale potere è idoneo a fondare, ai sensi dell’art. 322 c.p.p., il diritto dello stesso curatore ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo. Le potenziali ricadute pregiudizievoli per i creditori concorsuali, concorrenti, assumono profili obiettivi di concretezza operativa se valutate in relazione al diniego della legittimazione del curatore a reagire processualmente e tempestivamente all’apposizione del vincolo cautelare penale su beni del patrimonio dell’impresa individuale o collettiva fallita, in ipotesi attivando i rimedi impugnatori previsti dagli artt. 322 e 322 bis c.p.p. o chiedendo la revoca del sequestro , senza attendere la definizione dell’eventuale giudizio penale di merito nei confronti dell’imputato e il passaggio in giudicato della statuizione sulla confisca. Il curatore, quale organo sui generis del procedimento concorsuale che trova nella legge la legittimazione del suo potere e della disponibilità dei beni in quanto funzionali al soddisfacimento delle finalità della procedura concorsuale esercita poteri anche processuali preordinati alla tutela finale dei diritti dei singoli, tutela che non può non comprendere l’attivazione di strumenti di reazione, anche in sede penale, finalizzati alla eliminazione di vincoli giuridici e di fatto che, come il sequestro, risultano idonei ad incidere fortemente ed a pregiudicare le modalità e la tempistica del riparto dell’eventuale attivo fallimentare. In tale contesto senso assume rilievo l’art. 320 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, rubricato, appunto, la legittimazione del curatore , del D.Lgs. n. 12 gennaio 2019, n. 14, emesso in attuazione della L. delega 19 ottobre 2017, n. 155, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 2019, n. 38, che entrerà in vigore il 15 agosto 2020 , secondo cui il curatore può proporre richiesta di riesame ed appello contro il decreto di sequestro preventivo e contro le ordinanze in materia di sequestro ed è altresì legittimato a proporre ricorso per cassazione. Si tratta di una disposizione normativa chiara, che pare essere decisiva rispetto al tema in esame e che in qualche modo sembra evidenziare il mancato recepimento da parte del legislatore dei principi affermati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza Uniland . Non diversamente, l’art. 317 rubricato Principio di prevalenza delle misure cautelari reali e tutela dei terzi prevede che le condizioni ed i criteri di prevalenza rispetto alla gestione concorsuale delle misure cautelari reali sulle cose indicate dall’art. 142 sono regolate dalle disposizioni del Libro I, titolo IV del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, salvo quanto previsto dagli artt. 318, 319 e 320 . Si tratta di una disposizione che sembra obiettivamente estendere la previsione della legittimazione del curatore anche con riguardo alle misure di prevenzione. Ulteriori elementi di riflessione sul tema emergono da quanto pure la Corte di cassazione ha avuto modo di affermare in passato, e cioè che l’indagato, non avendo interesse concreto ed attuale alla restituzione della res sequestrata, non sarebbe più legittimato a chiedere il dissequestro Sez. 3, n. 47737 del 24/09/ 2018, Fallimento OMISSIS s.p.a., Rv. 275438 . Prescindendo da ogni valutazione su detta affermazione di principio, è evidente tuttavia che se davvero si ritenga l’indagato non più legittimato a chiedere il dissequestro, la correlativa negazione della legittimazione ad agire anche al curatore determinerebbe la conseguenza, di dubbia legittimità costituzionale, che nessuno sarebbe titolare a fave valere in via giurisdizionale eventuali vizi del provvedimento di sequestro preventivo, con conseguenti danni anche per tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti nella vicenda penale e fallimentare. 4. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale del Riesame di Sassari che, in ragione della ammissibilità della richiesta di riesame, procederà alla conseguenti valutazioni di merito. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Sassari, Sezione Riesame.