Sospensione condizionale della pena: la decisione del giudice è sindacabile solo se non adeguatamente motivata

La pronuncia del giudice di merito circa la concessione o il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena è un giudizio di fatto che non può essere sindacato in sede di legittimità solo se motivato congruamente.

Questa la decisione della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 37533/19, depositata l’11 settembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la decisione con cui il Tribunale aveva condannato l’imputato per il reato di violenza sessuale ai danni di una minorenne, qualificando il fatto in termini di minore gravità e riducendo conseguentemente la pena inflitta. Contro tale provvedimento, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, negata dal giudice di seconde cure in considerazione dei suoi precedenti penali”, nonché per la mancanza di elementi positivi in vista di un giudizio prognostico a lui favorevole. Sospensione condizionale della pena. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato, rilevando che l’imputato era gravato da un solo precedente penale per guida in stato di ebbrezza, di per sé non ostativo alla concessione del beneficio negato dal Giudice, e nemmeno indice di una propensione a delinquere. Gli Ermellini precisano, infatti, che la decisione del giudice di merito circa la concessione o meno del beneficio della sospensione condizionale della pena, costituisce un giudizio di fatto che non può sindacarsi in sede di legittimità solo quando sia motivato in modo congruo. Nel caso concreto, la decisione negativa del Giudice si fondava su elementi non persuasivi i precedenti penali dell’imputato, il quale, come rilevato dalla Corte, era gravato non da più precedenti ma da uno solo e nemmeno specifico , che potrebbe ostacolare una prognosi positiva solo se il Giudice ne avesse adeguatamente dato conto, considerando i motivi per cui è stata allo stesso tempo ritenuta applicabile l’attenuante della minore gravità del fatto, e l’assenza di elementi sui quali fondare una prognosi positiva. Circa tale secondo dato, gli Ermellini sottolineano che ai fini della concessione del beneficio in oggetto, il giudice deve indicare quali tra gli indici compresi nell’art. 133 c.p. ostano ad una prognosi favorevole, non potendo semplicemente affermarne la mancata sussistenza. Alla luce di quanto esposto, ne consegue dunque l’annullamento della decisione impugnata in relazione all’omessa concessione della sospensione condizionale della pena, con rinvio degli atti alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 giugno – 11 settembre 2019, n. 37533 Presidente Ramacci – Relatore Aceto Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il sig. H.E.M. ricorre per l’annullamento della sentenza del 21/05/2018 della Corte di appello di Milano che, in parziale riforma di quella del 07/10/2015 del Tribunale dello stesso capoluogo, da lui impugnata, qualificato il fatto in termini di minore gravità, ha ridotto la pena a un anno e otto mesi di reclusione, confermando nel resto la sua condanna per il reato di cui all’art. 609-bis c.p., commesso il omissis ai danni di P.C. , all’epoca minore degli anni diciotto. 1.1. Con unico motivo, deducendo la mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, eccepisce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b ed e , l’erronea applicazione degli artt. 163 e 164 c.p. e la contraddittorietà, la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione sul punto. 2. Il ricorso è fondato. 3. La Corte di appello, pur riducendo sensibilmente la pena irrogata in primo grado, ha negato il beneficio della sospensione condizionale della pena in considerazione dei precedenti penali dell’imputato e della mancanza di elementi positivi sui quali fondare un giudizio prognostico favorevole. 3.1. L’imputato deduce di essere gravato da un solo precedente per guida in stato di ebbrezza non ostativo alla concessione del beneficio negato e certamente non sintomatico di proclività a delinquere. Aggiunge che il giudizio prognostico negativo formulato dalla Corte di appello contrasta con le ragioni della applicazione della attenuante della minore gravità del fatto. 3.2. Ricorda il Collegio che la decisione del giudice di merito in ordine alla concessione ovvero al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena costituisce il frutto di un giudizio di fatto che non può essere sindacato in sede di legittimità se congruamente motivato Sez. 6, n. 1173 del 11/11/1981, Rv. 152044 . 3.3. Nel caso in esame la decisione della Corte di appello si fonda su due argomenti non persuasivi e contraddittori a i precedenti penali b la mancanza di elementi sui quali fondare una prognosi positiva. 3.4. Il primo elemento di giudizio i precedenti penali è frutto di un chiaro travisamento l’imputato non è gravato da più precedenti penali, bensì da uno solo nemmeno specifico per il reato di guida in stato di ebbrezza, il quale ben può ostare ad una prognosi positiva purché il giudice ne dia adeguatamente conto considerati i motivi per i quali è stata contestualmente ritenuta applicabile la speciale attenuante di cui all’art. 609-bis c.p.p., u.c., infra e il fatto che anche per il legislatore la precedente condanna non osta alla reiterazione del beneficio art. 164 c.p., u.c. . 3.5. Il secondo elemento di valutazione sconta l’errata inversione dei termini di giudizio ai fini della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena è dovere del giudice indicare quali sono, tra quelli indicati dall’art. 133 c.p., gli elementi che ostano ad una prognosi favorevole non essendo sufficiente sostenerne puramente e semplicemente la assenza. 3.6. La motivazione è altresì contraddetta, come anticipato, dalle ragioni della applicazione della circostanza attenuante del fatto di minore gravità di cui all’art. 609-bis c.p., u.c., decisione giustificata con il comportamento tenuto dall’imputato che, nella specie, aveva accettato di buon grado il rifiuto della vittima che si era sottratta ai suoi baci, non aveva reiterato condotte simili e non aveva concretamente offerto alcuna sostanza stupefacente della quale si è appurato non aveva nemmeno la effettiva disponibilità. Tali considerazioni, come già detto, confliggono, sul piano logico, con la affermata assenza di elementi positivi di valutazione e con la valorizzazione, per converso, di una sola precedente condanna per reato nemmeno della stessa indole. 3.7. Ne consegue che, ferma l’irrevocabile affermazione della penale responsabilità dell’imputato, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame sul punto. Dichiara irrevocabile la affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritto. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Motivazione semplificata.