Derapata assurda, la vettura piomba sulle persone: giovane automobilista condannato per omicidio

Confermata la sanzione stabilita in Appello quattro anni e otto mesi di reclusione. Evidente la gravità della condotta di guida superficiale e spericolata dell’uomo. Questo dato azzera ogni possibile circostanza attenuante generica, nonostante il comportamento da lui tenuto dopo il drammatico incidente.

In pochi secondi la manovra esibizionistica di un giovane automobilista – desideroso di mostrare ai suoi amici la macchina nuova appena acquistata – si trasforma in tragedia. L’uomo non riesce a gestire la derapata e perde il controllo della vettura, che piomba a tutta velocità sulle persone sedute ai tavolini di un rivenditore ambulante di panini. Il bilancio è drammatico una ragazza di 15 anni morta, e poi un’altra ragazza di 20 anni e un ragazzo di 16 anni gravemente feriti e ricoverati in ospedale. Una volta ricostruito l’episodio, sono evidenti le gravi colpe del guidatore, che, osservano i giudici, ha tenuto una condotta di guida spericolata e superficiale. Consequenziale la sua condanna per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale, con pena fissata in quattro anni e otto mesi di reclusione. Cassazione, sentenza n. 33820/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Spericolato. Il drammatico incidente si verifica nell’estate del 2014 in un piccolo paese in provincia di Napoli. Scenario è un piccolo piazzale, caratterizzato anche dalla presenza di una rivendita di panini con tanto di tavolini per i clienti. E proprio su quei tavolini piomba all’improvviso a tutta velocità, poco prima delle 22, una Renault Clio la vettura falcia letteralmente tre persone, due ragazze una di 15 anni e una di 20 anni , e un ragazzo di 16 anni . Le conseguenze sono terribili, soprattutto per la ragazzina di 15 anni, che perde la vita a causa delle lesioni subite dopo essere stata colpita dall’automobile. Le altre due persone investite, invece, riescono a cavarsela, e finiscono ricoverate in ospedale con gravi lesioni. L’automobilista – un giovane di appena 19 anni – finisce sotto processo per omicidio . E il quadro probatorio tracciato tra primo e secondo grado è sufficiente per inchiodarlo alle sue responsabilità e condannarlo. In sostanza, si è appurato che il ragazzo alla guida della Renault Clio, da lui appena acquistata, ha percorso un’area di parcheggio e ha poi effettuato una ‘derapata’ con l’intenzione di fermarsi in prossimità dei tavolini, allocati vicino ad un furgone adibito a vendita di cibi e bevande, dove si trovavano seduti alcuni suoi amici . Però, a causa dell’eccessiva velocità e di imprudenza e imperizia , l’uomo ha perso il controllo della vettura e ha investito le persone sedute ai tavolini . Nessun dubbio, quindi, sulla estrema gravità della condotta tenuta dall’automobilista, soprattutto tenendo presenti le evidenti finalità ludico-esibizionistiche della spericolata manovra, la violazione del Codice della strada, la velocità del tutto impropria rispetto allo stato dei luoghi . Elementi, questi, che evidenziano la assoluta superficialità del conducente che per motivi futili ha sottovalutato la presenza, in prossimità della carreggiata, delle persone sedute ai tavolini . Colpa. Nonostante tutti gli elementi probatori raccolti, però, la pena viene ridotta in Appello. Così dai dieci anni di reclusione stabiliti dal Gip del Tribunale si passa ai quattro anni e otto mesi di reclusione decisi dai giudici della Corte d’Appello. Questo alleggerimento della pena non è però ritenuto sufficiente dal giovane sotto processo per omicidio. Egli sceglie di proporre ricorso in Cassazione, ponendo in evidenza tramite il proprio avvocato che gli sono state negate le circostanze attenuanti generiche . Su questo punto il legale tiene a sottolineare alcuni elementi in favore del proprio cliente. In particolare, la sua giovane età, avendo poco più di 19 anni all’epoca dei fatti la mancanza di qualsivoglia stato di dipendenza da alcol o da stupefacenti l’essersi immediatamente prodigato a prestare i primi soccorsi alle vittime dell’incidente l’aver ammesso subito la sua responsabilità l’aver subito, a seguito della vicenda, un profondamento turbamento e un forte dolore che lo hanno portato a svolgere attività di volontariato a favore di anziani e disabili . Tutti questi elementi, però, non sono sufficienti, secondo i Giudici della Cassazione, per rendere meno grave la posizione del giovane. Ciò perché il suo elevato grado di colpa è connesso alla spericolata e superficiale condotta di guida che ha causato l’incidente e ha portato alla morte di una ragazza di appena 15 anni. Di conseguenza, è confermata, e quindi definitiva, la condanna dell’automobilista a quattro anni e otto mesi di reclusione per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 – 25 luglio 2019, numero 33820 Presidente Ciampi – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 3 ottobre 2018 la Corte d'Appello di Napoli confermava la condanna resa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli Nord nei confronti di Mo. Fa., quale responsabile del reato di omicidio colposo ai danni di Me. Gi., fatto aggravato dalla violazione delle norme in materia di circolazione stradale dichiarava invece di non doversi procedere nei confronti del medesimo in relazione alle lesioni personali patite da Ca. Iv. ed Am. Er., per difetto di querela riduceva ad anni quattro e mesi otto di reclusione la pena di anni dieci di reclusione irrogata in prime cure. 2. Secondo quanto accertato dai giudici di merito e non contestato, il Mo., alla guida della sua autovettura, percorrendo un'area di parcheggio pubblica sita in piazzale Rabin nel comune di Marano di Napoli, nell'effettuare una derapata con l'intenzione di svoltare a sinistra, per poi fermarsi in prossimità dei tavolini allocati vicino ad un furgone adibito a vendita di cibi e bevande, dove si trovavano seduti alcuni suoi amici, a causa dell'eccessiva velocità, di imprudenza ed imperizia, aveva perso il controllo dell'auto ed aveva investito gli occuparti dei detti tavolini, cagionando la morte di Me. Gi. e lesioni giudicate guaribili in trenta giorni alla Ca. e all'Am 3. La Corte territoriale rilevava la estrema gravità della condotta del Mo., attese le evidenti finalità ludico-esibizionistiche della spericolata manovra, che oltre alla specifica violazione del codice della strada, per la velocità del tutto impropria rispetto allo stato dei luoghi, denotava l'assoluta superficialità del conducente, che per motivi del tutto futili aveva sottovalutato la presenza, in prossimità della carreggiata, delle persone sedute ai tavolini. Rilevava ancora che l'imputato, per ostentare le proprie capacità di guida dell'auto da poco acquistata, era già passato una volta sul medesimo piazzale a forte velocità e a zig-zag - anche per superare un restringimento di carreggiata dovuto alla presenza segnalata di un tombino scoperchiato - ed era poi ritornato sul piazzale tentando una sbandata controllata per evitare il medesimo ostacolo, perdendo il controllo del mezzo e finendo contro le persone sedute ai tavolini del venditore ambulante. Stante la estrema gravità della colpa, fissava la pena base nel massimo edittale di sette anni di reclusione e riteneva non concedibile alcun beneficio. 4. Avverso la prefata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Osserva che nei motivi di gravame tali attenuanti erano state espressamente richieste e, a sostegno della concessione, erano state indicate le seguenti ragioni, sulle quali la Corte non si era pronunciata l'età dell'imputato, che al momento del fatto aveva poco più di diciannove anni la mancanza di qualsivoglia stato di dipendenza da alcol o stupefacenti l'essersi immediatamente prodigato a prestare i soccorsi l'aver ammesso subito la sua responsabilità l'aver subito a seguito della vicenda un profondo turbamento e dolore, che lo avevano portato a svolgere attività di volontariato a favore di anziani e disabili presso una Onlus cittadina. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. 2. Per giurisprudenza assolutamente pacifica, infatti, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.penumero ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione Sez. 2, numero 36104 del 27/04/2017, Mastro ed altro, Rv. 271243 Sez. 5, numero 5582 del 30/09/2013, Ferrano, Rv. 259142 . Conseguentemente, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. penumero , considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione Sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 Sez. 2, numero 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 . 3. Ciò posto, nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi di diritto perché ha determinato la pena nel massimo edittale - statuizione non oggetto di censura da parte del ricorrente - e nell'esaminare i parametri dell'articolo 133 c.p. ha valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuanti, l'elevato grado della colpa dimostrato nella spericolata e superficiale condotta di guida, ritenendo implicitamente subvalenti, rispetto ad esso, gli elementi che la difesa aveva addotto a favore dell'imputato. 4. Di qui la declaratoria di inammissibilità del ricorso cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria di duemila Euro in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero Corte Cost., sent.numero 186/2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuale e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.