La presentazione del DURC con contenuto ideologicamente falso integra reato

La Suprema Corte afferma il principio in base al quale la presentazione della dichiarazione sostitutiva di regolarità contributiva DURC avente contenuto ideologicamente falso integra il reato di cui all’art. 483 c.p. in forza dell’obbligo di dichiarare il vero ex art. 76 d.P.R. n. 445/2000.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32859/19, depositata il 22 luglio. Il caso. Il Tribunale di Asti assolveva l’imputato dal reato ex art. 483 c.p. poiché il fatto non costituiva reato. Contro tale pronuncia, il Procuratore della Repubblica propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione degli artt. 76 d.P.R n. 445/2000 e 483 c.p., per avere il Tribunale escluso la rilevanza penale del fatto nonostante la presenza di un’autocertificazione ideologicamente falsa, resa in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio. DURC ideologicamente falso. La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato, rilevando come il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico si configura solo quando una specifica norma giuridica attribuisce all’atto la funzione di provare i fatti attestati al pubblico ufficiale, collegando l’efficacia probatoria dello stesso al dovere del dichiarante di affermare il vero. Precisato ciò, la Corte osserva come, in base all’art. 76 d.P.R. n. 445/2000, le dichiarazioni sostitutive ex artt. 46 e 47 sono considerate come rese a pubblico ufficiale, visto che la qualità del destinatario risulta idonea a sancire la destinazione ad essere trasfuse in atto pubblico. La necessità, invece, dell’individuazione di una norma giuridica idonea ad attribuire all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale risulta soddisfatta dagli artt. 46 e 47. In questo modo, dunque, risulta evidente la funzione probatoria delle dichiarazioni oggetto delle disposizioni citate, poiché provano gli stati, le qualità personali o i fatti di cui l’interessato dichiarante sia a diretta conoscenza. Alla luce di quanto esposto, gli Ermellini riscontrano un errore di diritto in cui è incorso il Giudice, considerando che la falsa autodichiarazione in oggetto sostituisce il documento unico di regolarità contributiva DURC tramite una dichiarazione resa alla pubblica amministrazione avente natura di autocertificazione ex art. 76, decreto citato in relazione ad una qualità del dichiarante rilevante anche per prevenire e controllare l’evasione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata, rinviando gli atti al Tribunale e affermando il seguente principio di diritto la presentazione di dichiarazione sostitutiva di regolarità contributiva c.d. DURC con contenuto ideologicamente falso, in forza dell’obbligo di dichiarare il vero sancito dall’art. 76 d.P.R. n. 445/2000, integra il reato di cui all’art. 483 c.p. .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 aprile – 22 luglio 2019, n. 32859 Presidente Vessichelli – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata, emessa il 13 aprile 2018, il Tribunale di Asti ha assolto C.F. dal reato di cui all’art. 483 c.p., perché il fatto non costituisce reato. 2.Avverso la sentenza, ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Asti, deducendo violazione della legge penale in riferimento al D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, e art. 483 c.p., per avere il Tribunale escluso la rilevanza penale del fatto pur in presenza di un’autocertificazione, resa in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ideologicamente falsa. Considerato in diritto 1. Il ricorso del Procuratore generale è fondato. 2. Secondo il consolidato orientamento di legittimità, il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico è configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero Sez. U, n. 28 del 15/12/1999, Gabrielli, Rv. 215413 . 2.1. Siffatto principio è stato ripreso e confermato da numerose pronunce conformi Sez. 5, n. 5365 del 15/01/2018, Guidi, Rv. 272110, Sez. 5, n. 39215 del 04/06/2015, Cremonese e altro, Rv. 264841 Sez. 5, n. 18279 del 02/04/2014, Scalici, Rv. 259883 Sez. 5, n. 5365 del 04/12/2007 - dep. 2008, Bonventre, Rv. 239110 Sez. 5, n. 17363 del 12/02/2003, Ferrante, Rv. 224750 , talune delle quali riferite alla fattispecie D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 76, in relazione all’art. 483 c.p., Sez. 5, n. 16275 del 16/03/2010, Zagari, Rv. 247260, secondo la quale integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 47, allegata ad istanza preordinata ad ottenere il passaporto, attesti falsamente di non avere mai riportato condanne penali . 2.2. Nella delineata prospettiva, è stato sottolineato come l’atto disciplinato dalle norme di cui agli artt. 46 e 47, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa sia per sua natura destinato a provare la verità delle circostanze in esso affermate, che concernono fatti, stati e qualità personali Sez. 5, n. 38748 del 09/07/2008, Nicotera, Rv. 242324 in siffatte ipotesi, la natura pubblica dell’atto è stata desunta anche dalla sua naturale destinazione a provare la verità dei fatti in esso affermati, a sua volta evincibile dalla funzione di comprovare stati, qualità personali e fatti, che le due disposizioni richiamate assegnano alle dichiarazioni sostitutive di atti notori e di certificazioni. Siffatta interpretazione fonda sulla ratio e sul tenore letterale della legge, che intende attribuire alle suddette autodichiarazioni la qualità di atti pubblici e secondo la quale le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli artt. 46 e 47, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale , il linea con l’art. 2699 c.c., che definisce la nozione di atto pubblico in riferimento al soggetto - notaio o altro pubblico ufficiale - che lo emana secondo le previste formalità, ed al potere conferitogli ad attribuirgli pubblica fede. 2.3. Secondo il D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, le dichiarazioni sostitutive ex artt. 46 e 47, sono considerate come rese a pubblico ufficiale, essendo la qualità del destinatario del tutto idonea a sancirne la destinazione ad essere trasfuse in atto pubblico, mentre la necessità - affermata dal filone giurisprudenziale che fa capo alla sentenza delle Sezioni Unite Gabrielli dell’individuazione di una specifica norma giuridica che attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, così collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero, è puntualmente soddisfatta dalle norme di cui al D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 46 e 47. In particolare, l’art. 47, in tema di Dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà stabilisce la sostituzione dell’atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato con una dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalità di cui all’art. 38. Il comma 2 della norma aggiunge che la dichiarazione resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza. Il comma 3 della norma - nell’ottica dichiarata del perseguimento dell’obiettivo della semplificazione amministrativa - prevede che, fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’art. 46 siano comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. È dunque evidente ed incontestabile la specifica funzione probatoria delle dichiarazioni D.P.R. n. 445 del 2000, ex artt. 46 e 47, in quanto dimostrative di stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato dichiarante. 3. Nel quadro così delineato, s’appalesa evidente l’errore di diritto in cui è incorso il Tribunale di Asti. 3.1. La falsa autodichiarazione in disamina sostituisce il documento unico di regolarità contributiva c.d. DURC attraverso una dichiarazione resa alla pubblica amministrazione ai sensi del D.L. n. 70 del 2011, art. 4, comma 14 bis, avente natura di autocertificazione D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 76, in merito ad una qualità del dichiarante - regolarità INPS e INAIL - rilevante anche al fine di prevenzione e controllo dell’evasione. Con la conseguenza che solo il possesso della predetta autocertificazione - che tiene luogo del rilascio del DURC da parte degli enti interessati - legittima il dichiarante ad essere parte di una serie di rapporti pubblicistici. Di guisa che la stessa natura della attestazione sostituisce, da un lato, una pubblica certificazione ed è, dall’altro, destinata a pubblico ufficiale, come specificamente statuito dal D.P.R. n. 445 del 2000, citato art. 76 mentre è l’art. 47 ad attribuire, con formulazione generale e omnicomprensiva, efficacia probatoria alle dichiarazioni del privato rivolte alla pubblica amministrazione, sostitutive dell’atto di notorietà concernenti stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell’interessato. 3.2. Ed è, pertanto, in virtù di siffatto parametro normativo che l’imputato ha attestato l’adempimento di obblighi contributivi previsti dalla legge invece inevasi, con ciò falsamente rappresentando l’esistenza di una qualità - la regolarità contributiva - del dichiarante invece insussistente. Deve, pertanto, essere affermato il principio per cui la presentazione di dichiarazione sostitutiva di regolarità contributiva c.d. DURC con contenuto ideologicamente falso, in forza dell’obbligo di dichiarare il vero sancito dal D.P.R. n. 445 del 2000, art. 76, integra il reato di cui all’art. 483 c.p 4. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al giudice dell’impugnazione ex art. 569 c.p.p., comma 4 Sez. F, n. 38927 del 19/08/2014, P.G. in proc. Rusu, Rv. 261237, N. 43170 del 2012 Rv. 254131, N. 43973 del 2013 Rv. 256923, N. 24059 del 2014 Rv. 259979 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Torino per il relativo giudizio.