L’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere può essere integrata da quella emessa in sede di riesame

Qualora l’ordinanza vertente sull’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere non specifichi le ragioni di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico, essa può essere integrata dall’ordinanza che definisce la richiesta di riesame.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30930/19, depositata il 15 luglio. Il caso. Il Tribunale del Riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza con cui il GIP applicava nei confronti dell’imputato la misura cautelare degli arresti domiciliari con applicazione del braccialetto elettronico in relazione a dieci contestazioni di cessione di sostanze stupefacenti a più soggetti. Contro tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la mancanza di motivazione in relazione alla questione dedotta dalla difesa riguardante il fatto che il provvedimento del GIP aveva a sua volta omesso di motivare l’automatica applicazione della misura cautelare della custodia in carcere a seguito della mancata disponibilità del braccialetto elettronico. Nessun automatismo nell’applicazione delle misure cautelari. La Suprema Corte dichiara infondata la doglianza sollevata dal ricorrente, considerando in primo luogo che il Tribunale aveva condiviso la scelta del GIP di disporre l’applicazione della misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, e in secondo luogo che lo stesso aveva preso atto di una lacuna motivazionale dell’ordinanza emessa, non avendo il GIP reso note le ragioni per cui non potesse essere applicata una misura meno rigorosa della custodia in carcere in attesa che il dispositivo elettronico fosse disponibile. Ciò in ossequio all’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui il giudice, in questi casi, deve prima accertare la disponibilità del congegno elettronico presso la Polizia giudiziaria, e poi, in caso di esito negativo, dovrà valutare l’idoneità, proporzionalità e adeguatezza di ciascuna misura in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso specifico. Ciò rilevato, gli Ermellini ravvisano che i Giudici del riesame hanno posto rimedio alla suddetta lacuna motivazionale del GIP mediante il provvedimento impugnato, richiamando il principio in base al quale l’ordinanza con cui viene applicata la misura della custodia in carcere che non contenga le ragioni di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico può essere integrata dall’ordinanza che definisce la richiesta di riesame della misura. A questo punto, il Tribunale ha considerato che nel caso di specie l’unica misura idonea a contenere la ritenuta pericolosità sociale del ricorrente era quella della custodia cautelare in carcere, fino a quando non fosse stato disponibile il dispositivo elettronico in questione. Per questi motivi, visto che le censure difensive non si confrontano con la motivazione del Tribunale appena illustrata, risolvendosi in una mera critica di quella contenuta nell’ordinanza genetica della misura, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 marzo – 15 luglio 2019, n. 30930 Presidente Lapalorcia – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza dell’8 novembre 2018, il Tribunale del Riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza del 29 ottobre 2018, con cui il G.I.P. presso il Tribunale di Cosenza aveva applicato nei confronti di M.A. la misura cautelare degli arresti domiciliari, con applicazione del cd. braccialetto elettronico , in relazione a dieci contestazioni di cessione, talvolta anche in concorso con altri indagati, di sostanza stupefacente di tipo eroina e cocaina a più soggetti, in un arco temporale compreso tra il maggio e l’ottobre 2017. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale Riesame calabrese, M. , tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, la difesa deduce la violazione dell’art. 292 c.p.p. e art. 309 c.p.p., comma 9, evidenziando che, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame, il G.I.P., con l’ordinanza applicativa della misura, si era limitato a richiamare le argomentazioni contenute nella richiesta di applicazione della misura avanzata dal P.M. e a enumerare le fonti di prova, senza apprezzarne autonomamente la rilevanza sul piano indiziario. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in relazione alla questione dedotta dalla difesa circa il fatto che il provvedimento del G.I.P. aveva a sua volta omesso di motivare sulla scelta della misura, non essendo stato cioè considerato che non esiste alcun automatismo applicativo, in caso di indisponibilità del braccialetto elettronico , della custodia cautelare in carcere, essendo invece imposto al G.I.P. di rinnovare la valutazione sulla misura applicabile e, comunque, di accertare, già prima dell’emissione dell’ordinanza, l’indisponibilità del braccialetto elettronico, non costituendo gli arresti domiciliari con il cd. braccialetto elettronico una differente tipologia di misura cautelare. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Iniziando dal primo motivo, deve evidenziarsi che il Tribunale del Riesame ha disatteso l’eccezione difensiva riguardante l’omessa valutazione da parte del G.I.P. delle risultanze investigative osservando che, nell’ordinanza genetica, il giudice della cautela, dopo aver riportato i fatti contestati all’indagato, ha dato conto degli elementi di indagine ritenuti maggiormente significativi, selezionandone appositamente alcuni, mostrando così di aver effettuato una operazione autonoma di adeguato vaglio critico del materiale indiziario. Orbene le argomentazioni dell’ordinanza impugnata non prestano il fianco alle censure difensive, tanto più ove si consideri che la presente misura, relativa a 10 imputazioni provvisorie a carico dell’indagato, è stata emessa nell’ambito di un articolato procedimento cautelare riguardante anche altre posizioni, per cui, nella disamina delle risultanze investigative, non può essere ritenuto illegittimo il richiamo a taluni passaggi della richiesta applicativa della misura, laddove, come appunto avvenuto nel caso di specie, sia stata comunque presa in autonoma considerazione dal G.U.P. la posizione del ricorrente rispetto alla quale, peraltro, già in sede di riesame, non sono state sollevate obiezioni circa la valutazione della gravità indiziaria . Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva. 2. Passando al secondo motivo di ricorso, deve parimenti escludersi che il profilo della scelta della misura riveli vizi di legittimità rilevabili in questa sede. Ed invero occorre in primo luogo osservare che il Tribunale, nel ribadire la sussistenza delle esigenze cautelari, ha innanzitutto condiviso la scelta del G.I.P. di disporre l’applicazione della misura detentiva degli arresti domiciliari con applicazione del cd. braccialetto elettronico , stante la necessità di arginare la libertà di movimento di M. , inibendone ogni eventuale iniziativa illecita. Ciò posto, il Tribunale ha tuttavia preso atto di una lacuna motivazionale dell’ordinanza genetica, non essendo state illustrate dal G.I.P. le ragioni per cui, in attesa che il dispositivo elettronico diventasse disponibile, non potesse essere applicata una misura diversa da quella di massimo rigore, ciò in conformità con l’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice investito da una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto elettronico o di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la predetta misura, deve, preliminarmente, accertare la disponibilità del congegno elettronico presso la Polizia giudiziaria e, in caso di esito negativo, dato atto della impossibilità di adottare tale modalità di controllo, valutare la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna delle misure, in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, non potendo all’accertata indisponibilità del congegno elettronico conseguire alcuna automatica applicazione nè della custodia cautelare in carcere, nè degli arresti domiciliari tradizionali Sez. Un., n. 20769 del 28/04/2016, Rv. 266650 . Alla ravvisata lacuna motivazionale sul punto dell’ordinanza genetica, i giudici del riesame hanno correttamente ritenuto di poter porre rimedio con il provvedimento impugnato, richiamando in tal senso la condivisa affermazione della giurisprudenza di legittimità cfr. Sez. 2, n. 42557 del 04/07/2017, Rv. 270773 , secondo cui l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, che non specifichi le ragioni di inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico, può essere integrata dall’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame, sia perché l’indicazione di tali ragioni non è prevista tra i requisiti essenziali dell’ordinanza indicati, a pena di nullità, dall’art. 292 c.p.p., sia perché l’art. 275 c.p.p., nel prevedere l’onere motivazionale aggiuntivo, non indica alcuna sanzione in caso di inosservanza. Tanto premesso, il Tribunale ha osservato che, fino a quando non fosse accertata la disponibilità del cd. braccialetto elettronico, l’unica misura idonea a contenere la ritenuta pericolosità sociale del ricorrente doveva essere individuata nella custodia cautelare in carcere, posto che gli arresti domiciliari, se non accompagnati dall’applicazione del congegno elettronico di controllo, avrebbero lasciato comunque residuare un margine di libertà in favore di M. , il quale, ove non costantemente localizzato , avrebbe potuto allontanarsi dalla propria abitazione per porre nuovamente in essere le condotte di spaccio, inquadrate, nell’ambito delle imputazioni provvisorie, come cessioni avvenute per strada, in alcuni casi in luoghi non molto distanti dal luogo di domicilio del ricorrente. Orbene, le censure difensive non si confrontano affatto con la motivazione del Tribunale in ordine all’adeguatezza del custodia cautelare in attesa del reperimento del dispositivo di controllo a distanza, limitandosi a criticare la lacuna argomentativa dell’ordinanza genetica della misura, che tuttavia, per le ragioni prima esposte, era suscettibile di essere superata dai giudici del riesame, i quali vi hanno invero provveduto con considerazioni pertinenti e non illogiche. 2. Stante l’infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso proposto nell’interesse di M. deve essere pertanto rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.