Qualsiasi introito non occasionale confluisce nella nozione di reddito ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio

Nel concetto di reddito ai fini dell’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, deve tenersi conto anche degli aiuti economici prestati al richiedente in qualsiasi forma dai familiari conviventi ovvero dai terzi.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29914/19, depositata il 9 luglio. Il fatto. La Corte d’Appello dell’Aquila riformava parzialmente la decisione emessa in sede di giudizio di primo grado, che era stata appellata dall’imputato ritenuto colpevole per il reato di cui all’art. 95, d.P.R. n. 115/2002, con l’aggravante di aver ottenuto l’ammissione al gratuito patrocinio, escludendo tale aggravante e confermando nel resto la decisione. Avverso la suddetta pronuncia, l’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo, tra i diversi motivi, l’errata modalità di calcolo del reddito netto percepito dall’imputato nell’anno 2011. La determinazione del reddito ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio. La Suprema Corte dichiara il ricorso infondato, evidenziando che le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio indicate dalla legge fanno riferimento al reddito imponibile ai fini della imposta personale risultante dall’ultima dichiarazione ed ai redditi che per legge sono esenti dall’IRPEF, ovvero sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta oppure ad imposta sostitutiva. Ora, in base ad una pronuncia della Corte Costituzionale n. 382/1985 , ai fini indicati, si comprendono nel concetto di reddito le risorse di qualsiasi natura di cui disponga il richiedente, anche gli aiuti economici a lui prestati dai familiari non conviventi ovvero da terzi, qualora siano accertati in concreto mediante appositi mezzi di prova. Nel caso concreto, la Corte rileva che le affermazioni del Giudice di seconde cure sono corrette, poiché egli ha valutato ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al gratuito patrocinio anche quanto percepito dal richiedente dai familiari conviventi, dovendosi riferire l’espressione convivente” al momento della percezione del reddito. Anche per questo motivo, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 dicembre 2018 – 9 luglio 2019, n. 29914 Presidente Piccialli – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di L’Aquila con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lanciano in data 19 gennaio 2015, appellata dall’imputato I.M. , cui era stato contestato il reato p. e p. dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 95, con l’aggravante di aver ottenuto l’ammissione al gratuito patrocinio, escludeva la predetta aggravante, confermando nel resto l’affermazione di penale responsabilità. 2. Avverso tale decisione ricorre lo I. denunciando con un primo motivo difetto di motivazione quanto alla censura oggetto del primo motivo di appello circa l’errata indicazione da parte del primo giudice dell’importo del reddito netto percepito dall’imputato nell’anno 2011. Con un secondo motivo lamenta altresì difetto di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato con un terzo e quarto motivo il ricorrente sostiene di aver reso dichiarazione veritiera circa il fatto che egli era l’unico componente del proprio nucleo familiare, dovendo farsi riferimento alla data del 3 dicembre 2012 allorché l’imputato aveva presentato l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio e non all’epoca precedente. Con un quinto e sesto motivo si deduce la violazione dei principi del giusto processo e del ragionevole dubbio. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Giova rammentare che il D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 76, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso D.Lgs., non costituisce legge extrapenale in ordine alla quale l’errore da parte del soggetto attivo possa avere incidenza scusante. Ciò in quanto deve essere considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per legge diversa dalla legge penale ai sensi dell’art. 47 c.p. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, Bucca, Rv. 263013 . Va pertanto disatteso il motivo di gravame concernente l’elemento psicologico del reato de quo. 4. Infondati sono altresì da ritenersi gli ulteriori motivi di ricorso concernenti le modalità di calcolo del reddito. Va a riguardo evidenziato che il citato art. 76. nell’indicare le condizioni di ammissione al gratuito patrocinio, non fa solo riferimento al reddito imponibile ai fini dell’imposta personale risultante dall’ultima dichiarazione , bensì anche ai redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva . Orbene, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 382 del 1985, ha precisato che nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici se significativi e non saltuari a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, - pur non rilevando agli effetti del cumulo - potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2739 c.c., quali il tenore di vita ecc. . Tale indirizzo interpretativo è stato più volte confermato da questa Corte di legittimità, deducendone che qualsiasi introito che l’istante percepisce con caratteri di non occasionalità, confluisce nel formare il reddito personale, ai fini della valutazione del superamento del limite indicato nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76. La ragione dell’accertamento degli effettivi redditi percepiti dall’istante, risponde all’esigenza di autorizzare il trasferimento allo Stato di una spesa di difesa tecnica che la parte da sola non riesce a sostenere, così facendo appello alla solidarietà della collettività. Si tratta di poste finalizzate alla determinazione concreta dell’imposta da pagare, concetto questo che presenta una configurazione diversa rispetto al reddito imponibile cui fa riferimento al il D.P.R. in tema di spese di giustizia, che intende dare rilevanza al reddito lordo ed anche a redditi non assoggettabili ad imposta ma indicativi delle condizioni personali, familiari e del tenore di vita dell’istante. Con riferimento al caso di specie va evidenziato che i rilievi esposti dal Giudice del merito appaiono corretti. Invero, nella determinazione del reddito, da valutarsi ai fini dell’individuazione delle condizioni necessario per l’ammissione al gratuito patrocinio, si deve tener conto di quello percepito dai familiari conviventi, restando sostanzialmente indifferenti le modalità di calcolo, dovendosi comunque ritenere leso il bene protetto dalla norma dalla acclarata rubricata falsità . 5. Quanto in particolare ai redditi percepiti dalla nonna convivente la sentenza impugnata, rispondendo ad analogo motivo di ricorso ha chiarito che la convivenza con quest’ultima è cessata solo nell’ottobre 2011 la pretesa peraltro solo oggi avanzata che vorrebbe far riferimento alla sussistenza della convivenza al momento della dichiarazione è priva di logica oltre che di qualsiasi sostegno normativo essendo chiaro che l’espressione se convivente na riferita non al momento della dichiarazione ma a quello di percezione del reddito. 6. Del tutto generici e sostanzialmente meramente reiterativi dei motivi riguardanti l’elemento soggettivo si appalesano, infine, quelli rubricati sub 5 e 6. 7. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.