L’uomo è ritenuto colpevole di avere creato i presupposti per un potenziale disastro ferroviario. Più precisamente, i Giudici ritengono che egli non abbia adeguatamente provveduto alla custodia dell’animale di sua proprietà.
La fuga di un bovino, “evaso” da un terreno recintato, si chiude nel modo più tragico il quadrupede finisce sui vicini binari ferroviari e viene centrato in pieno da un treno. Il brutto episodio, che provoca non solo la morte dell’animale ma anche danni al convoglio e spavento per i passeggeri, pone sotto accusa l’allevatore proprietario del bovino. E per i giudici il fattaccio, così come ricostruito, è sufficiente per condannare l’uomo, reo di avere con la propria condotta creato i presupposti per un potenziale disastro ferroviario Cassazione, sentenza numero 29922/19, sez. IV Penale, depositata oggi . Custodia. Prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello vengono ritenute evidenti le colpe dell’allevatore. In sostanza, per i Giudici l’uomo «ha omesso di vigilare sul pascolo di un bovino di sua proprietà, determinando l’invasione, da parte dello stesso animale, della sede ferroviaria e il suo successivo investimento da parte di un treno». L’episodio – verificatosi in provincia di Salerno – è valutato come sufficiente per addebitare all’uomo la responsabilità per avere creato con le proprie azioni «il pericolo di un disastro ferroviario». Il difensore dell’uomo contesta però tale visione, mirando a scagionare il proprio cliente e ponendo in rilievo in Cassazione il fatto che «l’animale era custodito in un terreno» che presentava una «recinzione danneggiata» da terze persone. Fuga. L’obiezione proposta dal legale non convince però i Giudici della Cassazione, i quali ribattono invece che all’uomo è addebitato proprio «il non aver adeguatamente e costantemente monitorato l’efficienza della recinzione e il correlato pascolo degli animali sul fondo». E questa disattenzione è ovviamente connessa al «pericolo per la sicurezza dei treni» costituito dalla «fuga incontrollata del bestiame». Tale quadro non è scalfito neanche dall’«eventuale danneggiamento della recinzione» da parte di terze persone, concludono i Magistrati, ribadendo che «la fuga del bestiame» va catalogata come «evento prevedibile» a fronte della «assenza di un costante controllo della recinzione» da parte dell’allevatore.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 gennaio – 9 luglio 2019, numero 29922 Presidente Piccialli – Relatore Ciampi Ritenuto in fatto 1. Con la gravata sentenza la Corte d'Appello di Salerno ha confermato la sentenza del locale Tribunale in data 14 luglio 2016 ed appellata dall'imputato Ma. Ma Questi era stato ritenuto colpevole del reato di cui all'articolo 450 c.p., pericolo di disastro ferroviario così diversamente qualificato il fatto ascrittogli nell'originaria imputazione art, 432, 449 c.p. . Al Ma. si contestava di aver omesso di vigilare sul pascolo di un bovino di sua proprietà, determinando l'invasione da parte dello stesso animale della sede ferroviaria ed il suo successivo investimento da parte di un treno 2. Avverso tale decisione ricorre il difensore del Ma. ritenendo la sussistenza del caso fortuito per essere l'animale custodito in un terreno con recinzione danneggiata da terzi. 3. In data 4 gennaio è stata depositata memoria difensiva nell'interesse del ricorrente in cui si sostiene l'errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito . Considerato in diritto 4. Il ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente infatti non si confronta sia nel ricorso che nella memoria difensiva da ultimo depositata con la motivazione dei giudici di merito che hanno ravvisato il nesso di causalità tra l'omessa vigilanza ascrivibile all'imputato e l'evento pericolo per la sicurezza dei treni la fuga incontrollata del bestiame nel non aver adeguatamente e costantemente monitorato l'efficienza della recinzione ed il correlato pascolo degli animali sul fondo. Né può ritenersi come sostenuto dal ricorrente che l'eventuale danneggiamento della recinzione da parte di terzi circostanza peraltro priva di qualsiasi sostegno probatorio e quindi da ritenersi meramente ipotetica fosse da ritenersi un caso fortuito. La giurisprudenza di questa Corte ha infatti da tempo chiarito e descritto il caso fortuito come quell'avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente Sezione 4, Sentenza numero 1500 del 17/10/2013, Rv. 258482 Sez. 4, Sentenza numero 6982 del 19/12/2012, D'Amico, Rv. 254479 . Come è stato precisato in altra occasione, il caso fortuito si verifica quando sussiste il nesso di causalità materiale tra la condotta e l'evento, ma fa difetto la colpa, in quanto l'agente non ha causato l'evento per sua negligenza o imprudenza questo, quindi, non è, in alcun modo, riconducibile all'attività psichica del soggetto. Ne consegue che, qualora una pur minima colpa possa essere attribuita all'agente, in relazione all'evento dannoso realizzatosi, automaticamente viene meno l'applicabilità della disposizione di cui all'articolo 45_c.p. Sez. 4, Sentenza numero 19373 del 15/03/2007, Mollicone e altro, Rv. 236613 . La sentenza impugnata come già ricordato ha di fatto correttamente applicato tali principi, individuando la regola cautelare cui doveva fare ossequio il Ma. per impedire la fuga del bestiame. Evento prevedibile in assenza di un costante controllo della recinzione. Tanto meno può farsi utilmente riferimento ad una errata valutazione delle prove. Come è noto, infatti, l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato per espressa volontà del legislatore a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento. 5. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.