Processo in absentia e omessa comunicazione del mutamento della residenza

In tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo nel caso in cui risulti che l’imputato, pur in presenza degli avvertimenti di rito, abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso la propria abitazione ma successivamente abbia omesso di comunicare la variazione della residenza e del domicilio.

La vicenda. Lo ha affermato la Corte di legittimità con la sentenza n. 29660/19, depositata l’8 luglio, decidendo sul ricorso presentato da un imputato che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per aver la Corte territoriale, nel giudizio di rescissione del giudicato in relazione ad una sentenza di condanna irrevocabile, confuso la ritualità della notifica con l’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. Il ricorrente sottolinea infatti la mancata conoscenza incolpevole del processo a causa dell’avvenuta notifica della vocatio in iudicium , non presso l’abitazione dove aveva eletto domicilio dinanzi ai Carabinieri quale persona sottoposta ad indagini, ma tramite posta con deposito presso l’ufficio. Risultava infatti che egli non aveva provveduto ad alcuna comunicazione del mutamento della residenza/domicilio, conseguentemente, non essendo comparso alla prima udienza, veniva dichiarato assente. Processo in absentia. Ripercorrendo le peculiarità della riforma del procedimento in absentia da parte della l. n. 67/2014, la Cassazione giunge all’affermazione del principio secondo cui in tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente inammissibilità del ricorso di cui all’art. 629- bis , comma 3, c.p.p., nel caso in cui risulti che l’imputato, pur in presenza degli avvertimenti di rito, abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso la propria abitazione ed abbia successivamente omesso di comunicare la variazione della residenza e del domicilio a norma dell’art. 162, comma 1, c.p.p., derivando da ciò, a carico dell’imputato, una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dello stesso a seguito della verifica rituale notificata della vocatio in iudicim presso l’originario ed unico domicilio indicato, dovendosi ritenere che gravino esclusivamente sull’imputato le conseguenze della propria volontaria e consapevole inerzia comunicativa . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 marzo – 8 luglio 2019, n. 29660 Presidente Cervadoro – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 08/11/2018, la Corte di appello di Venezia rigettava la richiesta presentata nell’interesse di P.G. volta ad ottenere la rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629 bis c.p.p., in relazione alla sentenza di condanna emessa nei confronti dello stesso dal Tribunale di Vicenza in data 29/01/2015, irrevocabile in data 11/03/2015. 1.1. Evidenziava la Corte territoriale come dagli atti del processo - risultasse che il ricorrente aveva dichiarato ed eletto domicilio in data 25/11/2009 presso la sua abitazione in omissis presso la quale non veniva reperito in sede di vocatio in iudicium, di tal che la notifica della citazione, effettuata a mezzo posta, in data 07/02/2014, veniva depositata presso l’ufficio - nelle more, non risultasse che il P. aveva proceduto ad alcuna delle comunicazioni obbligatorie di mutamento della residenza/domicilio ai sensi dell’art. 162 c.p.p., pur essendo stato diffidato in tal senso mutamento di residenza che il ricorrente assume essere avvenuto in data 26/11/2012 - che alla prima udienza dibattimentale del 29/05/2014, a causa della sua mancata comparizione, l’imputato veniva correttamente dichiarato assente. 1.2. Da qui la ritenuta colpevole mancata conoscenza del processo da parte dell’interessato e l’irritualità, in sede di esame della richiesta di rescissione del giudicato, di sindacare le censure proposte in ordine al mancato esercizio da parte del giudicante del potere di rinnovazione della notificazione. 2. Avverso detta ordinanza, nell’interesse di P.G. , viene proposto ricorso per cassazione, per lamentare, con formale motivo unico, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 420 bis c.p.p., comma 2. Assume il ricorrente come la Corte territoriale abbia confuso la ritualità della notifica con l’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. Il P. , nel giudizio di rescissione, ha dato prova documentale del proprio cambiamento di residenza avvenuto il 26/11/2012 residenza spostata nel comune di omissis , in epoca antecedente a quello in cui 07/02/2014 gli era stato notificato il decreto di citazione a giudizio solo in data 20/08/2018, a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione per la carcerazione, lo stesso aveva appreso dell’esistenza del processo penale da cui era scaturita la sentenza di condanna messa in esecuzione. La Corte di appello non ha minimamente preso in considerazione che l’elezione di domicilio era stata effettuata dal P. in data 25/11/2009 avanti la Polizia giudiziaria nell’ambito dell’identificazione ex art. 349 c.p.p., in un momento cioè in cui non era ancora stata esercitata l’azione penale e, addirittura, in epoca precedente l’instaurazione del procedimento stesso, ignorando il P. che gli potesse essere stato nominato un difensore d’ufficio. Inoltre, andava considerato come secondo la giurisprudenza CEDU, la conoscenza effettiva del procedimento presuppone un atto formale di contestazione idoneo a rendere edotto l’accusato, in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa. Si evidenziava infine che, in presenza di una notifica del decreto di citazione a giudizio nelle forme cd. deboli a mezzo posta e non a mani proprie a cui si accompagni un indice rivelatore altrettanto debole , quale l’elezione di domicilio operata di fronte alla polizia giudiziaria nella fase embrionale delle indagini preliminari, denota un’interpretazione errata del principio della conoscenza legale e significa trasferire sull’indagato il dovere di attivarsi e cooperare allo scopo di conoscere in modo effettivo i termini contenutistici dell’eventuale addebito nonché l’avvenuta fissazione d’udienza, laddove, la procedibilità in assenza dovrebbe modellarsi sulla necessaria conoscenza dell’accusa unita alla conoscenza precisa del luogo e della data dell’udienza. La circostanza, poi, che l’indagato non abbia effettuato la comunicazione relativa al mutamento del proprio domicilio ai sensi dell’art. 162 c.p.p., non rileva ai fini della corretta applicazione dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2, che stabilisce i criteri che il giudicante è tenuto ad osservare al fine della declaratoria di legittima absentia e che, come detto, non attengono alla ritualità della notifica. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e, come tale, immeritevole di accoglimento. 2. Dal consentito accesso agli atti del processo effettuato a ragione del proposto vizio di violazione di legge , il Collegio rileva che, in data, 25/11/2009, P.G. , avanti la Polizia giudiziaria Carabinieri Stazione di omissis , dopo essere stato edotto dall’agente operante app. B.M. della sua qualità di persona sottoposta alle indagini per il reato di truffa presentata in data 23/06/2009 alle ore 9.00 presso il Comando Stazione Carabinieri di da G.M.I. per i fatti avvenuti in omissis in data successiva e prossima al 13 aprile 2009, invitato a dichiarare o eleggere domicilio con gli avvertimenti di legge in relazione a all’obbligo di comunicare il mutamento del domicilio dichiarato o eletto b alle conseguenze in ipotesi di mancata comunicazione di cui sopra, rifiuto di dichiarazione o elezione di domicilio, insufficienza o inidoneità della predetta dichiarazione o elezione, lo stesso dichiarava di eleggere domicilio in omissis via Barbarico 15-3 presso la propria abitazione, riservandosi la nomina di un difensore di fiducia. 2.1. Alcune considerazioni di carattere preliminare si rendono doverose. 2.1.1. Come è noto, la riforma del procedimento in absentia compiuta con la L. n. 67 del 2014, ha radicalmente trasformato la disciplina in materia in precedenza, le garanzie dell’imputato inconsapevole erano limitate alla possibilità di chiedere la restituzione del termine per l’impugnazione, ove emergesse l’inconsapevolezza della sentenza di condanna nell’attuale sistema si richiede invece l’emersione della incolpevole mancata conoscenza dell’esistenza del procedimento penale se tale condizione risulta provata l’imputato assente inconsapevole ha diritto alla integrale reiezione del processo e non solo, come nel precedente sistema alla restituzione di un termine determinato, in ipotesi collocato in una fase avanzata della progressione processuale. Tale effetto integralmente restitutorio è correlato ad un rigoroso accertamento dei presupposti che lo legittimano sul punto il collegio ribadisce che sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all’art. 625 ter c.p.p., in tutti i casi in cui l’imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell’esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Xhami, Rv. 269554 . Ne consegue che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale del tutto prevalente, al quale questo Collegio si conforma per condivise ragioni, in tema di rescissione del giudicato, il riconoscimento dell’ignoranza incolpevole deve avvenire sulla scorta di tutti gli eventi indicativi della conoscenza della pendenza giudiziaria, se pure verificatesi nella fase delle indagini con la precisazione che la disciplina codicistica individua in capo all’imputato, consapevole della pendenza del giudizio a suo carico, un preciso onere di diligenza, che si declina nel dovere di informarsi sullo stato della progressione del medesimo procedimento, anche nelle fasi successive a quella investigativa. E detti principi, elaborati dalla giurisprudenza in riferimento alla previgente disciplina di cui all’art. 625 ter c.p.p., risultano pienamente applicabili all’istituto della rescissione del giudicato ex art. 629 bis c.p.p., oggi di competenza della corte di appello, fattispecie che risulta regolata secondo i medesimi paradigmi della previgente disciplina. 2.1.2. Sempre in premessa, va ancora una volta ricordato come, nella fattispecie, la notifica all’imputato della vocatio in iudicium risulti essere stata del tutto regolare in quanto l’ufficiale notificatore, dopo aver compiuto l’accesso nel domicilio eletto in sede di identificazione ed aver constatato l’idoneità dello stesso e la sola temporanea assenza del destinatario, ha proceduto a depositare il plico presso l’ufficio e ad inviare successiva raccomandata al destinatario, assolvendo così ad ogni obbligo di legge a cui era tenuto. La ritualità della notifica ha correttamente comportato la dichiarazione di assenza in sede di giudizio dell’imputato non comparso. 2.2. Orbene, l’art. 625 ter c.p.p., stabilisce espressamente che il condannato con sentenza passata in giudicato può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo. Il disposto di detta norma deve essere comparato con il testo dell’art. 420 bis c.p.p. nel testo novellato dalla L. n. 67 del 2014 che al comma 2, nella parte qui di interesse, così testualmente recita Salvo quanto previsto dall’art. 420 ter, il giudice procede altresì in assenza dell’imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo . 2.2.1. In sostanza, la disciplina introdotta dalla L. n. 67 del 2014, si articola avendo come riferimento tre categorie di situazioni, e cioè che al momento della costituzione delle parti, in sede di udienza preliminare o dibattimentale 1 vi sia la prova certa della conoscenza da parte dell’imputato della data della udienza e questi abbia espressamente rinunciato a parteciparvi 2 non vi sia la prova certa della conoscenza dell’imputato della data della udienza, ma, al contempo, vi siano una serie di fatti o atti da cui si fa discendere, direttamente o indirettamente, la prova che l’imputato sia a conoscenza della esistenza del procedimento penale nei suoi riguardi 3 non vi sia la prova certa della conoscenza da parte dell’imputato né della data dell’udienza, né della esistenza del procedimento penale. In riferimento alla situazione sub 1 , ove si abbia la prova certa della conoscenza da parte dell’imputato della data della udienza e vi sia rinuncia ad assistervi, il processo potrà essere celebrato in assenza. Quando, invece, in relazione alla situazione sub 2 , si abbia la prova della sola conoscenza da parte dell’imputato della esistenza del procedimento penale, il novellato art. 420 bis c.p.p., fa conseguire la possibilità di celebrare il processo in assenza, ma, al contempo, prevede rimedi restitutori ove si dimostri la incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo art. 420 bis, comma 4 . Alla terza situazione consegue la sospensione del processo art. 420 quater c.p.p. . In sostanza, per quanto qui interessa, il sistema sembra ruotare sia nel caso di legittima dichiarazione di assenza dell’imputato ex art. 420 bis c.p.p., sia nel caso dell’art. 625 ter c.p.p., attorno alla incolpevole mancata conoscenza da parte dell’imputato dell’esistenza del procedimento o del processo. 2.2.2. L’attuale disciplina individua, infatti, in capo all’accusato consapevole dell’esistenza della pendenza, un preciso onere di diligenza che si declina sia nel dovere di informarsi circa lo stato della progressione processuale, sia nell’onere di esercitare le facoltà e i diritti che gli sono riconosciuti ogni volta che lo stesso abbia conoscenza dell’esistenza del processo. 2.2.3. Sebbene la legge indichi una serie di eventi che generano la presunzione assoluta di conoscenza del procedimento, specificamente individuati nella elezione di domicilio, nella nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall’applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero nel ricevimento personale della notifica dell’avviso di udienza art. 420 bis c.p.p., comma 2 , va evidenziato che è lasciata al giudice ampia discrezionalità nella rilevazione di eventuali ulteriori eventi dai quali risulti con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento art. 420 bis c.p.p., comma 2, ultima parte . Non può pertanto ritenersi, come sostenuto dal ricorrente, che la verifica dello stato di conoscenza incolpevole debba essere limitato alla fase processuale con esclusione dell’effetto ostativo alla restituzione degli eventi che generano la conoscenza in fase investigativa la lettera dell’art. 420 bis c.p.p., comma 2, fa infatti esplicito riferimento al procedimento ed esclude che si possa limitare la rilevazione di eventi che generano la conoscenza solo a quelli successivi all’avvio della fase processuale Sez. 2, n. 25996 del 23/05/2018, Geusa, Rv. 272987 . 2.2.4. Tale interpretazione risulta confortata anche dalla ratio decidendi che si trae dalle decisioni della Corte Edu, che, nel rilevare la strutturale carenza di garanzie del processo allora contumaciale rispetto al livello di tutela richiesto dalla Convenzione, ha rilevato la necessità di conoscere l’esistenza del procedimento anche nella sua fase iniziale, non operando alcuna distinzione tra difetto di conoscenza della fase investigativa e difetto di conoscenza della fase processuale Corte Edu Grande camera Sejdovic v. Italia, 01/06/2006 e sulla idoneità informativa della notifica ad personam, Corte Edu Colozza sentenza del 12 febbraio 1985, § 28 . 2.2.5. Non può pertanto condividersi l’isolato approdo interpretativo secondo cui in tema di processo celebrato in assenza dell’imputato, la conoscenza dell’esistenza del procedimento penale a carico dello stesso non può essere desunta dalla elezione di domicilio presso il difensore di ufficio effettuata, nell’immediatezza dell’accertamento del reato ad esempio in sede di redazione del verbale di identificazione d’iniziativa della polizia giudiziaria Sez. 2, n. 9441 del 24/01/2017, Seli, Rv. 269221 su cui si segnala in senso contrario, Sez. 5, n. 40848 del 13/07/2017, Fanici e altro, Rv. 271015 che rilevato la non applicabilità al nuovo procedimento in absentia dei principi formatisi in relazione al sistema previgente, invero posti alla base della richiamata, e non condivisa, decisione n. 9441 del 2017 . 2.3. Peraltro, la medesima giurisprudenza ha affermato che - deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente inammissibilità del ricorso di cui all’art. 629 bis c.p.p., comma 3, nel caso in cui risulti che l’imputato abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso il difensore di ufficio, derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento Sez. 4, n. 49916 del 16/10/2018, F., Rv. 273999, in fattispecie nella quale l’indagato aveva eletto domicilio presso il difensore d’ufficio nel verbale di identificazione redatto al momento della sottoposizione a controllo da cui era scaturito il procedimento per il reato di cui all’art. 187 C.d.S., comma 8 - sussiste colpa evidente nella mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso alla rescissione del giudicato di cui all’art. 625 ter c.p.p., quando la persona sottoposta alle indagini o imputata abbia regolarmente eletto domicilio e si sia poi resa irreperibile presso detto domicilio, con la conseguente notificazione degli atti processuali al difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, Sez. 2, n. 45329 del 28/10/2015, Helmegeanu, Rv. 264959 . 2.3.1. Le conseguenze tratte da queste fattispecie ben possono estendersi anche al caso di specie, caratterizzato da una conoscenza del processo da parte dell’imputato ancora più diretta , conseguente all’avvenuta un’elezione di domicilio presso la propria abitazione fatta in sede di indagini elezione pienamente valida ed efficace per il prosieguo del procedimento ed in relazione alla quale non vi è stata alcuna comunicazione di revoca o modifica. 2.3.2. È pacifico, infatti, che, come si è detto, l’imputato fosse a conoscenza del procedimento essendo stato con il menzionato verbale redatto da personale della Stazione dei Carabinieri di omissis in data 25/11/2009 identificato ed invitato ad eleggere domicilio per le notificazioni proprio in relazione al reato di truffa per il quale si è, successivamente, proceduto nei suoi confronti. È, inoltre, altrettanto indiscutibile che, al momento dell’elezione di domicilio, fossero state fatte presenti al P. le conseguenze alle quali sarebbe andato incontro qualora il domicilio dichiarato od eletto non fosse stato idoneo e le modalità con le quali avrebbe dovuto operare in caso di mutamento dello stesso. 2.3.3. Ne consegue che la regolare notificazione del decreto che dispone il giudizio eseguita non direttamente nelle mani dell’imputato potrebbe sì potenzialmente aver dato luogo alla mancata conoscenza da parte dell’imputato della data di celebrazione del processo ma ciò è derivato esclusivamente da una sua condotta non certo incolpevole che, in quanto tale, non consente di ritenere configurate le condizioni di cui all’art. 625 ter c.p.p., comma 1, per ottenere la rescissione del giudicato. D’altro canto, diversamente opinando, si potrebbe giungere al paradosso che la volontaria elezione o dichiarazione di un domicilio inidoneo non seguita da un’attivazione dell’interessato a comunicare eventuali mutamenti di quanto dichiarato possa diventare un agevole escamotage per vanificare l’esito del processo in absentia attraverso il ricorso potenzialmente attuabile anche a distanza di anni al rimedio di cui all’art. 625 ter c.p.p., con tutte le immaginabili deleterie conseguenze non solo sull’economia processuale e sulla esigenza di rapido accertamento dei reati e dei loro responsabili a beneficio della collettività, ma anche sui tempi di estinzione dei reati per prescrizione atteso che per espresso dettato normativo la sospensione del processo ex art. 420 quater c.p.p., può essere disposta solo fuori dei casi previsti dagli artt. 420 bis e 420 ter c.p.p Da qui l’affermazione del seguente principio di diritto In tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l’incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente inammissibilità del ricorso di cui all’art. 629 bis c.p.p., comma 3, nel caso in cui risulti che l’imputato, pur in presenza degli avvertimenti di rito, abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso la propria abitazione ed abbia successivamente omesso di comunicare la variazione della residenza e del domicilio a norma dell’art. 162 c.p.p., comma 1, derivando da ciò, a carico dell’imputato, una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dello stesso a seguito della verificata rituale notifica della vocatio in iudicium presso l’originario ed unico domicilio indicato, dovendosi ritenere che gravino esclusivamente sull’imputato le conseguenze della propria volontaria e consapevole inerzia comunicativa . 3. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria deve provvedere a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il richiedente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.