La volontà del querelante si desume dalla qualificazione dell’atto da lui sottoscritto

Ai fini della validità della querela, la volontà della parte offesa di perseguire l’autore del reato si desume dall’espressa qualificazione dell’atto formato dalla polizia giudiziaria e da essa stessa sottoscritto previa lettura e conferma”.

Così si pronuncia la Corte di Cassazione con la sentenza n. 29059/19, depositata il 3 luglio. Il fatto. La Corte d’Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Marsala vertente sulla condanna dell’imputato per il reato di violenza sessuale aggravata, commessa in danno di una cittadina ungherese. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, deducendo, tra i diversi motivi, l’assenza di volontà della vittima straniera di proporre querela, per via del tenore delle espressioni ambigue utilizzate dagli atti formulati in inglese. La validità della querela. La Suprema Corte dichiara infondato il motivo prospettato dal ricorrente, sottolineando la validità della querela presentata oralmente dal cittadino straniero che non conosca la lingua italiana e che si sia, per questo, fatto assistere da soggetto in grado di tradurne le espressioni, che nel caso di specie coincide con un ausiliario della polizia giudiziaria che ha raccolto e tradotto le dichiarazioni rilasciate dalla parte offesa in lingua inglese, le cui formule oggetto di querela corrispondono a quelle della versione italiana. Ciò precisato, evidenziando la chiara sussistenza della volontà della parte offesa di sporgere querela verso l’imputato, gli Ermellini richiamano il principio in base al quale, ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato si desume unicamente dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come verbale di denuncia querela”, nel caso in cui l’atto rechi la dichiarazione di sporgere la suddetta denuncia-querela sottoscritta dalla persona offesa previa lettura e conferma”, sicché la volontà della vittima deve emergere chiaramente dal suo contenuto, senza la necessità di alcuna formula sacramentale a tal fine. Dunque, non risultando nel caso concreto elementi utili a ritenere che le dichiarazioni della vittima siano state tradotte o interpretate in maniera non corretta, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 gennaio – 3 luglio 2019, n. 29059 Presidente Lapalorcia – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12 marzo 2018 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del 30 maggio 2016 del Tribunale di Marsala resa in esito a giudizio abbreviato, in forza della quale C.D.U. era stato condannato, concesse le attenuanti generiche ed i doppi benefici, alla pena di mesi dieci di reclusione per il reato di cui all’art. 81 c.p., art. 609 bis c.p., u.c., art. 609 ter c.p., n. 4, nonché art. 61 c.p., nn. 5 e 11, in danno della cittadina ungherese M.A. . 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con due articolati motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo il ricorrente ha lamentato il mancato accoglimento delle censure mosse dalla difesa, quanto all’assenza di volontà di proporre querela da parte della persona offesa, in ragione del tenore delle espressioni utilizzate negli atti dell’8 agosto 2014. Non vi era quindi questione circa l’irrevocabilità della querela proposta, ma proprio in ordine alla mancanza originaria della volontà di procedere penalmente, ambigue e contraddittorie essendo le formule adottate nella lingua inglese da soggetto straniero di altra madrelingua, tanto più che costei aveva lasciato il territorio dello Stato senza nomina di difensori ed omettendo qualsivoglia iniziativa di tipo legale. 2.2. Col secondo motivo è stata allegata violazione di legge in relazione alla valutazione della prova avente ad oggetto le dichiarazioni, contraddittorie, rilasciate dalla donna, sì che vi era ambiguità sulla reale dinamica dei fatti. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato. 4.1. In relazione al primo motivo di censura, correttamente è stata ravvisata e raccolta la volontà di proporre querela da parte della cittadina ungherese. Se infatti deve considerarsi valida la querela presentata oralmente dal cittadino straniero che non conosca la lingua italiana e che, all’uopo, si sia fatto assistere da persona in grado di tradurne le espressioni, non occorrendo che quest’ultima sia iscritta nell’albo degli interpreti Sez. 5, n. 17967 del 22/01/2013, Ennassiri e altro, Rv. 256888 , in specie la persona offesa è stata assistita da soggetto nominato ausiliario di polizia giudiziaria, che ne ha raccolto e tradotto le dichiarazioni rilasciate in lingua inglese. Né, in proposito, possono sorgere dubbi - per vero mai espressamente sollevati - circa la corrispondenza delle dichiarazioni tradotte rispetto a quanto narrato dalla giovane, che già nel corso della notte - dopo essersi allontanata dall’abitazione dell’odierno ricorrente - aveva sostanzialmente e coerentemente riferito tanto alle persone che l’avevano immediatamente soccorsa quanto ai militari dell’Arma intervenuti nel corso omissis , dove la donna si era ritrovata ed era stata rintracciata lo svolgimento dei fatti che l’avevano vista come vittima, e che avevano condotto all’accertamento di responsabilità ed infine alla sentenza impugnata in questa sede. 4.1.1. Ciò posto, ed incontestati naturalmente i principi circa l’irrevocabilità della querela proposta in relazione a siffatta tipologia di reati, in specie non possono sussistere dubbi al riguardo, circa la dichiarata volontà della giovane di chiedere di procedere penalmente nei riguardi dell’odierno ricorrente. Né si ravvisano difformità sostanziali tra la chiara formula italiana, utilizzata nel verbale di ricezione querela delle ore 12.19 dell’ omissis sporgo formale querela nei confronti dei responsabili dei reati che si possono ravvisare nei fatti esposti e ne chiedo la punizione , e la corrispondente versione inglese I want to bring an official action against the responsible of every offence or crime that will result . La richiesta di punizione, tra l’altro, non può che essere conseguente all’istanza di perseguire penalmente il responsabile, ed in tal senso non ha fondamento il rilievo del ricorrente, peraltro avanzato solamente col ricorso di legittimità, di rintracciare disallineamenti tra le due frasi, atteso che nella formula inglese detta richiesta punitiva non sarebbe stata espressamente formalizzata. 4.1.2. Al riguardo già la volontà così espressa - e ribadita dalla sottoscrizione del verbale fatto, riletto, confermato e sottoscritto” - si pone come definitivamente formata. In proposito, peraltro, il ricorrente ha osservato che al successivo momento della ricognizione fotografica tra l’altro pienamente tranquillizzante in relazione all’identificazione del responsabile la persona offesa avrebbe palesato la volontà di non procedere la quale a seguito delle informazioni fornite a quest’ufficio per le quali non ha voluto sporgere denuncia, ma che ugualmente quest’ufficio procede . Al riguardo, quand’anche ciò fosse stato ed in specie il refuso dell’indicazione del verbale datato e non lascia peraltro intravedere la possibilità di un mero refuso tipografico nella stesura del verbale , del tutto correttamente il Tribunale e la Corte territoriale hanno ribadito l’irrevocabilità della querela da un lato, e dall’altro la successiva nuova formalizzazione della volontà di querelare col successivo atto di integrazione di ricezione di querela orale , formato sempre con l’ausilio dell’interprete alle ore 18.57, e dove è ribadita la versione italiana già ricordata. Tra l’altro, ad ulteriore conferma della chiara volontà di perseguire il responsabile, non del tutto irrilevante è lo stesso contenuto della relazione di servizio del Maresciallo capo B.F. in atti, cui la Corte può senz’altro accedere in ragione della tipologia di vizio denunciato dal ricorrente , con la quale si è dato conto dei non graditi e maldestri tentativi del ricorrente, anche spacciandosi per dipendente di , di indurre la cittadina ungherese al ritiro della querela benché ormai irretrattabile . Condotta che, rifiutato dalla giovane il tentativo di colloquio, appare avere rappresentato ulteriore argomento di conforto - al di là dell’aspetto processuale ormai cristallizzato - alla decisione di querelare. Né si presenta conferente il richiamo, da parte del ricorrente, alle norme a tutela dei soggetti che non comprendono la lingua del processo, invero dettate ad usbergo dell’indagato o dell’imputato - come ha ricordato lo stesso provvedimento impugnato - e non certamente della persona che dal reato si professa essere stata danneggiata. 4.1.3. In definitiva, ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà di perseguire l’autore del reato è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come verbale di denuncia querela , qualora l’atto rechi - come in specie è avvenuto, v. supra - la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa previa lettura e conferma , di sporgere la presente denuncia - querela Sez. 5, n. 42994 del 14/09/2016, C., Rv. 268201 , sì che la volontà di perseguire l’autore del reato, nel caso di atto formato dalla polizia giudiziaria, deve emergere chiaramente dal suo contenuto, ancorché senza la necessità di utilizzare formule sacramentali cfr. Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, Martinez e altro, Rv. 266722 . Ed in proposito, alla stregua anche dei rilievi che precedono, vanno pienamente condivise le osservazioni dei Giudici del merito, non risultando elementi per ritenere che le dichiarazioni della persona offesa siano state, perlomeno, malamente interpretate e tradotte. 4.2. In relazione al secondo motivo di censura, per vero trattasi di questione nuova, atteso che in appello non è mai stata avanzata questione circa la dinamica del fatto e la responsabilità in sé dell’odierno ricorrente, peraltro sanzionata con adeguato ed indulgente equilibrio dai Giudici del merito. 5. I motivi di impugnazione non possono pertanto essere accolti. Ne consegue pertanto il rigetto del ricorso, con la condanna altresì del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.