La quantificazione del segmento di pena coperto dall’indulto spetta al giudice della cognizione

È il giudice della cognizione ad accertare quale delle condotte oggetto di esame sia collocabile oltre il termine di entrata in vigore della disciplina indulgenziale” e dunque quale frazione sanzionatoria sia riferibile ad esse.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 27813/19, depositata il 24 giugno. La Sesta Sezione penale della Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la condanna dell’imputato in ordine a due reati di peculato, limitatamente alla determinazione, ai fini dell’indulto, del tempus commissi delicti , con dichiarazione di irrevocabilità quanto alle affermazioni di responsabilità e alla determinazione del trattamento sanzionatorio. In particolare, avverso il provvedimento con cui la Corte territoriale applicava l’indulto per tutti i reati oggetto del predetto annullamento con rinvio, l’imputato ha proposto ricorso, denunciando la mancata individuazione del segmento di pena coperto dall’indulto concesso. Il ruolo del giudice della cognizione. Per gli Ermellini il ricorso è fondato. Infatti, la Sesta Sezione penale della S.C. nella sentenza rescindente afferma che spetta al giudice della cognizione accertare quale delle condotte oggetto di esame sia collocabile oltre il termine di entrata in vigore della disciplina indulgenziale” e dunque quale frazione sanzionatoria sia riferibile ad esse, dovendo adottarsi la soluzione più conforme al principio del favor rei laddove il giudice non tenga precisamente identificabili le parti di condotta consumate oltre il termine di efficacia della invocata misura di clemenza . Se dunque il giudice dell’esecuzione possa sostituirsi al giudice di cognizione, nel silenzio di quest’ultimo, per il riconoscimento dell’indulto, non è consentito al giudice della cognizione accordare il beneficio, delegando al giudice di esecuzione la quantificazione del segmento di pena dichiarato in concreto estinto, poiché nessuna norma prevede tale delega. Sulla base di quanto esposto, la Suprema Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte distrettuale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 marzo -24 giugno 2019, n. 27813 Presidente Cammino – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto La Sesta sezione penale di questa Corte, con sentenza n. 41199 del 2017, ha annullato la sentenza con la quale, in data 3.10.2016, la Corte di appello di Milano aveva confermato la condanna di P.G. , in atti generalizzato, in ordine a due reati di peculato capo A di nove orologi di marche prestigiose e della somma di USD 63178, facenti parte del compendio di beni sequestrato a R.C.A. in data 15.6.2001 capo B di 11 orologi di marca Cartier e Panerai, 7 orologi di marca Rolex ed un anello con brillante, sequestrati nel luglio 2001 a I.C.H. , limitatamente alla determinazione - ai fini dell’indulto - del tempus commissi delicti salvo che per il peculato di cui al capo B avente ad oggetto gli orologi di marca Rolex, non attinto dal rinvio , con dichiarazione espressa d’irrevocabilità quanto alle affermazioni di responsabilità ed alla conclusiva determinazione del trattamento sanzionatorio. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha applicato l’indulto per tutti i reati oggetto del predetto annullamento con rinvio, rinviando la frazione di pena effettivamente estinta alla sede esecutiva. Contro tale provvedimento, l’imputato ha proposto tempestivamente e nei modi di rito ricorso, denunciando la mancata individuazione del segmento di pena coperto dal concesso indulto. All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Secondo la Corte d’appello, la VI Sezione della Corte di cassazione, nella sentenza rescindente, avrebbe affermato che il segmento di pena coperto dal concesso indulto avrebbe potuto essere individuato in sede esecutiva. Al contrario, la sentenza rescindente afferma chiaramente sul punto che spetta al giudice della cognizione, ove la relativa questione sia stata ritualmente posta nei diversi gradi di giudizio, accertare quanto delle condotte in esame sia collocabile oltre il termine di entrata in vigore della disciplina indulgenziale e, conseguentemente, quale frazione sanzionatoria sia riferibile ad esse, dovendo adottarsi la soluzione più conforme al principio del favor rei laddove il giudice non ritenga precisamente identificabili le parti di condotta consumate oltre il termine di efficacia della invocata misura di clemenza f. 4 della sentenza citata . Anche a prescindere da tale, inequivocabile, dictum, senz’altro vincolante, ex art. 627 c.p.p., per il giudice del rinvio, osserva il collegio che, seppure il giudice dell’esecuzione possa, nel silenzio del giudice della cognizione, sostituirsi ad esso ai fini del riconoscimento dell’indulto, nondimeno non è consentito al giudice della cognizione accordare il beneficio, delegando al giudice di esecuzione la quantificazione del segmento di pena in concreto dichiarato estinto, poiché nessuna norma prevede siffatta delega, che si risolverebbe in un non consentita abdicazione dall’esercizio della giurisdizione nell’ambito del procedimento di cognizione, illegittima se non dovuta a fattori oggettivi ed insuperabili, che impediscano una definitiva e completa statuizione sul punto, nella specie non evidenziati dalla sentenza impugnata. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio per nuovo giudizio sul predetto punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.