La prescrizione del reato non esclude che le spese processuali della parte civile siano a carico dell’imputato

Soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, neanche in minima quota, al pagamento delle spese processuali. La pronuncia di intervenuta prescrizione del reato non può dunque essere considerata come indice della soccombenza della parte civile.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27316/19, depositata il 19 giugno. Il caso. La Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di un’imputata per il reato di cui all’art. 595, comma 3, c.p. e all’art. 13 l. n. 47/1948 estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili. Il difensore della parte civile propone ricorso per cassazione deducendo un unico motivo con cui lamenta la mancata statuizione circa la richiesta di liquidazione delle spese processuali. Spese processuali. Ritenendo fondato il ricorso, i Giudici di Piazza Cavour ricordano che, in tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile costituta, attesa la pertinenza di una tale statuizione ad una domanda privatistica innestata nel giudizio penale, il regime adottato dal legislatore in via ordinaria, con il primo comma dell’art. 541 c.p.p., è fondato sul criterio di soccombenza, in analogia con quanto disposto all’art. 91 c.p.p. . Ne consegue che si ravvisa una violazione del principio della soccombenza solo nell’ipotesi in cui l’imputato sia risultato esente da ogni responsabilità, ovvero sia stato assolto con formula piena e preclusiva dell’azione civile. Richiamando diversi precedenti giurisprudenziali in tal senso, gli Ermellini concludono affermando il principio per cui l’intervenuta prescrizione dei reati in appello non esclude che l’imputato possa ugualmente essere condannato al pagamento delle spese processuali atteso che una tale declaratoria non costituisce indice di soccombenza . La sentenza impugnata viene annullata limitatamente all’omessa decisione sulle spese della parte civile con rinvio al giudice civile competente.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 marzo – 19 giugno 2019, n. 27316 Presidente Zaza – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, datato 13.12.2017, la Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Catania in data 30.3.2017, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputata S.P. essendo il reato di cui all’art. 595 c.p., comma 3, ed alla L. n. 47 del 1948, art. 13 estinto per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili. In primo grado l’imputato era stato condannato alla pena di 400 Euro di multa. 2. Avverso il provvedimento citato propone ricorso per cassazione il difensore della parte civile A.G. , l’avv. Castagnaro, deducendo un unico motivo con cui lamenta la mancata statuizione della Corte d’Appello sulla richiesta di liquidazione delle competenze legali della costituita parte civile. Il giudice d’appello ha confermato la responsabilità dell’imputata per il fatto ascrittole in relazione ai soli interessi civili, stante l’estinzione del reato per prescrizione secondo la giurisprudenza di legittimità, poiché la prescrizione non è indice di soccombenza, l’imputato può essere condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Ai sensi dell’art. 578 c.p.p. e art. 541 c.p.p., comma 1, avendo la sentenza impugnata omesso di pronunziare sulla condanna dell’imputata alla rifusione delle spese in suo favore, nonostante la intervenuta conferma della sentenza di primo grado, il cui decisum conteneva espresse statuizioni di condanna risarcitoria in favore della parte civile, doveva essere disposta la conseguente condanna alla rifusione delle spese di costituzione e difesa dalla stessa sostenuta. Si è condivisibilmente affermato, infatti, che, in tema di pagamento delle spese processuali in favore della parte civile costituita, attesa la pertinenza di una tale statuizione ad una domanda privatistica innestata nel giudizio penale, il regime adottato dal legislatore in via ordinaria, con l’art. 541 c.p.p., comma 1, è fondato sul criterio di soccombenza, in analogia con quanto disposto all’art. 91 c.p.c. Sez. 6, n. 31744 del 22/5/2003, Cosma, Rv. 225928 . La violazione del principio della soccombenza, in ordine al regolamento delle spese da parte del giudice di merito, deve ravvisarsi soltanto nella ipotesi in cui l’imputato sia totalmente vittorioso, nel senso che lo stesso sia stato assolto con formula preclusiva dell’azione civile Sez. 4, n. 44777 del 2/10/2007, Sasso, Rv. 238660 Sez. 4, n. 2637 del 4/12/2006, Galassi, Rv. 235894 vedi anche Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207946 . L’intervenuta prescrizione dei reati in appello, invero, non esclude, di per sé, che l’imputato possa egualmente essere condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che una tale declaratoria non costituisce indice di soccombenza Sez. 6, n. 24768 del 31/3/2016, Caruso, Rv. 267317 Sez. 2, n. 3186 del 11/12/2012, dep. 2013, Montagna, Rv. 254448 . Ed infatti, nell’ipotesi di estinzione del reato per prescrizione l’imputato ben può essere ugualmente condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, poiché, come detto, l’unico limite che il giudice incontra è costituito dalla soccombenza della parte civile solo nel caso in cui la domanda della parte civile sia ritenuta nel merito infondata, il giudice non può condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali in suo favore. Una tale conclusione si evince dalla lettura coordinata dell’art. 541 c.p.p., comma 2, art. 442 c.p.p., comma 2, e art. 91 c.p.c., cfr., in termini, in motivazione, Sez. 2, n. 3186 del 11/12/2012, dep. 2013, Montagna, Rv. 254448 . Già Sez. 6, n. 6764 del 1/12/1989, dep. 1990, Lascialfare, Rv. 184255 aveva chiarito che la condanna dell’imputato alle spese sostenute dalla parte civile va pronunciata non soltanto nel caso di sentenza di condanna o, comunque, di sentenza dalla quale sia derivato un vantaggio alla parte civile, ma anche, ad esempio, quando sia intervenuto un mutamento di qualificazione giuridica del reato dovuta a jus superveniens e una conseguente pronuncia di estinzione del reato per prescrizione. Si è ritenuto, altresì, che il principio della effettiva soccombenza operi, consentendo il pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, anche nel caso in cui l’assoluzione dell’imputato sia intervenuta in ragione di una depenalizzazione del reato Sez. 3, n. 37419 del 16/3/2017, Tacconi, Rv. 270743 per l’ipotesi di trasformazione del reato in illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 . Anche nel processo penale, pertanto, in caso di statuizione sulle spese processuali sostenute in relazione alla istanza privatistica della parte civile, deve applicarsi l’opzione giurisprudenziale, sostanzialmente pacifica nella Cassazione civile, secondo la quale soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, neanche in minima quota, al pagamento delle spese processuali ex plurimis Cass. civ. Sez. 1, ord. n. 19613 del 4/8/2017, Rv. 645187 Cass. civ. Sez. 3, n. 406 del 11/1/2008, Rv. 601214. Deve evidenziarsi, infine, che l’orientamento richiamato riguarda le ipotesi in cui la prescrizione o la depenalizzazione siano intervenute - come è nel caso di specie successivamente alla sentenza di primo grado ed all’affermazione di responsabilità in essa contenuta, che costituiscono il presupposto per l’affermazione di responsabilità civile e per la condanna alle conseguenti statuizioni civili. È, infatti, assolutamente consolidata la giurisprudenza di questa Corte Suprema secondo cui la decisione del giudice dell’impugnazione sugli effetti civili del reato estinto presuppone che la causa estintiva sia sopravvenuta alla sentenza emessa dal giudice di primo grado che ha pronunciato sugli interessi civili, mentre, qualora la causa di estinzione del reato preesista alla sentenza di primo grado ed il giudice erroneamente non l’abbia dichiarata, non sussistono i presupposti di operatività dell’art. 578 c.p.p., poiché tale decisione presuppone una precedente pronuncia di condanna sulle statuizioni civili validamente emessa e gli effetti della sentenza di secondo grado devono essere riportati al momento in cui è stata emessa quella di primo grado Sez. 5, n. 32636 del 16/4/2018, Suraci, Rv. 273502 Sez. 6, n. 33398 del 19/9/2002, Rusciano, Rv. 222426 Sez. U, n. 10086 del 13/7/1998, Citaristi, Rv. 211191. Vedi anche, nella stessa linea interpretativa, Sez. U, n. 46688 del 29/9/2016, Schirru, Rv. 267884 secondo cui, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile . 3. All’esito della ricostruzione operata, deve concludersi con l’affermare il seguente principio di diritto l’intervenuta prescrizione dei reati in appello non esclude che l’imputato possa egualmente essere condannato al pagamento delle spese processuali, atteso che una tale declaratoria non costituisce indice di soccombenza. S’impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al profilo dell’omessa liquidazione delle spese legali per il giudizio di secondo grado in favore a della parte civile A.G. , con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa decisione sulle spese della parte civile, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.