La presentazione dell’impugnazione tramite PEC è inammissibile

Vigendo in materia di impugnazioni il principio di tassatività delle forme per l’introduzione dei ricorsi, la presentazione del gravame mediante Posta Elettronica Certificata non è ammissibile.

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza n. 26874/19, depositata il 18 giugno. Il caso. Il Magistrato di sorveglianza accoglieva parzialmente il reclamo proposto nell’interesse di un detenuto, che verteva sulla richiesta di riparazione del danno conseguente al riscontro di una rilevante compromissione dello spazio vitale” all’interno della cella carceraria. Contro tale ordinanza, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria proponeva reclamo tramite PEC dinanzi al Tribunale di Roma, con esito positivo. A questo punto, il detenuto propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi di ricorso, il mancato accoglimento da parte del Tribunale della sua eccezione di inammissibilità, concernente l’irritualità delle modalità di presentazione dell’atto di impugnazione della controparte a mezzo PEC. Impugnazione a mezzo PEC. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, dichiarando fondata la doglianza del ricorrente in merito all’inammissibilità dell’impugnazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria presentata mediante Posta Elettronica Certificata. Nell’affermare ciò, la Corte richiama gli artt. 582 e 583 c.p.p., per i quali l’atto di impugnazione deve essere presentato personalmente o tramite un incaricato presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato art. 582, comma 1 , potendo le parti ovvero i difensori proporre impugnazione tramite telegramma o con atto da trasmettersi con raccomandata. Gli Ermellini, inoltre, richiamando la giurisprudenza di legittimità in materia, osservano che, in virtù del principio di tassatività delle forme di presentazione del ricorso, la presentazione dello stesso con strumenti differenti è inammissibile, ivi compreso il mezzo di posta certificata. La Corte precisa che tale principio vale non solo per le parti private, ma anche per quelle pubbliche, sulla base del fatto che le modalità di presentazione dell’impugnazione, indicate dall’art. 583 c.p.p., sono tassative e non ammettono equivalenti. Per questo motivo, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 marzo – 18 giugno 2019, n. 26874 Presidente Di Tomassi – Relatore Renoldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del Magistrato di sorveglianza in data 13/11/2017 era stato parzialmente accolto il reclamo ex art. 35 ter Ord. pen. proposto nell’interesse di P.C. relativamente ai periodi di detenzione compresi tra il 3/12/2010 e il 1/7/2013 e tra il 19/12/2015 e il 31/5/2017, relativi alla detenzione presso la Casa circondariale di omissis , nonché dal 1/7/2013 al 19/12/2015, presso la Casa reclusione di omissis periodi in relazione ai quali era stata riscontrata una rilevante compromissione dello spazio vitale al di sotto dei 3 metri quadri per complessivi 862 giorni, così da non potersi ammettere, a causa della lunghezza del periodo in cui la lesione si era protratta, che le complessive condizioni di detenzione potessero compensare il danno patito. 2. Avverso tale provvedimento il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria propose reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma, il quale lo accolse con ordinanza in data 18/7/2018. Respinta, preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del reclamo formulata dalla difesa di P. per avere l’Amministrazione penitenziaria proposto impugnazione tramite posta elettronica certificata cd. PEC , il Tribunale romano ritenne di non dover computare, ai fini della determinazione dello spazio detentivo minimo, la superficie calpestabile , calcolata al netto di muri perimetrali o di eventuali muri divisori ma non della mobilia fissa e mobile, ivi inclusi i letti a castello. E sulla base di tale criterio il Collegio capitolino ritenne accertato che durante la detenzione sia nella Casa circondariale di omissis , sia nella Casa di reclusione di , P. non aveva mai avuto a sua disposizione meno di 3 metri quadri di spazio c.d. vivibile limite superato, scorporando l’ingombro costituito da ipotetici letti a castello , soltanto nei periodi in cui P. era stato ristretto con non meno di 6 detenuti, all’interno della Casa circondariale di omissis . In ogni caso, valorizzando adeguatamente l’ampia offerta trattamentale e i lunghi periodi giornalieri nei quali P. era autorizzato a uscire dalla stanza di pernottamento, il Tribunale ritenne che le eventuali violazioni del criterio dello spazio minimo pro capite fossero state ampiamente compensate dall’attenta valutazione del complesso delle condizioni detentive. 3. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso P. per mezzo del difensore di fiducia, avv. Giancarlo Di Giulio, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 582 e 583 c.p.p., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilità del reclamo, concernente l’irritualità delle modalità di presentazione dell’atto di impugnazione a mezzo PEC, che secondo il Tribunale di sorveglianza sarebbe consentita all’Amministrazione penitenziaria, verso la quale non varrebbero i relativi limiti. In realtà, secondo la difesa di P.C. , ai sensi degli artt. 582 e 583 c.p., l’atto di impugnazione non potrebbe essere presentato a mezzo PEC, tanto da parte dei difensori quanto ad opera delle altre parti processuali. Inoltre, nel caso di specie, vi sarebbe assoluta incertezza in ordine alla riferibilità dell’atto di impugnazione all’Amministrazione penitenziaria. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’annullamento dell’ordinanza del Magistrato di sorveglianza sulla base di un criterio di determinazione della superficie detentiva minima fondato sul computo dei letti a castello, che la Corte di cassazione non avrebbe condiviso. Inoltre, l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza avrebbe errato nel ritenere che eventuali violazioni dello spazio minimo pro capite potessero essere compensate dall’offerta trattamentale, laddove la compressione dello spazio minimo vitale sarebbe di tale incidenza da non poter essere compensate con attività trattamentali e con la fruizione di periodi di tempo fuori dalle camere di pernottamento. Ciò in quanto la restrizione in celle inidonee sotto il profilo spaziale costituirebbe, di per sé, un grave pregiudizio per il detenuto e condizione sufficiente a ottenere il rimedio risarcitorio, integrando i presupposti indicati dalla legge. Inoltre, sul punto, la motivazione sarebbe del tutto generica, in quanto il Tribunale di sorveglianza si limiterebbe a indicare, in modo del tutto apodittico, le attività valutate come compensative, senza verificare nel concreto se P.C. ne avesse realmente usufruito e con quali tempi e modalità. 3. In data 25/2/2019, è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto, con conseguente assorbimento del restante motivo di doglianza. 2. Il Tribunale di sorveglianza, infatti, ha errato nel ritenere ammissibile l’impugnazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria presentata tramite posta elettronica certificata . L’art. 582 c.p.p., stabilisce, al comma 1, che salvo che la legge disponga altrimenti, l’atto di impugnazione è presentato personalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione. Inoltre, a mente del comma 2, le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all’estero. In tali casi, l’atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato . Il successivo art. 583, inoltre, prevede che le parti e i difensori possono proporre l’impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell’art. 582, comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l’atto di impugnazione e appone su quest’ultimo l’indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione . Inoltre, l’impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma. Se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell’atto deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore comma 2 . Secondo la giurisprudenza di legittimità, vigendo in materia di impugnazioni il principio di tassatività delle forme per la presentazione del ricorso, la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibilità, la presentazione dell’impugnazione con mezzi diversi da quelli previsti dalla norma è inammissibile Sez. 1, n. 16356 del 20/3/2015, Piras, Rv. 263321 , ivi compreso il caso di invio dell’impugnazione a mezzo di posta certificata Sez. 3, n. 50932 del 11/7/2017, Giacinti, Rv. 272095 Sez. 4, n. 21056 del 23/1/2018, D’Angelo, Rv. 272740 Sez. 1, n. 320 del 5/11/2018, dep. 2019, Stojanovic, Rv. 274759 . Tale principio, inoltre, vale per le parti private e per le parti pubbliche, come ha ricordato la giurisprudenza di legittimità nel caso di impugnazione cautelare proposta dal pubblico ministero, proprio sul presupposto che le modalità di presentazione e di spedizione dell’impugnazione, disciplinate dall’art. 583 c.p.p., esplicitamente richiamato dall’art. 309, comma 4, a sua volta richiamato dall’art. 310 c.p.p., comma 2 , sono tassative e non ammettono equipollenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell’atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l’autenticità della provenienza e la ricezione dell’atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l’uso della posta elettronica certificata così sez. 5, n. 24332 del 5/3/2015, Alamaru, Rv. 263900 . 3. Il provvedimento impugnato risulta, pertanto, essere stato adottato nonostante l’originaria inammissibilità dell’impugnazione, conseguente al ricordato principio di diritto in ordine alle modalità di presentazione della stessa. 4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l’ordinanza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, con conseguente reviviscenza dell’ordinanza di primo grado, pronunciata dal Magistrato di sorveglianza di Roma in data 13/11/2017. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.