Niente visita immediata, colpisce la porta dell’ambulatorio e i vetri feriscono un medico: condannato

Confermata la sanzione per il paziente incapace di aspettare cinque mesi di reclusione. A suo carico due reati lesioni personali e danneggiamento. A inchiodarlo è il dolo eventuale”, desumibile, secondo i Giudici, dalla vicinanza della porta alla posizione della dottoressa.

Reazione rabbiosa per la lunga attesa per la visita medica in ospedale in un raptus un uomo colpisce con un calcio una porta dell’ambulatorio, mandandone in frantumi i vetri che poi feriscono una dottoressa. L’episodio, pur frutto di uno scatto di ira, è sufficiente per arrivare a una condanna dell’uomo a cinque mesi di reclusione. A inchiodarlo è il dolo eventuale”, desumibile, secondo i giudici, anche dalla vicinanza della porta alla posizione della dottoressa Cassazione, sentenza n. 26377/19, sez. V Penale, depositata oggi . Vicinanza. L’episodio, verificatosi nell’aprile del 2018 nella struttura ospedaliera di un piccolo Comune in Calabria, viene facilmente ricostruito grazie al racconto fatto dalla dottoressa e alle testimoniante di due agenti di Polizia. E il quadro delineato è ritenuto sufficiente, prima in Tribunale e poi in Corte d’appello, per condannare l’uomo che, recatosi in ospedale per una visita, ha aggredito – indirettamente – il medico. In particolare, gli vengono addebitati due reati lesioni personali” per il trauma contusivo riportato dalla dottoressa e danneggiamento” per la distruzione della porta dell’ambulatorio. Inutile si rivela il ricorso proposto dall’avvocato dell’uomo sotto processo. Respinta la linea difensiva secondo cui non reggerebbe l’ipotesi del dolo eventuale”. A questo proposito, il legale ha spiegato che il medico non ha mai riferito di essere stata lesa direttamente dall’uomo, bensì di essere stata colpita dai verti della porta, frantumati a seguito del colpo inferto dall’uomo. I Giudici della Cassazione ribattono che la configurabilità del dolo eventuale” è desumibile dalla vicinanza della porta, rispetto alla posizione della dottoressa, e dall’avere l’uomo scagliato la porta contro la donna , che, prossima al ‘cambio turno’, aveva semplicemente respinto la richiesta di una visita immediata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 marzo – 14 giugno, n. 26377 Presidente Sabeone – Relatore Mazzitelli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza, emessa in data 14/02/2018, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza del Tribunale di Palmi emessa in data 16/05/2016, assolveva Sc. Pa. dal reato sub b , perché il fatto non sussiste, e rideterminava la pena in 5 mesi di reclusione, confermando le statuizioni civili, per i reati residui, ex art. 582 e 635, co n. 2, c.p., contestati al prevenuto per aver minacciato e provocato lesioni alla dott.ssa Mu. Ro. fatto commesso, in Polistena, il 18/04/2018 . 2. L'imputato, tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, con cui ha dedotto i seguenti motivi. 2.1 Vizio di violazione di legge e di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. b , c ed e , codice di rito, in relazione agli art 125 e 192 c.p.p. e 582 e 635 II comma c.p Ricorrerebbe il travisamento della prova. La parte lesa non ha mai riferito di essere stata lesa direttamente, ma di essere stata colpita dai vetri della porta frantumati a seguito del colpo inferto dall'imputato. Non ricorrerebbe la prova di un dolo eventuale e quanto al danneggiamento dovrebbe essere esclusa la circostanza aggravante con conseguente dichiarazione di non doversi procedere per non essere il fatto più previsto dalla legge come reato. 2.2 Vizio di violazione di legge, ex art. 606, comma 1, lett. b , codice di rito, in relazione all'art. 81 cpv c.p., considerata l'applicazione di un aumento di un mese di reclusione, per il reato di danneggiamento, senza motivazione alcuna, quanto al discostamento rispetto ai minimi edittali. 2.3 Vizio di violazione di legge, ex art. 606, comma 1 lett. b , c.p.p., con riferimento alla mancata applicazione dell'art. 131 bis c.p 2.4 Vizio di omessa motivazione, ex art. 606 comma n. 1 lett. e c.p.p., in relazione alla richiesta di riforma della sentenza in punto statuizioni civili, non apparendo le stesse giustificate. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. Dalla sentenza impugnata si evince che la tesi accusatoria si fonda sulle dichiarazioni rese dalla parte lesa, Mu. Ro., e dai testi, Pu. Cl. Va. e Cu. Di., entrambi in servizio presso il commissariato di Polistena, nonché sulla base della documentazione confluita nel fascicolo dibattimentale ed utilizzabile ai fini della decisione. Ed invero, da tali risultanze processuali, secondo la Corte territoriale, risulta provato che l'imputato si era presentato, in compagnia di una donna, presso il reparto di ortopedia dell'Ospedale di Polistena, dove stava svolgendo il proprio turno la dott.ssa Mu., pretendendo di essere immediatamente visitato dalla stessa a fronte del diniego, opposto dalla dott.ssa a causa della prossimità del cambio turno, il prevenuto aveva reagito, scagliando un calcio contro la porta dell'ambulatorio, così forte da frantumare i vetri, che avevano colpito la Mu. provocandole un trauma contusivo al polso destro. Poste tali premesse, in linea di fatto, la Corte territoriale ha motivato, circa la configurabilità del dolo eventuale, desumibile dalla vicinanza della porta, rispetto alla posizione della dott.ssa Mu., e dall'aver l'imputato scagliato la porta contro la donna. 2. Altrettanto infondate sono le censure pertinenti alla circostanza aggravante, di cui all'art. 635, comma n. 2, c.p., trattandosi, per l'appunto, di una porta, situata all'interno di un edificio, destinato a servizio pubblico. 3. Da ultimo, il motivo, volto a censurare la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., va disatteso, mancando tale richiesta nelle conclusioni assunte nel grado d'appello dall'attuale parte ricorrente. 4. Sulla base di tali considerazioni, si deve dichiarare l'inammissibilità del ricorso, con contestuale condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma, che si reputa equo determinare in Euro 3.000,00, a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.