Omicidio stradale e lesioni personali stradali: non si applica l’aumento di pena se derivano da altro delitto

Poiché le fattispecie oggetto degli artt. 589-bis e 590-bis c.p. sono speciali rispetto a quelle contenute negli artt. 589 e 590 c.p., non si applica l’aumento di pena previsto dall’art. 586 c.p., che contempla i casi in cui la morte o le lesioni siano provocate da altro delitto.

Questo il principio contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 25538/19, depositata il 10 giugno. I fatti. La Corte d’Appello di Firenze riformava parzialmente la decisione del GUP presso il Tribunale di Lucca, con la quale l’imputato era stato condannato, in concorso con altri, per i reati di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, resistenza a Pubblico Ufficiale, omicidio e lesioni personali gravi derivanti da un incidente stradale da lui stesso provocato. Egli, infatti, trasportando sulla propria auto un certo quantitativo di droga, si era dato ad una fuga forsennata nel tentativo di fuggire ad un posto di blocco, con conseguente inseguimento da parte della Polizia di Stato terminato con un grave incidente in cui perdeva la vita uno dei passeggeri, provocando lesioni gravi ad altri. Avverso tale decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, tra gli altri motivi, la mancata applicazione degli artt. 586, 589 e 590 c.p., poiché la Corte d’Appello aveva ritenuto i fatti rientranti nelle fattispecie di cui agli artt. 589- bis e 590- bis c.p., e il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati contestati. I reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali in relazione all’art. 586 c.p. La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso. In particolare, quanto alla lamentata errata qualificazione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, gli Ermellini specificano che le fattispecie contenute negli artt. 589- bis e 590- bis c.p. ricorrenti nel caso concreto sono speciali rispetto a quelle oggetto degli artt. 589 e 590 c.p., poiché fanno riferimento a condotte tenute n violazione delle norme in tema di circolazione stradale. Partendo da tale assetto normativo, la Suprema Corte elabora un principio di diritto in base al quale l’art. 586 non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’art. 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli artt. 589- bis e 590- bis , l’aumento di pena previsto dall’art. 586 non si applica, perché esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p. . Nel caso di specie, il Giudice di seconde cure ha correttamente applicato i suddetti principi, escludendo l’applicazione dell’art. 586 in relazione ai reati contestati all’imputato, risultando infondato tale motivo di ricorso. La colpa con previsione. Fondato risulta, invece, l’altro motivo di ricorso menzionato, in merito alla lamentata applicazione della disciplina sulla continuazione dei reati. Nonostante tale disciplina, infatti, mal si concili con i reati di stampo colposo, tale principio fa eccezione nel caso in cui l’agente abbia commesso il reato colposo agendo nonostante la previsione dell’evento, nel quale, quindi, è contestata la circostanza aggravante della colpa con previsione di cui all’art. 61, n. 3 , c.p. . Nel caso di specie, il Giudice di secondo grado non ha tenuto conto delle circostanze concrete, nonostante il riconoscimento dell’aumento di pena per l’aggravante citata, concludendo con l’annullamento della sentenza impugnata solo in relazione a tale motivo e il rigetto della restante parte del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 febbraio – 10 giugno 2019, n. 25538 Presidente Di Nicola – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 4 giugno 2018, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del 27 ottobre 2017 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lucca, con la quale l’imputato era stato condannato per i reati di cui agli artt. a art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, per avere - di concerto con altri imputati - ricevuto e detenuto a fini di spaccio e trasportato a bordo di un’auto un quantitativo di stupefacente del tipo cocaina pari a non meno di 105 grammi quello rinvenuto e sequestrato b art. 61, n. 2 , e art. 337 c.p., perché, in occasione dell’alt intimato da personale della Polizia di Stato con segnali luminosi e sonori della sirena e con paletta segnaletica, per impedire l’atto di controllo da parte dei pubblici ufficiali e costringendoli così nell’inseguimento per diversi chilometri ad esporsi al pericolo per portare a termine il proprio dovere, intentava una fuga a velocità elevatissima nel traffico cittadino, ponendo in essere pericolose manovre, tentando di investire l’auto della Polizia per impedire di essere bloccato con l’aggravante di avere commesso il fatto al fine di procurarsi la fuga e l’impunità del reato di cui al capo a c art. 81 c.p., art. 590 bis c.p., comma 5, art. 61 c.p., n. 2 , art. 61 c.p., n. 3 , art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1 , e comma 8, perché, ponendo in essere le manovre descritte nel capo precedente, perdeva per colpa graveil controllo del mezzo, che impattava su un muro di cemento e precipitava per diversi metri in un greto sottostante, cagionando la morte di uno dei passeggeri posteriori e lesioni per uno gravi agli altri due passeggeri con colpa cosciente e per ottenere la fuga e l’impunità del reato di cui al capo a . Il Gup aveva dichiarato di non doversi procedere contro J.B. in relazione al reato di lesioni personali stradali gravi in danno di A.A. perché, riqualificato il fatto nei termini dell’art. 590 c.p., comma 1, l’azione penale non doveva essere iniziata per assenza di querela non aveva riconosciuto la continuazione tra i reati dei capi a e b , da un lato, e quelli del capo c , dall’altro. La Corte d’appello ha escluso la fattispecie di cui all’art. 586 c.p., rideterminando la pena per i delitti di cui al capo c , in anni due, mesi due e giorni venti di reclusione e confermando nel resto la sentenza di primo grado. 2. - Avverso la sentenza l’imputato ha presentato, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di ricorso, la difesa censura - in relazione al capo c dell’imputazione - la violazione dell’art. 81, art. 590 bis, comma 5, art. 61, n. 2 , art. 61, n. 3 , art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1 , e comma 8, e il vizio di motivazione in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’errata applicazione del disposto di cui all’art. 586 c.p., da parte del giudice di primo grado. Secondo la difesa, il giudice, pur condividendo in linea di principio la tesi difensiva, aveva applicato il disposto di cui all’art. 586 c.p., non in relazione agli artt. 589 e 590 c.p. - richiamati dalla norma - ma in relazione agli artt. 589 bis e 590 bis, non richiamati dalla norma - aumentando corrispondentemente la pena. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe omesso la motivazione in relazione alla ritenuta errata qualificazione giuridica dei fatti che avrebbero dovuto trovare regolamentazione nell’ambito del combinato disposto di cui agli artt. 586, 589 e 590 c.p., concentrandosi essenzialmente sul profilo della pena, disattendendo la richiesta principale. 2.2. - Con un secondo motivo di ricorso - strettamente connesso al primo e anch’esso riferito al capo c dell’imputazione - la difesa censura la violazione dell’art. 81 c.p., art. 590 bis c.p., comma 5, art. 61 c.p., n. 2 , art. 61 c.p., n. 3 , art. 589 bis c.p., comma 5, n. 1 , e comma 8, e l’errata qualificazione giuridica del fatto in relazione a quanto dedotto con il primo motivo di appello circa l’applicabilità nel caso di specie del combinato disposto degli artt. 586, 589 e 590 c.p Secondo la difesa, sebbene sia il giudice di primo grado, sia la Corte territoriale abbiano ritenuto applicabile la fattispecie di cui all’art. 586 c.p., arrivando correttamente ad espungere, ancorché solo in secondo grado, il corrispondente aumento di pena, dalla lettura di entrambe le pronunce e dallo stesso capo di imputazione, emergerebbe che l’imputato ha opposto resistenza all’inseguimento degli agenti di pubblica sicurezza, ponendo in essere una serie di manovre spericolate finalizzate ad evitare l’arresto che hanno poi provocato l’uscita fuori strada della vettura e - quale evento pacificamente non voluto - la morte di uno dei passeggeri e il ferimento di un altro. A parere della difesa, le spericolate manovre di guida, che dovrebbero rappresentare la violazione alle norme del codice della strada richieste per l’applicabilità degli artt. 589 bis e 590 bis, sono ancor prima elemento costitutivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, inoltre, le condotte previste dagli artt. 589 bis e 590 bis, prescindono dalla precedente commissione di un delitto doloso di cui non devono essere conseguenza, risultando sufficiente che il soggetto violi le norme della circolazione stradale, cagionando per colpa la morte o le lesioni di una persona. 2.3. - Con un terzo motivo di ricorso, la difesa censura il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a e b dell’imputazione già riuniti ex art. 81 cpv. dal Giudice di primo grado , e quelli di cui al capo c . La difesa ricorda che la condotta tenuta dall’imputato alla guida ha determinato la contestata resistenza a pubblico ufficiale, che il giudice ha posto in continuazione con il reato di detenzione di sostanza stupefacente, applicando inoltre l’art. 61 c.p., n. 2 , risultando evidente che l’un reato era stato commesso per occultare l’altro o comunque per assicurarne il profitto. Il giudice di primo grado ha, invece, affermato che tali reati non costituiscono l’antecedente logico giuridico degli ulteriori reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, in quanto vi sarebbe incompatibilità logica tra l’istituto disciplinato dall’art. 81 c.p., ed il reato colposo. La difesa avrebbe quindi rappresentato alla Corte territoriale che tale regola subiva una deroga in applicazione della previsione di cui all’art. 61 c.p., n. 3 , e che, nel caso di specie, il riconoscimento da parte del Giudice dell’applicazione della circostanza aggravante suddetta aveva reso ingiustificata la mancata applicazione dell’istituto della continuazione, disciplinato dall’art. 81 c.p., comma 2. Dunque, sarebbe perfettamente applicabile l’istituto della continuazione, non nel senso di un disegno criminoso precisamente programmato ab origine in tutte le sue componenti ma di un progetto criminoso concepito nelle sue linee essenziali ed arricchito, all’occorrenza, da condotte ancillari ideologicamente previste come possibili nello sviluppo logico degli eventi. 2.4. - Il ricorrente ha depositato motivi aggiunti, ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 4, in data 22 gennaio 2019. Con riferimento ai primi due motivi di ricorso, la difesa ribadisce come l’applicazione delle fattispecie di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, ha determinato un trattamento sanzionatorio deteriore rispetto a quello che sarebbe stato applicato qualora l’aumento ex art. 586 c.p. fosse stato calcolato sulla pena prevista per i delitti di cui agli artt. 589 e 590, correttamente richiamati dall’art. 586 c.p A parere della difesa, le fattispecie di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, sarebbero autonome e non di certo ipotesi aggravate dei delitti di cui agli artt. 589 e 590. Con riguardo al terzo motivo, la difesa sottolinea che il giudice di appello, pur ritenendo di non applicare la continuazione tra i delitti di cui al capo c e gli altri contestati a J.B. , avrebbe comunque dovuto riconoscere il concorso formale tra il reato di cui all’art. 337 c.p., e quelli contestati al capo c , in quanto l’imputato, commettendo il delitto di resistenza a pubblico ufficiale per mezzo delle condotte già descritte, ha contemporaneamente cagionato la morte e le lesioni di alcuni occupanti dell’auto da lui condotta, come conseguenza diretta e non voluta delle condotte costituenti il delitto di cui all’art. 337 c.p Considerato in diritto 3. - Il ricorso è parzialmente fondato. 3.1. - Il primo e il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa censura l’erronea qualificazione dei reati e l’erronea applicazione dell’art. 586 c.p., sono infondati. L’imputato lamenta la mancata applicazione degli artt. 586, 589 e 590 c.p., in luogo dell’applicazione degli artt. 589 bis e 590 bis operata dalla Corte d’appello, la quale ha escluso l’applicazione dell’art. 586 ma ha ritenuto i fatti qualificati come 589 bis e 590 bis. Così argomentando, non considera, però, che le fattispecie di lesioni e omicidio stradale - ricorrenti nel caso di specie - sono disciplinate dal 589 bis e 590 bis che sono speciali rispetto agli artt. 589 e 590 c.p., in quanto si riferiscono a condotte tenute con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale . Di tale assetto normativo deve tenersi conto nell’interpretazione dell’art. 586, il quale dispone che, quando da un fatto preveduto come doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83, ma le pene stabilite negli artt. 589 e 590, sono aumentate ovvero dispone che il soggetto risponda, oltre che del delitto doloso commesso, anche, a titolo di colpa, dell’evento non voluto. Deve dunque affermarsi che - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa – l’art. 586 non prevede per ogni categoria di omicidio e lesioni colpose l’automatica applicazione dell’art. 589 e 590, ma solo che, qualora l’evento effettivamente cagionato sia sussumibile in tali disposizioni, le relative pene siano aumentate. Quando, invece, i fatti sono sussumibili nelle fattispecie speciali di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, l’aumento di pena previsto dall’art. 586, non si applica, perché esso trova applicazione solo se sono configurabili i reati di cui agli artt. 589 e 590 c.p La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione di tali principi, escludendo nel caso di specie l’applicazione dell’art. 586 in relazione agli artt. 589 bis e 590 bis c.p 3.2. - Il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa contesta il mancato riconoscimento della continuazione fra i reati ascritti ai capi a e b dell’imputazione, da un lato, e quelli di cui al capo c , dall’altro, è, invece, fondato. Non vi è dubbio che l’unicità del disegno criminoso di cui all’art. 81 c.p., comma 2, mal si concili con i reati colposi, nei quali l’evento non è voluto dall’agente e la condotta non perciò considerarsi finalizzata all’evento stesso. Deve però considerarsi che a tale principio fa eccezione il caso in cui l’agente abbia posto in essere il reato colposo agendo nonostante la previsione dell’evento, nel quale, quindi, è contestata la circostanza aggravante della colpa con previsione di cui all’art. 61 c.p., n. 3 , ex plurimis, Sez. 4, n. 3579/2007 del 29/11/2006, Rv. 236018 - 01 Sez. 4, n. 626 del 29/11/2006 . La Corte d’appello, nel richiamare la sola giurisprudenza di legittimità riferita all’ipotesi generale dell’incompatibilità della continuazione con i reati colposi, non ha tenuto conto delle circostanze del caso concreto, pur avendo riconosciuto e applicato l’aumento di pena ex art. 61 c.p., n. 3 , per la colpa cosciente, riscontrata nella circostanza che le manovre compiute a più riprese da J.B. erano talmente dissennate da metterlo in condizione di prevedere la morte e le lesioni dei passeggeri. 4. - La sentenza impugnata deve essere, conseguentemente, annullata, limitatamente all’omesso riconoscimento dell’istituto della continuazione fra i reati ascritti ai capi a e b dell’imputazione e quelli di cui al capo c , con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, perché proceda a nuovo giudizio sul punto, facendo applicazione dei principi sopra enunciati, con libertà di esito. Il ricorso deve essere, nel resto, rigettato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa applicazione dell’art. 81 c.p., con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze. Rigetta nel resto il ricorso.