Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato: quando diventa reato?

L'imputato vendeva ai neo maggiorenni prodotti diversi rispetto a quelli previsti dalla legge n. 208/2015 ricevendo in pagamento i c.d. buoni cultura e percependo, dunque, indebitamente erogazioni a danno dello Stato il fatto integra reato o illecito amministrativo?

La risposta al quesito è contenuta nella sentenza n. 24890/19, depositata il 4 giugno. I fatti. Il Tribunale di Caltanissetta rigettava l’appello proposto dall’imputato avverso la decisione del GIP vertente sul sequestro preventivo per l’equivalente, disposto ai sensi degli artt. 321, comma 2, e 322- ter c.p.p Il sequestro veniva emesso poiché l’imputato, in qualità di amministratore unico di una società, aveva percepito indebitamente erogazioni a danno dello Stato, vendendo beni diversi rispetto a quelli previsti dalla l. n. 208/2015 ai neo maggiorenni ricevendo come corrispettivo i c.d. buoni cultura. Contro tale pronuncia, ricorre per cassazione l’imputato, contestando la competenza territoriale del GIP di Caltanissetta, considerando che il luogo in cui ha sede l’ente pubblico erogatore del contributo è Roma, e la qualifica di reato, e non di illecito amministrativo, del fatto contestatogli, oltre ad avere il Giudice trascurato la condotta dei diretti beneficiari dei buoni cultura. Sulla competenza per territorio. La Corte di Cassazione dichiara infondato il primo motivo di ricorso, rilevando che il reato ex art. 316- ter c.p. si consuma al momento in cui l’ente pubblico erogatore dei contributi dispone l’accredito sul conto corrente del soggetto che lo abbia indebitamente richiesto, individuando la competenza territoriale del giudice nel luogo in cui ha sede l’ente pubblico. Tuttavia, nel caso concreto la Corte ravvisa una condizione fattuale differente, poiché i neo maggiorenni destinatari dei contributi lo hanno legittimamente ricevuto ma illecitamente speso, dunque in questo caso il reato si consuma nel luogo e nel momento in cui avviene l’acquisto dei beni diversi rispetto a quelli previsti. Sulla qualificazione giuridica del fatto. La Suprema Corte accoglie il secondo motivo oggetto del ricorso dell’imputato, sottolineando che la condotta oggetto dell’art. 316- ter c.p. integra reato anche qualora siano conseguite erogazioni pubbliche per altri”, non potendo, quindi, escludere che soggetti diversi nel caso di specie, gli acquirenti neo maggiorenni e il venditore possano concorrere ai fini della realizzazione del fatto, seppur con apporti e risultati differenti e, dunque, con differenti trattamenti sanzionatori. Gli Ermellini aggiungono che il reato in questione si consuma quando il soggetto consegue la disponibilità concreta dell’erogazione, verificandosi in tale momento la dispersione del denaro pubblico, ma proseguono affermando che, ai fini della qualificazione giuridica del fatto, ciò che conta nel caso concreto è se il ricorrente abbia conseguito in un unico momento una somma superiore al limite indicato dal secondo comma dell’art. 316- ter c.p., non potendo integrare reato la somma di una serie di illeciti amministrativi. Non avendo ravvisato tale condizione di fatto, la Suprema Corte annulla la decisione impugnata, rinviando gli atti al Tribunale di Caltanissetta per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 febbraio – 4 giugno 2019, n. 24890 Presidente Petitti – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27/12/2018, il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’appello proposto da G.G. contro il provvedimento di sequestro preventivo per l’equivalente emesso ex art. 321 c.p.p., comma 2, e art. 322 ter c.p.p., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta per avere, quale amministratore unico e legale rappresentante della A.D. società a responsabilità limitata semplificata unipersonale, indebitamente percepito erogazioni a danno dello Stato art. 316 ter c.p. , vendendo a neo maggiorenni beni diversi da quelli previsti dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, e ricevendo in pagamento totale o parziale i cosiddetti buoni cultura per un valore complessivo di oltre 317000 Euro tra il gennaio 2017 e il 29 giugno 2018. 2. Nel ricorso del difensore di G.G. si chiede l’annullamento dell’ordinanza deducendo violazione di legge e vizio della motivazione a nel riconoscere territorialmente competente il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta e non, invece, il Tribunale di Roma competente sul luogo in cui ha sede l’ente pubblico Ministero che eroga il contributo b nel ravvisare il reato ex art. 316 ter c.p., comma 1, - mentre sussiste solo illecito amministrativo perché non è stata superata la soglia di punibilità fissata dall’art. 316 ter c.p., comma 2, - e per avere trascurato che la condotta di G. non può considerarsi autonoma ma concorrente con quella dei diretti beneficiari delle somme erogate con il cosiddetto buono cultura c nel quantificare erroneamente il profitto equivalente al reato, non limitandolo al ricavo conseguito dalla vendita cioè alla differenza fra il prezzo di vendita e quello di acquisto e nell’escludere di potere compiere mirati accertamenti per ridurre adeguatamente l’entità del sequestro disposto, su beni mobili e immobili, per un valore complessivo superiore a quello indicato nella misura applicata inoltre, per avere illegittimamente comunicato agli istituti bancari di dovere sequestrare ogni ulteriore somma perveniente sui conti correnti bancari, così producendo un ingiustificato effetto punitivo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il reato ipotizzato, che è quello di indebite percezioni di erogazioni a danno dello Stato o di enti pubblici previsto dall’art. 316 ter c.p., salvaguardando il corretto utilizzo delle risorse erogate, tutela il bene giuridico costituito dall’efficienza della pubblica amministrazione, con particolare riferimento agli interessi finanziari dello Stato, degli altri enti pubblici e delle istituzioni dell’Unione Europea. Pertanto, poiché la norma incriminatrice mira a evitare la dissipazione di risorse pubbliche, il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui l’imputato consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo . In applicazione di questo principio, in un caso questa Corte ha ritenuto che il reato ex art. 316 ter c.p., si consuma nel momento in cui l’ente pubblico eroga le risorse contributi, finanziamenti, mutui agevolati, et cetera disponendone l’accredito sul conto corrente del soggetto che ne abbia indebitamente fatto richiesta, perché è con quell’atto che si verifica la dispersione del denaro pubblico, e ha individuato la competenza per territorio nel luogo dove ha sede l’ente pubblico erogante il contributo, considerando, invece, irrilevante la località dove era stata presentata la documentazione da parte del richiedente Sez. 6, n. 12625 del 19/02/2013, Rv. 254490 . Tuttavia, il caso in esame presenta una condizione fattuale diversa da quella considerata nella sentenza sopra richiamata indicata nelle deduzioni del ricorrente e già considerata dal Tribunale perché i giovani destinatari del bonus lo hanno legittimamente ricevuto ma illecitamente speso. Ne deriva che la condotta antigiuridica si realizza nel momento e nel luogo dell’acquisto di beni diversi da quelli per i quali l’erogazione è prevista. 2. Il secondo motivo di ricorso risulta fondato nei termini che seguono. Non è contestata la sussistenza delle condotte attribuite al ricorrente, ma si osserva che egli che non era il diretto beneficiario della erogazione concorse in una serie di condotte ex art. 316 ter c.p., relative alla illecita spendita del bonus di 500 Euro e, quindi, per definizione, concernenti un importo inferiore alla soglia di punibilità prevista dall’art. 316 ter c.p., comma 2. Nel procedimento in esame a coloro i neo maggiorenni che hanno utilizzato il loro buono cultura in modo illegittimo è stata contestata la fattispecie di cui all’art. 316 ter c.p., comma 2, e, conseguentemente, è stata applicata solo la sanzione amministrativa. Invece, a chi ha venduto loro dei beni non rientranti nelle categorie per le quali il buono era stato erogato viene contestato il reato descritto nell’art. 316 ter c.p., comma 1, avendo la somma delle sue vendite superato il limite al di sopra del quale la condotta si trasforma da illecito amministrativo in illecito penale. La difesa del ricorrente ha dedotto che in questo modo si configurerebbe una diversità della qualificazione delle condotte secondo il soggetto agente. Al riguardo, deve considerarsi che l’art. 316 ter c.p., prevede che il reato sia integrato anche dal conseguire per altri le erogazioni pubbliche, pertanto - come avviene anche in altre configurazioni di condotte delittuose non è escludibile a priori che soggetti tipologicamente differenti nel caso in esame i neo maggiorenni acquirenti e il venditore dei prodotti concorrano materialmente nella realizzazione dello stesso evento ma con apporti o risultati personali diversi che possono produrre per loro differenti trattamenti giuridici. Per la valutazione del superamento o meno della soglia quantitativa pari ad Euro 3.999,96 al di sotto della quale, ai sensi dell’art. 316 ter c.p., comma 2, il fatto rimane un mero illecito amministrativo, occorre tener conto della complessiva somma indebitamente percepita dal beneficiario Sez. 6, n. 11145 del 02/03/2010, Rv. 246693 con un’unica condotta perché l’assommarsi di una serie di illeciti amministrativi non potrebbe comunque tradursi nella commissione di un illecito penale ex art. 316 ter c.p Il reato di cui all’art. 316 ter c.p., si consuma non nel momento in cui il soggetto passivo assume, per effetto della condotta dell’agente, l’obbligazione ma quando questi consegue la disponibilità concreta dell’erogazione, perché è in tale momento che si verifica la dispersione del denaro pubblico Sez. 2, n. 48820 del 23/10/2013, Rv. 257431 Sez. 6, n. 12625 del 19/02/2013, Rv. 254490 Sez. 2, n. 4284 del 20/12/2011, dep. 2012, Rv. 252199 . Ne deriva che quel che va puntualizzato nel caso concreto mediante una precisa ricostruzione dei fatti - che non si evince dal provvedimento impugnato e che, pertanto, richiede un approfondimento da parte dei Giudici di merito - è se il ricorrente conseguì in un unico momento una somma superiore a quella indicata nell’art. 316 ter c.p., comma 2, anche avendone la rappresentazione e la volontà perché nel delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, il superamento della soglia quantitativa, oltre la quale l’illecito amministrativo integra il reato, non configura una condizione obiettiva di punibilità, ma un elemento costitutivo della fattispecie Sez. 6, n. 38292 del 14/07/2015, Rv. 264609 . 3. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso priva di rilevanza attuale il terzo e i quarto dei motivi di ricorso. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Caltanissetta – Sezione riesame per una nuova valutazione.