La presunzione relativa di pericolosità sociale dell’indagato nel delitto di associazione mafiosa

In tema di colpevolezza per esser stato coinvolto in un’associazione di tipo mafioso, qualora intercorra un notevole lasso di tempo tra la data di emissione del provvedimento coercitivo e i fatti contestati, il giudice deve comunque motivare in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, da valutare in relazione alla connotazione della consorteria ed al ruolo rivestito dall’indagato, sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui non risulti una dissociazione espressa dal sodalizio .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 23110/19, depositata il 24 maggio. La vicenda. Il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice di riesame delle misure restrittive della libertà, sostituiva la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari ed annullava nel resto il titolo cautelare emesso dal GIP nei confronti del ricorrente, coinvolto in un’associazione di tipo mafioso. Quest’ultimo propone ricorso in Cassazione. Esigenze cautelari. Quanto alle esigenze cautelari, individuate dal Tribunale nel pericolo concreto di reiterazione di condotte omogenee, occorre ricordare che la disciplina settoriale, anche prevedendo ipotesi di presunzione di esistenza delle stesse quando si procede per reati che si inseriscono nel contesto mafioso, stabilisce in ogni caso la possibilità di rilevarne l’insussistenza. Al riguardo, come è noto, nei confronti dell’indagato nel delitto di associazione di tipo mafioso operano sia la presunzione relativa di pericolosità sociale sia quella assoluta di adeguatezza della sola misura custodiale carceraria. Per quanto riguarda la prima, essendo un’ipotesi di presunzione relativa, numerose decisioni hanno sottolineato che, qualora intercorra un notevole lasso di tempo tra la data di emissione del provvedimento coercitivo e i fatti contestati, il giudice deve comunque motivare in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, da valutare in relazione alla connotazione della consorteria ed al ruolo rivestito dall’indagato, sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui non risulti una dissociazione espressa dal sodalizio . Pertanto, la C.C. annulla l’ordinanza impugnata limitatamente a tale questione e rinvia per nuovo esame al Tribunale del riesame, affinché questo possa precisare se rispetto all’epoca dei fatti siano emerse circostanze successive per spiegare se e è perchè debba considerarsi concreta e soprattutto attuale la ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo concorsuale prestato dal ricorrente al sodalizio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 – 24 maggio 2019, n. 23110 Presidente Gallo – Relatore Perrotti Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa a seguito dell’udienza del 2 gennaio 2019 dep. 18 febbraio 2019 , il tribunale di Palermo, in funzione di giudice per il riesame delle misure restrittive della libertà personale, sostituiva, quanto al capo 1 bis concorso eventuale nella associazione di tipo mafioso denominata omissis , mandamento di omissis , artt. 110 e 416 bis c.p., con le aggravanti di cui ai commi 4 e 6. Fatti commessi in omissis , la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari ed annullava nel resto il titolo cautelare emesso dal giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale, in data 7 dicembre 2018, nei confronti del ricorrente. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando 2.1. mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per la ipotesi ritenuta. Si fa in particolare rilevare che gli elementi narrativi ed intercettivi esaminati non manifestano alcuna specifica convergenza verso l’ipotesi oggetto della dimostrazione incidentale, non rendendo in alcun modo epifania della concreta efficacia causale delle condotte tenute dal ricorrente nel settore delle competizioni ippiche verso l’agevolazione degli scopi sociali e per la stessa sopravvivenza del sodalizio mafioso 2.2. medesimi vizi esiziali la motivazione tradisce, ad avviso della difesa, in relazione ad attualità e concretezza del pericolo di reiterazione di condotte omogenee, vincendo così la presunzione relativa di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, non avendo il tribunale della cautela correttamente apprezzato l’assoluta inconsistenza di pericula libertatis del tutto generici, fondati su condotte datate al 2014 e contrastati dalla non recente chiusura 2017 dell’ippodromo di Palermo, ove le gare truccate si sarebbero realizzate, oltre che dalla detenzione -del pari datata del N. unico soggetto intraneo alla omissis , con il quale il ricorrente avrebbe avuto rapporti . Difetterebbe pertanto, in concreto, qualsivoglia possibilità di reiterazione della ritenuta agevolazione esterna. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, giacché manifestamente infondato il secondo motivo, svolto in tema di esigenze cautelari, è fondato e merita accoglimento. 2. In tema di valutazione incidentale della gravità indiziaria, non è superfluo ricordare che il legislatore nel prevedere all’art. 273 c.p.p. che nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza ha inteso utilizzare il termine indizio non nel suo connotato tradizionale di elemento di prova critico o indiretto , quanto piuttosto valorizzare il significato dell’intera locuzione indizi di colpevolezza creando un doveroso rapporto tra la valutazione incidentale in tema di libertà ed il prevedibile esito finale del giudizio la colpevolezza intesa come affermazione di penale responsabilità in termini di qualificata probabilità di condanna, valutata allo stato degli atti. Gli indizi di colpevolezza altro non sono, dunque, che gli elementi di prova siano essi di natura storica/diretta o critica/indiretta sottoposti a valutazione incidentale nell’ambito del subprocedimento cautelare e presi in considerazione dal giudice chiamato a pronunziarsi nei modi declinati dall’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c. La loro obbligatoria connotazione in termini di gravità sta dunque a significare che l’esito di tale valutazione incidentale deve essere tale da far ragionevolmente prevedere, anche in rapporto alle regole di giudizio tipiche della futura decisione finale, la qualificata probabilità di condanna del soggetto destinatario della misura. In ciò è evidente che il giudice chiamato a pronunziarsi in sede cautelare personale ha l’obbligo per dare corretta attuazione ai contenuti del giudizio prognostico di confrontarsi a con la natura e le caratteristiche del singolo elemento sottoposto a valutazione ad es. l’indizio in senso stretto la narrazione rappresentativa di natura testimoniale la chiamata in correità o in reità gli elementi tratti da captazioni di conversazioni o flussi informatici b con le regole prudenziali stabilite dal legislatore in rapporto alla natura del singolo elemento in questione si veda, sul punto, quanto affermato da Sez. 6, n. 40061 del 21/6/2012, Tritella, Rv. 253723, in tema di elementi di prova critica, con necessità di tener conto anche in sede cautelare della loro particolare caratteristica ontologica c con le regole di giudizio previste in sede di decisione finale del procedimento di primo grado, ivi compresa quella espressa dall’art. 533 c.p.p., comma 1, norma per cui l’affermazione di colpevolezza può essere pronunziata solo se il materiale dimostrativo raccolto consente di superare ogni ragionevole dubbio in proposito . Con ciò non si intende dire ovviamente che dette regole prudenziali e di giudizio siano direttamente applicabili alla particolare decisione incidentale di tipo cautelare tranne i casi espressamente previsti dal legislatore all’art. 273, comma 1-bis, peraltro espressione di un principio generale , ma di certo lo sono in via mediata posto che un serio giudizio prognostico di elevata probabilità di condanna non può prescindere dalla necessità di proiettare il valore degli elementi di prova acquisiti sulla futura decisione e sulle regole normative tipizzate in tal sede in tal senso, tra le altre, Sez. 1, n. 19759, del 17/5/2011, Rv. 250243, ove si è con chiarezza affermato che il giudizio prognostico in tal senso ovviamente esteso alle regole per le ipotesi di incertezza e contraddittorietà considerate dal codice di rito all’art. 530, comma 2 e all’art. 533, comma 1, prima parte è dunque indispensabile, pur dovendo essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di responsabilità già raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro indiziario alla luce di possibili successive acquisizioni e all’esito del contraddittorio. . Da qui la necessità di identificare, in modo specifico e razionale, il significato incriminante degli elementi raccolti sino al momento della decisione e sottoposti ad esame incidentale, con convincente e rassicurante attribuzione di significato a detti elementi nella descritta chiave prognostica. 2.1. Se questo è il compito attribuito al giudice del merito, è altrettanto evidente che la funzione di controllo del ragionamento giustificativo, attribuita al giudice della legittimità ed esercitata in rapporto al contenuto dei motivi di ricorso, non può risolversi nella rivalutazione autonoma di singoli segmenti del materiale informativo, ma si realizza attraverso la verifica di completezza, logicità, non contraddittorietà del percorso argomentativo espresso nel provvedimento, in chiave di rispetto complessivo della regola di giudizio tipica della fase in questione. Sul tema, resta valido e chiaro l’insegnamento fornito dalla decisione Sez. U., ric. Audino, del 22 marzo 2000 Rv. 215828 per cui, in relazione alla natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, questa Corte ha il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione, riguardante la valutazione degli elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate. Infatti, considerato che la richiesta di cui all’art. 309 c.p.p., quale mezzo di impugnazione sia pure atipico, ha la specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 dello stesso codice e ai presupposti ai quali subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo Sez. U., 8 luglio 1994, ric. Buffa, Rv. 198212 , deve sottolinearsi che, dal punto di vista strutturale, la motivazione della decisione del tribunale del riesame deve essere conformata soprattutto dopo la mini riforma del 2015 al modello delineato dall’art. 292 c.p.p., che ricalca il modulo configurato dall’art. 546 stesso cod. , con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, che non è fondata su prove, ma su indizi e tende all’accertamento non di responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza. 2.2. Quanto alla avvenuta applicazione delle coordinate interpretative derivanti dai plurimi arresti delle Sezioni Unite sul tema del concorso esterno in associazione mafiosa, il tribunale della cautela ha correttamente applicato i principi stratificatisi nelle raccolte di giurisprudenza dal 1994 Sez. U., n. 16 del 5 ottobre 1994 al 2005 Sez. U., n. 33748 del 12 luglio 2005 , in quanto, dopo avere descritto le specifiche condotte condizionanti l’esito delle competizioni ippiche all’interno dell’ippodromo della poste in essere dal ricorrente fino al 2014, ha ricostruito l’effettivo nesso condizionalistico tra le medesime condotte apprezzate sotto il profilo ontologico e il divenire del fatto associativo, sia in positivo, che mediante l’operazione controfattuale di eliminazione mentale della condotta materiale atipica dell’imputato quale concorrente esterno, integrata dal criterio di sussunzione sotto leggi di copertura, generalizzazioni e massime di esperienza dotate di affidabile plausibilità empirica. Il G. , descritto dai collaboratori V. e Gu. come vicinissimo al N. intraneo alla omissis e preposto fino al 2015 alla gestione dei profitti illeciti provenienti dall’ippodromo della ed a questi attendente, circostanza asseverata da servizi di osservazione e captazione di conversazioni, viene altresì individuato quale ingranaggio operativo dei meccanismi finalizzati alle frodi nelle competizioni sportive e come schermo bancario nelle rimesse conseguenti alle transazioni svolte nello stesso ambito. Egli quindi agiva, essendo a conoscenza dei metodi e dei fini del sodalizio, nella consapevolezza e volontarietà del suo determinante contributo causale ai fini della realizzazione, almeno parziale, del programma criminoso perseguito dall’organizzazione mafiosa e della conservazione della stessa, che traeva da quei flussi di denaro una stabile fonte di arricchimento, immediatamente incidente sulla sua perdurante operatività. 2.3. Quanto sin qui esposto consente di affermare che non sono fondate le censure difensive in tema di specificità e concretezza del contributo causale offerto dall’esterno al sodalizio criminoso. La esclusione della rilevanza penale delle singole fattispecie contestate ontologicamente tuttavia ben dettagliate non influisce infatti sulla dimostrazione del concorso esterno nella associazione mafiosa, in quanto la negazione del quadro indiziario sui reati fine non fa venir meno la configurabilità del reato Sez. 1, n. 28225, del 9/5/2014, Dell’Utri, Rv. 260940, in motivazione, ove richiama la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 9 marzo 2012, fol. 114 . I giudici territoriali, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, hanno sottolineato la posizione funzionale del ricorrente che, avvalendosi dei rapporti personali con N.G. , esponente della omissis , rendeva possibile concludere accordi di reciproco interesse nella gestione del settore competizioni ippiche in Palermo. Nè miglior sorte meritano le censure in tema di dimostrazione del dolo richiesto dalla fattispecie concorsuale. L’ordinanza impugnata opera un corretto richiamo ai due momenti della volizione e della rappresentazione che hanno investito, oltre agli elementi essenziali del delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, il contributo causale fornito dall’imputato alla realizzazione del fatto tipico, nella consapevolezza e volontà di interagire sinergicamente con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del medesimo reato associativo. 2.4. I motivi di ricorso, che con questo complessivo argomentare non si confrontano, sono pertanto inammissibili. 3. Quanto invece ad esigenze cautelari, individuate dal tribunale nel pericolo concreto di reiterazione di condotte omogenee, preme evidenziare che la disciplina di settore, pur prevedendo ipotesi di presunzione di esistenza delle stesse quando si procede per reati che si inseriscono in un contesto mafioso , stabilisce in ogni caso la possibilità di rilevarne l’insussistenza. Come noto, nei confronti dell’indagato nel delitto di associazione di tipo mafioso operano sia la presunzione relativa di pericolosità sociale, sia la presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura custodiale carceraria, a norma dell’art. 275 c.p.p., comma 3. Vertendo, quanto alla prima, in ipotesi di presunzione relativa, numerose sono le decisioni che hanno evidenziato che, qualora intercorra un considerevole lasso di tempo tra la data di emissione del provvedimento coercitivo ed i fatti contestati, il giudice ha comunque l’obbligo di motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso, da valutare in relazione alla connotazione della consorteria ed al ruolo rivestito dall’indagato, sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui non risulti una dissociazione espressa dal sodalizio cfr., tra le tante Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, Fazio, Rv. 270342 Sez. 6, n. 20304 del 30/03/2017, Sinesi, Rv. 269957 Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, Gallo, Rv. 268727 Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, Cosentino, Rv. 267995 . Alcune delle decisioni in questione hanno annullato le ordinanze impugnate per l’assenza di specifici elementi indicativi dell’appartenenza del soggetto ad un’associazione mafiosa per un periodo pari in una occasione ad oltre dieci anni Sez. 5, n. 36569 del 19/07/2016, Cosentino, Rv. 267995 , altre per circa sette anni Sez. 5, n. 52628 del 23/09/2016, Gallo, Rv. 268727, e Sez. 6, n. 25517 del 11/05/2017, Fazio, Rv. 270342 , e in altra occasione per circa cinque anni Sez. 6, n. 20304 del 30/03/2017, Sinesi, Rv. 269957 dall’emissione dell’ordinanza. 3.1. In tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, in particolare, più volte si è affermato che la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari può essere superata attraverso una valutazione prognostica, ancorata ai dati fattuali emergenti dalle risultanze investigative acquisite, della ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo dell’extraneus alla vita della consorteria, tenendo conto in questa prospettiva dell’attuale stato dei fatti e della persistenza o meno di interessi comuni con il sodalizio mafioso, senza necessità di provare la rescissione del vincolo, peraltro in tesi già insussistente così, in particolare, Sez. 6, n. 18015, del 13/4/2018, Rv. 272900 Sez. 2, n. 32004, del 17/06/2015, Putorti, Rv. 264209, e Sez. 6, n. 9748 del 29/01/2014, Ragosta, Rv. 258809 . Tale impostazione si pone in linea con quanto osservato dalla Corte costituzionale, sent. n. 48 del 2015, ove si è evidenziato che il concorrente esterno è, per definizione, un soggetto che non fa parte del sodalizio diversamente, perderebbe tale qualifica, trasformandosi in associato. Nei confronti del concorrente esterno non è, quindi, in nessun caso ravvisabile quel vincolo di adesione permanente al gruppo criminale che è in grado di legittimare, sul piano empirico-sociologico , il ricorso in via esclusiva alla misura carceraria. 4. L’ordinanza impugnata sul punto specifico evidenzia la iterazione, per anni, di condotte articolate di illecita alterazione dei risultati delle competizioni sportive la fitta rete di rapporti tessuti con altri fantini operanti all’interno dell’ippodromo di Palermo la capacità di influenzare gli esiti delle competizioni la esistenza di forti legami con l’esponente N. di omissis preposto al settore ippico la profonda conoscenza di meccanismi e procedure atte a compromettere la regolarità delle gare. 4.1. Il tema posto con i motivi di ricorso attiene dunque ad attualità e concretezza delle esigenze cautelari, riconosciute dal tribunale in quelle di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c . 4.2. Alla luce dei principi giuridici indicati, e degli elementi esposti, le conclusioni cui perviene il tribunale della cautela sono viziate. 4.3. L’ordinanza impugnata, pur sottolineando il dato indubbiamente significativo della pluralità di forme di collaborazione esterna fornita al sodalizio, non precisa per quali ragioni debba ritenersi concreta ed attuale la ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo concorsuale. La spiegazione, nonostante la presunzione relativa di pericolosità, è necessaria, sia per la particolare posizione del concorrente esterno, per definizione non partecipe del sodalizio, sia per la datazione delle condotte rilevate, non successive al 2014, in un contesto nel quale a il N. , referente interno alla omissis preposto al settore, appare rimosso da quel compito, ad opera dei vertici del sodalizio e non degli organi della giurisdizione, dal 2015, per manifesta incapacità gestionale e deficit di redditività b l’ippodromo della non è più operante dal 2017 c non vi è alcuna evidenza di condotte settoriali commesse dal ricorrente in altri ambiti territoriali in tempi successivi. 4.4. Se dunque è certamente vero che l’indagato ha manifestato particolare attitudine nello specifico settore d’incidenza criminale, è altrettanto vero che l’accesso a quel particolare settore, anche per il tramite di quel canale mafioso, gli è attualmente precluso. Andava dunque precisato, nella sede propria cautelare di merito, sulla base di quali concreti elementi di fatto è stato possibile esprimere all’attualità una negativa prognosi recidivante. 4.5. Il giudizio svolto nella sede cautelare di merito ha eluso il tema devoluto laddove alla rigorosa e complessiva valutazione dei comportamenti e delle modalità di realizzazione dei fatti attribuiti al soggetto agente doveva accompagnarsi il necessario scrutinio sulla concreta probabilità -non sulla mera astratta possibilità di riproduzione del reato, giudizio prognostico da effettuarsi tenendo conto delle attuali circostanze ostative. 5. Il tribunale, giudicando in sede di rinvio, avrà cura di precisare se rispetto all’epoca dei fatti, siano emerse circostanze successive, anche, ad esempio, in ordine all’esistenza di rapporti con diversi esponenti del sodalizio, e spiegherà, sulla base di plausibili massime di esperienza, se e perché debba ritenersi concreta ed attuale la ripetibilità della situazione che ha dato luogo al contributo concorsuale prestato al sodalizio dal ricorrente. 5.1. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al tribunale per il riesame, per nuovo esame, che dia conto della sussistenza attuale delle concrete esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c . P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al tribunale di Palermo sezione per il riesame delle misure coercitive .