Violazione antisismica? Niente revoca dell’ordine di demolizione

In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 380/2001 comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione non può revocare l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, se non adeguata in tutti i suoi aspetti sia per le violazioni formali e sia per quelle sostanziali alla normativa antisismica, poiché l’opera non risulta sicura per l’incolumità delle persone e delle cose.

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22580, depositata il 23 maggio 2019. La necessità dell’autorizzazione sismica Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di reati antisismici, integra la contravvenzione di cui all'art. 95 d.P.R. n. 380/2001, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato. Ad esempio, integra il reato previsto dall'art. 95 d.P.R. n. 380/2001, l'installazione, in zona sismica, di pannelli autostradali a messaggi variabili in assenza della prescritta autorizzazione, atteso che la fattispecie incriminatrice non è limitata agli edifici, ma si estende ad ogni opera in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, tenuto conto delle dimensioni, delle modalità di collocazione, della morfologia del sito, della pendenza del terreno e delle strutture di sostegno e sottolinea che l'art. 83 d.P.R. cit., fa riferimento indistintamente a tutte le costruzioni da realizzarsi in zone dichiarate sismiche la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, sicché la violazione dell'art. 95 non può essere limitata ai soli edifici. Parimenti, anche le opere edilizie con strutture in legno, allorché realizzate in una zona dichiarata sismica, sono sottoposte alla disciplina di cui alla l. n. 64/1974, in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in zona sismica. e la demolizione dell’immobile abusivo. La sentenza in commento risulta altresì particolarmente interessante in quanto riprende la tematica dell’ordine di demolizione di un edificio non conforme alla legislazione antisismica. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell'immobile, ai sensi dell'art. 98 comma 3 d.P.R. n. 380/2001, in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali. Più in generale, ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, non assume rilievo il carattere precario della costruzione, in ragione della natura formale dei relativi reati e del fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in tali zone. Peraltro, sempre in tema di violazioni sismiche, la Cassazione ha altresì ribadito che, ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla l. n. 64/1974, in tema di costruzioni in zona sismica, non assume rilievo il carattere precario della costruzione, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche. Le contravvenzioni antisismiche hanno natura permanente. Soffermandosi sulla natura del reato in questione, la Suprema Corte in passato ha aderito all’orientamento secondo cui la persistenza dell’offesa al bene giuridico tutelato deve essere mantenuta concettualmente distinta dall’apertura formale di un procedimento amministrativo, e comunque dalla possibilità di un controllo postumo, attivate dall’adempimento tardivo del contravventore. Ciò in quanto la protrazione della condotta penalmente rilevante sussiste anche se l’amministrazione competente non ha aperto un procedimento formale, o non ha attivato alcun controllo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 gennaio – 23 maggio 2019, n. 22580 Presidente Di Nicola – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Trani, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 4 luglio 2018 ha respinto l’istanza di D.P.M. e di Z.G. diretta ad ottenere la revoca o la sospensione dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza n. 392 del 27 novembre 2002 del Tribunale di Trani, irrevocabile il 4 luglio 2003, per intervenuto rilascio del titolo abilitativo in sanatoria. 2. D.P.M. e Z.G. hanno proposto ricorso, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2.1. Violazione di legge, contraddittorietà della motivazione e mancata valutazione di una prova decisiva. Dall’attività istruttoria disposta dal giudice dell’esecuzione emerge la sussistenza del diritto dei ricorrenti alla revoca o alla sospensione dell’ordine di demolizione. Il perito, Ing. P. aveva risposto in maniera esauriente ai quesiti, rilevando la cubatura dell’immobile inferiore ai 450 metri cubi e, quindi, non era necessario il certificato di idoneità statica, ma solo il certificato di collaudo. Il Tribunale invece rigetta l’istanza in relazione ad un adeguamento sismico non realizzato. L’adeguamento antisismico non risulta però applicabile all’immobile in esame. Si tratta di un’eventualità di generica realizzazione dell’adeguamento antisismico non meglio identificata. Hanno chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata. 3. La Procura Generale della Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale, Dott.ssa Filippi Paola, ha chiesto di dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 4. I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza del motivo, e per genericità. L’ordinanza impugnata analizza con motivazione adeguata, immune da contraddizione e da manifeste illogicità tutti gli aspetti della vicenda, rilevando come il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria del omissis , Comune di , prot. N. con la menzione della possibilità dell’adeguamento della struttura alle norme antisismiche. Il perito incaricato dal giudice dell’esecuzione, ing. P. , aveva poi accertato che non sono stati realizzati adeguamenti sismici e che questi sono stati solo genericamente prospettati . Inoltre non risultava rilasciato il certificato di collaudo, in relazione alla cubatura inferiore ai 450 metri cubi se superiore necessitava il certificato di idoneità statica . Su quest’ultimo aspetto nulla dicono i ricorrenti nel ricorso per Cassazione. Contestano solo genericamente la motivazione ma non si confrontano con quanto rilevato nel provvedimento impugnato. È pur vero che l’ordine di demolizione può essere irrogato solo per le violazioni sostanziali e non per quelle formali In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell’immobile, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 98, comma 3, in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali Sez. 3, n. 6371 del 07/11/2013 - dep. 11/02/2014, De Cesare, Rv. 25889901 . Ma questo è rilevante prima dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza di condanna successivamente l’adeguamento alla normativa antisismica, per la revoca dell’ordine di demolizione, deve risultare completo. Infatti il permesso di costruire in sanatoria comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche ma non anche di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36, comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017 - dep. 07/08/2017, Rizzo, Rv. 27079201 vedi anche Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018 - dep. 07/12/2018, CARDELLA LUCA, Rv. 27421201 e Sez. 7, n. 11254 del 20/10/2017 - dep. 13/03/2018, Franchino e altri, Rv. 27254601 . Si tratta comunque di accertamenti in fatto insindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivati come nel caso in giudizio. 4.1. Può conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36, comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione non può revocare l’ordine di demolizione dell’opera abusiva se non adeguata in tutti i suoi aspetti sia per le violazioni formali e sia per quelle sostanziali alla normativa antisismica, poiché l’opera non risulta sicura per l’incolumità delle persone e delle cose . 5. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.