La Cassazione ritorna sulla (im)possibilità di impugnare il provvedimento relativo alla richiesta di applicazione del controllo giudiziario dell’azienda

La Suprema Corte torna ad occuparsi di un tema che, per la fresca entrata in vigore dell’istituto e, non di meno, il contingente andamento finanziario delle imprese coinvolte talvolta in dissesto , è giunto di rado ad esser sottoposto all’attenzione degli Ermellini.

Malgrado ciò, si tratta di disposizioni rispetto alle quali sembra essersi già sviluppato un contrasto interpretativo, su aspetti eminentemente procedurali, che questa pronuncia, pur non entrando nel merito, promuove e segnala. Lo fa, ribadendo incidentalmente i connotati, già jus receptum, della nozione di abnormità di un provvedimento. Con sentenza n. 22889/19, depositata il 23 maggio. Il caso. Il giudizio a quo prende le mosse da un’azione di prevenzione, di carattere amministrativo, volta a prevenire le conseguenze criminogene dell’infiltrazione di cosche mafiose in un consorzio tra aziende campane. Più in dettaglio, alla luce della biografia giudiziaria degli amministratori e di alcuni lavoratori, legati tra loro da rapporti di parentela, dell’istruttoria svolta dal Pubblico Ministero e degli accertamenti condotti dal Gruppo Ispettivo Antimafia, il Prefetto aveva ritenuto sussistente il pericolo di condizionamento criminale delle scelte societarie e, pertanto, disposto la misura di prevenzione amministrativa. Il Tribunale di Napoli confermava l’interdittiva disposta dall’Autorità di Pubblica Sicurezza, valorizzando i precedenti specifici dei soggetti coinvolti nell’amministrazione, formale o sostanziale, dell’impresa e la capacità di questi ultimi di indirizzare concretamente l’agire aziendale. Il difensore e procuratore speciale del Consorzio coinvolto ricorre per la Cassazione dell’ordinanza di rigetto, lamentando l’apparenza della motivazione adotta dal Primo Giudice, meramente riproduttiva delle considerazioni svolte dal competente Tribunale Amministrativo Regionale, quando aveva rigettato l’impugnazione dell’interdizione prefettizia, recepite acriticamente, senza alcuna rielaborazione delle emergenze che avrebbero dovuto essere oggetto di nuovo apprezzamento in questa sede l’abnormità dell’ordinanza di prevenzione, basata su fatti risalenti e privi di connessione con l’ente, costituito successivamente e che, perciò, non poteva essere in alcun modo influenzato da tali condotte. La sentenza. La Corte di Cassazione – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva insistito per il rigetto del ricorso – dichiara inammissibile l’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del grado ed a versare euro duemila alla Cassa delle Ammende. L’Estensore dedica gran parte della motivazione a ricostruire analiticamente la genesi e la struttura dell’istituto – finalizzato a preservare le organizzazioni produttive, affinché, al riparo dalle ingerenze criminali che le circondano, possano rendere credibile il contrasto alle mafie, assicurando un’alternativa occupazionale lecita nei territori in cui sono insediate – comparandolo con altri similari e passando in rassegna i pochi ed attuali precedenti di legittimità pertinenti. Enuclea, in tal modo, le coordinate ermeneutiche di cui tener conto per la corretta lettura della fattispecie contributo occasionale di soggetti e condotte in senso lato mafiose o criminali rischio concreto per l’attività di impresa di essere agevolata c.d. contiguità concorrente o condizionata c.d. contiguità soggiacente da tali comportamenti delinquenziali natura transitoria e modificabile degli effetti che, privandola di irrevocabilità, la distingue dalla decisione amministrativa in ordine alla legittimità della c.d. interdittiva antimafia. Le caratteristiche dei provvedimenti in materia di amministrazione aziendale controllata. Il corretto inquadramento della vicenda dal punto di vista procedurale è, peraltro, presupposto essenziale per comprendere il principio di diritto che qui viene affermato. È utile premettere che l’esegesi sostenuta non è consolidata, ponendosi anzi in aperta contraddizione con l’orientamento espresso dalla Sezione V, che milita per la ricorribilità dei provvedimenti in discussione, ritenuta, da un lato, più coerente con il rinvio al procedimento camerale operato dalle disposizioni di riferimento e, dall’altro, di maggior garanzia per la libertà di impresa cfr. Cass., Sez. V Pen., 2.7.2018, n. 34526, RV. 273646 . La VI Sezione si oppone a questo indirizzo, deducendo il dato normativo, che non prevede un apposito mezzo di impugnazione, in un ambito nel quale vige il principio di tassatività il richiamo all’art. 127 del codice di rito, poi, non implica necessariamente l’integrale recepimento del modello camerale lì descritto, mentre manca un rinvio espresso all’assetto di impugnazioni previsto, invece, per altri istituti operativi in parte qua il mancato pregiudizio alle libertà protette dalla Carta, stante la natura provvisoria della statuizione, che non produce un effetto decisorio definitivo suscettibile di incidere sulla situazione soggettiva dell’impresa destinataria dell’informativa”, diversamente da quanto accade per le posizioni assunte dal Giudice amministrativo, capaci di consolidare o annullare gli effetti della misura prefettizia. La nozione di abnormità. A margine del tema centrale, il Collegio affronta anche la doglianza difensiva concernente la ritualità del provvedimento impugnato, che non può esser definito abnorme poiché non si discosta né diverge dalle previsioni della norma e dell’intero e organico sistema della legge in materia di misure di prevenzione, non essendosi esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste”. L’atto introduttivo, peraltro, non svolge notazioni inerenti la struttura e la funzione dell’ordinanza di prevenzione, ma lamenta generiche fragilità dell’impianto probatorio, parzialmente costituito da fonti indiziarie, che conforta la tesi del Tribunale partenopeo. Criticità prive di qualunque rapporto con il vizio dedotto con i motivi di ricorso. Conclusioni. La sentenza in commento fornisce una disamina lineare e compiuta di uno strumento, di fresca introduzione, di controllo di tentativi di infiltrazione impropria del mercato, la cui disciplina genera a tutt’oggi significative difficoltà di lettura, che ne complicano l’applicazione. Se, sul piano generale, potrà essere il primo passo di un possibile conflitto ermeneutico, da sottoporre, in futuro, al Massimo Consesso, costituirà sin d’ora, per il giurista pratico, un’utile sintesi della fisionomia di un istituto che si sta rapidamente diffondendo tra le aule.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 aprile – 23 maggio 2019, n. 22889 Presidente Petruzzellis – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Il Consorzio Go Service Scarl in liquidazione, destinatario di informazione interdittiva antimafia ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 91, per il tramite del procuratore speciale avvocato M.G. , propone ricorso avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di applicazione del controllo giudiziario dell’azienda, misura volta ad ottenere la prosecuzione dell’attività imprenditoriale imponendo, se del caso, le comunicazioni ritenute opportune nell’interesse del servizio pubblico da garantire con i contratti in corso e della compagine societaria. La misura richiesta dal Consorzio è prevista dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34 bis, comma 6, introdotto dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161. 2. Il Tribunale, con l’impugnato decreto del 2 ottobre 2018, sulla base della emanata misura di prevenzione amministrativa adottata dal Prefetto, degli atti istruttori svolti dal Pubblico Ministero di Napoli e dei verbali del Gruppo Ispettivo Antimafia ha ritenuto sussistente una forma di contaminazione tra il Consorzio e gruppi criminali operanti sul territorio con modalità camorristiche, infiltrazione rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 84, comma 4, lett. a , ma ha escluso, ai fini dell’applicazione della misura del controllo giudiziario di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, che tale collegamento possieda i caratteri di occasionalità. Secondo il Tribunale sussiste il rischio di condizionamento criminale delle scelte societarie, rischio che deriva dal tentativo di infiltrazione mafiosa, elemento di per sé sufficiente ai fini della emissione della disposta interdittiva antimafia. In sintesi, secondo il Tribunale il ruolo apicale svolto nella compagine societaria da P.B. , quale direttore tecnico nonché coniuge di D.L.G. , che del Consorzio è amministratore unico e legale rappresentante la partecipazione societaria indiretta ed il pari ruolo rivestito nella compagine societaria dal fratello, P.G. , gravato, come B. , da un procedimento penale per cd. reato-spia, essendo stato rinviato a giudizio per i reati di cui agli artt. 416 c.p. e D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 53-bis, associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, fattispecie penale disciplinata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260 e successivamente dall’art. 452-quaterdecies c.p. introdotto dal D.Lgs. n. 21 del 218 i legami dei predetti, attraverso il Consorzio, con R.D. e con la convivente L.A. , per il tramite dei congiunti di questa che per tale compagine svolgono attività lavorativa la condizione di R. , a propria volta gravato da precedenti penali ostativi, quali la condanna per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. e ed estorsione aggravata dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7 e tratto in arresto per il reato di detenzione di arma e raggiunto, il giorno 11 aprile 2017, da una misura applicativa della custodia cautelare in carcere per i reati di turbata libertà degli incanti, corruzione ed altro sono tutti elementi che dimostrano il concreto pericolo che l’assetto societario del Consorzio possa comportare scelte societarie potenzialmente idonee a reiterare le stesse condotte criminose, già contestate in passato dall’autorità giudiziaria penale ai fratelli P. ed al R. . Conclusione viepiù corroborata dall’operatività del Consorzio in un settore di attività ed in un territorio fortemente condizionato dalla criminalità camorristica, tenuto conto che il Consorzio annovera alle proprie dipendenze alcuni congiunti della predetta L. . Il Tribunale, posta la differenza tra lo scrutinio rimesso al giudice amministrativo in merito alla legittimità della informazione antimafia prefettizia, e l’analisi richiesta in sede di valutazione della richiesta di applicazione del controllo giudiziario, ha ritenuto necessitata la verifica della infiltrazione/agevolazione, che costituisce il presupposto dell’applicazione della pur limitata misura del controllo giudiziario, ed ha escluso il requisito della occasionalità delle vicende connesse al pericolo mafioso attenzionato a carico della parte istante, sulla base delle strutturate e riscontrate commistioni, e si è soffermato su ulteriori aspetti dedotti in sede di richiesta del Consorzio. Ha, in conclusione, richiamato proprio la vicenda dell’appalto del servizio a OMISSIS - svolto dapprima da Servizi Ambientali s.r.l. riconducibile al R. e poi dal Consorzio Go Service - come il segno inequivocabile della continuatività di gestione che induce ad escludere la ricorrenza di occasionalità, da intendersi come episodicità, come situazione limitata nel tempo sul piano temporale, ed ha sottolineato la gravità della vicenda, elementi ostativi all’accoglimento della richiesta di controllo giudiziario. 3. Con il ricorso, la difesa del Consorzio denuncia l’apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata nella quale, acriticamente, sono riversate le considerazioni svolte dal Tribunale amministrativo regionale con una decisione che non è ancora definitiva perché oggetto di impugnativa dinanzi al Consiglio di Stato. Carente è la motivazione su entrambi i presupposti che giustificano il ricorso alla misura e, cioè, a le circostanze di fatto per cui possa desumersi il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare l’attività del Consorzio b la verifica dell’occasionalità o meno dell’agevolazione. In particolare sono indimostrate 1.1e commistioni tra il Consorzio e le pregresse vicende che hanno interessato P.B. , culminate nel procedimento a suo carico per reati commessi nell’anno 2002, prima della nascita del Consorzio 2. la riconducibilità del Consorzio Go Service a soggetti gravati da precedenti penali ostativi a fini antimafia. Erroneamente il Tribunale ha valorizzato il dato delle assunzioni dei congiunti della L. ai fini di ritenere comprovata la forza della influenza di R.D. , trattandosi di meri lavoratori subordinati che non hanno alcuna ingerenza nella gestione della società e che percepivano un reddito talmente modesto da potersi escludere che, per tale via, si sia intesa assicurare, da parte del Consorzio, la percezione di una indebita entrata economica al R. . Comunque, risulta in fatto che C.A. e gli altri dipendenti non sono stati assunti dal Consorzio Go Service essendo dipendenti o di aziende che offrono servizi quali la Mediterranea s.r.l. , aziende i cui rapporti sono stati immediatamente risolti dopo l’informazione antimafia di soggetti transitati nel Consorzio per effetto del passaggio del cantiere di OMISSIS dalla ditta che in precedenza ne aveva la gestione di dipendenti del Consorzio, ma per un breve periodo, ovvero assunti, unitamente ad altre unità lavorative, per far fronte ad eccezionali esigenze di lavoro e, in ogni caso, di soggetti assunti previa verifica della insussistenza di precedenti penali a loro carico. Il Consorzio, dopo la informazione antimafia, ha risolto il rapporto di lavoro con la società Mediterranea - che forniva servizi e non solo manodopera - e il rapporto di lavoro con i germani L. . Trascura il Tribunale che, in nome delle clausole di salvaguardia della stabilità della manodopera, le assunzioni dei lavoratori sono imposte alle imprese subentranti fin dalle clausole dei bandi di appalto dei contratti pubblici. Nè il Tribunale ha indicato la esistenza di elementi concreti e non di mera congettura onde ritenere acquisiti plurimi criteri di collegamento tra R.D. e la sua convivente con il ricorrente Consorzio, elementi che, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, devono essere gravi, precisi e concordanti alla stregua della logica del più probabile che non. Rileva, altresì, il ricorrente, che il procedimento a carico dei P. per reati in materia di ecomafia non è ancora definito che del tutto apparente è la motivazione sul coinvolgimento di P.B. in un remoto procedimento, per fatti antecedenti anche alla costituzione del Consorzio e il suo rapporto con P.G. e, comunque, il Tribunale non spiega la incidenza del P. sulla gestione societaria del Consorzio nè sono comprovati rapporti del predetto, di P.G. e di D.L.G. con persone riconducibili alla criminalità organizzata ovvero a rapporti intrattenuti con R.D. -L. attraverso rapporti finanziari o altre cointeressenze in altre società. Al netto della contraddittorietà della motivazione sul rischio di condizionamento del Consorzio, la decisione impugnata non spiega sulla base di quali elementi gravi, precisi e concordanti, e se non con motivazione apparente, abbia ritenuto dimostrato che la famiglia R. -L. possa avere beneficiato di servizi appalti estremamente lucrosi e come il Consorzio abbia agevolato infiltrazioni mafiose, non in modo occasionale ma addirittura fornendo al pluripregiudicato R.D. di controllare, attraverso lo schema societario del Consorzio, l’acquisizione di tali rilevanti utilità. La ricostruzione del Tribunale, che ha valorizzato le assunzioni di due cognati del R. e di altri congiunti della L. e l’ausilio del direttore tecnico, inquisito per fatti risalenti all’anno 2002, è inficiata da grave abnormità che travolge le conclusioni del Tribunale della prevenzione e che si chiede di annullare con la proposta impugnazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto avverso provvedimento che non può costituire oggetto di ricorso per cassazione e che non è altrimenti impugnabile, profilo questo il cui esame si impone con carattere di priorità rispetto all’analisi delle deduzioni contenute nei motivi di ricorso. 2. È necessario, prima della trattazione di tale aspetto, l’esame della misura di prevenzione del controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende allo scopo di evidenziarne la composita natura e funzioni, quali evincibili dalle previsioni recate dal D.Lgs. n. 159 del 2011. 3. Il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende è previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis ed è stato inserito nel novero delle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca, disciplinate nel capo V del Titolo II del predetto decreto, ad opera della L. 17 ottobre 2017, n. 161. In via generale, può affermarsi che l’istituto del controllo giudiziario trova la sua ratio nell’obiettivo di promuovere il recupero delle attività economiche e delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali, nell’ottica di bilanciare in maniera più equilibrata gli interessi che si contrappongono in questa materia. Secondo la relazione finale della Commissione Fiandaca che ne ha teorizzato la figura, costituisce una misura innovativa che non determina lo spossessamento gestorio dell’azienda bensì configura, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento nella vita dell’impresa, intervento che consiste in una vigilanza prescrittiva condotta da un commissario giudiziario nominato dal tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare dall’interno dell’azienda l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’autorità giudiziaria. I presupposti oggettivi di applicazione della misura del controllo giudiziario e la individuazione dei soggetti destinatari dell’agevolazione sono delineati nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 1 e solo in parte rinviano a quelli dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende, misura, quest’ultima, prevista dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34, parimenti oggetto di riforma attraverso le previsioni recate dalla L. n. 161 del 17 ottobre 2017. Dette misure, in uno all’istituto dell’amministrazione dei beni personali di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 33, partecipano di una comune caratteristica, rappresentata dall’assenza dei presupposti per addivenire all’applicazione della misura del sequestro finalizzato alla confisca, e costituiscono misure sussidiarie, applicabili ove venga riscontrato il tratto dell’agevolazione/soggezione dell’attività economica, intesa in senso lato, rispetto ad entità mafiose ovvero criminali. 4. Il presupposto di carattere oggettivo per l’applicazione della misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis cit. è costituito dall’agevolazione occasionale rispetto a soggetti e condotte in senso lato mafioso o criminale, agevolazione che autorizza l’intervento preventivo dello Stato in situazioni di pericolo di infiltrazione mafiosa con carattere anticipato rispetto alla ricorrenza di situazioni idonee ad integrare i presupposti per l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria. Accanto al requisito dell’occasionalità dell’appoggio offerto dall’impresa alla criminalità mafiosa o organizzata, si pone una ulteriore condizione che è costituita dal rischio per l’attività economica di subire condizionamenti, rischio concreto e non fumus astratto , attestato da circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di contaminazioni criminali, idonee a condizionarne l’attività. Le categorie a favore delle quali può essere indirizzata l’agevolazione sono le stesse che giustificano l’applicazione dell’amministrazione giudiziaria entrambe le misure intendono sopperire a situazioni di infiltrazione mafiosa graduale, più subdola, già emerse nella realtà economica, prevedendo all’esito di tale controllo, più o meno incisivo, la possibilità della reimmissione dell’attività nell’ordinario tessuto produttivo. Duplice può essere il contenuto della misura del controllo giudiziario limitato alla imposizione di oneri comunicativi nei confronti dell’autorità giudiziaria, meglio descritti alla lettera a dell’art. 34-bis cit., o esteso all’imposizione di un giudice delegato e di un amministratore giudiziario, così denominato dall’art. 34-bis, comma 2, lett. b creando così una sovrapposizione linguistica con la figura e l’istituto di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34. In quest’ultima ipotesi - secondo la previsione recata dalla richiamata norma - l’amministratore riferisce, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero. In aggiunta alla previsione dei compiti dell’amministratore finalizzati alle attività di controllo, il tribunale può imporre all’impresa una serie di obblighi, oggetto di previsione nel successivo comma 3 dell’art. 34-bis cit La L. n. 161 del 2017 ha modificato anche le disposizioni recate dal D.Lgs. n. 59 del 2011, artt. 20 e 24, in materia di sequestro e di confisca, prevedendo che i provvedimenti di amministrazione e controllo giudiziario, ove ne ricorrono i presupposti, siano adottati dal tribunale, anche di ufficio, su proposta dei soggetti di cui all’art. 17 del decreto. Inoltre il tribunale può procedere di ufficio - ai sensi dell’art. 34, comma 6 D.Lgs. cit. - all’applicazione della misura del controllo giudiziario dell’impresa nel caso in cui venga revocata quella dell’amministrazione giudiziaria, previsione, questa, che ha potenziato le possibilità applicative dell’istituto in analisi. Può, dunque, pervenirsi ad una prima conclusione, secondo la quale le previsioni di cui agli artt. 34 e 34-bis D.Lgs. n. 154 - contenute nel capo V - integrano il catalogo delle misure di prevenzione adottabili dall’autorità giudiziaria e la loro disciplina risulta dalla combinazione delle disposizioni specializzanti, espresse dai richiamati D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 34 e 34-bis, e da quelle previste, per il procedimento di applicazione, quanto ai presupposti sostanziali ed al sistema di impugnazione, dal titolo II del predetto D.Lgs. n. 159. 5.Un particolare modello di misura di controllo giudiziario, rispetto a quella generale innanzi delineata, è costituito dall’istituto disciplinato dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6. La norma prevede la possibilità di attivare la misura del controllo giudiziario su istanza delle aziende che sono state destinatarie della interdittiva antimafia di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 84, comma 4. Il comma 7 dell’art. 34-bis cit. disciplina gli effetti della misura del controllo giudiziario precisando che il provvedimento che la dispone sospende gli effetti di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 94, mentre, nella prima parte del comma 6 dell’art. 34-bis cit., è indicato il contenuto specifico della misura che il tribunale può adottare, individuandolo nell’adozione dei provvedimenti di cui al comma 2, lett. b , art. 34-bis cit Oggetto dell’odierno ricorso è, giustappunto, il provvedimento con il quale il Tribunale, all’esito di udienza partecipata attivata su richiesta dell’impresa destinataria di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, ha rigettato la richiesta di applicazione del controllo giudiziario avanzata dal Consorzio. Il Tribunale ha dato atto che il Consorzio Go Service scarl, in forza di provvedimento prefettizio del 25 ottobre 2017, si trova sottoposto, ai sensi della L. n. 114 del 2014, art. 32, comma 10, ad amministrazione straordinaria e temporanea gestione della società fino al 30 giugno 2018, con riferimento ai contratti di appalto con i Comuni di OMISSIS , relativi alla raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani e che, con precedente provvedimento del 5 luglio 2017, il Prefetto aveva rigettato la richiesta del Consorzio di iscrizione nella cd. white list, ovvero l’elenco dei fornitori, prestatori di servizio, ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa per le categorie sub 1, 2, 5,6, 7,e 8 di cui al D.Lgs. n. 90 del D.L. 24 giugno 2012, n. 90 convertito nella L. n. 114 dell’11 agosto 2014. Risulta, altresì, che avverso il decreto del Prefetto il Consorzio ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo della Regione Campania pronunciatosi, dapprima, con ordinanza di rigetto della richiesta di sospensiva e poi con decisione del 18 luglio 2018, di rigetto nel merito, provvedimento, questo, avverso il quale pende ricorso dinanzi al Consiglio di Stato. 5. La misura del controllo giudiziario di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, ad avviso del Collegio, ha natura del tutto peculiare nella quale vengono in contatto istituti diversi, per struttura e caratteri da un lato quello del controllo giudiziario regolato, in generale, dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, e dall’altro la informazione antimafia interdittiva di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 84. Le informazioni antimafia , disciplinate dall’art. 84 cit. appartengono al sistema della documentazione antimafia e, unitamente alle comunicazioni antimafia , costituiscono le fondamentali misure di prevenzione amministrative previste dal codice antimafia nel libro II e confermate, nel loro impianto, anche dalla recente modifica di cui alla L. 17 ottobre 2017, n. 161. L’informazione antimafia, come precisato nel comma 3 dell’art. 84, consiste nell’attestazione della sussistenza, o meno, di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’art. 67 relativo a tutti gli effetti che si producono a seguito di irrogazione di misura preventiva con carattere definitivo nei confronti dei destinatari , nonché, fatto salvo quanto previsto dall’art. 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza, o meno, di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, volti a condizionare le scelte o gli indirizzi della società o delle imprese interessate. L’informazione antimafia ha natura discrezionale, laddove incarica il prefetto di verificare la sussistenza, o meno, di tentativi di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa, desumibili o dai provvedimenti e dagli elementi, tipizzati nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 84, comma 4, o dai provvedimenti di condanna, anche non definitiva, per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali, unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose contiguità concorrente o esserne in qualche modo condizionata contiguità soggiacente . L’informazione antimafia preclude qualunque attività nei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici , incidendo anche in quelli tra privati, poiché l’effetto interdittivo si estende alle autorizzazioni, in forza del D.Lgs. n. 153 del 2014. Il Consiglio di Stato ha, a più riprese, precisato le caratteristiche e le finalità di tale forma di provvedimento prefettizio, individuandone i requisiti e gli effetti. L’informazione antimafia, secondo l’organo di giustizia amministrativa, costituisce un provvedimento discrezionale e non vincolato che deve fondarsi su un autonomo apprezzamento da parte dell’autorità prefettizia degli elementi emersi dalle indagini svolte o dei provvedimenti emessi in sede penale. Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità ex lege, parziale - in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la pubblica amministrazione - e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto destinatario è precluso avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 67. Il provvedimento in esame è soggetto alle impugnative giurisdizionali e amministrative, dei provvedimenti prefettizi. 6. Il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, prevede che le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, che abbiano proposto impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b del comma 2 del presente articolo vale a dire la nomina di un giudice delegato e di un amministratore il quale riferisce all’autorità giudiziaria, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo . L’iter procedimentale della richiesta è disciplinato dal medesimo comma 6 il tribunale, sentiti il procuratore distrettuale competente e gli altri soggetti interessati, nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p., accoglie la richiesta, ove ne ricorrano i presupposti. Successivamente, prosegue il citato comma 6, anche sulla base della relazione dell’amministratore giudiziario, può revocare il controllo e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali. Effetto della disposta misura del controllo giudiziario richiesto dall’impresa, come innanzi anticipato, è la sospensione degli effetti di cui all’art. 94, ossia degli effetti prodotti dalla informazione prefettizia, esito che rende evidente, ictu oculi, al mero confronto con i descritti effetti prodotti dall’interdittiva prefettizia e dal controllo giudiziario, la vantaggiosità per le aziende contaminate che intendano essere depurate e rimanere sul mercato, dell’ammissione al controllo giudiziario da qui l’affermazione della natura mitigatrice degli effetti della interdittiva prefettizia dell’istituto in parola. 7. Rispetto alla generale figura del controllo giudiziario di azienda adottabile dal tribunale quale misura di prevenzione di carattere patrimoniale ma non ablatoria, l’istituto in esame si caratterizza per la previsione di specifici requisiti del soggetto che può avanzare la richiesta, ovverosia le imprese già destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art. 84, comma 4, e dell’ulteriore requisito che l’impresa richiedente abbia proposto impugnazione del provvedimento del prefetto. Viceversa la misura di cui all’art. 34-bis è attivata su proposta dei soggetti di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 17 ovvero è disposta di ufficio dal tribunale, in pendenza di richiesta di distinta misura di prevenzione patrimoniale della quale non ricorrono i presupposti, quali la richiesta di sequestro - cfr. il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 20 - o la richiesta di confisca di prevenzione - cfr. l’art. 24 D.Lgs. cit. - ovvero in caso di revoca della già disposta amministrazione giudiziaria - cfr. art. 34, comma 6, cit 8. Contrastante in dottrina e nelle prime applicazioni pratiche dell’istituto, è stato l’apprezzamento della misura di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, misura che ha trovato favorevole accoglimento nella prassi, documentata dal numero di richieste rivolte ai tribunali di prevenzione per l’applicazione dell’istituto. È stata criticata come artificiosa la scelta legislativa di condizionare la richiesta dell’impresa alla previa impugnazione del provvedimento prefettizio, con il rischio di vanificare, a cagione delle lungaggini del procedimento amministrativo, l’adesione spontanea all’istituto che realizza il positivo effetto di affrancare l’impresa dall’invasività del provvedimento prefettizio, mettendola immediatamente al riparo dalla misura di prevenzione amministrativa. Per altro aspetto, è risultata complessa, nelle prime applicazioni giurisprudenziali, la ricostruzione dei presupposti applicativi dell’istituto. Sono stati discussi, in particolare, la individuazione del margine di discrezionalità in capo al tribunale competente destinatario della richiesta nella valutazione dei presupposti applicativi essendo, viceversa, proposto un automatismo di applicazione della misura del controllo giudiziario in presenza dei meri requisiti formali, cioè l’assoggettamento alla interdittiva e l’impugnazione del provvedimento prefettizio sui poteri del tribunale della prevenzione in merito alla valutazione della legittimità delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto sul contenuto prescrittivo del controllo, se, cioè, limitato alla nomina del giudice delegato e dell’amministratore, ai sensi del comma 2, lett. b dell’art. 34-bis cit. ovvero esteso agli obblighi recati dal comma 3 dell’art. 34-bis cit Soprattutto sono risultati controversi i rapporti che intercorrono tra l’impugnazione in sede amministrativa e la misura del controllo giudiziario. Ci si è domandato se l’applicazione del controllo giudiziario di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, sia fisiologicamente ed inscindibilmente connessa alla pendenza di un procedimento giurisdizionale amministrativo o meno - e, quindi, se si è in presenza di un presupposto della richiesta ovvero mero requisito di ammissibilità della domanda - e quali siano i rapporti tra l’esito del procedimento amministrativo e la decisione irrevocabile che in esso sopraggiunga e la richiesta di controllo giudiziario, e, più in generale, quali sino i rapporti reciproci tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6 cit. e l’esito della impugnativa amministrativa. Si tratta di aspetti vari e ciascuno di essi non indifferente rispetto al tema della impugnabilità del provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione adito dall’impresa che, come anticipato, è l’unico soggetto che può azionare la misura in esame e, in caso affermativo, della individuazione del mezzo di impugnazione. 8.1.Ad alcuni di tali spunti problematici ha dato risposta la copiosa giurisprudenza di merito e la giurisprudenza di questa Corte. Esaminando la problematica dell’ammissibilità della richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario si è negato qualsivoglia automatismo di accesso a tale controllo, dovendo il giudice accertarne la ricorrenza dei presupposti e, in particolare, oltre alla intervenuta impugnazione del provvedimento prefettizio, quella della occasionalità del contagio mafioso Sez. 5, n. 34526 del 2/7/2018, Eurotrade, Rv. 273645 . Sotto altro aspetto, si è precisato che l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiesti non investe anche la valutazione della legittimità o meno delle misure interdittive antimafia adottate dal prefetto Sez. 2, n. 18564 del 13/2/2019, Consorzio COIN, non massimata Sez. 2, n. 16105 del 15/3/2019, Panges ed altro, non massimata . Anche il tema dei rapporti tra la misura del controllo giudiziario eventualmente disposto dal tribunale ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6 cit. e l’impugnativa amministrativa è stato affrontato da questa Corte cfr. Sez. 2, n. 16105 cit. concentrando l’attenzione dell’interprete sull’autonomia o meno dei due giudizi al momento della proposizione della domanda di controllo giudiziario. 9.L’esame dei descritti aspetti di criticità e l’analisi del rapporto tra la impugnazione - che può essere amministrativa o giurisdizionale non essendovi specificazione nella norma - del provvedimento di interdittiva antimafia e la richiesta di applicazione della misura del controllo giudiziario, sposta direttamente l’attenzione sul tema dell’odierna decisione e sull’affermazione dalla quale muove la conclusione di inoppugnabilità del provvedimento emesso dal tribunale della prevenzione. 9.1. I riferimenti normativi che regolano l’istituto consentono, in primo luogo, di escludere che la disciplina positiva ne preveda un mezzo di impugnazione e, come noto, anche nella materia della prevenzione opera il principio di tassatività che presiede al regime delle impugnazioni ai sensi dell’art. 568 c.p.p., comma 1. Nè la sintetica disciplina positiva innanzi richiamata - che delinea caratteri del tutto peculiari dell’istituto - contiene alcun rinvio al procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali o patrimoniali ovvero al sistema di impugnazione dei provvedimenti patrimoniali, recato dal D.Lgs. n. 159 del 2011, artt. 27 e 10. Una conferma della non casualità del vuoto di previsione può essere tratta dalla specificazione, inserita nell’ultimo comma dell’art. 34 alla novella n. 161 del 2017, unitamente all’introduzione dell’esaminato art. 34-bis, di uno specifico richiamo ai mezzi di impugnazione esperibili avverso quel provvedimento, circostanza che sembra confermare, per inevitabile valutazione sistematica del nuovo testo normativo, l’assenza del diritto all’impugnazione nel caso che ci occupa. 10. Non ignora il Collegio che, riguardo alla questione, vi sono specifici provvedimenti di questa Corte nel senso della ricorribilità per cassazione del provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6. La prima decisione in tal senso è stata assunta dalla Sezione 5 penale di questa Corte, con sentenza resa all’esito di procedimento ai sensi dell’art. 611 c.p.p., ed è massimata nel senso che il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva, ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 127 c.p.p., comma 7, Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade S.r.l., Rv. 273646 , individuata quale unica impugnazione consentita. La sentenza indicata ha attribuito rilevanza al richiamo alle forme del procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 127 c.p.p. ed ha fatto riferimento alla necessità di assicurare il controllo di legittimità imposto, ex art. 111 Cost., dalla interferenza con diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, quale è la libertà di impresa . Altra decisione Sez.5, n. 18564 cit. ha precisato che è deducibile con il ricorso, a mente del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 10, comma 3, solo il vizio di violazione di legge. Tale conclusione è stata condivisa anche da ulteriori decisioni, non massimate. 10.1. L’opzione ermeneutica seguita da tali decisioni non è, tuttavia, condivisibile. Il principio costantemente affermato da questa Corte sul valore da attribuire al rinvio all’art. 127 c.p.p., operato nelle norme del codice con la formula, secondo le forme previste o con altre equivalenti riguarda la regola di svolgimento dell’udienza camerale ma non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio Sez. U, n. 17 del 06/11/1992, Bernini ed altri, Rv. 191786 . 10.2. Ad avviso del Collegio, neppure appare decisivo il richiamo all’art. 111 Cost Il provvedimento adottato dal tribunale di prevenzione ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 34-bis, comma 6, non incide sulla libertà personale - ambito richiamato dalla previsione costituzionale - mentre il riferimento alla interferenza con la libertà di impresa appare, piuttosto, volto ad attribuire al provvedimento impugnato la natura sostanziale di sentenza, ovvero, ai fini della ricorribilità per cassazione, di un provvedimento giurisdizionale che sia suscettibile di assumere carattere di definitività, quanto all’incidenza sulle posizione soggettive tutelate. 11.Orbene, ritiene il Collegio che la decisione del tribunale della prevenzione, sia di accoglimento che di rigetto della richiesta dell’interessato non possiede tali connotati ma, anzi, si caratterizza, alla stregua dei descritti presupposti strutturali dell’istituto e degli effetti del provvedimento di ammissione al controllo giudiziario eventualmente adottato, per il contenuto provvisorio della statuizione, alla quale inerisce l’attribuzione di decisione rebus sic stantibus e, pertanto, sia sempre rivedibile in forza di elementi nuovi che sopraggiungano fino al momento in cui, attraverso il giudicato amministrativo, gli effetti della misura di prevenzione amministrativa siano stabilizzati. Non è casuale nè approssimativa la scelta del legislatore di prevedere, come requisito della domanda di ammissione al controllo giudiziario in esame, l’impugnazione del relativo provvedimento - quale che essa sia, amministrativa o giurisdizionale - nè la descrizione delle conseguenze del provvedimento di ammissione, individuata attraverso l’espressione sospende gli effetti , indicazione che comporta la necessità che il procedimento di impugnazione in sede amministrativa sia ancora pendente. La ratio e la funzione dell’istituto non possono ragionevolmente consistere nell’aggiramento della misura interdittiva amministrativa, ovvero in una sua anomala impugnativa dinanzi al tribunale della prevenzione in violazione del principio di riparto della giurisdizione , con la produzione degli effetti tipici di tale decisione di annullamento ovvero revoca della misura di prevenzione amministrativa, esiti decisori che permangono in capo alla competente autorità amministrativa o giurisdizionale. Si deve concludere che la norma delinea la previsione che l’azienda interessata, fintanto che sia pendente l’impugnazione e sia in corso la contestazione della legittimità del provvedimento amministrativo, possa rivolgersi al tribunale di prevenzione, individuato in ragione della specifica competenza nella materia, demandandogli la verifica - nel contraddittorio tra le parti interessate - della sussistenza dei requisiti sussistendone i presupposti di applicazione di una misura meno stringente di quella applicata in sede amministrativa e della quale, in caso di accoglimento della richiesta, sono sospesi gli effetti. La misura del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 6, consente l’operatività dell’azienda stessa, sotto controllo dell’autorità giudiziaria, attraverso un adeguato bilanciamento di interessi, quando l’agevolazione degli scopi criminali risulti occasionale, ovvero emergano profili di infiltrazione non stabili e l’impresa, attivando il meccanismo dell’impugnazione del provvedimento interdittivo, abbia contestato la legittimità della decisione che, altrimenti, si ha per accettata. Deve, invece, escludersi qualsiasi potere di controllo da parte del tribunale di prevenzione sui presupposti che legittimano l’applicazione della interdittive antimafia, venendo, altrimenti, a realizzarsi una illegittima invasione delle sfere di competenza dell’autorità amministrativa ed una illegittima duplicazione di procedimenti aventi ad oggetto la legittimità delle interdittive, la cui valutazione resta esclusivamente di competenza del prefetto e del giudice amministrativo, quale esso sia. 12. Gli effetti del provvedimento adottato dal tribunale della prevenzione, individuati e descritti nella norma richiamata, non sono immediatamente correlati all’esercizio di diritti di rango costituzionale - diritti che sono connessi alla vicenda impugnatoria dell’interdittiva prefettizia dinanzi al competente organo amministrativo - ma sono di preminente natura cautelare essendo volti a realizzare una ulteriore forma di tutela dell’impresa destinataria della misura di prevenzione amministrativa consentendogli la continuità dell’attività economica, in vista della decisione amministrativa sulla inibitoria. 13. In caso di esito positivo di accoglimento della richiesta, con applicazione della misura del controllo giudiziario, per l’accertata sussistenza di situazioni, ancorché occasionali, di infiltrazione/condizionamento criminale dell’impresa - infiltrazione/condizionamento che, vale ricordarlo, sono a base della informativa prefettizia - non si produce un effetto decisorio definitivo suscettibile di incidere sulla situazione soggettiva dell’impresa destinataria della informativa, esito connesso al giudizio dinanzi alla competente autorità amministrativa, ma solo una sospensione degli effetti del provvedimento inibitorio, analoga a quella che interviene per effetto di un provvedimento di sospensiva autorità amministrativa, effetti che, ove sopravvenga il giudicato amministrativo di rigetto, sono destinati a riespandersi, ovvero a venire meno del tutto, nel caso in cui la decisione amministrativa sia favorevole all’impresa che, per l’effetto, viene rimessa nel pieno esercizio dei suoi diritti. La norma in esame, peraltro, non disciplina l’esito del procedimento di controllo giudiziario, del quale non è prevista la durata, se non riferendosi alla possibilità di revoca del provvedimento e a quella di disporre altre misure di prevenzione patrimoniali, ricorrendone i presupposti rinvio sintetico, ma sufficiente per enucleare quale esito possibile anche quello dell’applicazione, da parte dell’autorità giudiziaria, di una misura di prevenzione patrimoniale. Certamente, poi, nel caso in cui l’impugnativa amministrativa sia favorevole all’impresa, viene meno uno dei requisiti soggettivi che costituisce il presupposto dell’applicazione della misura del controllo giudiziario che da tale soggetto era stato attivato. Conclusivamente ritiene il Collegio che l’accoglimento della richiesta di controllo giudiziario ex art. 34-bis, comma 6 cit., secondo l’esito auspicato dalla impresa richiedente, che è l’unica legittimata a proporre la domanda, determina l’attivazione degli obblighi connessi al controllo giudiziario e la mera sospensione e non già nell’annullamento ovvero la revoca della interdittiva prefettizia, effetti caducatori, questi ultimi, che possono prodursi solo nella competente sede amministrativa, secondo una precisa scelta del legislatore - anche di natura semantica - e dell’inquadramento sistematico dell’istituto del controllo giudiziario per nulla casuale, scelta che ribadisce la natura provvisoria dell’applicazione dell’istituto e funzionale a ridimensionarne gli effetti, nelle more della definitiva decisione amministrativa sulla misura interdittiva applicata dal prefetto, che ne costituisce il presupposto. 13.1. In caso di applicazione della misura, corrispondente ad una precisa richiesta dell’impresa interessata, questa potrà sempre sollecitare la revoca del provvedimento, revoca che potrà essere proposta anche dall’amministratore giudiziario, per sopravenute modifiche delle condizioni di applicazione, o conseguire anche alla definizione della impugnazione amministrativa nella sede naturale. È inoltre previsto che, in tale evenienza, anche quando si verifichi una situazione favorevole all’impresa interessata, con l’annullamento della misura interdittiva, il tribunale di prevenzione, comunque investito della conoscenza di una situazione di contagio criminale dell’attività economica, possa attivare, ricorrendone i presupposti, una misura di prevenzione, secondo le previsioni del codice antimafia in materia di misure di competenza dell’autorità giudiziaria, procedura di revoca che chiama in causa anche la pubblica accusa, pienamente informata, attraverso la procedura camerale ed i suoi esiti, della misura amministrativa e della fase aperta con la misura del controllo giudiziario richiesto dall’azienda interessata. L’art. 34-bis del codice antimafia - che prevede la procedura in discorso quando i pericoli di infiltrazione comportino solo in via occasionale l’agevolazione dell’attività di impresa che ha fondato l’applicazione della misura interdittiva antimafia amministrativa - non incide sulla sussistenza dei pericoli stessi - che, anzi, presuppone - attenendo unicamente alla possibilità di consentire, in via provvisoria, la prosecuzione dell’attività economica e prende atto della necessità di salvaguardare, con le necessarie cautele, le realtà produttive che, per quanto incise da tentativi di infiltrazione mafiosa, manifestino un grado di autonomia gestionale dalle consorterie criminali non ancora totalmente compromesso e sufficiente a consentirne un’attività economica corretta, pure in forma controllata . Opzione favorita dal legislatore il cui intento è quello di conservare, per quanto possibile, realtà produttive che, soprattutto nelle zone in cui esistono i fenomeni associativi criminali più eclatanti, possano costituire rimedio all’assenza di credibili opportunità occupazionali. 14. Un definitivo esito decisorio non si produce neppure in caso di esito negativo, di inammissibilità o rigetto, della richiesta dell’impresa destinataria di informazione prefettizia antimafia, per carenza dei requisiti che legittimano il ricorso all’applicazione della misura, come ad es. per la mancanza del requisito della occasionalità ovvero della inidoneità e incapacità dell’impresa di svolgere dall’interno un’adeguata e idonea azione di bonifica volta alla eliminazione delle situazioni segnalate nella informativa prefettizia come indicative o sintomatiche del pericolo di infiltrazione/condizionamento/contaminazione mafiosa dell’impresa. Tale conclusione non solo non è positivamente prevista, sotto forma di preclusione o decadenza, ma, soprattutto, non è in linea con i descritti requisiti soggettivi e presupposti di accesso alla misura del controllo giudiziario a richiesta dell’impresa destinataria dell’informativa prefettizia, in positivo delineati dalla previsione di cui all’art. 34-bis, comma 6 cit., controllo che, pertanto, può essere azionato, ricorrendone i presupposti giustificativi, in qualunque momento del complesso iter dell’impugnativa amministrativa. Ciò è tanto più vero ove si osservi che le aziende e imprese costituiscono sia per la compagine soggettiva che per il dinamismo che ne caratterizza l’operatività, soggetti giuridici che possono attivare positive sinergie per la rimozione di quelle condizioni di infiltrazione e agevolazione criminale e che, pertanto, possono avviarsi sulla via della bonifica adottando modelli di organizzazione e gestione risanati. La modifica sostanziale di tali condizioni operative ha diretta incidenza sulla procedura amministrativa di applicazione della misura, che come previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 91, comma 5, ult. periodo, deve essere sempre aggiornata in presenza di nuovi elementi di valutazione offerti dall’interessato all’autorità amministrativa e che, per l’effetto, rifluisce anche sulla possibilità di riproposizione della richiesta di controllo giudiziario. 15. Nè ricorrono i presupposti affinché possa ritenersi che il provvedimento impugnato presenta caratteri di abnormità, secondo la generica prospettazione svolta dal ricorrente. La categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla giurisprudenza con l’intento dichiarato di introdurre un correttivo al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione e di apprestare il rimedio del ricorso per cassazione contro determinati provvedimenti che, pur non essendo oggettivamente impugnabili, risultino, tuttavia, affetti da anomalie genetiche o funzionali così radicali da non poter essere inquadrati in nessuno schema legale. Il ricorso per cassazione rappresenta, pertanto, lo strumento processuale utilizzabile per rimuovere gli effetti di un provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del suo contenuto, deve essere considerato avulso dall’intero ordinamento giuridico Sez. U., n. 7 del 26 aprile 1989, Teresi, Rv. 181303 . Tale evenienza non ricorre nel caso in esame poiché il provvedimento adottato non si discosta nè diverge dalle previsioni della norma e dell’intero e organico sistema della legge in materia di misure di prevenzione, non essendosi esplicato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, stante la descritta natura e funzione dell’istituto e la inerenza dei poteri di controllo esercitati dal giudice ai fini dell’adozione del provvedimento. 16. Le argomentazioni sviluppate consentono di escludere che il provvedimento con il quale il Tribunale della prevenzione di Napoli sia impugnabile per cassazione, con conseguente inammissibilità della proposta impugnazione e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro duemila, avuto riguardo alla causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.