Il ne bis in idem in materia tributaria non è violato, se…

In materia tributaria, non è configurabile una violazione del principio del ne bis in idem in caso di contemporaneità del procedimento amministrativo e di quello penale la connessione temporale, infatti, unita alla diversità di fini perseguiti, esclude la violazione. In particolare, il ne bis in idem è escluso se vi sia un sistema integrato che permette di affrontare i diversi aspetti dell'illecito in maniera prevedibile e proporzionale, nel quadro di una strategia unitaria .

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22033/19, depositata il 20 maggio. E’ possibile valutare aspetti particolari dello stesso fatto In generale, è legittimo assumere, come elemento di giudizio autonomo, circostanze di fatto raccolte nel corso di altri procedimenti penali, pur quando questi si siano conclusi con sentenze irrevocabili di assoluzione, perché la preclusione del giudizio impedisce soltanto l'esercizio dell'azione penale per il fatto-reato che di quel giudicato ha formato oggetto, ma non la possibilità di una rinnovata valutazione delle risultanze probatorie acquisite nei processi ormai conclusisi, una volta stabilito che quelle risultanze probatorie possono essere rilevanti per l'accertamento di reati diversi da quelli già giudicati. Infatti l'inammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato non vieta di prendere in considerazione lo stesso fatto storico, o particolari suoi aspetti, per valutarli liberamente ai fini della prova concernente un reato diverso da quello giudicato, in quanto ciò che diviene irretrattabile è la verità legale del fatto-reato, non quella reale del fatto storico. In altri termini, l'inammissibilità di un secondo giudizio per lo stesso reato, non vieta di prendere in considerazione il medesimo fatto storico per valutarlo ai fini della prova di altro reato, anche nell'ambito dello stesso processo e nei confronti del medesimo imputato. nel limite del divieto di bis in idem”. Il principio del ne bis in idem impedisce al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali, indipendentemente dalla qualificazione attribuita al fatto. In altre decisioni, la Suprema Corte ha statuito che per medesimo fatto, ai fini dell'applicazione del principio del ne bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p., deve intendersi identità degli elementi costitutivi del reato, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente più disposizioni di legge. Peraltro, la preclusione del ne bis in idem non opera ove tra i fatti già irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un'ipotesi di concorso formale di reati”, potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, salvo che nel primo giudizio sia stata dichiarata l'insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell'imputato. Ne bis in idem e materia tributaria. Con riguardo al rapporto fra procedimento penale ed amministrativo in materia tributaria, va rilevato che la ratio del vigente art. 19 d.lgs. n. 74/2000 si fonda sulla necessità di evitare il cumulo delle pene irrogabili, nel rispetto del principio del ne bis in idem sostanziale in favore del contribuente, il quale non può essere giudicato e condannato per due volte in sede penale ed in sede amministrativa in relazione al medesimo fatto sanzionabile. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha però stabilito che non sussiste la violazione del ne bis in idem convenzionale nel caso della irrogazione definitiva di una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta la natura sostanzialmente penale, ai sensi dell'art. 4 Protocollo n. 7 CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nelle cause G. e altri contro Italia del 4 marzo 2014, e N. contro Finlandia del 20 maggio 2014, per il medesimo fatto per il quale vi sia stata condanna a sanzione penale, quando tra il procedimento amministrativo e quello penale sussista una connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta, tale che le due sanzioni siano parte di un unico sistema, secondo il criterio dettato dalla suddetta Corte nella decisione A. e B. contro Norvegia del 15 novembre 2016. Pertanto, il divieto, sancito dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo con le sentenze G.S. c. Italia e N. c. Finlandia, di infliggere una condanna penale per il medesimo fatto per il quale sia stata applicata una sanzione amministrativa da ritenersi di natura penale non può dirsi violato, secondo quanto affermato dalla stessa Corte con la successiva sentenza 15 novembre 2016 in causa A. e B. c. Norvegia, nel caso in cui la condanna penale sia pronunciata nei confronti di soggetto già sanzionato in via definitiva dall'amministrazione tributaria con una sovrattassa sull'imposta evasa.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 febbraio – 20 maggio 2019, n. 22033 Presidente Ramacci – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1/12/2017, la Corte di appello di Firenze confermava la pronuncia emessa il 9/11/2016 dal Tribunale di Pistoia, con la quale P.G. era stato giudicato colpevole di plurime violazioni del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, commesse quale legale rappresentante della P. Ecologia s.r.l., e condannato alla pena di due anni e sei mesi di reclusione. 2. Propone ricorso per cassazione il P. , a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - la violazione dell’art. 649 c.p.p., con vizio motivazionale. La Corte di appello avrebbe negato, con argomento apodittico e carente, il bis in idem tra la sanzione penale irrogata e quella tributaria già disposta ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, limitandosi ad evidenziare che la seconda avrebbe carattere soltanto economico e non restrittivo in palese contrasto, dunque, con la costante giurisprudenza EDU in materia, che non escluderebbe affatto che anche una sanzione patrimoniale possa avere i caratteri di vera e propria pena . Poco convincente, inoltre, risulterebbe il richiamo alla sentenza EDU A e B contro Norvegia premesso che gli argomenti di cui a questa pronuncia sarebbero stati trattati dal ricorrente in discussione in appello non potendo esser affrontati nei motivi di gravame, stesi precedentemente alla sentenza stessa , si osserva, in ogni caso, che nel caso di specie difetterebbe del tutto una connessione temporale tra il giudizio tributario, concluso nel 2011, e quello penale, ad oggi non ancora definito. In senso contrario, peraltro, non varrebbe neppure invocare la differenza soggettiva tra i destinatari delle due sanzioni, atteso che quelle tributarie irrogate alla P. Ecologia s.r.l. graverebbero comunque sul ricorrente, persona fisica centro di imputazione delle stesse misure. Si chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza. Considerato in diritto 3. Il ricorso - che si esaurisce nella questione del bis in idem come appena richiamata - risulta infondato. 4. Al riguardo, occorre muovere da una assai significativa e recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 43 del 2018, che - nell’affrontare una questione di legittimità proposta con riguardo all’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dei relativi Protocolli , ha sviluppato un percorso argomentativo di primaria importanza, qui da richiamare. 5. In particolare - ricostruito il rapporto tra giudice nazionale e disposizioni della CEDU e dei suoi protocolli addizionali, che vivono nel significato loro attribuito dalla giurisprudenza della Corte EDU - la Corte costituzionale ha richiamato la giurisprudenza convenzionale in materia di bis in idem, con particolare riferimento alla sentenza A e B contro Norvegia del 15 novembre 2016, peraltro citata tanto nella decisione impugnata quanto nel ricorso. Ebbene, la Corte italiana ha evidenziato che La rigidità del divieto convenzionale di bis in idem, nella parte in cui trova applicazione anche per sanzioni che gli ordinamenti nazionali qualificano come amministrative, aveva ingenerato gravi difficoltà presso gli Stati che hanno ratificato il Protocollo n. 7 alla CEDU, perché la discrezionalità del legislatore nazionale di punire lo stesso fatto a duplice titolo, pur non negata dalla Corte di Strasburgo, finiva per essere frustrata di fatto dal divieto di bis in idem. Per alleviare tale inconveniente, la Corte EDU ha enunciato il principio di diritto secondo cui il ne bis in idem non opera quando i procedimenti sono avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto sufficiently closely connected in substance and in time , attribuendo a questo requisito tratti del tutto nuovi rispetto a quelli che emergevano dalla precedente giurisprudenza. In particolare, la Corte di Strasburgo ha precisato paragrafo 132 della sentenza A e B contro Norvegia che legame temporale e materiale sono requisiti congiunti che il legame temporale non esige la pendenza contemporanea dei procedimenti, ma ne consente la consecutività, a condizione che essa sia tanto più stringente, quanto più si protrae la durata dell’accertamento che il legame materiale dipende dal perseguimento di finalità complementari connesse ad aspetti differenti della condotta, dalla prevedibilità della duplicazione dei procedimenti, dal grado di coordinamento probatorio tra di essi, e soprattutto dalla circostanza che nel commisurare la seconda sanzione si possa tenere conto della prima, al fine di evitare l’imposizione di un eccessivo fardello per lo stesso fatto illecito. Al contempo, si dovrà valutare anche se le sanzioni, pur convenzionalmente penali, appartengano o no al nocciolo duro del diritto penale, perché in caso affermativo si sarà più severi nello scrutinare la sussistenza del legame e più riluttanti a riconoscerlo in concreto . 5.1. Di seguito, la Corte costituzionale ha precisato che Il ne bis in idem convenzionale cessa di agire quale regola inderogabile conseguente alla sola presa d’atto circa la definitività del primo procedimento, ma viene subordinato a un apprezzamento proprio della discrezionalità giudiziaria in ordine al nesso che lega i procedimenti, perché in presenza di una close connection è permesso proseguire nel nuovo giudizio ad onta della definizione dell’altro. 5.2. Inoltre, neppure si può continuare a sostenere che il divieto di bis in idem convenzionale ha carattere esclusivamente processuale, giacché criterio eminente per affermare o negare il legame materiale è proprio quello relativo all’entità della sanzione complessivamente irrogata. Se pertanto la prima sanzione fosse modesta, sarebbe in linea di massima consentito, in presenza del legame temporale, procedere nuovamente al fine di giungere all’applicazione di una sanzione che nella sua totalità non risultasse sproporzionata, mentre nel caso opposto il legame materiale dovrebbe ritenersi spezzato e il divieto di bis in idem pienamente operante. 5.3. Così, ciò che il divieto di bis in idem ha perso in termini di garanzia individuale, a causa dell’attenuazione del suo carattere inderogabile, viene compensato impedendo risposte punitive nel complesso sproporzionate . 5.4. In sintesi, quindi, la Corte costituzionale ha evidenziato che si è passati dal divieto imposto agli Stati aderenti di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l’uno dall’altro, alla facoltà di coordinare nel tempo e nell’oggetto tali procedimenti, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati a un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all’entità della pena in senso convenzionale complessivamente irrogata. 5.5. Questa svolta giurisprudenziale è potenzialmente produttiva di effetti con riguardo al rapporto tra procedimento tributario e procedimento penale. In precedenza, come si è detto, l’autonomia dell’uno rispetto all’altro escludeva in radice che essi potessero sottrarsi al divieto di bis in idem. Oggi, pur dovendosi prendere in considerazione il loro grado di coordinamento probatorio, al fine di ravvisare il legame materiale, vi è la possibilità che in concreto gli stessi siano ritenuti sufficientemente connessi, in modo da far escludere l’applicazione del divieto di bis in idem, come testimonia la stessa sentenza A e B contro Norvegia , che proprio a tali procedimenti si riferisce. Naturalmente, la decisione non può che passare da un giudizio casistico, affidato all’autorità che procede. Infatti, sebbene possa affermarsi in termini astratti che la configurazione normativa dei procedimenti è in grado per alcuni aspetti di integrare una close connection , vi sono altri aspetti che restano necessariamente consegnati alla peculiare dinamica con cui le vicende procedimentali si sono atteggiate nel caso concreto sentenza richiamata, tra le altre, in numerose pronunce di questa Sezione, tra le quali la n. 51051 del 3/10/2018, Ovan, la n. 52142 del 6/7/2018, Lumini, così come quella della Corte EDU è menzionata, tra le altre, in Sez. 3, n. 6993 del 22/9/2017, Servello, Rv. 272588 Sez. 3, n. 35156 del 1/3/2017, Palumbo, Rv. 270913 . 6. Così individuato il perimetro interpretativo della questione in esame, osserva allora il Collegio che la sentenza impugnata pur precedente alla richiamata pronuncia della Corte costituzionale ne ha fatto buon governo, con più che adeguate considerazioni, sì da non poter esser censurata. Ed invero, pur avendo premesso - argomento all’evidenza insufficiente - che il bis in idem doveva esser negato in ragione del carattere esclusivamente patrimoniale della sanzione applicata in sede tributaria ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, rispetto a quello detentivo irrogato nel processo penale, ha comunque precisato che, nel caso in esame, non era in discussione una connessione sufficientemente stretta sul piano sostanziale e temporale dei due procedimenti, in modo da determinarne l’unificazione o, in caso di loro svolgimento parallelo, comunque l’assicurazione di una duplice connessione cronologico-sostanziale, che, evitando per quanto possibile duplicazioni nella raccolta e nella valutazione delle prove, sia sufficientemente stringente da consentire una risposta sanzionatoria complessivamente proporzionata e prevedibile, in modo che la sanzione irrogata per seconda tenga conto di quella irrogata per prima . Sì da ammettere, dunque, il denunciato secondo giudizio e senza che si possa accedere, in termini contrari, alla diversa prospettazione offerta sul punto nel ricorso in ordine al legame temporale tra i procedimenti , perché legata a criteri di merito non valutabili in questa sede. 8. Un’ultima considerazione, peraltro all’evidenza decisiva. La Corte di appello ha infine sottolineato - con portata tranchante - che la questione del bis in idem non poteva comunque trovare accoglimento nel caso di specie in ragione di una circostanza oggettiva, ossia che la sanzione tributaria era stata irrogata ad un soggetto la P. Ecologia s.r.l. diverso da quello colpito dalla sanzione penale il ricorrente P.G. . Con ciò, dunque, dovendosi confermare il costante principio di diritto in forza del quale non sussiste la preclusione all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 649 c.p.p., quale conseguenza della già avvenuta irrogazione, per lo stesso fatto, di una sanzione formalmente amministrativa ma avente carattere sostanzialmente penale ai sensi dell’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, allorquando non vi sia coincidenza fra la persona chiamata a rispondere in sede penale e quella sanzionata in via amministrativa tra le molte, Sez. 3, n. 515051 del 2018, cit. Sez. 3, n. 23839 del 07/11/2017, Passaro, Rv. 273107 . E senza che, in termini contrari, possa valere l’affermazione del ricorso secondo la quale i concreti effetti afflittivi della sanzione amministrativa irrogata alla P. Ecologia ricadrebbero comunque sul ricorrente, quale centro di imputazione sostanziale delle misure in esame, anche in considerazione della gestione univocamente personalistica della società operante tale considerazione, infatti, pretende di superare il dato - oggettivo e decisivo - della distinzione formale e sostanziale tra persona fisica e persona giuridica nel caso di specie, società di capitali , con l’ulteriore precisazione, peraltro, che quest’ultima non potrebbe esser mai chiamata a rispondere dei reati ascritti al P. , atteso il tenore del D.Lgs. n. 231 del 2001. 9. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.