Accesso abusivo e detenzione/diffusione di codici di accesso: concorso apparente di reati

Il meno grave delitto di detenzione/diffusione di codici di accesso non concorre con quello, più grave, di accesso abusivo a sistema informatico del quale costituisce naturalisticamente un antecedente necessario, sempre che quest’ultimo sia contestato, procedibile e integrato nel medesimo contesto spazio-temporale in cui fu perpetrato l’antefatto ed in danno della medesima persona fisica.

Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21987, depositata in cancelleria il 20 maggio 2019. Phishing su codici di accesso. Nel caso di specie una donna e un uomo sono stati sottoposti a procedimento penale in relazione ai reati di frode informatica art. 640- ter , c.p. , accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615- ter , c.p. e detenzione/diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici art. 615- quater , c.p. . Secondo l’accusa, i due avrebbero dapprima carpito i codici di accesso ai conti bancari delle vittime - obiettivo raggiunto tramite l’invio di mail nelle quali sollecitavano fraudolentemente l’invio di dati riservati - per poi operare sui conti medesimi, ricaricando alcune carte di credito attivate per l’occasione criminosa . In esito al giudizio di prime cure, il Tribunale ha accertato la responsabilità penale dei due imputati in relazione a tutti i reati contestati concorso materiale , per l’effetto condannandoli alla pena di giustizia. Tanto ha confermato la Corte d’appello, adita in sede di gravame. Il gruppo di reati. Alla difesa non è rimasto che rivolgersi - in ultima istanza - alla Suprema Corte alla quale, tra vari motivi di ricorso, è stata riproposta l’annosa questione inerente ai rapporti in termini di concorso materiale o apparente tra le diverse fattispecie di reato in contestazione e segnatamente ai rapporti tra i frode informatica art. 640- ter , c.p. e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615- ter , c.p. ii frode informatica art. 640- ter , c.p. e detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici art. 615- quater , c.p. iii accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615- ter , c.p. e detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici. Concorso materiale o apparente? In proposito, e relativamente ai rapporti tra frode e accesso abusivo sub i , così come relativamente ai rapporti tra frode e detenzione/diffusione abusiva sub ii , la Corte ha confermato l’interpretazione già resa in passato secondo la frode informatica non assorbirebbe gli altri reati dal momento che ricorrerebbe una ipotesi di concorso materiale di reati. Quanto, invece, al rapporto tra accesso abusivo e detenzione/diffusione sub iii la Corte ritiene, in disaccordo con altro pur isolato orientamento, di negare il concorso di reati. Secondi gli Ermellini, invero, le due fattispecie incriminatrice sarebbero poste a presidio del medesimo bene giuridico il c.d. domicilio informatico” tra le due ricorrerebbe una stretta connessione - poiché nel tutelare lo stesso bene giuridico - sono punite condotte meno invasive detenzione/diffusione e più invasive accesso abusivo , laddove le prime presuppongono le seconde colché si assisterebbe ad una forma di antefatto non punibile”, con conseguente applicazione delle norme che regolano il concorso apparente di norme art. 15, c.p., c.d. principio di specialità” . Antefatto meno grave non punibile. Sulla base di tali argomenti, la Corte ha dunque affermato che il - meno grave quoad poenam - delitto di cui all’art. 615- quater , c.p. non possa concorrere con quello - più grave - di cui all’art. 615- ter , c.p., del quale costituisce naturalisticamente un antecedente necessario, sempre che quest’ultimo - come peraltro accaduto nel caso di specie - sia contestato, procedibile e integrato nel medesimo contesto spazio-temporale in cui fu perpetrato l’antefatto ed in danno della medesima persona fisica i.e. il titolare del bene protetto . Pena ridotta. Sul crinale delle argomentazioni che precedono la Corte ha dunque annullato, in parte qua e senza rinvio, la sentenza gravata, rimodulando in definitiva la sanzione i.e. la condanna è stata epurate dell’aumento di pena per concorso materiale di reati .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 gennaio – 20 maggio 2019, n. 21987 Presidente De Crescienzo – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia ha in ampia parte confermato la sentenza con la quale, in data 5.12.2016, il Tribunale di Brescia aveva dichiarato A.P. , in atti generalizzato, colpevole dei reati ascrittigli al capo B delle imputazioni reati di cui agli artt. 640 ter, 615 ter e 615 quater c.p. e F.S. , in atti generalizzata, colpevole dei reati ascrittile al capo A delle imputazioni reati di cui agli artt. 640 ter e 615 quater c.p. , condannandoli entrambi alle pene per ciascuno ritenute di giustizia, e F. alle statuizioni civili in favore della p.c. AR In parziale riforma, la Corte d’appello ha riconosciuto all’imputata F. il beneficio delle non menzione. 1.1. Le contestazioni evocano due distinte condotte, poste in essere in pari data e con analoghe modalità, ovvero mediante l’utilizzo di codici di accesso a conti correnti bancari fraudolentemente carpiti mediante l’invio di e-mail che sollecitavano l’invio di dati riservati relativi ad un rapporto di c.c. bancario in tal modo, gli imputati si procuravano fraudolentemente le parole chiave ed i dati riservati di accesso al sistema informatico della banca riferibili alle pp.00. dei reati a ciascuno di essi separatamente contestati, vi accedevano abusivamente, intervenendo sui dati riservati inerenti al singolo rapporto bancario, e successivamente procedevano alla ricarica di carte di credito delle quali avevano rispettivamente disponibilità, ciascuno ottenendo in tal modo un ingiusto profitto. 2. Contro tale provvedimento, gli imputati hanno proposto ritualmente distinti ricorsi, denunziando i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1 A. violazione di leggi sostanziali e processali e vizi di motivazione I - in ordine all’affermazione di responsabilità relativa ai reati di cui al capo B ed alla qualificazione giuridica delle condotte accertate in particolare lamentando che il reato di cui all’art. 615 quater c.p., sarebbe assorbito negli altri due reati contestati all’imputato II - in ordine alla contestata e ritenuta recidiva III - in ordine all’entità degli aumenti di pena per la continuazione IV - in ordine alla conclusiva quantificazione della pena ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche F. violazione di leggi sostanziali e processali e vizi di motivazione I - in ordine all’affermazione di responsabilità relativa ai reati di cui al capo A II - in ordine alla qualificazione giuridica delle condotte accertate in particolare lamentando che il reato di cui all’art. 615 quater c.p., sarebbe assorbito nel reato di cui all’art. 640-ter c.p., pure contestato all’imputata III - in ordine alla conclusiva quantificazione della pena ed al diniego delle circostanze attenuanti generiche. 3. All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto La sentenza impugnata va annullata senza rinvio, nei confronti di A.P., limitatamente al reato di cui all’art. 615 quater c.p., che è assorbito dal reato di cui all’art. 615 ter c.p. va, conseguentemente, eliminato l’aumento di pena irrogato in continuazione per il reato di cui all’art. 615 quater c.p Nel resto, il ricorso è inammissibile. Il ricorso di F.S. è integralmente inammissibile. 1. Le doglianze degli imputati riguardanti l’accertamento dei fatti contestati sono del tutto prive della specificità necessaria ex art. 581 c.p.p., in difetto del compiuto riferimento alle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato , sollecitano una non consentita rivalutazione di risultanze fattuali già conformemente valorizzate dai due giudici del merito, in difetto di documentati travisamenti, e comunque risultano manifestamente infondate. 1.1. La Corte di appello - con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede - ha motivato le contestate affermazioni di responsabilità valorizzando f. 6 s. della sentenza impugnata le analogie tra le condotte ascritte a ciascuno degli imputati all’epoca dei fatti, conviventi , e documentalmente accertate, per effetto delle quali le somme di denaro de quibus risultano conclusivamente confluite su due carte di credito prepagate, una intestata all’A. , l’altra alla F. , entrambe accese immediatamente prima che le accertate condotte fossero poste in essere, ed entrambe successivamente oggetto di tardive denunzie di smarrimento. 1.2. Nel complesso, quindi, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell’imputato che, in concreto, si limita a reiterare le doglianze già incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti degli elementi probatori valorizzati. 2. Quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati, la Corte d’appello ha ritenuto che i reati di cui agli artt. 640 ter e 615 ter c.p., commessi dall’A. , potessero concorrere, correttamente conformandosi all’orientamento per il quale integra anche il reato di frode informatica art. 640 ter c.p. , e non già soltanto quello di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615 ter c.p. , la condotta di introduzione nel sistema informatico delle Poste italiane S.p.A. mediante l’abusiva utilizzazione dei codici di accesso personale di un correntista e di trasferimento fraudolento, in proprio favore, di somme di denaro depositate sul conto corrente del predetto Sez. 2, sentenza n. 9891 del 24/02/2011, rv. 249675, D. Sez. 5, sentenza n. 1727 del 30/09/2008, dep. 2009, rv. 242938, R. . 2.1. Ad analoghe conclusioni, per trasparente identità di ratio , può pervenirsi in ordine ai rapporti tra i reati di frode informatica e detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici art. 615 quater c.p. , commessi dalla F. . 3. A conclusioni diverse deve, al contrario, pervenirsi in ordine ai rapporti tra i reati di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico art. 615 ter c.p. e detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici art. 615 quater c.p. , commessi dall’A 3.1. Deve premettersi che all’imputato è stato in parte qua unicamente contestato di essersi procurato fraudolentemente le parole chiave ed i dati riservati di accesso al sistema informatico della banca della p.o 3.1.1. L’art. 615 quater c.p., incrimina con identica sanzione un ampio novero di condotte procurarsi , riprodurre , diffondere , comunicare o consegnare a terzi , tutte singolarmente integranti il reato di detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici, e tutte aventi natura giuridica di reato di pericolo poiché il relativo disvalore è incentrato su condotte prodromiche rispetto ad un eventualmente successivo accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico , di mera condotta, per la cui integrazione non assume rilievo l’effettivo utilizzo del mezzo d’accesso ad un sistema informatico o telematico protetto de quo, essendo sufficiente la mera idoneità dei dati carpiti a consentire detto accesso. 3.1.2. La disposizione ha, quindi, struttura di c.d. norma a più fattispecie, chiara apparendo l’intenzione del Legislatore di prevedere distinte fattispecie alternative di reato, integrate da elementi materiali differenti quanto alla condotta tra loro distinte, che possono concorrere. 3.1.3. Ciò premesso, è noto al collegio che un orientamento abbastanza risalente e rimasto isolato Sez. 2, n. 36721 del 21/02/2008, B., rv. 242084, in motivazione ha ritenuto che i reati di cui agli artt. 615 ter e 615 quater c.p., potrebbero concorrere. In proposito, si è osservato che, dal momento che il delitto di accesso abusivo è strutturato come reato di pericolo, la norma di cui all’art. 615-quater delinea una fattispecie di pericolo necessariamente indiretto dalla condotta diretta a procurare a sé o ad altri il codice di accesso al sistema informatico altrui deriva, infatti, il pericolo sia di una successiva, immediata introduzione abusiva nel sistema stesso che è situazione di per sé pericolosa per la riservatezza dei dati e/o dei programmi che vi sono contenuti , sia di una ulteriore condotta di diffusione del codice in favore di soggetti che potranno, a loro volta, servirsene per realizzare un accesso abusivo oppure cederlo a terzi . 3.1.4. Il collegio ritiene, al contrario, che i due reati non possano concorrere. 3.1.4.1. I delitti di cui agli artt. 615 ter e 615 quater c.p., sono collocati entrambi tra quelli contro l’inviolabilità del privato domicilio meramente residuale appare la disarmonia conseguente alla previsione dell’aggravante di cui all’art. 615 ter, comma 3, che tutela domicili non privati, ma considerati piuttosto per la loro dimensione pubblicistica , avendo il Legislatore ritenuto che i sistemi informatici costituiscano un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantito dallo art. 14 Cost., e penalmente tutelata nei suoi aspetti più essenziali e tradizionali agli artt. 614 e 615 c.p. cfr. Relazione sul disegno di legge che ha introdotto i predetti reati . 3.1.4.2. In particolare, l’incriminazione dell’accesso abusivo al sistema informatico altrui art. 615 ter è sostanzialmente finalizzata a contrastare il rilevante fenomeno degli hackers, e cioè di quei soggetti che, servendosi del proprio elaboratore, collegato con la rete telefonica, riescono a entrare in comunicazione con i diversi sistemi informatici che a quella stessa rete sono collegati, aggirando le misure di protezione predisposte dal titolare del sistema. Con l’art. 615 quater, il Legislatore ha inteso, inoltre, rafforzare la tutela e la segretezza dei dati e dei programmi contenuti in un elaboratore, già assicurata dall’incriminazione dell’accesso e della permanenza in un sistema informatico o telematico prevista dal citato art. 615 ter. 3.1.4.3. I predetti reati sono, quindi, posti a tutela del medesimo bene giuridico, ovvero il c.d. domicilio informatico , che l’art. 615 quater, protegge in misura meno ampia ovvero limitatamente alla riservatezza informatica del soggetto e l’art. 615 ter, più incisivamente, operando un più ampio riferimento al domicilio informatico tout court, da intendere, in linea con quanto emergente dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 9 del 1989, quale spazio ideale di esclusiva pertinenza di una persona fisica o giuridica , delimitabile prendendo come parametro il domicilio delle persone fisiche, ed al quale risulta estensibile la tutela della riservatezza della sfera individuale, che costituisce bene costituzionalmente protetto. Lo stesso orientamento innanzi menzionato riconosce che l’art. 615 quater, reprime una serie di condotte prodromiche alla possibile realizzazione del delitto di accesso abusivo in un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, e, quindi, pericolose per il bene giuridico tutelato attraverso l’art. 615 ter c.p. . 3.1.4.4. Proprio da tali pacificamente condivise connotazioni emerge, a parere del collegio con evidenza, che il reato di cui all’art. 615 quater costituisce necessario antefatto del reato di cui all’art. 615 ter, poiché le due fattispecie criminose si pongono in stretta connessione, tutelando entrambe il medesimo bene giuridico, ovvero il domicilio informatico, passando da condotte meno invasive a condotte più invasive, poiché indiscriminate, che, sotto un profilo naturalistico, necessariamente presuppongono le prime. 3.1.4.5. In generale, l’antefatto non punibile ricorre nei casi in cui la commissione di un reato meno grave costituisce ordinariamente strumento per la commissione di un reato più grave Esso come la progressione criminosa ed il postfatto non punibile non costituisce fattispecie autonomamente disciplinata, poiché rientra tra i casi di concorso apparente di norme da risolvere ai sensi dell’art. 15 c.p., attraverso una operazione interpretativa che impone la considerazione congiunta di due fattispecie tipiche, resa oggettivamente evidente dal fatto che per una di esse, destinata ad essere assorbita nell’altra, sia prevista una sanzione più lieve. La giurisprudenza di questa Corte ha, in proposito, già chiarito che, nei casi in cui, al contrario, detta operazione interpretativa sembrerebbe sortire esito inverso, ovvero comportare l’assorbimento della fattispecie più grave in quella meno grave, l’assorbimento andrebbe negato, dovendosi ravvisare un intento di consentire, attraverso un effettivo autonomo apprezzamento del disvalore delle ipotesi criminose, il regime del concorso dei reati. Invero, l’avere sottoposto a più benevolo trattamento il fatto/reato che potrebbe per la sua struttura essere assorbente, sta a dimostrare che della fattispecie eventualmente assorbibile non si è tenuto conto pertanto la norma che la punisce è applicabile in concorso con l’altra, senza incorrere in duplicità di addebito Sez. U, n. 23427 del 09/05/2001, rv. 218770, che ha, per tali ragioni, negato la possibilità di assorbire, quale antefatto non punibile, il delitto di ricettazione - punito più gravemente - in quello di commercio di prodotti con segni contraffatti . 3.1.4.6. Ad esempio, questa Corte Sez. 2, sentenza n. 6955 del 15/04/1998, rv. 211104 Sez. 5, sentenze n. 431 del 30/06/2015, dep. 2016, rv. 265585 e n. 19047 del 19/02/2010, rv. 247250 è ferma nel ritenere che possa verificarsi l’assorbimento della contravvenzione del possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso art. 707 c.p. nel delitto di furto aggravato dalla violenza sulle cose art. 625 c.p., comma 1, n. 2 quando ricorra un nesso di immediatezza e strumentalità tra il possesso degli arnesi atto allo scasso ed il loro uso perché si verifichi questa situazione, occorre che 1 gli strumenti siano stati effettivamente usati per la commissione del furto 2 il loro possesso sia stato limitato all’uso momentaneo necessario per l’effrazione 3 non vi sia stato distacco temporale e spaziale tra la commissione del furto e l’accertamento del possesso degli arnesi 4 tali arnesi non siano di natura e quantità tali da assumere una rilevanza giuridica autonoma rispetto all’ambito di consumazione del delitto circostanziato. 3.1.4.7. Inoltre, in tema di furto di documenti, è stato escluso il concorso tra il reato di furto art. 624 c.p. e quello di falso per soppressione art. 490 c.p. nei casi in cui vi sia contestualità cronologica tra sottrazione e distruzione, e l’azione sia stata compiuta all’unico scopo di eliminare la prova di un diritto, in quanto, in tal caso, la sottrazione deve essere considerata come un antefatto non punibile, destinato ad essere assorbito nella condotta unitaria finalisticamente individuata dallo scopo unico che anima ab initio la coscienza e volontà dell’agente, e che caratterizza la fattispecie di cui all’art. 490 Sez. V, n. 13836 del 11/12/2013, dep. 2014, Rv. 260200 . 3.1.4.8. In virtù di tali considerazioni, deve concludersi che il meno grave - quoad poenam - delitto di cui all’art. 615 quater, non possa concorrere con quello, più grave, di cui all’art. 615 ter, del quale costituisce naturalisticamente un antecedente necessario, sempre che quest’ultimo - come nel caso di specie - sia contestato, procedibile la fattispecie di reato prevista dall’art. 615 ter, comma 1, non aggravata, è, diversamente dalle fattispecie aggravate di cui ai commi 2 e 3, procedibile a querela di parte il reato di cui all’art. 615 quater è sempre procedibile d’ufficio ed integrato nel medesimo contesto spazio-temporale in cui fu perpetrato l’antefatto, ed in danno della medesima persona fisica titolare del bene protetto . 3.1.4.9. Nei confronti dell’imputato A.P. l’unico al quale erano stati contestati e ritenuti i reati di cui agli artt. 615 ter e 615 quater c.p. va quindi dichiarato l’assorbimento del reato di cui all’art. 615 quater in quello di cui all’art. 615 ter, e va conseguentemente disposta l’eliminazione dell’aumento di pena operato in continuazione per il reato assorbito. 4. Le comuni doglianze inerenti alla conclusiva determinazione, per ciascuno, del trattamento sanzionatorio, sono del tutto generiche in difetto del compiuto riferimento alle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato nonché manifestamente infondate, in considerazione dei rilievi con i quali la Corte di appello - con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede - ha motivato le contestate statuizioni, valorizzando la premessa ed indiscutibile gravità dei fatti, i plurimi e specifici precedenti dell’A. , e l’assenza di elementi sintomatici della necessaria meritevolezza per la F. irrilevante risultando ex lege la mera incensuratezza , nel complesso comunque pervenendo all’irrogazione di una pena estremamente mite, perché ben lontana dai possibili limiti edittali massimi, ed anzi prossima a quelli minimi. 5. La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso di F.S. comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - apparendo evidente dal contenuto dei motivi che ella ha proposto il ricorso determinando la causa d’inammissibilità per colpa Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186 e tenuto conto dell’entità della predetta colpa, desumibile dal tenore della rilevata causa d’inammissibilità - della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.P. limitatamente all’aumento di pena per il reato di cui all’art. 615 quater c.p., che elimina. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di F.S. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle ammende.