Fotocopia o documento originale per integrare il reato di falsità materiale?

Quando oggetto del reato di falso materiale è un documento inoltrato mediante fax al soggetto destinatario, esso è dotato di tutti i requisiti minimi di forma e di sostanza tale da farlo apparire come il documento originale. Configurabile è, pertanto, il reato in questione.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 21155/19, depositata il 15 maggio. Il caso. Un avvocato impugna l’ordinanza del Tribunale del riesame con cui, rigettando l’appello dell’imputato, confermava la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare la professione forense per un anno in relazione al reato di falso, emessa dal GIP. Per l’imputato, tale reato non sussiste. La configurabilità del reato. Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il reato di falsità materiale quando oggetto dell’ immutatio sia una semplice copia di un atto pubblico, utilizzato come tale, è abbastanza controversa. In base ad un primo orientamento, tale reato sussiste qualora vi sia la formazione di un atto presentato come la riproduzione, in copia fotostatica, di un atto pubblico originale, non esistente in realtà, di cui si voglia artificiosamente attestare l’esistenza e gli effetti probatori, poiché l’atto così compilato è idoneo a trarre in inganno la fede pubblica. È ben possibile, quindi, che una fotocopia possa integrare una falsità penalmente rilevante. L’opposto orientamento, invece, ritiene che la mera utilizzazione della fotocopia contraffatta non integra il reato di falso materiale, in assenza di determinate condizioni. Venendo al caso in esame, il documento oggetto del reato è un atto inoltrato dall’indagato mediante fax alla società di assicurazione e rappresentativo di una procura notarile all’incasso rilasciata in favore di persona da lui indicata come la madre del beneficiario. L’indagato ha dunque formato una falsa procura speciale per incasso di somme, ma tale atto inoltrato presentava tutte le caratteristiche dell’originale, del quale teneva luogo, poiché il documento concretamente pervenuto al destinatario è esattamente quello creato materialmente dall’indagato, non una sua copia. Da tutto questo deriva il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 febbraio – 15 maggio 2019, n. 21155 Presidente Pezzullo – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. S.G. impugna l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Lecce, adottata in data 27 luglio 2018, con la quale, rigettando l’appello dell’imputato, confermava la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare la professione forense e le attività ad essa connesse per un anno in relazione al reato di falso di cui agli artt. 476 482 c.p.,emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi. 2. In particolare, l’indagato è accusato di avere abusato della sua qualifica e del mandato conferitogli da C.F. , legale rappresentante di C.P. , ottenendo mediante la falsa attestazione dell’autenticità della sottoscrizione di C.F. in calce al mandato difensivo a proporre ricorso al giudice tutelare di Brindisi, presentato il 28 luglio 2017 l’autorizzazione alla riscossione di somme dovute, a titolo di risarcimento danni da sinistro stradale, dalla UNIPOL SAI s.p.a. al predetto C.P. . Quindi, così ottenuta l’autorizzazione del giudice tutelare, concorreva alla formazione di una falsa procura speciale per incasso somme, apparentemente rogata dal notaio B.R. , conferita da C.F. a Ca.Ma. , madre dell’indagato, e, quindi inviava, mediante fax, la falsa procura alla compagnia UNIPOL che si determinava alla erogazione della somma, a seguito di interlocuzione scritta e verbale dell’indagato con i rappresentanti della compagnia assicuratrice a cui rappresentava che la Ca. fosse la madre del C. . 3. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, con il ministero del difensore, il quale si affida a un solo motivo con il quale deduce violazione di legge e connesso vizio della motivazione in relazione all’art. 482 c.p. nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ravvisato il reato suddetto con riferimento all’invio, mediante fax, di una mera copia. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Come premesso, il ricorrente fonda il ricorso su una sola doglianza, con la quale deduce violazione di legge per l’insussistenza del contestato reato di falso l’unico per il quale, in relazione ai limiti edittali, è possibile la spedizione di titolo cautelare personale atteso che la contestata falsificazione riguarderebbe una mera copia di atto inesistente. 3. Nella giurisprudenza di questa Corte la questione della ravvisabilità del reato di falsità materiale quando oggetto della immutatio sia una mera copia di un atto pubblico, utilizzato come tale, è controversa, e ha dato luogo alla rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte della questione Se la formazione della falsa copia di un atto pubblico in realtà inesistente integri o meno il reato di falso materiale ordinanza n. 54689 del 21711/2018 . 4. Secondo un primo orientamento il reato di cui agli artt. 476 482 c.p. è integrato dalla formazione di un atto presentato come la riproduzione, in copia fotostatica, di un atto pubblico originale, in realtà non esistente, del quale si intenda artificiosamente attestare l’esistenza e i connessi effetti probatori, in quanto l’atto così compilato è idoneo a trarre in inganno la pubblica fede Sez. 5 n. 5452 del 18/01/2018, Sez. 5 n. 4651 del 16/10/2017,dep. 2018, rv. 272275 Sez. Sez. 5 n. 40415 del 2012 n. 254632 sez. 24012 del 12/05/2010 Sez. 5 n. 14308 del 19/03/2008 Sez. 6 n. 6572 del 10/12/2007 Sez. 5 n. 7566 del 15/04/19990 . Si ritiene che la falsità, in realtà, resta integrata non solo dalla modificazione di una realtà probatoria effettivamente esistente, ma anche dalla mendace rappresentazione di una realtà probatoria inesistente, creata ad hoc attraverso un simulacro o una immagine cartolare di essa, in quanto anch’essa intrinsecamente idonea a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, costituito dalla pubblica affidabilità di un atto, qualunque esso sia, che provenga, o appaia come proveniente, dalla pubblica amministrazione. Sez. 5 n. 5452 del 18/01/2018 Sez. 5 n. 40415 del 17/05/2012, Rv. 254632 . In sostanza, ai fini della sussistenza del reato in esame, non occorre l’intervento materiale su un atto pubblico, poiché è invece sufficiente che attraverso la falsa rappresentazione della realtà operata dalla fotocopia, tale atto appaia esistente, con lesione della pubblica fede. Pertanto, è ben possibile che una fotocopia presentata come prova di un atto originale, in realtà non esistente, del quale intenda, tuttavia, attestare, pure attraverso l’artificio della falsificazione, la esistenza e la verità possa integrare una falsità penalmente rilevante Sez. 6 n. 6572 del 10/12/2007 . Secondo tale indirizzo la lesione della pubblica fede resta integrata anche dalla falsa rappresentazione della realtà operata dalla copia che faccia apparire come esistente un atto, e si è ritenuto che integri il reato di cui all’art. 476 c.p. anche l’alterazione compiuta sulla fotocopia di un atto pubblico inesistente, o il fotomontaggio con cui vengano assemblati più parti di atti veri, o, ancora, la creazione artificiosa di una fotocopia di un atto inesistente Sez. 5 n. 5452 del 18/01/2018, Sez. 5 n. 40415 del 17/05/2012, Rv. 254632 , poiché la falsità è integrata non dalla modificazione di una realtà probatoria preesistente, ma dalla mendace e attuale rappresentazione di una siffatta realtà probatoria, creata ad hoc. Pertanto, ben può una copia, fatta passare come prova di un atto originale che in realtà non esiste, e del quale intende artificiosamente attestare l’esistenza e i connessi effetti probatori, integrare una falsità penalmente rilevante ai sensi dell’art. 476 c.p. Cass. Sez. 5 n. 7566 del 15.4.1999, Rv. 213624 Sez. 6 n. 6572 del 10/12/2007, dep. 2008, Rv. 239453 . L’orientamento si fonda sulla considerazione che la produzione di una fotocopia richiede necessariamente la precedente falsificazione, o comunque la creazione di un atto in realtà inesistente, da cui trarre la copia, oppure la alterazione di un documento pubblico esistente. D’altro canto, si osserva, ai fini della punibilità della condotta di falso non sarebbe necessario un intervento materiale su un atto pubblico, essendo invece sufficiente I perché il fatto sia lesivo della fede pubblica, che con la falsa rappresentazione offerta dalla fotocopia, l’atto appaia, contrariamente al vero, esistente. 5. L’opposto orientamento ritiene che la mera utilizzazione della fotocopia contraffatta non integra il reato di falsità materiale, in assenza di determinate condizioni, concordemente indicate con riguardo alla presenza nella fotocopia di requisiti di forma e di sostanza tali da farla apparire come il documento originale o come la copia autentica dello stesso tra le ultime Sez. 5 n. 2297 del 10/11/2017, dep. 2018, Rv. 272363 Sez. 5 n. 8870 del 09/10/2014, rv. 263422 Sez. 5 n. 10959 del 12/12/2012, dep. 2013, rv. 255217 . In alcune pronunce sembra aggiungersi quale condizione alternativa a quelle descritte, l’attitudine della fotocopia a documentare l’effettiva esistenza del documento originale. Alla base di tale lettura vi è la visione dell’offensività dei reati di falso come dipendente dal contenuto specificamente attestativo dell’atto e, pertanto, non ravvisabile, nel caso della formazione della falsa copia di un documento inesistente, in assenza di condizioni che rendano la copia dimostrativa dell’esistenza del documento stesso. 6. D’altro canto, a confutazione di tale ultimo orientamento, secondo cui il reato di falsità materiale non resta integrato dalla condotta di colui che esibisca la falsa fotocopia di un provvedimento amministrativo inesistente, qualora si tratti di fotocopia esibita e usata come tale dall’imputato, e, dunque, privo dei requisiti di forma e di sostanza capaci di farla sembrare un atto originale o la copia conforme di esso ovvero comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente Sez. 5 n. 8870 del 09/10/2014, dep. 2015, Rv. 263422 si è osservato che una cosa è aver riguardo a una copia priva di qualsiasi attestazione di autenticità e, nella materialità, visibilmente riconoscibile come riproduzione non utile all’impiego probatorio a cui è finalizzata come nel caso oggetto della sent. N. 8870/2014 , altro è avere riguardo alla fotocopia presentata come prova di un atto originale inesistente, del quale essa intenda artificiosamente attestare l’esistenza, che, per tali caratteristiche si presta a integrare una falsità penalmente rilevante. Sez. 5 n. 33858 del 24/04/2018, Rv. 273629 . 7. Come detto la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite. 8. Venendo, ora, al caso in esame, a prescindere dalla opzione ermeneutica alla quale si intenda aderire, l’atto in questione un documento inoltrato, dall’indagato, mediante fax alla società assicuratrice Unipol, e rappresentativo, nel suo contenuto, di una procura notarile all’incasso rilasciata in favore di persona da lui indicata come la madre del beneficiario contiene, ex sé, i requisiti idonei a fare apparire come esistente la procura, in realtà mai rilasciata, ma falsamente creata dallo stesso ricorrente. In sostanza, nel caso di specie, non è in predicato una copia, rectius la falsità di una copia, e, dunque, la possibilità di ritenere integrato, o meno, il reato di falso materiale nell’utilizzo di una riproduzione di un atto originale, utilizzata come tale, indipendentemente dalla esistenza, in rerum natura, di un siffatto originale documento, del quale quella copia possa essere rappresentativa. In realtà, l’indagato, optando per la descritta modalità di trasmissione, ha di fatto inoltrato alla Compagnia assicuratrice un atto che teneva luogo dell’originale, nel senso che l’atto che è pervenuto alla destinataria si presentava come originale. L’indagato ha, cioè, formato una falsa procura speciale per incasso somme, facendola apparire come rogata dal notaio B.R. , e conferita da C.F. a Ca.Ma. , e poi l’ha trasmessa a mezzo fax alla Unipol, sicché l’atto così inoltrato presentava tutti i caratteri dell’originale, del quale teneva luogo, poiché il documento concretamente pervenuto alla destinataria è esattamente quello creato materialmente dall’indagato, non una sua copia il risultato riproduttivo è, infatti, solo la conseguenza del metodo di trasmissione prescelto, che, tuttavia, non è idoneo a incidere sulla capacità rappresentativa del documento così pervenuto alla destinataria, che, appunto, è quella di un atto nella sua originalità. Esso era, dunque, dotato dei requisiti minimi ritenuti sufficienti anche dall’indirizzo più rigoroso di forma e di sostanza, tale da farlo apparire come il documento originale, riprodotto non dall’azione dell’uomo, ma dalla macchina di trasmissione. E, in tale contesto, come correttamente osservato dal Tribunale, è del tutto ininfluente, ai fini della falsa rappresentazione della realtà, la mancanza del timbro notarile su un atto dotato dei requisiti minimi essenziali di validità e della sottoscrizione. 9. L’epilogo del presente scrutinio di legittimità, stante l’infondatezza del motivo di ricorso, è il rigetto, a cui consegue, ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.