Affidamento in prova al servizio sociale: come si valuta l’idoneità di tale misura alternativa?

Nel concedere l’affidamento in prova al servizio sociale occorre valutare l’idoneità rieducativa della misura alternativa alla detenzione richiesta, la condotta del condannato antecedente e successiva alla commissione dei reati e il processo di revisione critica seguito durante il trattamento penitenziario.

Così si è pronunciata la Cassazione con la sentenza n. 20798/19, depositata il 14 maggio. Mancata concessione di misura alternativa. Il Tribunale di sorveglianza rigettava l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale richiesto dal condannato per il residuo di pena detentiva da scontare poiché dalla relazione redatta dagli operatori penitenziari emergeva che fosse opportuno proseguire il trattamento penitenziario. Avverso la decisione ricorre in Cassazione il detenuto lamentando che il Tribunale di sorveglianza non abbia tenuto conto del processo rieducativo e di revisione critica da lui intrapreso durante lo sconto della pena in carcere. Valutazione della condotta del condannato. La Corte, ritenendo fondato il ricorso presentato, osserva in via preliminare che la relazione comportamentale redatta dagli operatori penitenziari, pur assumendo rilievo sintomatico, non basta ad esaurire la valutazione circa la pericolosità sociale dell’imputato. Dunque, il Tribunale di sorveglianza non ha effettuato un’adeguata verifica sull’idoneità rieducativa della misura alterativa richiesta dal condannato poiché non è stata vagliata nel complesso la personalità dell’istante. Proprio in riferimento alla necessità di un approfondimento in tal senso, la Corte richiama la consolidata giurisprudenza Cass. pen., n. 2295/00 e n. 8358/08 ai sensi della quale ai fini della concessine di benefici penitenziari nella specie affidamento in prova ai servizi sociali , la mancanza di senso critico verso le condanne subite può essere valutata negativamente qualora sia espressione della persistenza di un atteggiamento mentale del condannato giustificativo del proprio comportamento antidoveroso, e quindi sintomatico di una mancata risposta positiva al processo di rieducazione, non quando è frutto di una protesta di innocenza, che è diritto incontestabile di ciascuno, non soltanto in pendenza di un processo, ma anche dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna . Inoltre, prosegue la Corte, nel concedere misure alternative alla detenzione, non si può prescindere dal valutare la condotta del condannato sia antecedente che successiva alla commissione dei reati in funzione alla valutazione del beneficio penitenziario richiesto, che va effettuata sulla base del processo di revisione critica seguito dal condannato durante il trattamento penitenziario. Alla luce delle ragioni esposte, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame al Tribunale di sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 aprile – 14 maggio 2019, n. 20798 Presidente Casa – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano rigettava l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale richiesto da L.A. per il residuo di pena detentiva che doveva scontare, la cui scadenza veniva individuata nel 21/03/2020. Il provvedimento di rigetto veniva adottato sul presupposto che la relazione comportamentale redatta dagli operatori penitenziari nei confronti dell’istante evidenziava l’opportunità di proseguire il trattamento penitenziario, attesa la necessità di un approfondimento del percorso di rivisitazione dei reati commessi da parte del detenuto. 2. Avverso tale ordinanza l’istante ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti applicativi del beneficio penitenziario richiesto, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Milano con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto del processo rieducativo intrapreso di L. durante l’esecuzione della pena, nel valutare il quale occorreva considerare ulteriormente il lungo periodo trascorso rispetto ai fatti illeciti presupposti, la cui commissione risaliva al 2007. Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da L.A. è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Osserva preliminarmente il Collegio che l’ordinanza impugnata, per giustificare il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale richiesto da L. faceva riferimento alla relazione comportamentale redatta dagli operatori penitenziari nei suoi confronti, che evidenziava la necessità di proseguire il trattamento rieducativo in corso di svolgimento, consentendo di completare quel percorso di revisione critica del suo vissuto criminale che era già stato proficuamente avviato. Deve, tuttavia, rilevarsi che questi indicatori soggettivi, pur assumendo un rilievo sintomatico nella direzione prefigurata dal Tribunale di sorveglianza di Milano, non appaiono sufficienti a esaurire lo spettro di valutazione della pericolosità sociale di L. , nei cui confronti occorreva esprimere un giudizio prognostico complessivamente orientato al suo reinserimento sociale Sez. 6, n. 43773 del 14/10/2014, C., Rv. 260716 Sez. 5, n. 3310 dell’08/02/1996, Manuli, Rv. 204249 . In questa cornice, non risulta effettuata dal Tribunale di sorveglianza di Milano un’adeguata verifica sull’idoneità trattamentale della misura alternativa richiesta da L. a perseguire i prescritti effetti rieducativi, attraverso un vaglio complessivo della sua personalità. Tale verifica, peraltro, si imponeva anche alla luce della risalente datazione dei fatti illeciti per i quali L. risultava detenuto, commessi nel 2007, che necessitava una valutazione globale sulla possibilità di raggiungere le finalità perseguite dall’affidamento in prova al servizio sociale, nella prospettiva del reinserimento sociale del condannato. Si consideri, in proposito, che il riferimento alla necessità di un approfondimento del percorso di rivisitazione del vissuto criminale di L. , contenuto a pagina 1 del provvedimento impugnato, appare eccessivamente generico e inidoneo a giustificare il rigetto del beneficio penitenziario richiesto, dovendosi evidenziare che, ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione, non è necessaria la confessione del condannato, che ha diritto di non ammettere le proprie responsabilità, ma non si può prescindere dal grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal detenuto, indispensabile per consentire un’ulteriore evoluzione favorevole e un ottimale reinserimento sociale. Sul punto, non si può che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Ai fini della concessione di benefici penitenziari nella specie affidamento in prova al servizio sociale , la mancanza di senso critico verso le condanne subite può essere valutata negativamente qualora sia espressione della persistenza di un atteggiamento mentale del condannato giustificativo del proprio comportamento antidoveroso, e quindi sintomatico di una mancata risposta positiva al processo di rieducazione, non quando è frutto di una protesta di innocenza, che è diritto incontestabile di ciascuno, non soltanto in pendenza di un processo, ma anche dopo il passaggio in giudicato di una sentenza di condanna, considerata la possibilità di una revisione di essa Sez. 1, n. 2295 del 28/03/2000, Romano, Rv. 216976 si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 8258 dell’08/02/2008, Angelone, Rv. 240586 . Né potrebbe essere diversamente, atteso che costituisce espressione di un orientamento, parimenti consolidato, il principio di diritto secondo cui, ai fini della concessione delle misure alternative alla detenzione, non si può prescindere dalla valutazione della condotta del condannato, antecedente e successiva alla commissione dei reati, in funzione della valutazione prognostica del beneficio penitenziario concretamente richiesto, che deve essere effettuata tenendo conto del processo di revisione critica seguito dal condannato durante il trattamento penitenziario Sez. 1, n. 33287 dell’11/06/2013, Pantaleo, Rv. 257001 Sez. 1, n. 18388 del 20/02/2008, Cesarini, Rv. 240306 . 3. Queste ragioni impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, cui consegue il rinvio al Tribunale di sorveglianza di Milano per nuovo esame, che dovrà essere seguito in conformità dei principi che si sono enunciati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.