La mancata restituzione dell’auto noleggiata integra il reato di appropriazione indebita

Le condotte aventi ad oggetto il conferimento di una destinazione ovvero di una collocazione tali da rendere irreperibile il bene oggetto di doverosa restituzione, a seguito della scadenza del contratto di noleggio, integrano il reato di appropriazione indebita.

Questa la pronuncia della Suprema Corte n. 20225/19, depositata il 10 maggio. I fatti in giudizio. La Corte d’Appello di Potenza dichiarava colpevole l’imputato del delitto di appropriazione indebita per non aver restituito le auto noleggiate sulla base di regolare contratto. Avverso tale sentenza, l’imputato propone ricorso di fronte alla Corte di Cassazione, deducendo l’illogicità della motivazione con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato, affermando che il contratto di noleggio era ancora ”aperto” e che non fu mai contattato ai fini della restituzione delle autovetture. Appropriazione indebita e mancata ottemperanza alla richiesta di restituzione. Il ricorso è dichiarato inammissibile a causa della manifesta infondatezza dei motivi che ne stanno alla base. La Corte giunge a tale conclusione riscontrando la presenza dell’elemento essenziale ai fini del reato di appropriazione indebita, ovvero l’ interversio possessionis . A tal fine, la Suprema Corte distingue il delitto di appropriazione indebita dalla mancata ottemperanza alla richiesta di restituzione del bene oggetto di un rapporto contrattuale ancora vigente per la sussistenza di un quid pluris , che la Corte descrive come la mancata restituzione della cosa al legittimo proprietario quando, dal comportamento tenuto dal detentore, si rilevi un’oggettiva interversione del possesso, dedotta dalle modalità del rapporto con il bene. I Giudici di legittimità affermano che, da questo punto di vista, assumono rilevanza condotte che conferiscono al bene oggetto di restituzione una destinazione o una collocazione tale da renderli irreperibili in caso di ricerche da parte dell’avente diritto alla restituzione ovvero dell’Autorità Giudiziaria. Questi comportamenti si rinvengono, nel caso di specie, nel fatto che una delle due autovetture non è mai stata rinvenuta, mentre l’altra non era ancora stata restituita, nonostante fosse trascorso il termine indicato nel contratto di noleggio. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 2000 a favore della Cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 marzo – 10 maggio 2019, n. 20225 Presidente Cammino – Relatore Aielli Premesso in fatto M.E. ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Potenza del 15/6/2018, con la quale è stata parzialmente riformata la sentenza del Tribunale di Matera, che l’aveva dichiarata colpevole del delitto di appropriazione indebita, e ridotta la pena a lei inflitta, chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e deduce l’illogicità della motivazione avuto riguardo alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato posto che la ricorrente/quando fu trovata in possesso dell’autovettura noleggiata, aveva ancora il contratto aperto ed in ogni caso non fu mai contattata per la restituzione delle autovetture. Con il secondo motivo deduce l’intervenuta maturazione del termine di prescrizione già alla data della sentenza della sentenza di secondo grado. Considerato in diritto Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati. Dalla lettura delle sentenze di primo e secondo grado si evince il dato essenziale, necessario per l’integrazione del delitto di appropriazione indebita, ovvero l’interversio possessionis. I giudici di merito, infatti, hanno sottolineato, con riguardo ad una delle due autovetture oggetto del contratto di noleggio sottoscritto dalla M. , che il mezzo non è stato mai recuperato, il che senz’altro ha consentito di ritenere integrato il reato contestato. Al riguardo va evidenziato che è consolidato l’orientamento di questa Corte Suprema in forza del quale integra il delitto di appropriazione indebita l’omessa restituzione della cosa da parte del detentore al legittimo proprietario, se dal comportamento tenuto dal detentore si rilevi, per le modalità del rapporto con la cosa, un’oggettiva interversione del possesso Sez. 2, n. 42977/2014, Rv. 260473 . Perché si possa ritenere configurabile il reato di appropriazione indebita occorre cioè un quid pluris rispetto alla mancata ottemperanza alla richiesta di restituzione di un bene oggetto di un rapporto contrattuale ancora vigente in quanto, come evidenziato con un assunto che l’odierno Collegio condivide, integra il delitto di appropriazione indebita l’omessa restituzione della cosa da parte del detentore al legittimo proprietario, se dal comportamento tenuto dal detentore si rilevi, per le modalità del rapporto con la cosa, un’oggettiva interversione del possesso . Sotto questo profilo assumono allora rilevanza condotte come quella del soggetto che conferisce ai beni oggetto di doverosa restituzione, una destinazione ovvero provvede ad una collocazione degli stessi tali da renderli irreperibili in caso di ricerche da parte dell’avente diritto alla restituzione o dell’Autorità Giudiziaria. Il che è esattamente ciò che è avvenuto nel caso di specie ove una delle due autovetture, non è stata mai rinvenuta e l’altra, quella a bordo della quale viaggiava la M. al momento del controllo, avrebbe dovuto essere restituita entro due giorni dal 16 agosto 2010. A tal proposito si è evidenziato che la donna, il 26/8/2010, fu trovata a bordo di tale automezzo oggetto del contratto di noleggio in altro punto della sentenza di primo grado il 23/8/2010 e, tenuto conto delle dichiarazioni della persona offesa che ha confermato in dibattimento i dati temporali riportati nella querelale, cioè,che la durata del contratto stipulato era di soli due giorni e non di un anno come genericamente indicato dalla ricorrente e che, nonostante fosse stata sollecitata alla restituzione del mezzo, la M. non restituì il bene deve ritenersi integrata la fattispecie in esame Sez. 2, n. 42977/2014, rv. 260473 Sez. 2, n. 12077/2015, Rv. 262772 Sez. 2, n. 15788/2016, Rv. 269857 . Quanto alla eccepita prescrizione, la stessa non può dirsi maturata alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado, atteso che avendo riguardo ai periodi di sospensione di cui al procedimento di primo e secondo grado, la prescrizione andrà a maturare il 20/4/2019. Alla luce di quanto complessivamente esposto deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.