Conversione della libertà controllata in detenzione: l’ordine di carcerazione non può essere sospeso

La Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dal Procuratore generale che lamenta l’erronea sospensione dell’ordine di carcerazione da parte del giudice dell’esecuzione nei confronti di un condannato al quale era stata convertita la pena della libertà controllata in detenzione per via della violazione delle prescrizioni imposte a suo carico.

Così conclude la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20260/19, depositata il 10 maggio. La vicenda. Il Tribunale di Marsala, in qualità di giudice dell’esecuzione, confermava il provvedimento emanato in precedenza, con il quale disponeva la sospensione dell’ordine di carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica in relazione alla pena residua del condannato, risultante dall’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo di conversione della sanzione sostitutiva della libertà controllata nella pena detentiva sostituita. Tale provvedimento era finalizzato a consentire al condannato di avanzare la richiesta di misure alternative alla detenzione, ai sensi dell’articolo 656, comma 5, c.p.p Conversione della pena. Avverso la confermata sospensione, propone ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Marsala, deducendo il vizio della violazione di legge in relazione agli artt. 66, 67, l. n. 689/1981. L’articolo 67 prevede il divieto di accesso alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della semilibertà per il condannato che stia espiando una pena detentiva convertita, ai sensi del precedente articolo 66, per via dell’inosservanza delle prescrizioni riferite alla semidetenzione e alla libertà controllata. A sostegno della sua tesi, il Procuratore ricorrente afferma che l’articolo 66 prevede la trasmissione dell’ordinanza di conversione al P.M., il quale provvede attraverso l’ordine di carcerazione, senza richiamare la possibilità di sospenderlo, confermando il divieto generalizzato di applicazione delle misure alternative alla detenzione nell’ipotesi di conversione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata per violazione delle prescrizioni. Sospensione dell’ordine di carcerazione. I Giudici di legittimità dichiarano fondato il ricorso, specificando che il caso in esame riguarda l’esecuzione di un titolo costituito da un provvedimento del Giudice di sorveglianza, e non da una sentenza di condanna, aggiungendo che la fattispecie in oggetto è disciplinata dall’articolo 659 c.p.p., il quale richiama solo il comma 4 dell’articolo 656, e non il comma successivo, sicché deve escludersi la possibilità di sospendere tali ordini esecutivi. La ratio di siffatta argomentazione risiede nella condotta dell’interessato, il quale, violando le prescrizioni vertenti sulla sanzione sostitutiva ottenuta con la sentenza di condanna, ha dimostrato l’incapacità di adempiere gli obblighi assunti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio l’ordinanza emanata dal giudice dell’esecuzione e trasmette gli atti al Procuratore della Repubblica ai fini esecutivi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 aprile – 10 maggio 2019, n. 20260 Presidente Mazzei – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 7/2/2018, il Tribunale di Marsala - in funzione di giudice dell’esecuzione - ha confermato il proprio precedente provvedimento assunto in via d’urgenza il 25/7/2017, con il quale aveva disposto la sospensione dell’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Repubblica in sede nei confronti di R.N. in relazione alla pena residua di mèsi 5 e giorni 25 di reclusione, risultante dall’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo in data 13/7/2017 di conversione della sanzione sostitutiva della libertà controllata - applicata al R. con sentenza di condanna del Tribunale di Marsala del 22/10/2008, definitiva il 10/1/2009 - nella pena detentiva sostituita. La confermata sospensione dell’esecuzione era disposta al fine di consentire al condannato di avanzare istanza di misure alternative alla detenzione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il Tribunale di Marsala, indicando a motivo di impugnazione la violazione di legge, con riferimento alla L. n. 689 del 1981, artt. 66 e 67. Il ricorrente denuncia che il giudice dell’esecuzione ha disposto la sospensione dell’ordine di carcerazione in violazione della L. n. 689 del 1981, art. 67, che sancisce il divieto di accesso alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della semilibertà per il condannato in espiazione di pena detentiva per conversione effettuata ai sensi del precedente art. 66 della stessa legge, in conseguenza di inosservanza delle prescrizioni inerenti alla semidetenzione e alla libertà controllata. 2.1 Ad avviso del Procuratore ricorrente, il rilievo che la norma di cui all’art. 67 cit. non richiami la preclusione anche delle altre misure alternative detenzione domiciliare generica e liberazione anticipata si spiega col fatto che, all’epoca di entrata in vigore della L. n. 689 del 1981, tali ulteriori misure non erano state ancora introdotte nell’Ordinamento Penitenziario essendo state previste nel 1986 e, comunque, la rubrica dell’art. 67 dispone testualmente l’inapplicabilità delle misure alternative alla detenzione tout court, senza limitazione alcuna. 2.2 Ulteriore argomento trae il ricorrente dal fatto che l’ultimo periodo della L. n. 689 del 1981, art. 66 dispone la trasmissione dell’ordinanza di conversione al PM il quale provvede mediante ordine di carcerazione , senza alcun richiamo alla possibilità di sospenderlo. Ciò conferma la creazione di un divieto generalizzato di applicazione delle misure alternative alla detenzione nel caso di conversione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata per inosservanza delle prescrizioni diversamente l’ordine sarebbe stato sospendibile in tutti i casi, posto che l’accesso alle misure alternative alla detenzione è previsto in via generale per soglie di pena detentiva più alte tre quattro anni rispetto a quelle che consentono l’applicazione delle sanzioni sostitutive fino a due anni , come emerge dalla lettura sinottica della L. n. 689 del 1981, art. 53 cit., e art. 656 c.p.p., comma 5. 2.3 Da tali considerazioni discende che l’inclusione delle nuove misure alternative nel divieto sancito dalla L. n. 689 del 1981, art. 67 non costituisce una interpretazione estensiva in malam partem, ma l’unica interpretazione possibile alla luce del coordinamento tra norme successive e principio di coerenza del sistema. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. Invero, il caso in esame riguarda l’esecuzione di un titolo che non è costituito da una sentenza di condanna, fattispecie disciplinata dall’art. 656 c.p.p., comma 1, come chiaramente si evince dall’incipit della disposizione Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva , bensì da un provvedimento del giudice di sorveglianza, qual è quello che dispone la conversione della sanzione sostitutiva violata della semidetenzione e della libertà controllata nella pena detentiva reclusione o arresto sostituita, a seguito del quale deve essere applicata la carcerazione del condannato. Tale fattispecie è specificamente disciplinata dall’art. 659 c.p.p., disposizione che opera richiamo soltanto all’art. 656, comma 4, e non al comma successivo, sicché deve ritenersi esclusa la possibilità di sospendere tali ordini esecutivi Sez. 1, n. 5889 del 26/10/1999, Rv. 214964-01, PM in proc. Azzolina Sez. 4, n. 44531 del 03/10/2001 Rv. 220654 - 01 . Peraltro, la ratio che, nel caso specifico, sottende l’esclusione della sospensione dell’ordine di esecuzione in funzione dell’ammissione del condannato a misure alternative alla detenzione, risiede nella stessa condotta dell’interessato che, violando le prescrizioni inerenti alla sanzione sostitutiva ottenuta con la sentenza di condanna, ha dimostrato la sua incapacità di adempiere gli obblighi assunti. Tale regola, espressamente prevista dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 67 per le misure alternative all’epoca esistenti affidamento in prova e semi-detenzione , può estendersi alle nuove misure alternative, introdotte nel 1986, grazie all’interpretazione sistematica che consente di ravvisare nell’art. 659 c.p.p. l’addentellato normativo che riguarda tutti gli ordini di carcerazione o scarcerazione, conseguenti ai provvedimenti del giudice magistrato o tribunale di sorveglianza, secondo i possibili contenuti dei medesimi, affidati all’esecuzione del pubblico ministero con le modalità previste dall’art. 656 c.p.p., comma 4. Va aggiunto - come è stato significativamente evidenziato dalla giurisprudenza di questa Corte - che non risulta espressa diversa volontà od orientamento da parte del legislatore del 1998, il quale, modificando l’art. 656 c.p.p., ne ha lasciato immutato il comma 1, da cui, come già detto, chiaramente si evince che l’intera disciplina successiva è circoscritta agli ordini di esecuzione di sentenze di condanna a pena detentiva e non si estende a quelli conseguenti a provvedimenti del giudice di sorveglianza nei termini anzidetti. 2. Tali considerazioni impongono l’annullamento senza rinvio dell’impugnata ordinanza del giudice dell’esecuzione, che ha erroneamente disposto la sospensione dell’ordine di esecuzione legittimamente emesso dal pubblico ministero, senza sospensione, nei riguardi di R. a seguito della conversione, per inadempienza, della sanzione sostitutiva della libertà controllata, a lui irrogata, nella pena detentiva della reclusione, giusta ordinanza del Tribunale di Sorveglianza a norma della L. n. 689 del 1981, art. 66, comma 3. Gli atti vanno, quindi, immediatamente trasmessi al Procuratore della Repubblica del Tribunale di Marsala per quanto di competenza ai fini esecutivi. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala.