Atti persecutori: non è la concentrazione in un breve lasso di tempo a fare la differenza

Il reato di atti persecutori è integrato anche da singole condotte reiterate in un arco temporale ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di essi, benché temporalmente concentrata, sia eziologicamente connessa con uno degli eventi considerati dall’art. 612-bis c.p

Lo ha ribadito il Collegio di legittimità con sentenza n. 19255/19, depositata il 7 maggio. Il caso. La Corte d’Appello confermava la sentenza del Tribunale con cui l’imputato veniva condannato, all’esito del giudizio abbreviato, per il reato di atti persecutori ai danni dell’ex fidanzata. L’imputato ricorre in Cassazione lamentando, fra l’altro, la parte in cui i Giudici hanno ritenuto l’attendibilità della persona offesa e ravvisato l’elemento materiale del reato abituale contestato, nonostante il lasso di tempo ristretto in cui le condotte sono state messe in atto. Arco temporale. Secondo la Cassazione, la doglianza difensiva relativa all’inidoneità a realizzare la condotta di stalking degli atti di molestia e minaccia realizzati dall’imputato, in quanto concentrati in un breve lasso temporale, deve ritenersi infondata. Infatti, ai fini della configurabilità del reato, la Corte ribadisce che non è necessario che la reiterazione delle condotte, per risultare persecutorie, si dipani in un arco temporale apprezzabilmente lungo, poiché ciò che rileva è che esse, considerate unitariamente, risultino idonee a ingenerare nella vittima un progressivo stato di disagio e di prostrazione psicologica, tale da dare luogo a uno degli eventi delineati dalla norma incriminatrice . Pertanto, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 febbraio – 7 maggio 2019, n. 19255 Presidente Pezzullo – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Reggio Calabria confermava la decisione del tribunale di quella città che, all’esito de giudizio abbreviato, aveva dichiarato P.S. colpevole del reato di atti persecutori ai danni di M.V. , con la quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale, con condotta perdurante dal 20 giugno 2014 all’8 luglio 2014, nonché per avere violato il foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Reggio Calabria con obbligo di risiedere a Taurianova, e, ritenuta la continuazione tra i fatti, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento dei danni e alla refusione delle spese processuali in favore della costituita parte civile, sospendendo la pena. 2. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputato con il ministero del difensore, deducendo, in primis, violazione dell’art. 612 bis c.p., e connesso vizio di illogicità della motivazione art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E . La censura investe l’intero percorso argomentativo della sentenza impugnata, viziata, in particolare, nella parte in cui ha ritenuto l’attendibilità della persona offesa, e ravvisato i riscontri nelle dichiarazioni delle persone vicine alla M. , nonché per avere ravvisato l’elemento materiale del reato abituale contestato, nonostante il lasso temporale ristretto in cui erano maturate le condotte del pari, errato si profila l’inquadramento della sequenza degli s.m.s. inviati dall’imputato alla persona offesa nella fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p., anziché nello schema legale della contravvenzione ex art. 660 c.p., e ciò alla luce della diversa valenza, e del conseguente diverso limite di tollerabilità, oggi attribuibile a tale forma di comunicazione, abitualmente caratterizzata proprio dal successivo inoltro di numerosi messaggi telefonici. Né la vittima aveva cambiato le proprie abitudini familiari e lavorative, sicché, mancherebbe del tutto il quid pluris che qualifica la fattispecie contestata. 2.1. Denuncia, altresì, violazione di legge art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, negate nonostante l’incensuratezza dell’imputato, la giovane età, la scelta del rito abbreviato, tutti elementi che avrebbero dovuto essere valorizzati, a tali fini. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, quindi, dichiarato inammissibile. 2. Il primo motivo di ricorso è, infatti, versato in fatto, oltre che generico perché ripropone per lo più i medesimi rilievi già prospettati nell’impugnazione dinanzi al giudice dell’appello, in ordine ai quali la Corte territoriale ha reso sufficiente motivazione, giustificando le ragioni della decisione con argomenti puntuali e logicamente esposti in coerenza con i risultati dell’istruttoria, oltre che conformi ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di legittimità. In realtà, le osservazioni critiche articolate in ricorso, pur apparentemente dirette a evidenziare una violazione di legge con riferimento all’inquadramento giuridico operato dai giudici di merito, si risolvono nell’introduzione di temi in fatto diversi da quelli emergenti dalla ricostruzione - vincolante perché esente da vuoti logici - resa nel doppio giudizio di conformità operato dai giudici del merito, divenendo inammissibili in quanto trattasi di valutazioni alternative rispetto a quelle segnalate in sentenza, non adeguatamente supportate dall’indicazione dei profili di manifesta illogicità del motivare della Corte destinati ad inficiarne il portato. E però, esula dai poteri della Corte di Cassazione la rilettura degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione Sez. U. n. 41476 del 25/10/2005, Misiano Sez. U. n. 6402/1997, Dessimone, Rv. 207944 , né può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito. Sez. U. n. 930 del 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428 . 3. La Corte di Appello ha dato adeguatamente conto del proprio convincimento in ordine a tutte le doglianze difensive, esponendo un ragionamento chiaro e ineccepibile sul piano logico. 3.1. E così, con riferimento all’attendibilità della persona offesa, in ordine alla quale già il tribunale del primo grado aveva fornito puntuali argomenti a sostegno del proprio convincimento, nella sentenza impugnata, la Corte territoriale, alla pagina 4, ha espressamente affrontato la doglianza difensiva, già formulata in quella sede, confermando il giudizio di positiva attendibilità, per avere offerto la persona offesa una narrazione connotata da intrinseca logicità e coerenza, valorizzando i diversi riscontri provenienti, non solo da plurime fonti dichiarative, ma anche dalle relazioni degli ufficiali di polizia giudiziaria intervenuti in più occasioni, dalla certificazione medica rilasciata alla vittima, dai numerosi sms minatori e ossessivi inviati sull’utenza telefonica della vittima, oltre che dal foglio di via spedito dal Questore. 3.2. Puntuali gli argomenti utilizzati dalla Corte territoriale per confutare anche la doglianza che attingeva la qualificazione giuridica del fatto, dando conto della condotta assillante, implacabile e morbosa dell’imputato, perpetrata in un arco temporale niente affatto insignificante, fin dall’inizio della relazione sentimentale, e avendo ravvisato elementi oggettivi sintomatici dello stato d’ansia e del cambiamento nelle abitudini di vita della persona offesa, e dei suoi congiunti, adeguatamente valutati dalla Corte territoriale. Infondata è anche la doglianza difensiva che segnala la inidoneità a realizzare la condotta di stalking degli atti di molestia e minaccia attuati dall’imputato in quanto concentrati in un arco temporale molto breve, insufficiente a realizzare il carattere persecutorio che connota la condotta del reato. Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti, ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che la reiterazione delle condotte, per risultare persecutorie, si dipani in un arco temporale apprezzabilmente lungo, poiché ciò che rileva è che esse, considerate unitariamente, risultino idonee a ingenerare nella vittima un progressivo stato di disagio e di prostrazione psicologica, tale da dare luogo a uno degli eventi delineati dalla norma incriminatrice Sez. 5 n. 33842 del 03/04/2018, rv. 273622 Sez. 5 n. 41040 del 17/06/2014, rv. 260395 Sez. 5 n. 5313 del 16/09/2014, rv. 262665 Sez. 5 n. 6417 del 21/01/2010, rv. 245881 . Il Collegio condivide, infatti, l’orientamento di legittimità secondo cui il reato di atti persecutori è integrato anche da singole condotte reiterate in un arco temporale ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di essi, benché temporalmente concentrata, sia eziologicamente connessa con uno degli eventi considerati dall’art. 612 bis c.p., Sez. 5 n. 38306 del 13/06/2016, rv. 267954 Sez. 5 n. 33563 del 16/06/2015, rv. 264356 che hanno entrambe ritenuto integrato il reato in presenza di due condotte realizzate nell’arco di una sola giornata . Come accertato nel corso del giudizio di merito, i plurimi fatti persecutori denunciati dalla vittima, e accertati in dibattimento, si sono registrati in un arco temporale ben più ampio, e, alla luce delle risultanze istruttorie, non può ragionevolmente dubitarsi del collegamento funzionale di essi con lo stato d’ansia, registrato dai medici, e con il cambiamento delle abitudini di vita della vittima, confermato dai testi, che per le sue condotte ossessive si recava al lavoro accompagnata, e trasferiva i figli minori presso il padre. 3.3. Altrettanto infondato è l’argomento difensivo che vorrebbe inquadrare la condotta del ricorrente nello schema della contravvenzione di cui all’art. 660 c.p Tale fattispecie, che configura la molestia o il disturbo alle persone, mira a prevenire il turbamento della pubblica tranquillità attuato mediante l’offesa alla quiete privata, è fattispecie del tutto autonoma e distinta da quella di atti persecutori, rispetto alla quale non vi è assorbimento, per la diversità dei beni giuridici tutelati l’una la libertà individuale, l’altra la quiete privata e l’ordine pubblico , e per la diversa struttura del reato - configurandosi l’uno come delitto necessariamente abituale di danno, e l’altro come reato di pericolo, non necessariamente abituale. In sostanza, sebbene le due fattispecie possano essere connotate dalla molestia, che può costituire un nucleo strutturale comune, esse presidiano beni giuridici diversi, e, soprattutto, la molestia, nel delitto di stalking, si deve inserire in una sequenza ripetitiva idonea a produrre uno degli eventi di danno descritti dalla norma. Nel caso di specie, la molestia telefonica, pure perpetrata dall’imputato ai danni della persona offesa, ha costituito solo una delle forme in cui si è manifestata la complessiva condotta persecutoria attuata ai danni della persona offesa. 4. Inammissibile, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, è anche il motivo di ricorso che attinge la sentenza impugnata nella parte in cui omette di concedere all’imputato le attenuanti generiche, trattandosi di motivo nuovo, non essendo stata dedotta, in sede di appello, la violazione dell’art. 62 bis c.p 5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso sez. 2 n. 35443 del 06/07/2007 Rv 237957 , al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. 6. In caso di diffusione del presente provvedimento, devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.