Con la legge Orlando avverso le sentenze di non luogo a procedere l’unico mezzo di impugnazione è l’appello

La sentenza di non luogo a procedere emessa, ex articolo 425 c.p.p., in epoca successiva all’entrata in vigore della l. numero 103/2017, che ha modificato l’articolo 428, comma 1, c.p.p., è appellabile e non ricorribile per cassazione, neppure con ricorso per saltum ciò posto, il ricorso proposto in sede di legittimità avverso tale sentenza deve essere qualificato e convertito in appello.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 18305/2019, depositata il 2 maggio u.s., si pronuncia in tema di ricorribilità della sentenza di non luogo a procedere rispetto ai correttivi normativi intervenuti con la legge Orlando. Il fatto. Il G.I.P. presso il Tribunale di Bergamo emetteva sentenza di non luogo a procedere nei confronti di un soggetto accusato del reato di abbandono di minore. Avverso tale provvedimento propone ricorso da parte della Procura in sede, deducendo violazione di legge in relazione agli articolo 591 c.p. e 425 c.p.p. Secondo la tesi del ricorrente, la sentenza sarebbe stata pronunciata al di fuori dei canoni normativi per l’emanazione del giudizio di non luogo a procedere, essendoci invece anticipate valutazioni sulla responsabilità dell’imputato, avulse dalle competenze del giudice per l’udienza preliminare. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, in udienza, chiede la conversione del ricorso in appello, dovendosi applicare – secondo il principio del tempus regit actum che regola il regime applicativo delle norme processuali - la nuova Legge numero 103 del 2017, con cui sono state apportate modifiche al regime di impugnazione in sede di udienza preliminare. Il ricorso deve essere riqualificato. I Giudici di Legittimità non possono che accogliere la richiesta avanzata dal Procuratore Generale. Come è noto, l’articolo 1, comma 38, della citata legge ha sostituito, a decorrere dal 3 agosto 2017, il comma 1 dell’articolo 428 c.p.p. nella parte dedicata alla ricorribilità della sentenza emessa ex articolo 425 c.p.p., stabilendo che la medesima è oggi impugnabile per mezzo dell’appello da ognuna delle parti legittimate anche la pubblica accusa . Osserva la Corte di Cassazione che il provvedimento impugnato è stato pronunciato successivamente all’entrata in vigore della l. numero 103/2017, sicché lo strumento impugnatorio deve individuarsi nell’atto di appello e non nel ricorso per Cassazione. Altresì, non può neppure ritenrsi configurabile un’ipotesi di ricorso immediato, c.d. per saltum, poiché, come è già stato dibattuto in altre pronunce, esistono ragioni ostative a tale opzione ermeneutica derivati dalla stessa natura tassativa dell’impugnazione, prevista ex articolo 569 c.p.p. solo avverso le sentenze di primo grado”. Pertanto, con la sentenza in commento, i Giudici della Quinta Sezione della Corte di Piazza Cavour enunciano il seguente principio di diritto La sentenza di non luogo a procedere emessa, ex articolo 425 c.p.p., in epoca successiva all’entrata in vigore della Legge numero 103/2017, che ha modificato l’articolo 428, comma 1, c.p.p., è appellabile e non ricorribile per cassazione, neppure con ricorso per saltum ciò posto, il ricorso proposto in sede di legittimità avverso tale sentenza deve essere qualificato e convertito in appello”. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione riqualifica il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’Appello di Brescia.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 23 gennaio – 2 maggio 2019, n. 18305 Presidente Morelli – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, datato 21.3.2018, il GIP presso il Tribunale di Bergamo ha emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti di H.M. per il reato di abbandono di minore. 2. Avverso tale provvedimento propone ricorso il pubblico ministero presso la Procura del Tribunale di Bergamo, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 591 e 425 c.p.p La sentenza è stata emessa al di fuori dei presupposti normativi per l’emanazione del giudizio di non luogo a procedere, essendosi invece anticipate valutazione sulla responsabilità dell’imputato, che non competono al giudice per l’udienza preliminare. 3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto la conversione del ricorso in appello, dovendosi applicare nel caso di specie la nuova L. n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 428 c.p.p., stabilendo che contro la sentenza di non luogo a procedere è proponibile solo l’appello e non più il ricorso per cassazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere convertito in appello, alla luce della novella legislativa di cui alla L. n. 103 del 2017. L’art. 1, comma 38, della legge citata ha sostituito, infatti, a decorrere dal 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore del provvedimento normativo, l’art. 428 c.p.p., comma 1, nella parte in cui prevedeva la ricorribilità della sentenza pronunciata a norma dell’art. 425 c.p.p., stabilendo che la stessa è oggi appellabile dalle parti legittimate, tra le quali il Procuratore Generale Sez. 4, ord. n. 29520 del 6/6/2018, Pasquarelli, Rv. 272967 . Il provvedimento impugnato dinanzi a questo Collegio è stato emesso in data successiva all’entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 428 c.p.p., sicché esso deve ritenersi appellabile e non ricorribile dinanzi alla Corte di cassazione. L’orientamento in esame, peraltro, non risulta contraddetto dalle pronunce Sez. 5, n. 10142 del 17/1/2018, C., Rv. 272670 e Sez. 5, n. 46430 del 13/9/2017, Bruzzese, Rv. 271853 pur segnalate difformi nella banca dati CED rispetto alla citata ordinanza n. 29520 del 2018 , poiché queste ultime si sono limitate a segnalare, condivisibilmente, che la disciplina con ci si è prevista l’appellabilità in luogo della ricorribilità in cassazione delle sentenze di non luogo a procedere deve ritenersi applicabile solo ai provvedimenti emessi successivamente all’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, mentre essa è pacificamente operativa per quelli emessi successivamente a tale entrata in vigore. 2. Non può ritenersi configurabile, nel caso di specie, neppure una ipotesi ricorso immediato, c.d. per saltum, poiché, come è stato già affermato dalla citata ordinanza della Quarta Sezione n. 29520 del 2018 esistono ragioni ostative a tale opzione interpretativa. E difatti, gioca in tal senso, anzitutto, il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 569 c.p.p., comma 1 il ricorso per saltum, infatti, è previsto da tale norma solo avverso le sentenze di primo grado e non, quindi, per ogni tipo di decisione del giudice. Sul punto, la Corte di legittimità ha già affermato in passato che, nel vigente ordinamento processuale, il ricorso per saltum è limitato alla sola fase della cognizione, come si desume dalla lettera del richiamato art. 569 c.p.p., comma 1, che attribuisce tale facoltà alla parte che ha diritto ad appellare la sentenza di primo grado cfr. Sez. 6 ord. n. 9970 del 15/02/2005, Rv. 231179 e, dunque, il provvedimento con cui si chiude il giudizio di cognizione di primo grado. Inoltre, deve sottolinearsi che, quando il legislatore ha inteso estendere la facoltà del ricorso immediato oltre i limiti di cui all’art. 569 c.p.p., lo ha fatto espressamente, indicando la possibilità di impugnazione diretta in cassazione con una apposita previsione normativa ad esempio nel caso dell’art. 311 c.p.p., comma 2, in tema di misure cautelari . Ulteriore conferma alla esclusione della possibilità di proporre ricorso per saltum nel vigente quadro normativo emerge dal confronto tra il testo dell’art. 428 c.p.p., precedente alla modifica legislativa di cui alla L. n. 46 del 2006, e quello attuale, consegnato all’interprete dalla citata novella del 2017. Ebbene, l’art. 428 c.p.p., ante L. n. 46 del 2006, prevedeva l’appellabilità della sentenza di non luogo a procedere e, al comma 4, prevedeva, altresì, espressamente, anche la possibilità, per il Procuratore della Repubblica, il Procuratore Generale e l’imputato, di proporre ricorso immediato per cassazione a norma dell’art. 569 c.p.p Tale possibilità, tuttavia, oggi non è stata reintrodotta nel novellato art. 428 c.p.p., nonostante il ripristino dell’appellabilità della sentenza di non luogo a procedere, sicché appare corretto ritenere che il legislatore abbia voluto evitare di ripercorrere le tracce passate della procedura di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, bensì abbia voluto circoscriverne la possibilità alla cognizione di merito, sottraendo alla Cassazione una porzione non minima di contenzioso, nell’ottica di alleviarne i carichi e diminuirne le competenze non collegate direttamente al suo ruolo di giudice dell’interpretazione nomofilattica. Appare corretta, pertanto, la prospettiva che conclude nel senso della sola appellabilità della sentenza di non luogo a procedere, poiché avverso la stessa non è proponibile il ricorso immediato ai sensi dell’art. 569, c.p.p 3. Ai sensi dell’art. 608 c.p.p., comma 2, il ricorso dell’imputato, dunque, deve essere riqualificato in appello. In conclusione, all’esito del ragionamento complessivamente sinora svolto, può enunciarsi il seguente principio di diritto la sentenza di non luogo a procedere emessa, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 428 c.p.p., comma 1, è appellabile e non ricorribile per cassazione, neppure con ricorso per saltum sicché il ricorso proposto in sede di legittimità avverso tale sentenza deve essere qualificato come appello. P.Q.M. Qualificato il ricorso come appello, dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’Appello di Brescia per l’ulteriore corso.