Non c’è l’ordinaria diligenza? Il terzo acquirente rischia la confisca

In tema di lottizzazione abusiva, pur se resta estraneo al relativo procedimento penale, l’acquirente degli immobili, in cui tale reato edilizio si è concretato, non è automaticamente qualificabile come terzo in buona fede rispetto all’attività criminosa in altri termini, non può, sempre automaticamente, rimanere indenne dalla confisca degli immobili stessi. Infatti, qualora – al momento dell’acquisto e nel periodo delle prodromiche trattative – si comporti in modo imprudente e negligente, con tale condotta l’acquirente si pone in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all’attività illecita.

Lo ha ribadito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17399, depositata il 23 aprile 2019. Il reato di lottizzazione abusiva. La fattispecie penale di cui all’art. 44, comma 1, lett. c , d.P.R. n. 380/2001 Testo Unico dell’Edilizia , va letta in combinato disposto con l’art. 30 del medesimo Decreto, il quale equipara la lottizzazione abusiva materiale attuata cioè mediante opere edilizie o di urbanizzazione a quella giuridica effettuata mediante il frazionamento e la vendita finalizzata alla destinazione, a scopo edificatorio, del terreno . Per la giurisprudenza di legittimità, anche la vendita di un solo lotto abusivo integra il reato in esame. L’illecito può essere commesso tanto da chi procede al frazionamento del terreno, quanto da chi prepara la zona per il futuro insediamento edilizio, unitamente ai tecnici ed a coloro che svolgono il ruolo di mediatori per la vendita degli immobili abusivi. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato, occorre che il reo preveda e voglia il condizionamento e la limitazione della riserva pubblica di programmazione territoriale, mediante la condotta di predisposizione dei terreni ad accogliere insediamenti non consentiti o, in ogni caso, non programmati sulla base della normativa edilizia applicabile. La condotta del terzo acquirente La sentenza in commento si pone nel solco dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di sequestro e confisca di immobili abusivamente lottizzati, l'art. 44 del Testo Unico dell’Edilizia - D.P.R. n. 380/2001, nel prosieguo indicato anche solo come TUE - deve essere interpretato in modo conforme alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, e pertanto nel senso che il terzo acquirente di un immobile abusivamente lottizzato, pur partecipando materialmente, con il proprio atto di acquisto, al reato di lottizzazione abusiva, non può essere assoggettato alla misura ablatoria sopra ricordata, salvo che tale partecipazione non sia accompagnata anche da un elemento soggettivo costituito da una condotta almeno colposa in ordine al carattere abusivo della lottizzazione negoziale o materiale. Sul punto, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo più volte ha precisato che un atto dell’autorità pubblica, che incide sul diritto di proprietà, deve realizzare un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e la necessità di tutelare i diritti fondamentali degli individui fra cui, appunto, quello di proprietà . In altri termini, per la Corte di Strasburgo, il legittimo sacrificio imposto in nome dell’interesse pubblico, sotteso alle esigenze di salvaguardia di una ordinata pianificazione territoriale, non può di fatto porre nel nulla l’oggetto del diritto di proprietà. Tale diritto, infatti, ha trovato una forte tutela nell’art. 1 del Protocollo Addizionale alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, il quale prevede, al primo comma, che ogni persona, fisica o giuridica, ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno, dunque, può essere privato della sua proprietà, se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. e la correlata questione di legittimità costituzionale. In passato, peraltro, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 2, del TUE, in relazione agli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 1, della Costituzione, nella parte in cui impone al giudice penale, in presenza di accertata lottizzazione abusiva, di disporre la confisca dei terreni e delle opere abusivamente costruite anche a prescindere dal giudizio di responsabilità e nei confronti di persone estranee ai fatti. Sul punto, era stato sottolineato come l'interpretazione della predetta disposizione del TUE dovesse mutare a seguito della sopravvenuta giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e, nella specie, rifacendosi all'orientamento che riconduce la confisca dell’immobile, realizzato in lottizzazione abusiva, ad una pena , ai sensi dell'art. 7 della Convenzione. Orbene, la Suprema Corte ha affermato che la confisca, rispetto all’immobile acquistato da terzi, non è prevista nei confronti di persone estranee ai fatti, bensì di soggetti che hanno partecipato materialmente, con il proprio atto di acquisto, al reato. Pertanto, spetta al giudice dell’esecuzione valutare l’esistenza, in capo al terzo acquirente, di profili di colpa rappresentati dalla omissione dell’adeguata informazione attinente all’acquisto in rapporto ai titoli abilitativi e agli strumenti urbanistici del luogo in cui la lottizzazione abusiva si è verificata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 marzo – 23 aprile 2019, n. 17399 Presidente Lapalorcia - Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata ordinanza, la Corte di appello di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di Unicredit Leasing spa ad oggetto la revoca della confisca - e, conseguentemente, la restituzione dell’immobile all’istante, quale legittimo proprietario - del terreno sito in omissis , censito al foglio , particella n. e n. , confisca disposta con sentenza della Corte di appello di Catania emessa il 15/01/2016, irrevocabile il 10/05/2017, la quale, ai fini che qui rilevano, aveva, tra l’altro, confermato la condanna per il reato di lottizzazione abusiva nei confronti di P.C.S. quale amministratore unico della Sofocle srl e di B.S. nella qualità di dirigente dell’Area Urbanistica del comune di omissis . In particolare, la lottizzazione abusiva si era concretizzata nell’aver realizzato, da parte della Sofocle srl, un imponente centro trattenimenti comportante la trasformazione urbanistica ed edilizia di un terreno sito in area G1 zona per attrezzature sportive, culturali e ricreative private del Comune di omissis e in zona vincolata paesaggisticamente, in assenza di titoli idonei, dovendosi considerare illegittimi quelli emanati per essere stati emessi in violazione della relativa normativa urbanistica di settore veniva, perciò, disposta la confisca dell’intera area e delle opere oggetto di lottizzazione abusiva. Proposto ricorso per cassazione da parte degli imputati e del P.G., la Suprema Corte, con sentenza n. 33051 del 10/05/2017, ai fini che qui interessano, riformava la sentenza impugnata per essere il reato di lottizzazione abusiva estinto per prescrizione, confermando la statuizione relativa alla confisca. 2. Avverso l’indicata ordinanza, Unicredit Leasing spa, a mezzo del procuratore speciale nonché difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale con riferimento all’art. 7 CEDU. Assume la società ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla Corte EDU nella sentenza del 28/06/2018, GIEM e altri contro Italia, la quale, tra l’altro, partendo dal principio di personalità della responsabilità dell’ente, ha stabilito che la confisca non può essere disposta nei confronti dell’ente che non sia stato parte del procedimento che ha inflitto la sanzione una situazione ravvisabile nel caso in esame, in quanto UniCredit Leasing spa, proprietaria dell’immobile, è rimasta estranea ai tre gradi di giudizio in cui si è articolato il procedimento penale nel cui ambito è stata disposta la confisca. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento del giudicato, nonché con riferimento ai profili di colpa attribuibili alla condotta di Unicredit Leasing spa. Assume la società ricorrente, in primo luogo, che i giudici di merito avevano escluso la collusione tra il pubblico funzionario B. e i beneficiari dell’atto amministrativo C. e P.C. , prova ne è che gli imputati sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato dal delitto di abuso di ufficio capo C contestato per le violazioni urbanistiche che fondavano pure il reato di lottizzazione abusiva capo E a fortiori, pertanto, la mancata collusione deve escludersi con riguardo a UniCredit Leasing spa che aveva operato al di fuori di un contesto a torto sospettato di avere natura abusiva. Sotto altro profilo, la società ricorrente critica l’ordinanza impugnata, laddove ha ravvisato macroscopiche illegittimità degli atti amministrativi, ciò che, per contro, era stato escluso dalla Corte d’appello e poi confermato dalla Corte di Cassazione di qui il censurato vizio di travisamento del giudicato. Il giudice dell’esecuzione, inoltre, avrebbe erroneamente ravvisato la mala fede di Unicredit Leasing spa, avendo omesso di considerare che, nel giudizio di merito, le violazioni urbanistiche a fondamento dell’imputazione di lottizzazione abusiva e di abuso d’ufficio erano state oggetto di differenti valutazioni dal punto di vista sia giuridico, sia tecnico. In particolare, secondo i consulenti di parte compresi quelli delle parti civili e del p.m. , il centro trattenimenti realizzato da Sofocle srl era da qualificarsi quale complesso autonomo ad uso collettivo, di talché era legittima la scelta di ricorrere al piano di lottizzazione chiuso ad uso collettivo di cui alla L.R. n. 71 del 1978, art. 15 per contro, ad avviso del perito nominato dal Tribunale, avrebbe dovuto trovare applicazione la L.R. n. 71 del 1978, art. 14, che prevede il piano di lottizzazione ordinario, con conseguente obbligo di cessione delle opere di urbanizzazione primaria, se esistenti. Pertanto, mentre secondo il perito, il calcolo della superficie lorda di pavimento su cui realizzare i volumi della costruzione era errato per non aver il progettista sottratto dalla superficie territoriale le aree destinate alla viabilità interna privata, al verde e ai parcheggi privati di talché la superficie era pari a 8.924,08 mq. , per il consulente tecnico di parte, invece, le opere all’interno del centro intrattenimenti non potevano essere considerate come opere di urbanizzazione primaria e, quindi, non andavano detratte dalla superficie territoriale per il calcolo della superficie fondiaria, che quindi era pari a 16.743,48 mq. La società ricorrente, inoltre, sottolinea come la Corte di appello, in sede di giudizio di merito, avesse ritenuto che il C. non avrebbe mai sborsato ingenti capitali per l’acquisto del terreno, se non fosse stato sicuro che l’area poteva essere edificata mediante la realizzazione del suo progetto imprenditoriale. La ricorrente, infine, censura l’ordinanza impugnata, laddove, richiamando la sentenza di legittimità n. 51428/2016, ha affermato che la buona fede del terzo acquirente va valutata anche in relazione all’attività di esecuzione del contratto, perché, secondo la massima tratta dalla richiamata pronunciata, la confisca di un immobile abusivamente lottizzato può essere disposta anche nei confronti dei terzi acquirenti, qualora nei confronti degli stessi siano riscontrabili quantomeno profili di colpa nell’attività precontrattuale e contrattuale svolta, per non aver assunto le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici Sez. 3, n. 51429 del 15/09/2016 - dep. 02/12/2016, Brandi e altro, Rv. 269289 . Nel caso di specie, per contro, Unicredit Leasing spa si era indotta a stipulare nel 2007 i contratti di leasing e di compravendita del complesso immobiliare, dopo che erano stati assunti nel 2005 e nel 2006 gli atti amministrativi, tra cui il permesso di costruire, che avevano ritenuto la compatibilità dell’intervento edilizia con gli strumenti urbanistici, e senza che, medio tempore, fossero emersi elementi di criticità al riguardo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve perciò essere rigettato. 2. Il primo motivo è infondato. 3. Come correttamente ricordato dalla società ricorrente, la Corte EDU, nella sentenza del 28/06/2018, GIEM e altri contro Italia, ha affrontato la questione in merito all’applicazione di una sanzione penale inflitta a persone giuridiche che, per la loro personalità giuridica distinta, non sono state parti in alcun procedimento penale, amministrativo, civile, ecc. § 269 della pronuncia in questione . Ciò chiarito, muovendo dalla consolidata affermazione della distinzione della personalità giuridica dell’ente rispetto a quella della persona fisica che lo rappresenta, la Corte EDU ha sancito, anche nei confronti della persona giuridica, il divieto di responsabilità per il fatto altrui, affermando al § 274 che con riferimento al principio per il quale un soggetto non può essere punito per un atto relativo alla responsabilità penale di un altro soggetto una confisca disposta, come nel caso oggetto di giudizio, nei confronti di soggetti o enti che non siano stati parti nel procedimento che la infligge è incompatibile con l’art. 7 della Convenzione . Nel caso in esame, preso atto che le società G.I.E.M. S.r.l., Hotel Promotion Bureau S.r.l., R.I.T.A. Sarda S.r.l. e Falgest S.r.l., non sono state parti in alcun procedimento § 272 , la Corte EDU ha perciò ravvisato la violazione dell’art. 7 CEDU. 4. Va, tuttavia, osservato, che la persona giuridica proprietaria del bene confiscato - che sia rimasta estranea al processo di cognizione - non è sfornita di strumenti di tutela, perché, secondo quanto previsto dall’ordinamento interno, può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, così instaurando un procedimento penale per far valere le proprie ragioni, in fatto e in diritto. Investito dell’istanza, il giudice dell’esecuzione, ai fini della decisione, ha il potere-dovere di accertare in modo autonomo la sussistenza del reato e l’estraneità ad esso della persona giuridica, nei confronti della quale non produce effetti la sentenza coperta da giudicato, che ha definito il processo penale cui la medesima persona giuridica non ha preso parte in senso conforme Sez. 3 n. 8350 del 23/01/2019, dep. 26/02/2019, non massimata e, prima della sentenza della Corte EDU nel caso Giem, Sez. 3, n. 32363 del 24/05/2017 - dep. 05/07/2017, Mantione, Rv. 270443 . Nel procedimento instaurato a seguito di incidente di esecuzione, pertanto, la persona giudica può svolgere le più ampie deduzioni, anche sull’iter amministrativo seguito alla presentazione del progetto di lottizzazione, con inevitabili interferenze sugli aspetti penali della vicenda d’altra parte, l’ipotesi della lottizzazione abusiva condiziona necessariamente, anche nei confronti della società ricorrente, per quanto terza estranea al reato, la legittimità della statuizione di confisca. In relazione agli accertamenti per verificare la sussistenza delle condizioni legittimanti la confisca, il giudice dell’esecuzione può assumere i necessari mezzi di prova, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 5, ivi compresa l’esame di testimoni e il conferimento di perizia, come si desume dall’art. 185 disp. att. c.p.p., così assicurando il diritto alla prova e il rispetto del principio del contraddittorio cfr. Sez. 3, n. 1503 del 22/06/2017 - dep. 15/01/2018, Di Rosa e altro, Rv. 273535 . Attraverso l’incidente di esecuzione, quindi, la persona giuridica può far valere tutte le questioni, di fatto e di diritto, che avrebbe potuto dedurre nel giudizio di merito, a cui è rimasta estranea il giudice dell’esecuzione, a tale scopo, può attivare i più ampi poteri istruttori, nei limiti, ovviamente, delle questioni dedotte dalla persona giuridica, il che assicura il rispetto dell’art. 7 CEDU, come interpretato nella sentenza della Corte EDU del 28/06/2018 nella causa GIEM. Questa Corte, del resto, ha recentemente affermato che, in tema di confisca, la mancata previsione della partecipazione al giudizio dei terzi interessati, al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 104-bis disp. att. c.p.p. e art. 240-bis c.p., non è contraria all’art. 8 direttiva U.E. 2014/42, artt. 6 e 13 CEDU e 1, I prot. addiz. CEDU in relazione all’art. 117 Cost., potendo gli stessi esercitare rimedi cautelari nel corso del procedimento penale ed incidente di esecuzione avverso la statuizione definitiva della misura reale Sez. 2, n. 53384 del 12/10/2018 - dep. 28/11/2018, Lega Nord, Rv. 274242 . 5. Peraltro, pur prescindendo dall’ipotesi di cui all’art. 104 bis disp. att. c.p.p., comma 1 quinquies, recentemente introdotto dal D.Lgs. n. 14 del 2019, art. 6, comma 3, lett. b , va osservato che, prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il terzo estraneo, sia esso persona fisica o persona giuridica, proprietario del bene oggetto di un provvedimento ablativo, ha comunque la possibilità di tutelare le proprie ragioni già nel giudizio cognizione. Invero, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che, in tema di misure cautelari reali, il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017 - dep. 19/10/2017, Muscari e altro, Rv. 270938 . Quest’interpretazione è stata poi avallata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 253 del 6 dicembre 2017, la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 573 c.p.p., art. 579 c.p.p., comma 3, e art. 593 c.p.p., in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 111 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, nella parte in cui non si prevede, a favore di terzi incisi nel diritto di proprietà per effetto della sentenza di primo grado, la facoltà di proporre appello sul solo capo contenente la statuizione di confisca, perché dette questioni sono state poste senza tenere conto della possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata certamente compatibile con la lettera della legge e la cornice normativa entro cui essa si inserisce , che avrebbe offerto al terzo, pur dopo la confisca, proprio quella forma di tutela, ovvero il rimedio cautelare, che il rimettente ha giudicato soddisfacente anche nel raffronto con la partecipazione al processo penale di primo grado . 6. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, va perciò affermato il principio secondo cui, con riferimento alla confisca per il reato di lottizzazione abusiva, il principio espresso dall’art. 7 CEDU, come interpretato nella sentenza della Corte EDU del 28/06/2018 nella causa GIEM srl e altri contro Italia, è rispettato attraverso la partecipazione del terzo, persona giuridica, al procedimento di esecuzione, in cui detto terzo può dedurre tutte le questioni, di fatto e di diritto, che avrebbe potuto far valere nel giudizio di merito, cui è rimasto estraneo. 7. Nel caso di specie, si osserva che la società ricorrente - la quale non ha mai contestato la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva - ha proposto istanza di restituzione del terreno di cui è proprietaria e oggetto di confisca nel processo definito con sentenza irrevocabile a cui è rimasta estranea, rivolgendosi alla Corte di appello in funzione di giudice dell’esecuzione, davanti al quale ha potuto far valere le proprie ragioni di merito, esclusivamente incentrate sulla sussistenza della buona fede della società, nel rispetto, dunque, del diritto alla prova e del contraddittorio e, quindi, dell’art. 7 CEDU. 8. Il secondo motivo è infondato. 9. Preliminarmente occorre dare conto della vicenda per come ricostruita dalla Corte territoriale e nemmeno oggetto di contestazione da parte della società ricorrente. In data 30/04/2007 l’indicazione 2017 contenuta a p. 2 del provvedimento impugnato è evidentemente un refuso Unicredit Leasing spa e Sofocle srl stipularono un contratto di locazione finanziaria ad oggetto il terreno sito in OMISSIS , censito al foglio X, particella n. XX e n. XX di proprietà di Sofocle srl e il sovrastante centro di intrattenimento che avrebbe dovuto essere costruito il contratto prevedeva che il bene il terreno e l’edificando centro intrattenimenti rimanesse di proprietà della società concedente ossia Unicredit Leasing spa per tutta la durata del contratto e che l’utilizzatore cioè Sofocle srl potesse riacquistare la proprietà del bene solo nei caso in cui, al termine della durata dal contratto, avesse esercitato l’opzione di riscatto, pagando il relativo prezzo nel contratto l’utilizzatore garantiva l’esistenza di tutte le necessarie licenze e/o autorizzazioni amministrative e la conformità del progetto alla normativa in materia urbanistica. In data 08/08/2007, in esecuzione del contratto di locazione finanziaria, Sofocle srl vendette a Unicredit leasing spa il terreno di cui sopra nell’atto di compravendita si puntualizzava che il terreno si trovava in un’area interessata a un piano di lottizzazione approvato dal Comune di OMISSIS in data 29/12/2005, in esecuzione del quale era stata redatta la relativa convenzione del 31/03/2006 inoltre, nel rogito di compravendita, si dava atto che era stato rilasciato il permesso di costruire n. 34/2006 per la realizzazione, sull’area lottizzata, di un complesso polifunzionale. Successivamente alla stipula degli indicati contratti, Sofocle srl, utilizzando il finanziamento ricevuto, precedette alla stipula, quale committente, di una serie di contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere del centro intrattenimenti. Nel corso del 2010, in seguito alle indagini avviate dal pubblico ministero presso il Tribunale di Catania, si procedette al sequestro del terreno in relazione al reato di lottizzazione abusiva, procedimento penale conclusosi nei termini sopra indicati. Non avendo mai esercitato il diritto di riscatto, nè provveduto a pagare i canoni della stipulata locazione finanziaria, la proprietà del terreno e delle opere su di esso insistenti è, quindi, rimasta in capo a Unicredit leasing spa. 10. Ciò posto, la Corte territoriale ha dato atto dei plurimi profili di illegittimità alla base dell’accertata lottizzazione abusiva come ritenuti dall’indicata sentenza n. 33051 del 10/05/2017 della Corte di Cassazione, profili che la ricorrente non ha contestato. Si legge, a tal proposito, nella sentenza di questa Corte nel caso in scrutinio è stato accertato, con motivazione adeguata e immune da censure, che Sofocle srl ha iniziato opere che hanno comportato una trasformazione urbanistica di terreni in forza di un permesso costruire e di una convenzione di lottizzazione che presentavano plurime violazioni di prescrizioni legge regionale e degli strumenti urbanistici, sicché correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente il reato contestato dopo la verifica della non conformità dell’intera lottizzazione alle previsioni della legge regionale e della pianificazione urbanistica, già viziata ab origine. Segnatamente nella vicenda in esame, è stata accertato che la convenzione di lottizzazione presentava già plurimi vizi all’origine poiché 1 era mancante l’indefettibile nulla osta dell’ente proprietario della strada di collegamento tra la rete viaria e il Centro, avendo il P.C. allegato un mero parere favorevole, frutto del reato di abuso in atti di ufficio di cui al capo A con riguardo all’accesso a monte della rotatoria, ed essendo mancante qualsivoglia atto con riguardo al secondo accesso a valle della rotatoria 2 era corredata da documentazione tecnica al progetto, redatta dal P.C. , nella quale si attribuiva una maggiore estensione delle particelle che andavano a comporre la superficie territoriale dell’intero lotto reato di falso di cui al capo B per il quale è intervenuta sentenza da parte del Tribunale e dichiarazioni di estinzione per prescrizione nel giudizio di appello 3 determinava il calcolo della superficie assentibile, in violazione dell’art. 4, punto 2, 37 NTA del PRG e della L.R. n. 71 del 1978, così da realizzare un significativo aumento di volumetria rispetto a quella assentibile dalla corretta applicazione delle norme tecniche vedi supra par. 2.2 del considerato in diritto 4 comportava la distruzione del verde esistente, l’errato calcolo della superficie di parcheggio e il mancato rispetto delle altezze degli edifici ed infine seguiva la realizzazione di opere in variante a mezzo DIA in contrasto con la stessa convenzione di lottizzazione, sicché, correttamente, i giudici del merito, hanno ritenuto che l’autorizzata trasformazione del territorio si era posta in contrasto con gli strumenti urbanistici, con la legge regionale e con la stessa convenzione quanto all’illegittima previsione di variante a mezzo DIA. Alcun dubbio sulla configurabilità del reato contestato sul rilievo che le opere realizzate, consistite nella costruzione del Centro intrattenimenti in oggetto, abbiano comportato una trasformazione urbanistica di terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, delle norme di attuazione e della legislazione regionale siciliana. A tale proposito va ribadito il consolidato principio affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale è configurabile il reato di lottizzazione abusiva, e non il diverso reato di costruzione abusiva di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c , allorché l’intervento, per le sue dimensioni o caratteristiche, è idoneo a pregiudicare la riserva pubblica di programmazione territoriale laddove, diversamente, nel secondo, l’intervento per la dimensione del manufatto, non presuppone opere di urbanizzazione primaria e secondaria Sez. 3, n. 15404 del 21/01/2016, Bagliani, Rv 266811 Sez. 3, n. 17834 del 25/01/2011, Casamento e altri, Rv 250138 Sez. 3, n. 9446 del 21/01/2010, Lorefice, Rv 246340 Sez. 3, n. 3481 del 18/12/2008, Guttà, Rv 242289 . Nel dare continuità a questo orientamento, correttamente la corte territoriale, in continuità con la decisione di primo grado, ha ritenuto sussistente il reato di lottizzazione abusiva e ciò in quanto la trasformazione edilizia o urbanistica dei terreni sia realizzata con difformità tipologiche, volumetriche, strutturali e di destinazione d’uso rilevanti. È ben vero che la Corte d’appello, a seguito di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, ha escluso la violazione dell’art. 37 NTA sotto il profilo della destinazione d’uso non ritenendo che fosse stato realizzato un centro commerciale mascherato, accertamento in punto di fatto non più in discussione in assenza di impugnazione del PG ciò non di meno la portata della difformità sul piano volumetrico e le altre riscontrate violazioni dello strumento urbanistico verde esistente, parcheggi e altezza consentono di ritenere violata la riserva pubblica di programmazione territoriale, a nulla rilevando che le opere realizzate fossero state oggetto di permesso di costruire fondato, si ribadisce, sulle plurime violazioni di prescrizione. In altri termini, ciò che lo strumento urbanistico consentiva, ex art. 37 NTA del PRG Zone per attrezzature sportive, culturali e ricreative private , era la realizzazione di un Centro intrattenimenti, la cui edificazione doveva rispettare certi parametri di dimensionamento, non doveva pregiudicare l’integrità del verde esistente e doveva sistemare l’area non edificata in verde attrezzato, prescrizione del tutto disattese come accertato, sicché l’opera realizzata ha certamente leso, per la quantità e qualità delle violazioni, la riserva pubblica di programmazione del territorio a nulla rilevando, come sostengono i difensori dei ricorrenti, l’accertato rispetto della destinazione d’uso per avere escluso, la corte d’appello, la natura di centro commerciale mascherato dell’opera concretamente realizzata. Le modalità attraverso cui si è estrinsecata concretamente l’attività edilizia di Sofocle srl sul terreno oggetto di lottizzazione ha determinato uno stravolgimento del territorio tale per cui è stata violata la riserva pubblica di programmazione del territorio . 11. Ciò premesso, occorre ricapitolare, sia pur brevemente, gli approdi giurisprudenziali a proposito dei limiti della tutela del terzo che rivendichi la proprietà del bene oggetto di confisca. Va ricordato che, per costante giurisprudenza, integra un contributo causale all’illecita condotta del venditore di un immobile o di un terreno abusivamente lottizzato il comportamento del compratore che ometta di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell’acquisto, così ponendosi colposamente in una situazione di inconsapevolezza Sez. 3, n. 48924 del 21/10/2009 - dep. 21/12/2009, Tortora e altri, Rv. 245763 . Si è inoltre chiarito che, in tema di lottizzazione abusiva, rientra nella sfera di cognizione del giudice dell’esecuzione l’accertamento della sussistenza di profili di colpa a carico del terzo acquirente, nei confronti del quale può essere disposta la confisca del bene qualora abbia omesso di assumere le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell’intervento edilizio con gli strumenti urbanistici Sez. 3, n. 51387 del 24/10/2013 - dep. 19/12/2013, La Nuova Immobiliare Srl, Rv. 258015 . In altri termini, per escludere la buona fede del terzo, proprietario del bene, non è richiesto il dolo che può desumersi dalla collusione tra privato e pubblico ufficiale che rilascia l’atto, ovvero dall’illegittimità macroscopica dell’atto stesso per contrarietà a norme imperative , ma è sufficiente la colpa, che può sussistere nel caso in cui il terzo non abbia adempiuto ai doveri di informazione e conoscenza richiesti dall’ordinaria diligenza Sez. F, n. 31921 del 24/07/2012 - dep. 07/08/2012, Spaccialbelli, Rv. 253421 , e che possono essere riscontrati nell’attività precontrattuale e contrattuale svolta, per non aver assunto le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo e sulla compatibilità dell’intervento con gli strumenti urbanistici Sez. 3, n. 51429 del 15/09/2016 - dep. 02/12/2016, Brandi e altro, Rv. 269289 . 12. Nel caso di specie, se è vero che, come osservato dalla società ricorrente, la Corte di cassazione nel rigettare il ricorso del P.G. ad oggetto l’assoluzione dal delitto ex art. 323 c.p. per carenza di dolo intenzionale ha ritenuto insindacabile la conclusione raggiunta dalla Corte di appello, che aveva escluso la macroscopica illegittimità dell’atto amministrativo , ai fini, peraltro, dell’esclusione del dolo del reato di cui all’art. 323 c.p.,tuttavia, come si è anticipato, in questa sede per escludere la buona fede del terzo è sufficiente la sussistenza della colpa, che la Corte territoriale, quale giudice dell’esecuzione, ha ravvisato con motivazione non manifestamente illogica. Invero, la Corte d’appello ha correttamente rilevato non solo che l’atto abilitativo era ab origine illegittimo, ma che Sofocle srl realizzò le opere in evidente contrasto con le espresse prescrizioni contenute nella convenzione di lottizzazione, procedendo alla realizzazione di diverse varianti non già tramite previa approvazione da parte del Consiglio comunale - come appunto previsto dalla convenzione - bensì tramite semplice DIA. Pertanto, come osservato dalla Corte territoriale, la società ricorrente ha completamente omesso di verificare non solo la legittimità del titolo a monte, ma, durante l’esecuzione del contratto e la realizzazione delle opere, se dette opere fossero realizzate in conformità con quanto previsto dal titolo abilitativo e/o da eventuali relative varianti regolarmente assentiti. La Corte territoriale ha perciò correttamente individuato la colpa nel fatto che la società ricorrente, nella veste di acquirente del terreno e delle opere, non abbia mai compiuto alcun pur minimo accertamento sulle legittimità del permesso di costruire e sulla conformità delle opere in via di costruzione agli atti amministrativi, come peraltro, era espressamente previsto dall’art. 4 del contratto di locazione finanziaria. In altri termini, la colpa ascrivibile alla società ricorrente sta nell’aver accettato del tutto acriticamente il fatto che Sofocle srl avesse dichiarato la sussistenza del permesso di costruire e la conformità delle opere agli strumenti urbanistici, senza compiere, al riguardo, alcun tipo di verifica, pur minimale, anche considerando, per un verso, l’ingente valore del terreno e delle opere realizzate, e, per altro verso, la quantità e qualità delle violazioni , come ritenuto dalla Corte di Cassazione, che, sebbene non macroscopiche , ben avrebbero potuto e dovuto essere rilevate impiegando l’ordinaria diligenza e il non averlo fatto integra, appunto, la colpa, che esclude, pertanto, la buona fede della società ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.