Bisogno fisiologico in luogo pubblico, niente condanna

A salvare un uomo finito sotto processo per atti contrari alla pubblica decenza” è il decreto legislativo n. 8/2016. Irrilevante il fatto che l’episodio incriminato si sia verificato prima dell’entrata in vigore della depenalizzazione. Il fatto rileva, però, come mero illecito amministrativo.

Decisiva l’applicazione del decreto legislativo numero 8 del 2016, che ha depenalizzato i cosiddetti atti contrari alla pubblica decenza”. Salvo perciò un uomo beccato a espletare i propri bisogni fisiologici contro il muro di cinta del cimitero di un piccolo paese lombardo Cassazione, sentenza n. 16477/19, sez. III Penale, depositata oggi . Decenza. Facilmente ricostruito l’episodio incriminato, verificatosi nell’agosto del 2013 in un paese del Bergamasco. Un uomo – un giovane marocchino di appena 20 anni – viene beccato mentre fa pipì sul muro di cinta del cimitero comunale. Inevitabile il processo per atti contrari alla pubblica decenza , processo che si conclude con la condanna pronunciata dal Giudice di pace. A salvare l’uomo, però, è l’applicazione del decreto legislativo numero 8 del 2016, che ha sancito la depenalizzazione anche per i cosiddetti atti osceni , riclassificandoli come mero illecito amministrativo. Su questo fronte i giudici della Cassazione ricordano che la depenalizzazione colpisce anche gli illeciti anteriori all’entrata in vigore del decreto legislativo numero 8 del 2016. Esclusa, quindi, la condanna del cittadino marocchino, e carte consegnate al Prefetto di Bergamo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 ottobre 2018 – 16 aprile 2019, n. 16477 Presidente Di Nicola – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 14.5.2017 il Giudice di pace di Bergamo ha condannato Ha. Qa. alle pene di legge per il reato di cui all'art. 726 cod. pen., perché aveva commesso atti contrari alla pubblica decenza, orinando contro il muro di cinta del cimitero, in Paladina il 30.8.2013. 2. Con un unico motivo di ricorso il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Brescia deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato a seguito del D.Lgs. n. 8/2016. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. Il D.Lgs. 8/2016 ha depenalizzato il reato di cui all'art. 726 cod. pen., prevedendo all'art. 2 la relativa riformulazione come illecito amministrativo. Ai sensi del successivo art. 8, la depenalizzazione colpisce anche gli illeciti anteriori all'entrata in vigore del decreto legislativo citato. S'impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e la trasmissione degli atti al Prefetto di Bergamo per le determinazioni di sua competenza. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dispone trasmettersi gli atti al Prefetto di Bergamo.