Malore per la fidanzata, domiciliari violati: condannato

Confermata la sanzione per l’uomo sotto processo dieci mesi di reclusione. Evidente la gravità del comportamento da lui tenuto. Decisiva la mancanza di prove certe sul presunto problema di salute della ragazza. Rilevante anche la constatazione che comunque sarebbe stato più semplice ricorrere al 118.

Prestare soccorso alla fidanzata. Così un uomo, costretto agli arresti domiciliari, spiega l’illegittimo blitz fuori dalla propria abitazione. Questa giustificazione però è fragile, secondo i Giudici, i quali aggiungono che sarebbe stato più logico fare ricorso al ‘Servizio 118’. Inevitabile, quindi, la condanna per evasione Cassazione, sentenza numero 16002/19, sez. VI Penale, depositata oggi . Giustificazione. Ricostruito nei dettagli l’episodio incriminato, verificatosi in quel di Firenze nell’estate del 2015, i Giudici, prima in Tribunale e poi in appello, ritengono legittima la condanna dell’uomo sotto processo per «evasione», con pena fissata in «dieci mesi di reclusione». Il difensore ripropone in Cassazione la tesi secondo cui il suo cliente si sarebbe «allontanato dall’abitazione» solo per «ricorrere alle cure mediche da apprestare in favore della fidanzata». In sostanza, l’uomo avrebbe violato i ‘domiciliari’ per recarsi in una farmacia, sostiene il legale. Allo stesso tempo, viene anche prospettata una lettura meno severa del comportamento tenuto dall’uomo, che, sottolinea l’avvocato, «si è consegnato alle autorità di polizia, facendo rientro in abitazione». Tutte queste osservazioni sono però inutili, secondo i giudici della Cassazione, che, difatti, confermano la condanna per «evasione». Per i magistrati è, innanzitutto, irrilevante «il rientro in abitazione» dell’uomo. Questo dato non è sufficiente per escludere il reato di evasione. Per quanto concerne, invece, la presunta necessità di prestare soccorso alla fidanzata, viene osservato che «tale giustificazione non è stata in alcun modo dimostrata», e ciò rende incontestabile «la responsabilità per un allontanamento» illegittimo «dal luogo di detenzione». A questo proposito, in particolare, è stato possibile escludere che l’uomo «si sia recato presso l’indicata farmacia», risultata chiusa nell’orario da lui indicato. E, peraltro, mancano prove certe sul presunto «malore della fidanzata», che comunque avrebbe potuto essere affrontato «facendo ricorso al 118».

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 febbraio – 11 aprile 2019, numero 16002 Presidente Di Stefano – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. Anumero Gi., per mezzo del proprio difensore, impugna la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che ha confermato la decisione del Tribunale di Firenze che aveva condannato il ricorrente, non applicata la recidiva contestata e con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena di mesi dieci di reclusione, in ordine al delitto di cui all'articolo 385 cod. penumero , in Firenze il 23 luglio 2015. 2. IL ricorrente deduce i motivi di seguito indicati. 2.1. Violazione di legge ex articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero con riferimento alla mancata applicazione dell'articolo 131-bis cod. penumero La sentenza avrebbe trascurato di valutare i presupposti ai fini dell'applicazione dell'istituto sulla base di argomentati rilievi che sono attinenti, in astratto, al delitto di evasione, senza in realtà concretamente valutare la condotta del ricorrente che si era allontanato dall'abitazione al solo scopo di ricorrere alle cure mediche da apprestare in favore della fidanzata. 2.2. Violazione dell'articolo 385, comma quarto, cod. penumero Il ricorrente si era consegnato alle autorità di polizia facendo rientro in abitazione, circostanza che imponeva la concessione dell'invocata attenuante. La Corte avrebbe errato laddove ha ritenuto la circostanza non applicabile in assenza di spontaneità della consegna, elemento non richiesto dalla norma in esame. 2.3. Violazione dell'articolo 62-bis cod. penumero La Corte d'appello ha giustificato la mancata concessione delle attenuanti generiche rimproverando al ricorrente di non aver fatto ricorso al 118, senza prendere in esame l'episodicità del comportamento addebitato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Infondato risulta il secondo motivo con il quale si deduce la mancata applicazione dell'attenuante di cui all'articolo 385, comma quarto, cod. penumero sulla base dell'immediato rientro in abitazione del ricorrente. E’ principio consolidato di questa Corte Suprema quello secondo cui non è idonea ad integrare la circostanza attenuante di cui all'articolo 385, comma quarto, cod. penumero , la circostanza che il soggetto sottoposto a misura degli arresti domiciliari ovvero della detenzione domiciliare, dopo essere evaso, rientri spontaneamente nella abitazione luogo da cui si è arbitrariamente allontanato, essendo indispensabile che lo stesso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un'autorità che abbia l'obbligo di tradurlo in carcere Sez. 6, numero 4957 del 21/10/2014, dep. 2015, Comandatore, Rv. 262154 . Seppure la sentenza impugnata abbia erroneamente fatto riferimento alla assenza del profilo della spontaneità, circostanza che, per quanto sopra detto risulta essere non necessario, tale errore in ordine ai presupposti di applicazione della attenuante di cui all'articolo 385, comma quarto, cod. penumero risulta non conseguire effetti sullo specifico punto della sentenza, in considerazione del fatto che l'interpretazione ed il significato della norma opera a prescindere dalla motivazione che il giudice espone in proposito. Nel giudizio di cassazione il vizio di motivazione in tal senso dovendosi intendere la censura , infatti, non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, poiché queste, se sono infondate, il loro mancato o erroneo esame non determina alcun vizio di legittimità della pronuncia Sez. 1, numero 16372 del 20/03/2015, De Gennaro, Rv. 263326 . 3. In ordine al terzo motivo si osserva che, per consolidato principio di questa Corte, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Sez. 2, numero 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, numero 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244 . Si rileva in proposito come la Corte di appello ha negato la concessione delle attenuanti ex articolo 62-bis cod. penumero sulla base della gravità del reato commesso tenuto conto del doppio titolo restrittivo contemporaneamente violato per mezzo dell'allontanamento è stata anche smentita la tesi del ricorrente a mente della quale si sarebbe recato presso una farmacia in considerazione delle condizioni di salute della fidanzata circostanza che, per l'astratta possibilità di potere invece fare ricorso al servizio 118, risultava scarsamente credibile. Questo, infatti, è il senso della motivazione della decisione che assegna alla condotta del ricorrente una particolare rilevanza alla contestata violazione. Seppure, invero, il contenuto della motivazione sullo specifico aspetto risulti essere enunciato in termini sintetici e di incerta comprensione, il significato dell'espressione utilizzata dalla Corte di merito deve essere interpretato facendo anche ricorso alla motivazione della sentenza di primo grado al riguardo. Occorre infatti ribadire, sul piano generale ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte d'appello, che siffatta decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, quando l'iter motivazionale di entrambe si dispiega secondo l'articolazione di sequenze logico-giuridiche pienamente convergenti ex multis, Sez. 6, numero 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061 . La sentenza di primo grado, pur affermando che la circostanza non era determinante ai fini dell'integrazione oggettiva e soggettiva del reato, aveva dato atto dei controlli effettuati da parte dei Carabinieri che escludevano che il ricorrente si fosse recato presso l'indicata farmacia, chiusa nell'orario in questione e presso la quale non era stato utilizzato il citofono dal ricorrente, mentre nessuna allegazione era stata fornita in ordine al presunto malore della fidanzata che, proprio in virtù della possibilità di poter, se del caso, fare ricorso al servizio del 118, non è stata oggetto di positiva valutazione. Questo risulta il senso, quindi, da assegnare all'enunciato della Corte territoriale al riguardo che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non ha in alcun modo accusato l'Anumero di non aver fatto ricorso al servizio di soccorso sanitario del 118 , ma ha inteso solo affermare che la giustificazione addotta in ordine al solo riferito malore della fidanzata non fosse stata in alcun modo dimostrata, rimanendo, quindi, ferma la responsabilità, sic et simpliciter, per un allontanamento dal luogo di detenzione, senza che ricorresse alcuna giustificazione giuridicamente rilevante. 4. Ciò detto in ordine al secondo e terzo motivo, deve a questo punto essere affrontato il primo motivo di ricorso connesso alla mancata applicazione dell'articolo 131-bis cod. penumero In proposito si deve dare atto che la risposta al ricorso risulta erroneamente risolto dalla Corte di merito che, in concreto, esclude anche la sola astratta possibilità di poter applicare, in ipotesi di evasione la causa di non punibilità in questione. Evenienza questa certamente mai affermata da questa Corte che, invece, ne ha consentito la applicazione in ipotesi di evasioni scarsamente offensive in tal senso, infatti Sez. 6, numero 19126 del 09/03/2016, Casillo, non massimata non anche Sez. 6, numero 45073 del 16/09/2015, Barrara, Rv. 265224, decisione che, pur frequentemente richiamata anche dal ricorrente, non risulta pertinente . Ciò non consente di ritenere fondato il motivo di ricorso formulato che, ancora una volta, intende assegnare a circostanze smentite già dal primo giudice, il fondamento della richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità ex articolo 131-ò/s cod. penumero Anche in tal caso deve essere fatto rinvio al contenuto della sentenza della Corte di merito che ha valorizzato la gravità del reato alla luce della contestuale plurima violazione di misure restrittive cautelare e detentiva , unitamente a quanto dal primo giudice osservato a mente dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero e che ha portato ad una determinazione della pena al di sopra dei minimi edittali un anno e tre mesi , risultano circostanze che ne impongono la esclusione. Conforme, infatti, risulta giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide secondo cui, non può essere dichiarata l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'articolo 131-bis cod. penumero in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto Sez. 5, numero 39806 del 24/06/2015, Lembo, Rv. 265317 . Deve, quindi, essere corretto, a mente dell'articolo 619, comma 1, cod. proc. penumero , l'errore di diritto della motivazione della sentenza che, per quanto sopra indicato in ordine alla complessiva motivazione resa in punto di gravità del fatto contenuta nelle congiunte decisioni di merito, non hanno avuto influenza alcuna sul giudizio e ciò specie con riferimento alla ritenuta rilevanza del fatto posta anche a base dell'omessa concessione delle attenuanti generiche, circostanze che non consentirebbero di formulare un distinto giudizio in ordine all'applicazione dell'articolo 131-bis cod. penumero 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall'articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.