Delitto associativo di tipo mafioso: alle Sezioni Unite i rapporti tra organizzazione “locale” e organizzazione “madre”

Decidano le Sezioni Unite se sia configurabile il reato di cui all’art. 416-bis c.p. con riguardo ad un’articolazione periferica c.d. locale di un sodalizio mafioso, radicata in un’area territoriale diversa da quella di operatività dell’organizzazione madre”, anche in difetto dell’esteriorizzazione, nel differente territorio di insediamento, della forza intimidatrice e della relativa condizione di assoggettamento e di omertà, qualora emerga la derivazione e il collegamento della nuova struttura territoriale con l’organizzazione e i rituali del sodalizio di riferimento.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 15768/19, depositata il 10 aprile u.s., adita per decidere sulla possibile configurazione criminosa del delitto di cui all’art. 416- bis c.p., si trova dinanzi ad una delicata questione relativa alle caratteristiche strutturali del delitto in contestazione rispetto all’ambito territoriale. Il fatto. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa ad esito di giudizio abbreviato, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 3 l. n. 146/2006, riduceva la pena inflitta a due soggetti imputati e condannati del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso in qualità uno di organizzatore e l’altro di partecipe , con l’aggravante di cui al comma quarto dell’art. 416- bis c.p. per entrambi. Avverso tale provvedimento viene proposto ricorso per Cassazione dai due prevenuti, che contestano, tra i vari motivi di doglianza, la violazione dell’art. 416- bis c.p. e degli artt. 187 e 192 c.p.p., nonché vizio della motivazione. In particolare, la difesa focalizza l’attenzione sull’elemento territoriale del delitto associativo, lumeggiando l’assenza di qualunque dato idoneo ad affermare l’operatività intimidatrice del nucleo associativo locale denominato Frauenfeld”, quale articolazione periferica dell’organizzazione madre della ‘ndrangheta. All’uopo, i ricorrenti richiamano il filone giurisprudenziale di legittimità a tenore del quale un sodalizio per essere qualificato mafioso deve manifestare una capacità di intimidazione percepibile all’esterno non già come eventuale, ma attuale ed effettiva, indipendentemente dal collegamento con l’organizzazione criminale madre”. La questione merita di essere sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite. La censura difensiva coglie l’apprezzamento dei Giudici della Prima Sezione che, al riguardo, rilevano un contrasto decisionale all’interno del Palazzaccio. Invero, sebbene da un lato esiste l’orientamento ermeneutico invocato dalla difesa, dall’altro si oppone quello secondo il quale ai fini della configurabilità del reato associativo di tipo mafioso, relativamente ad una nuova articolazione locale di una più grande e consolidata consorteria, non risulta necessario né che sussista la verifica di reati fine, ma anche la concreta esteriorizzazione della forza intimidatrice nel caso in cui emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella madre” di riferimento e il modulo organizzativo della medesima. Per tali ragioni, i Giudici chiamati a decidere sulla questione, propongono alle Sezioni Unite il seguente quesito Se sia configurabile il reato di cui all’art. 416- bis c.p. con riguardo ad un’articolazione periferica c.d. locale di un sodalizio mafioso, radicata in un’area territoriale diversa da quella di operatività dell’organizzazione madre”, anche in difetto dell’esteriorizzazione, nel differente territorio di insediamento, della forza intimidatrice e della relativa condizione di assoggettamento e di omertà, qualora emerga la derivazione e il collegamento della nuova struttura territoriale con l’organizzazione e i rituali del sodalizio di riferimento . La Prima Sezione della Corte di Cassazione, pertanto, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., rimette i ricorsi alle Sezioni Unite. Non resta che attendere la risoluzione che vorrà adottare il Supremo Consesso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 15 marzo – 10 aprile 2019, n. 15768 Presidente Di Tomassi – Relatore Binenti Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma di quella emessa all’esito di giudizio abbreviato di primo grado, previa esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 146 del 2006, art. 3, riduceva le pene rispettivamente inflitte ad N.A. e A.R. , in quanto riconosciuti responsabili del reato di associazione di tipo mafioso, nella qualità il primo di organizzatore e il secondo di semplice partecipe, con l’aggravante di cui all’art. 416-bis c.p., comma 4 per entrambi. 2. Secondo la ricostruzione accusatoria, ritenuta provata essenzialmente dal contenuto di conversazioni sottoposte a intercettazione, N.A. e A.R. , unitamente a diversi altri individui come loro originari di in provincia di omissis e però abitanti da tempo nella cittadina svizzera di omissis al confine con la , avevano fatto parte di un’articolazione dell’organizzazione calabrese della omissis . Si trattava di una locale che dipendeva dalla casa madre rappresentata in Calabria dalla locale di con a capo P.G.A. . Tale ultima locale era a sua volta gerarchicamente sottoposta, come ogni altra, al vertice del o omissis diretto a quel tempo da O.D. . La locale di omissis era caratterizzata da strutture organizzative, gerarchie e regole interne che ricalcavano quelle delle altre locali della complessa organizzazione. All’interno della cellula svizzera di cui trattasi N.A. rivestiva la carica di omissis , così risultando titolare del potere di impartire direttive agli altri appartenenti alla stessa locale , irrogare loro sanzioni, dirimere conflitti, promuovere riti di affiliazione e curare le relazioni con le altre articolazioni dell’organizzazione e gli esponenti di vertice della omissis . A.R. , invece, assumeva la carica di capo società della medesima locale , con i relativi compiti volti ad assicurare le comunicazioni fra gli associati, la partecipazione alle riunioni e l’esecuzione delle direttive del vertice. Secondo le caratteristiche unitarie dell’intera organizzazione omissis già tracciate in precedenti processi definiti con sentenze irrevocabili, le locali , costituite e operanti in Calabria, nel resto d’Italia e all’estero, svolgendo la loro attività nei rispettivi territori, si ponevano in stretto collegamento con i mandamenti reggini, con al vertice la omissis al quale erano sottoposti. Questo collegamento, per quanto riguarda la locale di omissis , trovava emblematica rappresentazione in alcune conversazioni aventi come interlocutore N.B. , titolare della stessa carica di N.A. ma all’interno di altra locale stanziata a omissis . Dai dialoghi di cui trattasi era emerso che negli anni 2009 - 2010 il gruppo di e quello di omissis erano entrati in contrasto a causa delle mire espansionistiche di N.A. . N.B. in occasione dei conseguenti animati incontri aveva minacciosamente esibito una pistola. Ai fini della risoluzione del conflitto ci si era rivolti a O.D. . Anche P.A. , investito per altra via, era intervenuto nella vicenda mostrandosi contrario alle iniziative di N.A. . D’altro canto, che il programma fatto proprio dagli appartenenti al gruppo di omissis comprendesse la commissione di illeciti poteva cogliersi da alcune affermazioni di N.A. nel corso di conversazioni intercettate il 30 gennaio 2011, in cui si parlava di omicidi, estorsioni e traffico di droga. Inoltre, era stato possibile riscontrare tramite l’ascolto di altri dialoghi che N.A. e altri sodali, su sollecitazione di operatori nel settore degli autotrasporti tra la Svizzera e la Calabria, si erano interessati al fine di spingere i concorrenti di questi ultimi a non praticare eccessivi ribassi, potendosi così apprezzare un episodio esemplificativo del controllo mafioso sul versante economico nel territorio di competenza. Parimenti si riteneva accertato che lo stesso imputato, riferendosi a possibili violazioni delle regole imposte secondo i modelli e le direttive del , rappresentava agli altri sodali la possibilità di gravi ritorsioni. Ancora, N.A. risultava essere il promotore di una raccolta di denaro fra i titolari di cariche speciali nella locale di omissis in favore di P.G.A. che in quel periodo era afflitto da problemi economici. Erano rimaste, inoltre, riscontrate frequentazioni sia di N.A. , sia di A.R. con L.R.G. , ritenuto esponente di spicco della omissis calabrese. La Corte di appello, rispondendo alle doglianze difensive mosse in sede di impugnazione, escludeva preliminarmente la fondatezza dei rilievi volti a ridimensionare il significato delle conversazioni intercettate, ribadendo l’accertamento, nei termini rappresentati in primo grado, sia dei legami - non solo formali - della locale di omissis con la casa madre di e pertanto con l’intera organizzazione, sia della caratterizzazione territoriale della suddetta locale secondo i tratti e gli approcci operativi propri della omissis . I Giudici distrettuali in seguito, prendendo atto di quanto rappresentato nelle sentenze di annullamento con rinvio dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare nei confronti di entrambi gli imputati e più in generale del quadro non uniforme delle pronunzie di legittimità in ordine ai requisiti richiesti per configurare il carattere mafioso dell’associazione relativamente alle locali stanziate lontano dalla Calabria, come quelle di omissis e , rilevavano di condividere quanto al riguardo, invece, esposto nella sentenza Sezione 2, n. 29850 del 18/05/2017, ossia l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il reato di cui all’art. 416-bis c.p. è configurabile - con riferimento a una nuova articolazione periferica c.d. locale di un sodalizio mafioso radicato nell’area tradizionale di competenza - anche in difetto della commissione di reati fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella madre del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo - distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc. - presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una già attuale pericolosità per l’ordine pubblico mentre è diverso . il caso di una neoformazione che si presenta quale struttura autonoma ed originale, ancorché caratterizzata dal proposito di utilizzare la stessa metodica delinquenziale delle mafie storiche, giacché, rispetto ad essa, è imprescindibile la verifica, in concreto, dei presupposti costitutivi della fattispecie ex art. 416-bis c.p., tra cui la manifestazione all’esterno del metodo mafioso, quale fattore di produzione della tipica condizione di assoggettamento ed omertà nell’ambiente circostante . Ciò posto, la Corte di appello concludeva che nella specie risultavano accertate le condizioni della prima delle suindicate ipotesi, alla stregua di tutti i convergenti elementi già indicati in primo grado circa i collegamenti con la casa madre , le regole condivise, i tratti organizzativi e le capacità operative mafiose della locale di omissis , attraverso la quale si era estrinsecata la condotta partecipativa di N.A. e di A.R. , secondo i ruoli assegnati e in effetti espletati che, peraltro, portavano il primo dei due ad assumere i compiti direttivi, confacenti alla carica , di cui al comma 2 416-bis. Un’associazione da ritenersi armata secondo i requisiti richiesti dal comma 4 dello stesso articolo, considerando l’inserimento nella omissis , la diretta disponibilità da parte degli imputati e di altri affiliati a loro vicini di armi seppure regolarmente denunciate e la vocazione al ricorso della violenza con armi rappresentata dalle conversazioni intercettate riguardanti gli accesi scontri verbali verificatisi fra N.B. e N.A. . 3. Propongono ricorso per cassazione N.A. e A.R. . 4. Il ricorso nell’interesse di N.A. con il quale si denuncia violazione dell’art. 416-bis c.p. e degli artt. 187 e 192 c.p.p., nonché, sostanzialmente, vizi della motivazione. 4.1. Si rileva che avrebbe dovuto considerarsi - come già avvenuto in occasione della pronunzia di annullamento dell’ordinanza cautelare in sede di legittimità - l’assenza di qualsiasi elemento per affermare, pur a fronte delle molteplici attività di intercettazione e dei tanti anni di operatività della descritta articolazione stanziata in Svizzera, che la stessa avesse programmato e poi avesse avuto la capacità di realizzare iniziative tipiche dell’associazione mafiosa. Le vicende relative all’attività di autotrasporti fra la Calabra e la Svizzera, come ricostruite, neppure consentivano di cogliere a chi N.A. avrebbe dovuto girare la richiesta finalizzata a calmierare i prezzi fissati da ditte che avevano sede in Calabria e svolgevano iniziative estranee agli interessi mafiosi. Nè si comprendeva come tali fatti sarebbero stati percepiti dalla collettività, una volta che le relazioni indicate non palesavano comportamenti all’esterno. Nemmeno le autorità elvetiche avevano mostrato di considerare la locale di OMISSIS un’associazione criminale operante nell’area di riferimento. Il ruolo di capo attribuito ad N.A. non si conciliava con quant’altro sostenuto dall’accusa circa la dipendenza gerarchica dalla struttura di Non risultava che N.A. si fosse incontrato con P. . Il richiamo delle pronunzie di legittimità operato dalla Corte di appello non rispondeva al rilievo secondo cui, come affermato in altre decisioni sempre di legittimità, un sodalizio per possedere i requisiti di quello mafioso richiesti dall’art. 416-bis c.p. deve manifestare una capacità di intimidazione percepibile all’esterno non già come eventuale, ma attuale e effettiva, deponendo in tale direzione l’espressione si avvalgono adoperata dalla norma in ossequio al principio di materialità del fatto-reato sancito dall’art. 25 Cost Inoltre, restava non smentita la carenza pressoché totale di elementi idonei a rappresentare il collegamento con la casa madre sotto ogni profilo operativo. 4.2. Si espongono nel prosieguo del ricorso censure indirizzate alle considerazioni a sostegno del riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416-bis c.p., comma 4, osservandosi che si è fatto riferimento a un uso di armi solo possibile, che quelle rinvenute nell’abitazione del ricorrente erano state denunciate e che neppure poteva ritenersi provato dal contenuto del dialoghi che N.B. avesse estratto un’arma al cospetto di N.A. . La conversazione del 30 gennaio 2011 in cui, per millanteria, si era accennato a omicidi e altri reati non risultava assistita da alcun tipo di conferma. 4.3. Infine, si osserva che non avrebbe potuto ritenersi l’ipotesi di cui all’art. 416-bis c.p., comma 2, a fronte di semplici asserzioni al riguardo, nel contesto di una trattazione tanto superficiale da non avere tenuto conto dei rilievi che avevano richiamato altre conversazioni in senso contrario. 5. Il ricorso nell’interesse di A.R. è affidato a due motivi. 5.1. Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 416-bis c.p. art. 123 c.p.p., comma 3 art. 192 c.p.p., commi 1 e 2 e art. 546 c.p.p. nonché vizio della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di associazione di tipo mafioso. Si premette che con i motivi di appello era stata evidenziata l’assenza di ogni coinvolgimento del sodalizio ipotizzato in iniziative riferibili alle finalità tipicamente mafiose, sicché non era possibile configurare il reato ascritto per le stesse considerazioni già espresse dalla Corte di cassazione in sede cautelare. Si rileva poi che i giudici di merito, senza considerare tali pronunzie, hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale che ritiene sufficiente, al fine di ravvisare il reato in questione, capacità di intimidazione meramente potenziali. In senso contrario rispetto a questa posizione si espongono considerazioni critiche dello stesso genere di quelle sviluppate nel ricorso di N. , che rilevano l’imprescindibilità, almeno, della percezione all’esterno della capacità mafiosa. A sostegno di tali osservazioni si operano ulteriori richiami giurisprudenziali. 5.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 62-bis c.p. art. 123 c.p.p., comma 3, e art. 546 c.p.p., comma 1, nonché vizio della motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche, per non essere state prese in considerazione, attraverso ragionati apprezzamenti, le indicazioni in senso favorevole rappresentate attraverso i motivi di appello. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che i ricorsi debbano essere rimessi alla Sezioni Unite per i motivi di seguito illustrati. 2. I Giudici di appello ribadiscono preliminarmente i tratti unitari che caratterizzano l’espansione del sovrastruttura della omissis a cui fanno riferimento tutte le locali attraverso lo stanziamento in territori anche lontani dalla Calabria delle nuove articolazioni, ossia le locali aventi uniformi modelli organizzativi - operativi e ugualmente sottoposte alla catena di comando rispondente al vertice centrale. Partendo da tali presupposti, la sentenza configura nello specifico le relazioni della locale di omissis con la casa madre secondo collegamenti ritenuti idonei a consentire alla nuova formazione di manifestarsi quale locale appartenente alla omissis . Da ciò deriverebbe già il realizzarsi a tutti gli effetti dell’esteriorizzazione richiesta dall’art. 416-bis c.p., comma 3, affinché possa ritenersi mafiosa l’associazione alla quale deve rapportarsi la condotta tipica di ciascun partecipe. La sentenza di appello seguendo tale impostazione, da un lato, non smentisce l’assenza di manifestazioni eclatanti della mafiosità nel territorio svizzero, dall’altro mostra di ritenere però in sé decisivi, ai fini della configurazione del reato contestato, il reciproco riconoscimento tra la locale e la casa madre calabrese e il manifestarsi dell’esportazione da parte della prima di metodi, cariche, rituali, gerarchie e attitudine all’uso della violenza propri della seconda. Pertanto, già in ragione della presenza di questi tratti distintivi della omissis calabrese si avrebbe la dimostrazione dell’ avvalimento del metodo mafioso, a prescindere della concreta verifica delle ricadute all’esterno, cioè delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà nel contesto di riferimento. Questa impostazione viene nella sostanza seguita anche quando la sentenza impugnata fa riferimento alla pur isolata vicenda degli autotrasporti, poiché delineandosi un’iniziativa in questo caso all’esterno e in qualche modo riconoscibile nella descrizione sotto il profilo dell’oggetto e delle possibili parti in causa, la motivazione non si misura poi in alcun modo con una accettabile verifica dei modi e delle reali ricadute dell’intervento prefigurato. Il collegamento - e non già il diretto inserimento - avuto riguardo alla casa madre e alle sue attribuzioni di carattere gerarchico si ritiene confermato, sotto altro profilo, dalla colletta promossa da N.A. in favore di P.G.A. indicato come afflitto da problemi economici. Ma, da ciò solo non si desume un contributo partecipativo verso la casa madre . Il punto di riferimento ai fini della configurazione della condotta associativa rimane, pertanto, l’articolazione locale , sulla quale coerentemente si concentrano i ragionamenti che rispondono ai rilievi circa l’effettività dell’uso del metodo mafioso secondo la descrizione di cui all’art. 416-bis c.p., comma 3. Tali ragionamenti, che hanno giustificato l’affermazione della responsabilità, mostrano di fare applicazione dei principi di diritto espressi dalle pronunzie di legittimità che vengono citate con riferimento a contesti associativi considerati sovrapponibili Sez. 2, n. 29850 del 18/05/2017 e, fra le altre, Sez. 2, n. 24850 del 28/03/2017 Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015, Rv. 264471 , essendosi ritenuto superato, e comunque non condivisibile, il diverso orientamento espresso, tra l’altro, nelle decisioni della Corte di cassazione relative agli stessi imputati in fase cautelare Sez. 2, n. 34278 e n. 34279 del 14/07/2015 . 3. Tanto posto, va anzitutto ricordato che, proprio con riguardo alla fase cautelare, con le ordinanze Sez. 2 n. 15807 e Sez. 2 n. 15808 del 25/03/2015, erano stati rimessi alle Sezioni Unite i ricorsi di N.A. e A.R. relativi alle ordinanze del tribunale del riesame che avevano confermato l’applicazione nei loro confronti della custodia cautelare in carcere per i reati qui in trattazione. In dette ordinanze si era premesso che, con riferimento alla cellula svizzera di omissis di affiliazione associativa dei ricorrenti, mancava qualsiasi elemento di prova circa l’espletamento all’esterno di tipiche attività mafiose. Diveniva pertanto decisivo stabilire se per la configurabilità del reato previsto dall’art. 416-bis c.p. a carico di coloro che sono accusati di fare formalmente parte di locali della omissis , come quella di omissis , fosse sufficiente la mera costituzione dell’articolazione in questione in territorio storicamente estraneo al fenomeno mafioso ovvero se questa dovesse esteriorizzare in loco la propria mafiosità , in modo da dare un concreto contributo causale alla casa madre . Al riguardo dovevano considerarsi due diversi orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità aventi effetti applicativi opposti ai fini della soluzione del quesito circa l’esistenza del reato. Secondo un indirizzo, nella specie con evidenza accolto dai giudici di merito, per qualificare come mafiosa un’organizzazione criminale è già sufficiente la capacità potenziale, anche se non attuale, di sprigionare per il solo fatto di esistere, una carica intimidatrice idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli affiliati della medesima organizzazione Sez. 5, n. 38412 del 2003, Rv. 227361 Sez. 5, n. 45711 del 2003, Rv. 227994 Sez. 2, n. 4304 del 2012 Rv. 252205 Sez. 1, n. 5888 del 2012, Rv. 252418 Sez. 5, nn. 28091 - 28332 - 28332 - 28337 - 35997 - 35998 - 35999 del 2013 . Per un altro orientamento, invece, ai fini dell’integrazione della fattispecie è sempre necessario che l’associazione abbia in concreto conseguito nell’ambiente nel quale essa opera un’effettiva capacità di intimidazione, con la conseguenza che tale capacità deve avere una esteriorizzazione in forme di condotta positive Sez. 1, n. 19141 del 2006, Rv. 234403 Sez. 5, n. 25242 del 2011, Rv. 250704 Sez. 1, n. 13635 del 2012, Riv. 252358 Sez. 2, n. 31512 del 2012, Rv. 254031 Sez. 5, n. 14582 del 2014 . Tanto rilevato, rimettendosi i ricorsi alle Sezioni Unite, si poneva il quesito se, nel caso in cui un’associazione di stampo mafioso, nella specie omissis , costituisca in Italia o all’estero una propria diramazione, sia sufficiente, ai fini della configurabilità della natura mafiosa, il semplice collegamento con l’associazione principale, oppure se la suddetta diramazione debba esteriorizzare in loco gli elementi previsti dall’art. 416-bis c.p.p., comma 3 . 4. Con provvedimento presidenziale del 28 aprile 2015 reso ai sensi dell’art. 172 disp. att. c.p.p. gli atti venivano restituiti alla Sezione rimettente. Si rilevava che dall’esame dei precedenti elencati nelle ordinanze di rimessione non parevano emergere sicuri profili di un contrasto, poiché in definitiva il panorama giurisprudenziale complessivamente considerato convergeva nell’affermare il principio secondo cui l’integrazione della fattispecie di associazione di tipo mafioso implica che un sodalizio criminale sia in grado di sprigionare, per il solo fatto della sua esistenza, una capacità di intimidazione non soltanto potenziale, ma attuale, effettiva ed obiettivamente riscontrabile, capace di piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con i suoi componenti così, tra le altre, Sez. 1, n. 25242 del 16/05/2011, Rv. 250704 . 5. Le sentenze Sez. 2, n. 34278 e n. 34279 del 14/07/2015, decidendo successivamente i ricorsi di cui trattasi, facevano espressa applicazione del principio appena sopra descritto, disponendo di conseguenza l’annullamento con rinvio delle ordinanze impugnate in relazione ai gravi indizi di colpevolezza. 6. Allo stesso principio si è in seguito attenuta Sez. 1, n. 55359 del 17/06/0216, Pesce, Rv. 269043, provvedendo ad annullamento senza rinvio con riferimento all’imputazione mossa ad alcuni ricorrenti, accusati di fare parte della similare locale tedesca di . Quest’ultima sentenza, pur delineando nel corpo della sua vasta trattazione l’esistenza di un unico centro sovraordinato costituito dal , ha affermato che anche per la omissis non può configurarsi la natura mafiosa della diramazione costituita fuori dal territorio di origine quando la nuova formazione non manifesti in loco una forza intimidatrice che sia effettiva e riscontrabile. Sicché la locale di , in quella sede considerata, non poteva qualificarsi come un’organizzazione mafiosa operante in , in assenza della prova dell’esternazione in tale territorio della metodologia mafiosa, ma sulla base soltanto dei collegamenti con gli esponenti della omissis calabrese e dell’adozione dei rituali tipici di questa. A conforto di tale lettura la sentenza Pesce ha richiamato non solo il provvedimento presidenziale del 24 aprile 2015, ma anche alcune pronunzie nel frattempo intervenute Sez. 6, n. 34874 del 15/07/2015, Rv. 264647 Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Rv. 264623 Sez. 2, n. 25360 del 15/05/2015, Rv. 264120 Sez. 6, n. 50064 del 16/09/2015, Rv. 265656 , nel senso - seppure con taluni distinguo - che in tema di associazione mafiosa il patrimonio di concreta capacità di intimidazione , lì dove si rivolga a zone che non hanno in precedenza vissuto neppure in parte le condizioni di assoggettamento ed omertà , va debitamente attualizzato, nuovamente ricostruito e dimostrato in concreto per potersi ritenere consumato il reato di cui all’art. 416 - bis c.p. Si è rilevato perciò, nella sentenza Pesce, che, al di là della diversa ipotesi del riscontro di specifiche e concrete attività direttamente in favore della casa madre calabrese ovunque realizzate , appariva superato il diverso orientamento espresso da Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015, Rv. 264471, secondo cui la punibilità dell’affiliazione nel caso di un nuovo insediamento - in territori prima ritenuti immuni dal condizionamento mafioso - potrebbe essere ricollegata anche alla mera potenzialità di un pericolo per l’ordine pubblico. 7. Agli stessi principi si è uniformata la sentenza Sez. 1, n. 13143 del 09/03/2017, Nesci non massimata , su un ricorso proposto in fase cautelare da altro soggetto accusato di fare parte nel medesimo periodo della locale di omissis . 8. Le sentenze Sez. 6 n. 22545 del 11/04/2018, Nesci, e n. 22546 del 11/04/2018, Rullo parimenti non massimate , anch’esse su ricorsi di indagati ritenuti inseriti nella locale di omissis , hanno del pari affermato di condividere incondizionatamente l’indirizzo ribadito dalla sentenza Pesce. Però, i rilievi addotti nei ricorsi, nella fase cautelare della trattazione, in presenza pertanto di un’imputazione ancora provvisoria, sono stati ritenuti ugualmente infondati in considerazione dell’ampiezza delle motivazioni adottate nei provvedimenti impugnati, in forza delle quali il collegamento con la casa madre avrebbe potuto ritenersi in quel momento rappresentato quale espressione della diretta partecipazione alla omissis già operante in Calabria. 9. Entrambe le decisioni della Sezione Sesta appena citate, ne rappresentare la condivisione dell’orientamento di cui sopra, hanno richiamato a conferma quanto più ampiamente chiarito sul tema dalla stessa Sezione, con la sentenza n. 41772 del 13/06/2017, Vicidomini, Rv. 271102, avuto riguardo alla rilevanza del riscontro effettivo dei requisiti di cui comma 3 dell’art. 416-bis c.p. ai fini dell’individuazione degli estremi strutturali della fattispecie incriminatrice. In tale ultima sentenza, richiamandosi posizioni espresse in precedenti pronunzie, ricondotte al solco di un indirizzo maggioritario e più consolidato si citano, tra le altre, Sez. 6, n. 50064 del 16/09/2015, Barba, Rv. 265656 Sez. 2, n. 31512 del 24/04/2012, Barbaro, Rv. 254031 Sez. 6, n. 44667 del 12/05/2016, Camarda, Rv. 268676 Sez. 1, n. 55359 del 17/06/20016, Pesce, Rv. 269043 Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Agostino, Rv. 264623 , si osserva che deve essere disatteso l’assunto secondo cui ci si troverebbe in presenza di un reato associativo puro che come tale si perfeziona sin dal momento della costituzione di una organizzazione illecita che abbia semplicemente programmato l’uso della forza di intimidazione e dello sfruttamento delle conseguenti condizioni di assoggettamento e omertà per la realizzazione degli obiettivi indicati dalla norma. In senso opposto a tale ultima lettura depone l’espressione si avvalgono , che rende esplicita, ai fini della consumazione del reato, la necessità che l’ente faccia un uso effettivo del metodo mafioso. Tale metodo costituisce il mezzo e il modo con cui l’associazione può raggiungere gli scopi indicati dalla norma sicché esso rivela il nesso di strumentalità che manifesta all’esterno l’essenza stessa della fattispecie delittuosa rendendola empiricamente individuabile sul piano oggettivo, conformemente ai principi di materialità e tassatività di cui all’art. 25 Cost Da qui, di conseguenza, l’impossibilità di prescindere dall’attualità e concretezza del citato requisito. 10. Parallelamente alle sentenze sopra citate - e già quasi contemporaneamente al provvedimento presidenziale del 24/04/2015 - si è tuttavia registrata in tema di locali , anche l’adesione di diverse altre pronunzie di legittimità al diverso indirizzo al quale si sono uniformati i giudici di merito nella sentenza impugnata. Tale indirizzo trae vigore da quanto rappresentato nella sentenza Sez. 5, n. 31666 del 03/03/2015, Bandiera, Rv. 264471 depositata il 21/07/2015, successivamente al citato provvedimento presidenziale , che a sua volta sviluppa alcuni ragionamenti già contenuti nella sentenza Sez. 2, n. 4304 del 11/01/2012, Romeo, Rv. 252205 entrambe le decisioni in materia di locali piemontesi . Secondo le conclusioni cui è giunta la sentenza Bandiera, il reato previsto dall’art. 416-bis c.p. è configurabile - in relazione a una nuova articolazione periferica c.d. locale di un sodalizio radicato nell’area tradizionale di competenza - pur in difetto non solo della verifica di reati-fine fatto in sé pacifico , ma anche della concreta esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella madre di riferimento ed il modulo organizzativo distinzioni di ruoli, rituali di affiliazioni, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc. presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando così concretamente presagire una già attuale pericolosità per l’ordine pubblico. La motivazione menziona le precedenti oscillazioni interpretative sul tema della mera potenzialità o attualità della forza intimidatrice mafiosa sprigionata dall’associazione, riconducendole a incertezze sotto l’aspetto dell’individuazione dell’approccio di volta in volta richiesto da realtà fenomeniche non sovrapponibili. Può aversi il caso in cui il nuovo aggregato delinquenziale risulti in tutto una struttura autonoma e originale, pur se si propone di utilizzare lo stesso metodo delinquenziale delle mafie storiche, attraverso lo sfruttamento di quella maggiore forza intimidatrice che fisiologicamente si riconnette alla forma associativa. In questa ipotesi è assolutamente necessario che si accerti se la neoformazione delinquenziale si sia già proposta nell’ambiente circostante, ingenerando così un clima di generale soggezione in dipendenza causale della sua stessa esistenza. In una diversa ipotesi, che ricorre proprio per le locali di omissis , la neoformazione sorge invece come articolazione periferica, è una gemmazione dell’organizzazione mafiosa radicata nell’area tradizionale. Di talché, in presenza di univoci elementi dimostrativi di un collegamento definito, senza ulteriori specificazioni, organico e funzionale con la casa madre , il nuovo aggregato associativo non potrà che considerarsi promanazione dell’originaria struttura delinquenziale, di cui non potrà che ripetere i tratti distintivi, compresa la forza intimidatrice del vincolo associativo e la capacità di condizionare l’ambiente circostante. A fronte delle riscontrate caratteristiche di efficienza e diffusività delle attività della omissis , il marchio di origine che così si manifesta rende del tutto superflua ogni altra prova poiché proprio il sistema mafioso costituisce già l’in sé della omissis . 11. I principi esposti nella sentenza Bandiera - precedente alla sentenza Sez. 1, n. 55359 del 2016, Pesce - sono stati ampiamente condivisi da diverse altre pronunzie successive, fra le quali possono citarsi in termini non esaustivi Sez. 6, n. 44667 del 12/05/2016, Rv. 268676 Sez. 2 n. 24850 del 28/03/2017, Cataldo, Rv. 270290 Sez. 2, n. 24851 del 04/04/2017, Rv. 270442 seppure in termini più sfumati Sez. 2, n. 29850 del 18/05/2017, Barranca Sez. 5, n. 28722 del 24/05/2018, Demasi, Rv. 273093 Sez. 5, n. 47535 del 11/07/2018, Nesci. A tal proposito non può non sottolinearsi che la sentenza Sez. 2 n. 29850 del 18/05/2017 è stata resa all’esito del giudizio ordinario del medesimo procedimento che in sede di abbreviato, per gli altri imputati che vi avevano optato, era stato trattato dalla sentenza n. 55359 del 2016, Pesce, così avendosi, come pure in altri casi in ragione di alcune delle altre succitate pronunzie, soluzioni diverse sul tema dei requisiti richiesti dalla fattispecie sotto l’aspetto della individuazione della tipicità mafiosa della particolare associazione di riferimento con evidenti ricadute in punto di conferma o di annullamento delle decisioni di merito , pur a fronte delle stesse locali stanziate all’estero nel medesimo periodo e sulla base di non discordanti punti di riferimento, concernenti il , i tratti organizzativi e programmatici delle citate locali e i loro collegamenti con la casa madre . 12. A parere del Collegio le divergenze manifestate dai due indirizzi sopra illustrati, senza che l’uno o l’altro possa ritenersi superato, non derivano da una semplice disomogeneità di approccio ai fatti da analizzare in chiave probatoria. L’indirizzo, che si ricollega alla posizione a suo tempo ritenuta, nel citato provvedimento presidenziale, pressoché unanime, continua ad affermare incondizionatamente la necessità della manifestazione di una capacità di intimidazione non solo potenziale, ma attuale, effettiva e obiettivamente riscontrabile, capace di piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano a contatto con i componenti dell’associazione. L’altro indirizzo, invece, ha oramai espressamente chiarito che dovrebbe ritenersi sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato, che certe condizioni facciano presagire una pericolosità mafiosa con connotazioni attuali per l’ordine pubblico, senza che occorra la dimostrazione di un’effettiva, e obiettivamente riscontrabile, manifestazione non solo interna, ma anche esterna, sul territorio di insediamento, della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano. Le divergenze che in tal modo possono cogliersi paiono, invero, risiedere nell’individuazione delle stesse caratteristiche strutturali della fattispecie tipica, che il secondo indirizzo, diversamente dal primo, ritiene di mero pericolo. Le questioni poste possono, allora, ricondursi a quelle già illustrate nella sentenza n. 41772 del 13/06/2017, Rv. 271102, laddove si evidenzia, in termini condivisi da questo Collegio, che il reato di cui all’art. 416-bis c.p., secondo la stessa formulazione della norma e conformemente ai principi costituzionali di materialità e offensività di cui all’art. 25 Cost. - oltre che di proporzionalità considerando l’attuale rigore punitivo - richiede sempre un’esteriorizzazione della capacità di intimidazione che abbia attuali ricadute empiricamente percepibili. 13. Da ciò dunque la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 618 c.p.p. per rimettere la decisione sui ricorsi alle Sezioni Unite, in ragione del contrasto sulla suindicata questione di diritto, che richiede la risposta al quesito Se sia configurabile il reato di cui all’art. 416-bis c.p. con riguardo a una articolazione periferica cd. locale di un sodalizio mafioso, radicata in un’area territoriale diversa da quella di operatività dell’organizzazione madre , anche in difetto della esteriorizzazione, nel differente territorio di insediamento, della forza intimidatrice e della relativa condizione di assoggettamento e di omertà, qualora emerga la derivazione e il collegamento della nuova struttura territoriale con l’organizzazione e i rituali del sodalizio di riferimento . P.Q.M. Visto l’art. 618 c.p.p., rimette i ricorsi alle Sezioni Unite.